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Tappe usuali della messa a punto di un medicamento secondo l'OMS

medicina



Tappe usuali della messa a punto di un medicamento secondo l'OMS



Le tappe abituali della messa a punto di un medicamento secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che viene seguita grosso modo da tutti gli Stati, sono le seguenti:


La sintesi di un nuovo composto chimico o la produzione di una nuova sostanza

partendo da una risposta naturale;




La selezione biologica e la tossicità acuta (ovvero per una singola somministrazione);


Studi farmacodinamici (ovvero di "attività") sull'animale;


Studi farmacocinetici sull'animale (su come gli animali assorbono, metabolizzano,

eliminano questo prodotto).

Inizio di studi di tossicità cronica sull'animale;


Dopo questo iniziale complesso di ricerche si può pensare agli..

.studi iniziali sull'uomo. Nessuno studio clinico sull'uomo può essere intrapreso se

prima non abbiamo tutta questa documentazione acquisita (ovvero la cosiddetta

farmacologia pre-clinica sull'animale da esperimento).

Mentre si iniziano gli studi sull'uomo, vi è la conclusione degli studi di tossicità cronica

sull'animale.

Studi particolari di tossicità (per esempio sulla tossicità riproduttiva, sulla embrio-feto-

tossicità di questo composto) quando necessari;


Infine si arriva alla sperimentazione terapeutica controllata (ovvero randomized clinical

trias). Questi completano la sperimentazione volta all'acquisizione del valore

terapeutico dei composti in sperimentazione.

Prosecuzione degli studi particolari.


Una sostanza apparentemente utile negli animali da esperimento può essere però rigettata nella sperimentazione clinica (ovvero tutto ciò che è stato fatto nella prima parte può essere archiviato e non più utilizzato) per i seguenti motivi:

azione troppo breve, rispetto a quella nell'animale da esperimento;

non soddisfacente assorbimento per via orale (in genere si punta su una assorbibilità

per via orale di un nuovo medicamento, tranne casi particolari);

la presenza di azioni sfavorevoli non rilevate nella fase pre-clinica.



Per quel che riguarda poi l'azione e l'efficacia, bisogna sottolineare che molte volte mancano modelli sperimentali di malattie, di patologie umane. La patologia animale, che può essere spontanea o da noi indotta, in effetti può essere incapace di darci le risposte per la patologia umana corrispondente 656g62g . Per esempio noi non abbiamo un modello di artrite reumatoide negli animali, per cui usiamo come modello delle semplici infiammazioni croniche articolari, che vorrebbero somigliare all'artrite reumatoide, ma non sono la stessa cosa. Per cui per studiare l'azione di farmaci anti-infiammatori, possiamo realizzare nell'animale diverse forme di infiammazione in varie parti del corpo, tenendo conto delle opportune differenze rispetto a patologie infiammatorie umane.





Schema delle fasi di valutazione dei farmaci sull'uomo



Fasi

Obiettivi

Soggetti studiati

Sperimentatore

Durata in mesi




Prima somministra-zione all'uomo; valu-tazione dell'attività biologica, del meta-bolismo e della tolle-rabilità


Pazienti e/o volon-tari sani



Farmacologo clinico






2 precoce

Utilità potenziale, at-tività farmacologica, inizio studi di farma-cocinetica; ricerca dosaggio ottimale


Pazienti selezio-nati in piccolo nu-mero





Farmacologo clinico






2 tardiva

Farmacocinetica; definizione dosag-gio; valutazione van-taggi rispetto a far-maci già esistenti; effetti indesiderati


Pazienti in numero più ampio e trattati più lungo


Farmacologo clinico








Accertamento atti-vità terapeutica; con-fronto con altri far-maci; indicazioni, controindicazioni, effetti collaterali ed interazioni



