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LA GIOCONDA - Descrizione del dipinto di Leonardo Da Vinci riferita al pensiero rinascimentale.

storia dell arte



LA GIOCONDA

Descrizione del dipinto di Leonardo Da Vinci riferita al pensiero rinascimentale.


Quadro dipinto a olio su tavola

Misura: cm 77 x cm 53

Appartiene alle collezioni del Museo del Louvre di Parigi

Titolo: in Italia si preferisce chiamarlo "La Gioconda" come lo nomina per primo, nel 1652, Cassiano del Pozzo. All'estero si conosce meglio col nome di "Monna Lisa", come lo intitola Giorgio Vasari nel 1550.

Datazione, committenza, identità effigiata: secondo Vasari Leonardo cominciò a dipingere l'opera nel , dopo il suo ritorno a Firenze, per incarico di Giuliano de Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico, e vi lavorò fino al , con interruzioni, secondo la sua abitudine e non lo terminò mai, secondo la sua opinione.



Varie comunque sono le ipotesi circa la datazione dell'opera e l'attribuzione di un nome alla donna del dipinto.

Lo stesso Vasari, da biografo del pittore, non può sottrarsi al fascino misterioso del dipinto. Egli non ha dubbi che l'effigiata sia Lisa o Lisabetta Gherardini, terza moglie del commerciante fiorentino Francesco del Giocondo, e cita l'opera subito dopo il cartone dell'Annunziata (datazione francamente troppo precoce). Per Vasari è un quadro non finito, l'ennesimo di Leonardo. ". e quattro anni pensatovi lo lasciò imperfetto. La quale opera è oggi appresso il re Francesco di Francia" e prosegue ammirando la "naturalezza" del dipinto, attardandosi a descriverne i "lustri" degli occhi, le ciglia, il naso, la bocca, e la "fontanella della gola" "che chi intensissimamente la guardava vedeva battere i polsi"

Il fatto che il braccio destro e soprattutto la mano della Gioconda si trovino nella cosiddetta piccola Madonna Cowper di Raffaello, un quadro databile al 1504-1505, dimostra che a Firenze, Leonardo stava già lavorando all'opera. D'altra parte nel 1506 Raffaello adotta lo sfumato leonardesco della Gioconda per il ritratto di Maddalena Strozzi, sposa di Agnolo Doni.

Già i contemporanei s'interrogavano sull'identità dell'effigiata, forse una misteriosa nobildonna fiorentina amante di Giuliano de Medici, come ipotizzava nel 1517 un gentil uomo al seguito del cardinale d'Aragona in visita a Leonardo al castello d'Amboise. La notizia ricondurrebbe l'esecuzione della tavola al periodo in cui l'artista soggiorna a Roma nel 1513 ospite in Vaticano di Giuliano, fratello del papa Leone X. Considerando evidentemente il quadro una sorta di summa dei risultati raggiunti in pittura, Leonardo non si separa dall'opera e la porta con sé in Francia.

Non tutti concordano, già a partire dal '500, con l'identificazione del personaggio proposta dal Vasari. Lo Mazzo la ritiene una donna napoletana e c'è perfino chi dubita che il quadro visto ad Amboise nel 1517 sia quello oggi la Louvre o avanza dubbi sulla datazione.

Antonio de Beatis nel 1517 parla di un ritratto visto nello studio di Leonardo in F 838j92i rancia e identificato da Leonardo sesso come quello di "una certa donna fiorentina fatto ab istantia del quondam Juliano de Medici", protettore di Leonardo in Italia dal .

È vero che Giuliano, esiliato da Firenze si trovava a Venezia, proprio nel breve soggiorno di Leonardo in quella città. Comunque non pare più il caso di ancorare la Gioconda a un tempo intorno al 1505 che avrebbe permesso a Raffaello di trarne ispirazione. A quel tempo la formula "esterna" della Gioconda era già diffusa attraverso le altre opere di Leonardo.

Si sa per certo che in Francia, intorno al 1517, Leonardo stava ancora lavorando alla Sant'Anna e, infatti, in quel periodo appartengono gli studi per la parte incompiuta del panneggio della Vergine, quella che avrebbe lasciato intravedere, attraverso i panni, la meccanica della disposizione delle gambe.

Non esiste alcuno studio documentato sulla Gioconda, ma i veli che la coprono hanno lo stesso carattere degli studi dei panneggi eseguiti in Francia per la S. Anna. Pare dunque che tale ritratto non possa essere precedente a quello della Gioconda.

