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La parte scritta in prosa è propedeutica ad una spiegazione delle poesie e agisce da motivo di illustrazione dell'ispirazione poetica. Le liriche furono scelte fra quelle che Dante aveva composto (a partire dal 1283) in onore di diverse varie figure femminili e, soprattutto, per la stessa Beatrice; in seguito vennero poi composte le parti in prosa.
Il sonetto più famoso della letteratura italiana è contenuto nella Vita nuova:
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«Tanto gentile e tanto onesta pare la donna
mia quand'ella altrui saluta, Ella si
va, sentendosi laudare, Mostrarsi
sì piacente a chi la mira, e par
che de la sua labbia si mova che va dicendo a l'anima: Sospira» |
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Non si sanno con precisione gli
anni di composizione della Vita nuova,
in quanto essa è stata composta in un arco di tempo abbastanza esteso. Lo
stesso Dante,
però, ci testimonia che il testo più antico risale al , quando lui aveva
diciotto anni, e che il più tardo risale al giugno del , anniversario della
morte di Beatrice. Altri sonetti che egli scrisse successivamente sono
probabilmente assegnabili al ; dunque si può dire che l'opera è stata composta in un
decennio, o poco più.
Si può esemplificare la trama dell'opera in tre momenti fondamentali della vita dell'autore: una prima fase in cui Beatrice gli concede il saluto, fonte di beatitudine e salvezza, una seconda in cui ciò non gli è più concesso, cosa che arreca in Dante una profonda sofferenza, ma anche un'importante maturazione, una terza in cui Beatrice muore e il rapporto non è più tra il poeta e la donna amata, ma tra il poeta e l'anima della donna amata. Dante narra di avere nove anni quando incontra per la prima volta Beatrice e qui inizia la "tirannia di Amore" che egli stesso indica come causa dei suoi comportamenti. Rivedrà poi la sua donna a diciotto anni ( ) e dopo aver sognato Amore mentre tiene in braccio Beatrice che piangendo mangia il suo cuore, compone una lirica in cui chiede ai poeti la spiegazione di questo incubo evidentemente allegorico. La risposta più puntuale, anche in vista degli sviluppi futuri, gli viene dal suo "primo amico" Guido Cavalcanti, il quale vede nel sogno un presagio di morte per la donna di Dante. Per non compromettere Beatrice, finge di corteggiare due altre donne dette "schermo" indicatagli da Amore, e soprattutto dedica a loro i suoi componimenti. Beatrice, venuta a conoscenza delle "noie" (il termine è variamente interpretato) arrecate dal Poeta alla donne, non gli concede più il suo saluto salvifico. A questo punto ha inizio la seconda parte del prosimetro in cui il Maestro si prefigge di lodare la sua donna.In questa parte spicca il famoso sonetto, di estrema semplificazione stilistica (si osservi la semplicità delle rime) Tanto gentile e tanto onesta pare. Morta Beatrice ( ), e conclusasi la seconda parte, dopo un periodo di disperazione, di cui non si forniscono numerosi dettagli, il poeta sta per innamorarsi di una "donna gentile". Ben presto il Maestro comprende però che l'interesse per questa nuova donna va allontanato e soffocato, poiché solo attraverso L'amore per Beatrice potrà raggiungere Dio. Ad aiutarlo in questa riflessione è il passaggio in Firenze di alcuni pellegrini diretti a Roma, che simboleggiano il pellegrinaggio intrapreso da ogni uomo verso la gloria dei cieli. Una visione gli mostra Beatrice nella gloria dei cieli e il poeta decide di non scrivere più di costei prima di esser divenuto in grado di parlarne più degnamente, ovvero di dirne "ciò che mai non fue detto d'alcuna". L'ultimo capitolo, in cui questa necessità è esposta, viene considerata una prefigurazione della Commedia.
Nel libello di Dante, si può ben evidenziare il sincretismo dell'autore, in quanto lui rielabora la grande civiltà classica e cortese per dare una valorizzazione filosofica e formale della civiltà religiosa; egli inoltre tende ad una valorizzazione etica e spirituale degli scrittori antichi e di quelli laici a lui più recenti, adottando un punto di vista nettamente cristiano. Dante prende come modelli alcune opere mediolatine e provenzali, come ad esempio il De consolatione philosophiae di Boezio, da cui prende il potere della ricerca filosofica, o la Retorica del suo maestro Brunetto Latini, dal quale apprende la struttura del prosimetro. Senza dimenticare, inoltre, le Confessioni di Sant'Agostino e il De amicitia di Cicerone, nel quale è affermata l'importanza dell'amore come nobile manifestazione della nobiltà, avente in se stesso il proprio fine e pertanto disinteressato e nobile.
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