Numero ampio di pazienti in più centri



Farmacologo clinico e ricercatore clinico





Fasi

Obiettivi

Soggetti studiati

Sperimentatore

Durata in mesi



Monitoraggio della sicurezza e della efficacia; controllo di impiego


Tutti i pazienti trattati


Farmacologo clinico e ricercatore clinico




La fase 1 è molto importante: con la sperimentazione sull'animale, dobbiamo ricavare i dati che ci permettano di dare all'uomo il farmaco. In genere si usa una dose che pro Kg è molte volte inferiore alla dose efficace nell'animale da esperimento. Poi si fa nell'uomo quello che è definito il "dose-finding", ovvero progressivamente si sale con le dosi fino ad arrivare a quelle dosi che possono dare segni di intolleranza. Tutto ciò si fa perché dobbiamo stabilire la dose che poi sperimenteremo nei pazienti, in quanto la prima parte della sperimentazione sull'uomo si svolge o su volontari sani o su pazienti che hanno affezioni di minor rilievo (per es. una lieve ipertensione), per cui non si va a vedere l'effetto terapeutico, ma come il farmaco viene metabolizzato dall'organismo e la sua la tollerabilità. Questa fase è compito del farmacologo clinico e può durare 24-30 mesi, perché non è che si comincia con una schiera di soggetti, ma con un unico soggetto al quale a poco a poco ne vengono aggiunti altri. Si vede man mano cosa succede: una volta stabilita la dose, che si pensa possa poi essere adoperata in clinica, con essa si procede nella valutazione sia del metabolismo sia delle azioni sfavorevoli eventuali.

Nella fase 2 diamo il farmaco a soggetti malati di quella malattia per la quale si pensa che il farmaco possa avere efficacia. Questa fase, che può essere fatta su 20, 40, 60 soggetti, ci deve dare un'indicazione sul fatto che il farmaco funzioni o meno. Possiamo usare 2 dosi del farmaco, o dosi al limite della tolleranza o dosi più basse. Dobbiamo anche ricercare il dosaggio ottimale. Questa fase si sviluppa poi nella fase 2 tardiva, in cui si studia più ampiamente la farmacocinetica, anche in condizioni patologiche, si fa eventualmente una valutazione comparativa del farmaco rispetto a farmaci già esistenti, e si valutano gli effetti indesiderati. Questa fase tardiva può raggiungere anche un centinaio di casi (il numero di casi però non è stabilito a priori, è di volta in volta variabile in rapporto alla frequenza dell'affezione; si pensi, per esempio, nel campo anti-neoplastico, a disturbi quali il mieloma, le leucemie: fortunatamente, in un solo centro, non si trovano tanti casi; allora in genere queste sperimentazioni sono multicentriche, con un unico protocollo, che viene approvato dal comitato etico del centro coordinatore, e che viene seguito dagli altri centri; ogni centro raccoglie un certo numero di casi, a seconda della frequenza della malattia; poi bisogna mettere insieme tutti i dati raccolti: parliamo appunto di sperimentazioni multicentriche).

In alcuni casi la fase 1 viene saltata: ciò avviene, per esempio, per farmaci antineoplastici, perché non ha logica privare un soggetto, che certamente ha una malattia molto seria, di un farmaco che eventualmente potrebbe conferire un beneficio; d'altra parte non ha senso infliggere ad un soggetto sano delle azioni sfavorevoli che in genere tutti i farmaci anti-neoplastici, specialmente quelli cito-tossici, hanno. Quindi, in tal caso, si sperimenta direttamente sui pazienti, ovviamente con tutte le cautele del caso. Dunque, si omette la fase 1, trasformando in fase 1 la fase 2. Un caso analogo riguarda i pazienti affetti da AIDS, in quanto anche in questo caso ci si presenta la possibilità di intervenire in maniera decisa e definitiva su questa patologia (oggi ciò vale di meno perchè abbiamo anche una serie di farmaci che possono essere sperimentati sul volontario sano e poi sul soggetto affetto).