A conferma di ciò un foglio del Codice Atlantico databile al 1510-1515 porta piccoli schizzi a penna di un occhio accanto a una caduta di capelli ondulati proprio come nella Gioconda.

Tanta attenzione per i particolari più minuti comporta inevitabilmente tempi lunghissimi d'esecuzione. Leonardo la studia per quattro anni prima ancora di iniziare la stesura. La Gioconda riassume tutta una vita di studi.


La condizione umana: la donna è collocata in primo piano e sembra trovarsi in una terrazza a loggia sul cui sfondo si staglia un paesaggio naturale. La tecnica dello sfumato abolisce ogni discontinuità nel passaggio fra questi due piani creando un'atmosfera delicata e fumosa che suggerisce un graduale dissolvimento degli elementi naturali verso la figura umana. La Gioconda viene così a essere il punto più alto della lenta evoluzione della natura, perdendo identità reale per diventare identità ideale. A questo punto la questione dell'identità del personaggio passa in secondo ordine e la Gioconda viene a rappresentare tutta l'umanità. Questa identificazione è resa possibile dal fatto che la donna nei trattati del Rinascimento era considerata alla pari dell'uomo. Inoltre è depositaria del miracolo della nuda vita che nel suo grembo cresce e si sviluppa secondo fasi successive e caratteristiche che il Leonardo scienziato analizza con studi embriologici proprio qualche anno prima della realizzazione dell'opera. In questo contesto è stata avanzata l'ipotesi secondo la quale l'autore abbia voluto rappresentare una donna incinta e quella di Freud che riconosce nella Gioconda un ritratto ideale della madre di Leonardo.

Ad ogni modo la Gioconda, quindi l'essere umano, ha il compiacimento di essere autocoscienza del creato: la natura dietro di lei esiste, ma non vive veramente, non ha consapevolezza di sé. L'uomo è dotato della Ragione che gli permette di dominare il mondo esterno e di comprendere il segreto delle cose. Questa esaltazione della razionalità appare evidente anche nella struttura piramidale in cui la testa della donna rappresenta l'ideale vertice mentre le braccia conserte la base. La ragione "sta for" dai sensi, li trascende e può contemplare e comprendere nel profondo ciò che essi invece si limitano a percepire. Qui si rivela la superiorità dell'uomo che nella molteplicità del reale è la creatura che maggiormente si avvicina all'armonia intelligente e provvidenziale che, secondo Leonardo, si manifesta nella natura.

La Gioconda risulta così sospesa in un equilibrio instabile fra corpo e spirito che può far pensare alla concezione neoplatonica dell'uomo e in particolare all'elaborazione di tale riflessione in pensatori come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Essi sostengono che l'uomo non è stato creato da dio con un'essenza determinata come tutte le altre creature e quindi possiede la libertà di aprirsi a tutte le possibilità, di degenerare al rango dei bruti o di elevarsi a quello degli angeli. L'equilibrio risulta quindi instabile, dinamico. Il movimento non è certo esplicito, eppure è percepibile.

Valori etici: forse la manifestazione più emblematica di tale instabilità è il celebre ed enigmatico sorriso. I tratti della bocca sembrano a volte delinearsi in un'espressione maliziosa e altre volte rivelano innocenza e candore. Leonardo certamente studiò a lungo le tecniche per ottenere questo particolare effetto come è testimoniato dagli scritti riguardanti l'analisi dei muscoli della bocca che troviamo insieme agli altri studi anatomici. Il sorriso sembra però più venire da una luce interiore dato che non si nota nessuna contrazione dei muscoli facciali.

L'astuzia della Gioconda nasce dalla consapevolezza di sé e della propria dignità, l'innocenza è la coscienza dei limiti dell'essere umano e di un titanismo che può e deve sfidare il destino, ma non può sfidare Dio. Questo titanismo non è esibito. Infatti la sua grandiosità è dissimulata dietro la grazia che non consiste più un intervento divino, ma che è data dall'armonia delle forme. Leonardo, è noto, faceva sempre una serie infinita di bozzetti prima di cominciare i suoi quadri. Malgrado ciò, tutto quello che fu realmente studiato meticolosamente appare come una visione spontanea e naturale.

Riguardo il celebre enigmatico sorriso, Vasari narra lo stratagemma utilizzato da Leonardo per alleviare alla modella la noia delle sedute: "Usovvi ancora questa arte che essendo Madonna Lisa bellissima, teneva, mentre la ritraeva, chi sonasse o cantasse e di continuo buffoni che la facessimo stare allegra per levar via quel malinconico che suol dar spesso la pittura a ritratti che si fanno"

Rapporti con le altre opere rinascimentali: alcuni ritratti milanesi leonardeschi sono rappresentati contro un fondo unito. Questo, invece, si staglia davanti ad un vasto paesaggio deserto con il quale costituisce un'unità totale nel suo ambiente naturale, del quale fa parte integrante, senza urti, senza violenze. La figura umana, infatti, pur dominandolo quantitativamente, vi si avvolge lentamente.

