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- Jean Auguste Dominique Ingres -
Questo
grande pittore
nato nel 1780, è accostato non senza suscitare dubbi e perplessità al movimento
francese del romanticismo. Pur ribellandosi alla teoria del "bello
ideale", non intraprende la via seguita dall'avversario, per altro mai
amato, Delacroix. 949i88j E se in gioventù fu effettivamente legato al romanticismo
l'età matura lo legherà indubbiamente al classicismo. Formatosi accanto a
David, ottiene un primo riconoscimento nel 1801 con il Prix de Rome, e in
seguito scelta la volontà di essere pittore di storia, suscita dibattiti sul
suo modo di dipingere appiattendo i volumi e spesso stilizzando le linee. Un
chiaro riferimento a Raffaello lo abbiamo con il Voto di Luigi XIII (1820-24),
mentre l'ispirazione arriva dai vasi greci per Romolo vincitore di Acrone
(1812). Dopo un periodo a Villa Medici torna a Parigi e partecipa al Salon del
1824. Ottiene la carica di direttore dell'Accademia di Francia a Roma
(1835-1841) e a questo periodo risalgono opere come Antionco e Stratonice
(1839). Torna ancora un ultima volta a Parigi (dove morirà nel 1867)
dedicandosi anche alla pittura monumentale, come l'opera non terminata al
castello di Dampierre, (l'Età dell'oro, 1842-1849). Durante la sua vita ha
dipinto numerosi ritratti, dai quali vengono fuori sempre i tratti somatici e
caratteriali dei soggetti. Come l'Autoritratto a 24 anni, i tre ritratti della
famiglia Rivierè. Inoltre fu attratto per tuta la vita dal nudo femminile,
creando opere di vario genere in cui la bellezza del corpo femminile risulta
attraente e personale fin nel minimo dettaglio: Odalisca con la schiava, Grande
odalisca, Bagno turco, ecc..
Ingres è un grande ammiratore, un profondo conoscitore del nudo femminile. Le sue opere migliori sono, proprio come questi dipinti, un continuo proporsi e riproporsi il suo soggetto preferito, sempre più esaltandolo attraverso il tema del bagno, non solo perché questo tema permette di rappresentare il corpo umano nudo, ma anche perché acqua, ambiente e lenzuola hanno il massimo di luminosità su cui il rosato delle carni assume il massimo di chiarità. La pelle delle donne di Ingres, viste di schiena, è veramente molto trasparente; morbidissimo è in realtà tutto, perché il colore ha un'estrema leggerezza. Il pittore non vuole fare un ritratto, infatti i volti delle donne non si vedono neppure. E' il girare del corpo, il limite del braccio e del busto che egli sa farci sentire tornito e morbido, e non linea di demarcazione tra un piano e l'altro. Intento e mezzi sono diversi da quelli neoclassici, ma le bagnanti di Ingres vivono forse del loro isolamento, del loro essere tutte e nessuna, di essere solo creature vagheggiate con la forza dell'amore.
La Sorgente
Concepita intorno al 1820 a Firenze, l'opera fu dipinta lentamente nel corso degli anni, per essere conclusa solo alla metà del secolo. Variante della Venere Anadiomene, anch'essa realizzata in un lungo arco di tempo (1808-1848), La sorgente rappresenta una divinità delle acque, residente nelle fonti e nei fiumi, una naiade dal corpo armonico e puro, memore dell'iconografia classica delle virtù e delle personificazioni delle divinità dell'Olimpo. Proprio questo senso di castità ispirò al poeta Théodore de Banville i versi de La naiade argentina, pubblicati nel 1861. Esposta nello studio, la tela ricevette il consenso unanime dei visitatori che apprezzarono la bellezza del colore e la purezza della forma.
Tornato a Roma, a Villa Medici, in qualità di direttore dell'Accademia di Francia, Ingres ritorna per la seconda volta sul tema dell'Odalisca. La prima incursione nel mondo esotico dell'harem era avvenuta nel 1814, quando dipinse la Grande odalisca, esposta al Salon del 1819. Ora la composizione si arricchisce di particolari che connotano maggiormente l'ambiente, includendo l'opera del filone dell'orientalismo, in quegli anni di gran moda. Se l'uso del rosso e degli ocra è affine alle soluzioni di Delacroix, la linea perfetta e inconfondibile del nudo, il suo candore madreperlaceo, i rinvii alla tradizione antica di un Tiziano o di un Veronese, sono propri del talento, ormai maturo, di Ingres.
La Grande Odalisca dipinta da Jean Auguste Dominique Ingres rende
evidente come l'autore sia dotato di una cultura sostanzialmente classica,
anche se la stilizzazione del corpo femminile si richiama, nell'elegante
arabesco lineare dei contorni, a un più moderno gusto "purista" e ricordi le
slanciate proporzioni del manierismo di Fontainebleau (cioè del rinascimento
italo francese fiorito alla corte di Francesco I). L'Oriente costituisce per
Ingres un puro pretesto per un'esercitazione sul tradizionale tema del nudo
femminile; la realtà dell'ambiente esotico viene filtrata e profondamente
trasformata da un astratto rigore di stampo decisamente orientale. Fantasia
sensuale e realtà di un'atmosfera esotica si associano qui in una versione
rinnovata dell'oriente, che non è più il capriccio settecentesco, ma ha
acquistato spessore umano e una verità tangibile, nata dall'osservazione
concreta e penetrante di una civiltà profondamente diversa da quella
occidentale. L'evidente sensualità dell'odalisca, che ha reso molto noto
Ingres, è un effetto ottenuto ombreggiando finemente i contorni e tratteggiando
le forme con regolarità.
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