La fase 3 consiste nell'accertamento dell'attività terapeutica: il confronto con altri farmaci (può darsi che ci troviamo a sperimentare un farmaco che funziona come o peggio altri che già usiamo, e che quindi sarebbe inutile mettere in commercio: sarebbe solo la brutta copia di un qualcosa già esistente), la precisazione delle indicazioni (qualora si tratti di un antibiotico dobbiamo sapere su quali microrganismi esso agirà: possiamo infatti curare alcune infezioni e non altre; dobbiamo avere uno spettro d'azione del farmaco, ovvero conoscere su quale tipo di infezioni esso agisce prevalentemente - esempio: abbiamo un antibiotico che può agire su infezioni delle vie respiratorie, o delle vie urinarie o, ancora, dei tessuti molli; in fase 2, però, lo abbiamo testato solo relativamente ad infezioni delle vie respiratorie: è in fase 3 che allarghiamo la sperimentazione per ottenere una precisazione delle indicazioni, sperimentandolo, dunque, anche nelle infezioni delle vie urinarie e dei tessuti molli; alcuni fluorochinoloni hanno attività non solo sui batteri Gram + - dunque utilizzabili nelle infezioni delle vie respiratorie -, ma anche su quelli Gram - - per cui utili anche nel trattamento delle infezioni urinarie -; la fase 3 potrebbe appunto tendere alla estensione precisazione delle indicazioni. Un farmaco b-bloccante, invece, ha attività anti-ipertensiva, anti-anginosa, anti-aritmica; però in genere, nella fase 2, andiamo a verificare solo l'attività anti-ipertensiva; le attività anti-anginosa e anti-aritmica le andiamo poi a precisare in fase 3; per esempio il sotalolo è un b-bloccante che ha una particolare azione anti-aritmica, per cui non viene poi usato nell'ipertensione arteriosa, ma in diverse forme di aritmia; questa però è una conclusione sperimentale che deriva anche da osservazioni fatte in fase 2, ma che è stata esplicitata attraverso le osservazioni in fase 3). N.B.: non può essere aggiunta una indicazione ad un foglietto illustrativo di un farmaco, se quella indicazione non è provata da studi clinici controllati.



Per i farmaci a disposizione del pubblico sono riportate sul foglietto illustrativo quelle che sono definite indicazioni, che derivano da studi clinici sicuri; in America sono riportate come indicazioni anche quelle non provate tramite appositi studi, ma solo supposte. Nelle indicazioni dei farmaci non vale la cosiddetta proprietà transattiva: non perché un farmaco è ACE-inibitore ha contemporaneamente e necessariamente anche azione anti-ipertensiva, azione nell'insufficienza di circolo, azione nel post-infarto del miocardio, azione nelle glomerulopatie diabetiche: tutto ciò va provato con studi appropriati. Solo allora sarà possibile aggiungere una nuova indicazione al foglietto illustrativo.




Prove in vitro Prove sull'animale Prove cliniche Commercializzazione



Prodotti naturali (è sicuro?)


(è efficace?) (è efficace?) Il prodotto generico

Composto guida*   diventa disponibile

(è efficace in

doppio cieco?)

(farmaco-

Prodotti di sintesi  vigilanza)






2 anni   4 anni 8-9 anni 17 anni

IND negli USA 3* NDA (negli USA) Scadenza del brevetto

Delibazione in Italia Domanda di AIC in Italia (a 17 anni dalla presen-

tazione)


Il composto guida è quello più importante sul quale ci focalizziamo.


Lo studio del metabolismo del farmaco e la valutazione della sua sicurezza ha luogo nell'ambito della farmacologia pre-clinica. Ciò comporta da 0 a 4 anni. Negli USA ci si rivolge alla Food and Drugs Administration (non sono sicura che Food sia giusto..) per avere l'IND (Investigation New Drug), che è una licenza a sperimentare sull'uomo un nuovo farmaco. In Italia si chiama Delibazione e viene data dall'Istituto Superiore della Sanità.


Si parte dunque con le 4 fasi già viste in precedenza: nella fase 1 (20-60 soggetti), eseguita sul volontario sano, si sperimenta se il farmaco è sicuro; andiamo a trovare la dose che verosimilmente dovrà essere usata, continuano le ricerche sul metabolismo e sulla sicurezza nell'uomo; nella fase 2 (fino a 300 soggetti) si valuta se il farmaco è efficace; segue la fase 3 (randomized clinical trias - oltre 1000 soggetti) che, dove possibile, deve essere condotta in doppio cieco (né il paziente né il medico sanno quale farmaco il paziente stia assumendo, tra quelli in esperimento - può essere, per esempio, un farmaco di controllo o placebo); si arriva dopo 8-9 anni (3*) alla NDA negli USA, che riguarda la possibilità di avere la registrazione (detta AIC in Italia, Autorizzazione in Commercio); subentra dunque la fase 4, di farmaco-vigilanza, che valuta le variazioni di dosaggio nell'ambito di quelli consentiti, le variazioni di forma farmaceutica (per es. uso di capsule invece che compresse), le variazioni di efficacia in gruppi particolari di popolazione. Non possono però esserci nuove indicazioni, né nuove posologie. Queste devono infatti essere suffragate da nuove sperimentazioni. Anche per aggiungere una nuova indicazione ad un farmaco già registrato bisogna fare tutti gli studi e le sperimentazioni del caso. Oggi per gli ACE-inibitori si sta ponendo il problema se possano essere più efficaci di quanto non siano stati finora trovati aumentando le dosi che vengono normalmente somministrate (per esempio nell'insufficienza cardiaca congestizia). Nessuno però può fare ciò senza tutte le prove necessarie, per i singoli ACE-inibitori (non è detto, infatti, che ciò valga per tutti).