Contrariamente ai ritratti femminili dell'epoca la donna non porta gioielli né altri ornamenti. D'accordo con la moda rinascimentale ha depilate le sopracciglia e parte dei capelli appena sopra la fronte, il petto stretto da un busto e il velo che avvolge i capelli si distingue chiaramente per la linea nera che ha sulla fronte.

Il paesaggio col ponte è probabilmente ripreso dalla versione Reford della Madonna dei fusi, quella con il paesaggio alpestre, mentre il particolare delle mani si riallaccia agli studi degli Apostoli appoggiati alla tavola del cenacolo, in particolare dell'efebico Giovanni. Sembra inoltre che l'artista avesse studiato anche una versione nuda del ritratto, la cosiddetta Monna Vanna, che potrebbe essere stata il prototipo per la celebre Fornarina di Raffaello.

Rapporto dell'opera con la mentalità rinascimentale: il grande portato di Leonardo nella pittura è, si potrebbe dire, il deciso prevalere della luce sulla forma, o, altrimenti detto, la nuova importanza da lui data alla tonalità. Prima di lui la pittura tendeva agli effetti plastici: cercava di definire nettamente la forma con la linea di contorno e considerava la luce come un mezzo per dare risalto ai volumi; egli, invece, si propone consapevolmente di rendere la luce vera protagonista della pittura, liberando, per così dire, la forma dalla sua superficie chiusa, considerandola nel suo fondersi, per gioco di luce, con le forme vicine. Per questo egli suggerisce di considerare gli oggetti come appaiono al crepuscolo o quando il cielo è nuvoloso, per cogliere così i chiaroscuri più morbidi creati dalla luce diffusa. Questa scoperta della luce, che ha, nella pittura del secondo Rinascimento, la stessa importanza che ebbe, nella pittura gotica del Trecento, la scoperta dello spazio, porta Leonardo a stabilire un rapporto preciso tra le sue figure e l'ambiente. In Leonardo, ­lo sfondo naturale o architettonico è più legato alle figure umane che non nei pittori del tre e del quattro cento che lo consideravano a sé, sia pure collegandolo per affinità o per contrasto alla rappresentazione di primo piano: viene a partecipare alla stessa psicologia dei personaggi, parla con il loro stesso linguaggio.

Nel rendere la rotazione del viso e del corpo Leonardo coglie che la mobilità dell'uomo non è mai completamente immobile poiché vive, e, poiché respira, poiché il sangue pulsa, egli stesso scorge una continua vibrazione anche in ciò che lo circonda e che, in realtà, è fermo.

Questo aspetto è perfettamente in linea con la nuova concezione dell'uomo rinascimentale che è ora libero di crearsi il proprio destino e che ha finalmente preso coscienza del suo posto centrale nell'universo.

La forma della persona ritratta è, come già detto, piramidale, schema che caratterizzerà tutto il cinquecento: al di là del parapetto c'è lo spazio naturale, ove sono strade, un ponte, acqua, pianure, montagne; uno spazio reso più ampio da quella degradazione cromatica della quale tante volte Leonardo parla e dall'incertezza dello "sfumato" che, allontana da noi gli oggetti abbracciandoli in una densa atmosfera. Si ottiene così una tale vastità spaziale che il microcosmo, rappresentato dalla Gioconda, appena una piccola porzione del mondo, finisce col trasformarsi in macrocosmo,che è la natura, ossia ci dà l'idea di essere immersi nella totalità del mondo. E' il quadro più esplicativo della poetica di Leonardo, vale a dire del rapporto che egli stabilisce tra particolare e universale. È qui evidente la concezione che il Rinascimento aveva del rapporto tra "microcosmo" e "macrocosmo" in cui l'universo (macrocosmo) viene interpretato come un essere vivente mentre l'uomo (microcosmo) è considerato in termini cosmici poiché riassume in sé e nelle sue parti la perfezione e l'articolazione del tutto. Ne deriva la concezione secondo cui sussiste un'identità strutturale dell'uomo e del mondo, una loro armoniosa integrazione che esclude ogni rigida contrapposizione.

Anche il concetto dello spazio tipico del Rinascimento, con lo sfondamento della terza dimensione, reso possibile della prospettiva, permette lo sfondamento della frontiera del finito, il superamento della concezione gerarchica dell'universo.