Dopo 17 anni scade il brevetto, che è una protezione della proprietà intellettuale; a questo punto il farmaco può essere prodotto come generico (senza il nome di fantasia, ma con il nome generico della sostanza) ad un costo nettamente inferiore (questo già succede negli USA, in Inghilterra e in altri Paesi, e tra poco entrerà in vigore anche in Italia: per il farmaco A generico non si pagherà niente, perché reso disponibile dal Servizio Sanitario Nazionale, per lo stesso farmaco A con il marchio della casa, che è la cosiddetta "specialità" corrispondente, si pagherà la differenza), e la casa che, se prima se cedeva il farmaco ad un'altra si faceva pagare parecchio, ora non lo può fare più. N.B.: è certificato che il farmaco generico abbia la medesima attività e la medesima biodisponibilità del farmaco con l'etichetta. Questo creerà una rivoluzione in termini monetari: ciò permetterà di risparmiare circa 500 miliardi l'anno.


Ma come si arriva alla registrazione di un farmaco? Ci possono essere tre tipi di registrazione:

v   registrazione europea fatta dalla EMEA (Ente europeo per la registrazione dei farmaci, corrispondente alla Food (?) and Drugs Administration Americana), valida per tutti gli Stati membri; gli Stati membri possono fare correzioni presso l'SPC, possono avere diversi sistemi di rimborsabilità (con totale o parziale carico del Servizio Sanitario Nazionale), ma non possono modificare le indicazioni che sono state date dalla registrazione europea;

v   AIC nazionale: un produttore ha un farmaco, il quale chiede, dopo tutta la sperimentazione che abbiamo detto, un'autorizzazione all'introduzione nel commercio nazionale; per cui il farmaco vale solo per quel Paese;



v   mutuo riconoscimento: un Paese propone agli altri Stati membri (a tutti o parte di essi) che questo prodotto venga registrato. E' ben diverso dalla registrazione europea, che automaticamente vale per tutti. Ci si pone in contatto con gli Stati presso i quali si pensa di poter aver la registrazione, ciascuno Stato fa le sue osservazioni, alle quali sarà data una risposta, dopo di che uno Stato, non convinto dal prodotto, può anche rifiutare di prendere il farmaco. In genere si va avanti con un tira e molla, ci può essere anche un arbitrato, regolato da certe norme, fino ad arrivare alla definizione.


Un farmaco a registrazione europea si trova in tutti gli Stati membri nelle stesse condizioni (stesse preparazioni, stesse indicazioni, con prezzo più o meno variabile - è solo sul prezzo che gli Stati possono intervenire, a secondo del regime di rimborsabilità). N.B.: Non è detto che un farmaco sia disponibile in tutti gli Stati contemporaneamente: possono esserci differenze di alcuni mesi.

Non bisogna confondere i farmaci, i medicamenti, che sono studiati secondo le modalità viste in precedenza, con gli integratori, che sono venduti abbondantemente in farmacia, come preparati erbari, mineralici, vitaminici, etc., non controllati in alcun modo dalle autorità sanitarie, e registrati facilmente, senza le prove e le sperimentazioni precedentemente illustrate. Questi integratori costano non poco, il pubblico li acquista: ma non sono degli OTC (over T counter ? Non sono sicura.). Gli OTC sono i farmaci da banco, che si acquistano in farmacia senza ricetta medica, ma che hanno superato comunque le prove sperimentali viste in precedenza. In genere sono farmaci per malattie minori, messi in commercio senza richiesta di ricetta medica per permettere al pubblico di auto-curarsi. Gli integratori non sono OTC: anch'essi non necessitano di ricetta medica, ma non sono suffragati dalla sperimentazione che invece precede la messa in commercio dei farmaci. Sono in genere prodotti erbari (per es. per la cellulite, per l'abbronzatura, etc.), e non danno garanzia alcuna di studi precedenti, come invece avviene per i farmaci, i medicamenti, compresi i generici. I generici, infatti, sono farmaci che hanno fatto il loro tempo, superato periodi di 15-16 anni; danno anche una garanzia di accettabilità come azioni sfavorevoli, hanno superato la sperimentazione. Gli OTC sono farmaci per patologie minori: tra essi ricordiamo, per esempio, le creatinine, delle quali purtroppo gli sportivi fanno larghissimo uso e abuso, secondo una tendenza ormai piuttosto generalizzata, o il Ginkobiloba, molto reclamizzato in questi tempi, avente lo scopo di aiutare la funzionalità del SNC. Il Ginkobiloba ha una serie di prodotti, nell'ambito della sua composizione, che possono interagire con gli anti-coagulanti e gli anti-aggreganti piastrinici. E' stato dimostrato che l'associazione tra tali integratori come il Ginkobiloba e farmaci come gli anti-coagulanti piastrinici possono provocare gravi emorragie cerebrali.