Per Leonardo la pittura è specchio del mondo, di cui egli esplora instancabile ogni aspetto, non limitandosi ad imitarne i fenomeni di superficie ma, esercitandola come un "discorso mentale"; la vive quale strumento di conoscenza della struttura profonda del reale. La figura dell'uomo viene esaltata per le sue doti fisiche e intellettuali, che gli permettono di studiare ciò che lo circonda, capendo e dimostrando leggi fisiche che gli permettano di giustificare le ipotesi, i quesiti che l'uomo pone a se stesso. L'uomo che prova nuove esperienze cerca nuove fonti di ispirazione e cose nuove nel campo dell'arte. Cambia radicalmente la visione della vita: si apprezzano sia i momenti positivi sia quelli negativi, perché entrambi permettono all'uomo di crescere nella completezza tipica della sua natura. Anche per questa concezione nuova del rapporto fra uomo e natura nel Rinascimento prende sempre più piede il ritratto, non più inserito negli spazi tradizionali ma che doveva anche dare l'impressione della profondità del carattere e dei tratti personali. Il Rinascimento mise, come Leonardo, in primo piano l'importanza della ragione e della Matematica considerata essenziale per comprendere il mondo e la natura che circondava l'uomo poiché attraverso questa si riuscivano a capire le leggi fisiche che governavano l'universo e quindi in un certo senso ad avvicinarsi alla "mente" di Dio. Da qui nacque l'importanza della prospettiva, che è appunto un sistema di regole per rappresentare sul piano lo spazio in modo razionale.


Descrizione, tecniche, materiali, pratiche cromatiche: il viso della Gioconda che appare quasi frontalmente e il corpo che viene invece visto di tre quarti danno un'impressione di movimento rotatorio, mentre una delle sue braccia riposa su uno dei braccioli della poltrona dove è seduta e la sua mano destra si posa delicatamente sull'altro.

Leonardo usa tecniche pittoriche diverse e strane miscele di agglutinanti dato che le mani della donna si sono conservate ottimamente mentre il viso appare screpolato.

La luce che illumina il viso, il petto, le braccia le mani viene dall'alto a sinistra di chi l'osserva, mentre la parte inferiore del quadro resta in ombra.

Un'altra fonte di illuminazione proviene dall'orizzonte, illuminando il paesaggio e risaltando il contorno della capigliatura.

La bellezza della Gioconda non va ricercata nei suoi lineamenti facciali ma nell'armonia degli elementi pittorici, nell'originalità dell'insieme e di ogni singolo particolare, nella saggia distribuzione dei colori e anche nel perfetto accordo sorriso-paesaggio che emana una sensazione misteriosa e irreale, come una sfida all'intelligenza e allo spirito di chi l'osserva.

La composizione è studiata scrupolosamente seguendo regole e concetti geometrici collocati armoniosamente. La figura della Gioconda corrisponde a un cono tronco mentre le linee verticali dei picchi e delle rocce e del ritratto stesso si equilibrano con quelle orizzontali delle sue mani e braccia, della balaustra, della terrazza e del bracciolo visibile della poltrona, uniti alla sinuosità dei fiumi, dalle pieghe del vestito e dalla stessa ondulazione del corpo.

Tecniche cromatiche: attenuando il chiaroscuro grazie a una saggia graduazione, il pittore utilizza lo sfumato. Le ombre sono colorate come le dipinsero gli impressionisti tre secoli più tardi.

Nel Trattato della Pittura si legge che l'azzurro che si vede nell'atmosfera non è un colore intrinseco ma è prodotto dal vapore calido che evapora in atomi minuscoli e sensibili.

Infatti notiamo che Leonardo dipinse il paesaggio con toni azzurrognoli ed evanescenti, mentre tanto più ci avviciniamo terrazza tanto più i toni si mutano in rosati e definiti.

La stessa atmosfera è densa quando avvolge il paesaggio, ma diventa più chiara e trasparente elevandosi dal suolo.

I colori voluti da Leonardo sono intensi e vaporosi nella lontananza, squillanti e accesi in primo piano poiché la chiave di lettura del dipinto sta proprio nel gioco delle forme coperte dai veli in quel miracolo di "velazioni di colori" (velature) di cui si parla con insistenza nel trattato.

Si tratta di un paesaggio alpino dirupato, o meglio, sembrano due paesaggi diversi separati dal ritratto della donna, dato che i loro livelli non corrispondono con la linea dell'orizzonte. In tutti e due si possono scorgere picchi o rocce scoscese, fiumi sinuosi, vegetazione rada, laghi e un ponte.