Sviluppo di un nuovo farmaco e relativi costi per una industria primaria



Sintesi e/o estrazione e/o

ottenimento in via bio- 8000 molecole/anno

tecnologica

2 anni


5 -10 (brevetto)



10 anni


Metà eliminate


2-5 ne rimangono 30-100 miliardi

(2-3 anni)




Di queste superano

le prove cliniche e 1:20

sono commercializzate ( 6 anni)




Una grande multinazionale in genere sintetizza, estrae o ottiene in via biotecnologia circa 8000 molecole/anno. Di queste solo 5-10 vanno al brevetto, dopo lo screening farmacologico, che avviene in maniera riservata. Dopo valutazioni farmacologiche di approfondimento la metà di questi 5-10 viene eliminata, per cui ne rimangono 2-5. Di queste solo 1 su 20 superano le prove cliniche e sono commercializzate. Per cui un'industria che produce una molecola nuova di potenziale interesse terapeutico ogni due anni può ritenersi fortunata. Molti prodotti, inoltre, vengono ritirati dal commercio 1-2 anni dopo l'inizio della loro commercializzazione; è in fase 4 che cominciano i problemi maggiori, non essendo la sperimentazione controllata l'impiego migliore del farmaco stesso. Entrano infatti in gioco le differenze genetiche, le diverse patologie, le iterazioni, variabili da soggetto a soggetto. Quando si ritira un farmaco dal commercio è come aver buttato 100 miliardi.

Questo ha portato a varie conseguenze: per esempio non sono stati sviluppati farmaci per gravi malattie protozoarie o elmintiche, che si hanno soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Entra infatti in gioco il problema dei costi. E' accaduto per esempio che l'India fabbricasse fraudolentemente farmaci per il trattamento dell'AIDS, senza brevetto, e li immettesse sul mercato ad un prezzo estremamente basso, rispetto a quello dell'industria farmaceutica. Per cui è stato fatto un ricorso, poi ritirato, tenuto conto della gravissima diffusione dell'epidemia di AIDS in sud-Africa e delle condizioni economiche che non consentono di poter spendere quanto spendiamo noi per questo tipo di farmaci. E' evidente che c'è l'interesse da parte dell'industria di produrre nuovi farmaci importanti per averne un profitto. Molte volte però c'è il problema che il mercato non è in grado di assorbire una quantità di prodotto pari a quella che la ditta vorrebbe. In questo contesto, si inserisce il discorso dei farmaci orfani, che servono per patologie molto rare, con un numero di soggetti effetti molto basso. Tali patologie possono essere curate solo con medicamenti che non hanno altre possibilità di impiego. Esistono un centinaio o poco più di questo tipo di composti. Si chiamano orfani perché, visto il loro impiego limitato, nessuno si fa carico della loro commercializzazione. Per cui devono essere appositamente richiesti, secondo le modalità opportune (per esempio in Italia esiste la legge 648 - ? non sono sicura sul numero.), in maniera tale da poterne disporne in quei rari casi (decine nel mondo). Si tratta soprattutto di rari deficit enzimatici o rare patologie infettive. Oggi la talidomide (noto per essere un farmaco pericoloso in gravidanza) è stato riconosciuto farmaco di primo piano per una serie di malattie infiammatorie croniche, anche in alcuni tipi di tumori. E' considerato un farmaco orfano.






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