Quindi nonostante questa attenzione ai particolari il paesaggio ha qualcosa di irreale e misterioso.

Leonardo rappresenta la natura, ma la ricrea organizzando gli elementi naturali d'accordo con la sua interpretazione personale e il suo senso estetico ed espressivo, infondendole un accento poetico.

Il paesaggio e la stessa Gioconda sono reinterpretati secondo concetti rinascimentali. Tutto sembra reale e irreale, conosciuto e misterioso. C'è un doppio mistero: donna-natura (identità misteriosa della donna, paesaggio che oscilla tra reale e irreale).

Nell'allegoria della caverna: ".pervenni all'entrata di una gran caverna,. restai stupefatto e ignorante di tal cosa. salse in me paura e desiderio." Anche in questo pensiero c'è la stessa atmosfera misteriosa collegata ai sentimenti di paura e desiderio che l'ignoto suscita nell'autore.

La mente di Leonardo, così sistematica, lo spinge verso l'investigazione, la sperimentazione ed un empirismo meticoloso, ma la sua sensibilità e la sua indole artistica riuscirono ad umanizzare la scienza trasformandola in poesia.

Empirismo: il corpo è rivelato nella pienezza della sua costituzione anatomica attraverso un gioco di velature e colori. Non esiste alcuno studio preciso su quest'opera, ma i veli che coprono e modellano la Gioconda hanno, come già detto, lo stesso carattere degli studi eseguiti in Francia per la Sant'Anna.

Un'altra caratteristica molto particolare dell'opera è lo sguardo della donna. Si è detto che sembra seguire l'osservatore in qualsiasi punto egli si collochi e inoltre appare sempre leggermente diverso ogni volta che ci si avvicina al quadro. Questa impressione si ha anche nelle fotografie e nelle riproduzioni, ma è senza dubbio più evidente di fronte all'originale al Louvre. Anche dietro a questo effetto ci sono studi e analisi dell'occhio così approfonditi e dettagliati che nessun altro scienziato aveva mai fatto.

Bisogna anche ricordare quel foglio del codice atlantico già ricordato in cui appare uno schizzo a penna di un occhio accanto a una caduta di capelli ondulati proprio come nella Gioconda. La capigliatura appare come una cascata d'acqua vorticosa e quindi possiamo considerare ance questo un chiaro indizio di empirismo.

In un altro disegno a carboncino del periodo francese rappresentante una giovane donna in un paesaggio di rocce, acqua e piante, il volto, illuminato da un ineffabile sorriso è da molti ritenuto quello della Gioconda. In questo schizzo infatti c'è la stessa attenzione per i particolari anatomici e per la disposizione della figura all'interno della natura.

La struttura della Monna Lisa il cui volto appare quasi frontalmente e il cui corpo appare invece di tre quarti dà l'impressione di un movimento rotatorio; ritorna quindi ancora il concetto di dinamismo. D'altra parte Leonardo aveva posto il corpo in analogia con il mondo esterno per il comune principio di vita come vittoria del più "lieve" sul più "grave", cioè del dinamismo sull'inerzia. Anche in questo si richiama all'analogia neoplatonica fra microcosmo e macrocosmo già trattata.

Alterna fortuna nel corso della storia - vicende: il Marchese de Sade la considerava la quintessenza della femminilità.

Napoleone la chiamava Madonna Lisa e negli anni dal 1800 al 1804 la tenne nella sua stanza da letto alla Tuilevies.

Fin dal 1500 la Gioconda fu uno dei quadri più copiati al mondo; ne esistono infatti 62 copie antiche (incluse alcune che la rappresentavano nuda) delle quali le più conosciute si trovano a Roma, Londra, Innsbruck, Monaco, Baltimora, e in collezioni private soprattutto inglesi.

Con l'esposizione al Louvre del 1804 la Gioconda diviene il ritratto femminile per eccellenza: i pittori francesi guardano con occhi trasognati a quel modello lontano e irraggiungibile. È il momento della Giocondolatria.

Nel 1900 passiamo invece a una demonizzazione letteraria della Gioconda il cui sorriso viene definito "machiavellico" oppure "nel quale si intravede la maschera ingannatrice di una donna vendicativa" oppure ancora "il sorriso di una donna che ha appena finito di divorare il marito a cena"

Il 900 è il secolo della Giocondoclastia in cui Monna Lisa viene esposta alle manipolazioni pubblicitarie, alle caricature e diventa uno degli stereotipi del Kitsch.




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