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La medicina
All'interno della medicina egizia si potevano distinguere due diversi
filoni: quello magico-religioso, che comprendeva elementi molto primitivi, e
quello empirico-razionale, basato sull'esperienza e l'osservazione, privo di
componenti mistiche.
I medici dell'antico Egitto erano molto numerosi, per questo motivo ognuno di
loro si occupava quasi esclusivamente delle malattie che meglio
conosceva.
I medici ordinari erano affiancati dai professionisti di grado superiore, da
ispettori e da sovrintendenti.
Ad assisterli era del personale paramedico di sesso maschile. Essi dovevano le
loro conoscenze anatomiche all'osservazione degli animali durante il macello e
non all'imbalsamazione del defunto che era
riservata ai sacerdoti devoti ad Anubi,
perciò loro conoscenza dell'anatomia ossia del tipo, della struttura e
della disposizione degli organi, era modesta e, di conseguenza, anche le
procedure chirurgiche erano molto limitate: una pratica di antica
tradizione e ancora largamente applicata era la trapanazione, ossia la
perforazione del cranio allo scopo di curare cefalee e disturbi mentali.
Il cuore era considerato sede delle emozioni e dell'intelletto.
Il benessere del corpo si doveva, a loro avviso, allo scorrimento dei suoi
liquidi nei metu, i vasi che lo attraversavano se uno di questi vasi si
ostruiva si manifestava la malattia.
La polmonite e la tubercolosi erano tra le malattie più diffuse a causa
dell'inalazione di sabbia o di fumo dei focolari domestici. Le malattie
parassitarie erano altrettanto comuni a causa della mancanza di igiene. Le
comuni malattie erano solitamente curate dai medici con il metodo
empirico-razionale, grazie soprattutto al fatto che questi organi sono direttamente
accessibili; i disturbi di altre parti del corpo venivano, invece, curati da
stregoni con magie e incantesimi.
Durante la terza dinastia il medico iniziò a distinguersi come figura, sia pure
primitiva, di scienziato, diversa dallo stregone e dal sacerdote. Il primo
medico egizio il cui nome è giunto fino a noi è Imhotep (vissuto intorno al
Solitamente il medico trascorreva nelle scuole dei templi anni di duro
addestramento, in modo da apprendere l'arte dell'interrogazione del malato,
della sua ispezione e della palpazione (esame del corpo effettuato tastando con
le mani la superficie corporea).
La farmacopea del tempo includeva sostanze medicinali vegetali: era comune
l'uso di lassativi come fichi datteri e olio di ricino l'acido tannico,
derivato principalmente dalla noce di galla, era considerato utile nel
trattamento delle ustioni
Gli attrezzi più comuni di un medico erano: pinze, coltelli, fili di sutura,
schegge, trapani e ponti dentari.
La
biblioteca della salute.
Erodoto riferisce che la medicina egizia era fortemente specializzata. La
nostra documentazione conta un
Papiro Smith (così chiamato dal nome dei suo primo possessore) che purtroppo ci
è pervenuto non integro, è la copia di un testo dell'Antico Regno, fatta in
Epoca Lyksos, completa di glosse per spiegare i termini non più comprensibili,
Altra fonte è il cosiddetto Papiro Ebers (anch'esso di Epoca Lyksos), lungo ben
Sonno,
dieta e purghe: le cure per tutti.
Le cure mediche in senso proprio consistono nel riposo, in una dieta adatta, e
nella somministrazione di rimedi fra i quali i più frequenti sono i purganti.
Le ricette che ci sono pervenute indicano ingredienti per lo più vegetali (è
sfruttata quasi tutta la flora egizia) e di rado minerali (allume, rame, ossido
di ferro, calcare, carbonato e bicarbonato di sodio, zolfo, composti
arsenicali, carbone); vi ha poi posto un certo numero di ingredienti che
fungono da veicoli (birra, vino, miele, grassi animali, midollo, argilla). Il
rimedio veniva somministrato in forma di bevanda, pappa, pillole e cataplasma.
Tutti gli ingredienti appaiono quasi sempre adatti allo scopo terapeutico
prefisso, e comunque scelti secondo un criterio di scienza naturale, mai in
obbedienza a presupposti religiosi o filosofici. Dei resto le formule magiche
rivolte a una divinità guaritrice venivano inserite nella cura solo per
prudenza (come dire: "non si sa mai!"), per dare maggiore fiducia al
paziente e per le malattie attribuite a cause extra‑fisiche, Molti rimedi
comportavano almeno un ingrediente raro e costoso, spesso importato dall'estero
(in particolare da Biblo), e questo ci dice che la psicologia dei malato
dell'antico Egitto era la medesima di oggi. I medici preparavano essi stessi le
loro ricette ma si procuravano la materia prima da una organizzazione
farmaceutica gerarchizzata. Al momento di consegnare le medicine erano sempre
prodighi di consigli sull'igiene, che consisteva innanzitutto nel praticare
abitudini sane.
Il
cuore, motore della vita.
"Se il medico pone le mani sul capo, sulla nuca, sulle mani, sul luogo
dello stomaco, sulle braccia oppure sui piedi, dovunque egli ricade sul cuore,
perché i suoi vasi conducono a tutte le membra". Una delle dottrine che
appaiono nel Papiro Ebers, da cui si deduce che i medici egizi ritenessero il
cuore centro della vita e sembra anzi che già ricollegassero il suo battito a
quello dei polso, I testi letterari descrivono inoltre il cuore come luogo
della volontà e delle emozioni, oltre che sede dei peccato. Centro quindi
dell'organismo umano fisico, psichico e spirituale è il cuore, mentre
l'importanza dei cervello non era avvertita, Nel Papiro Ebers si accenna anche
al numero e alla posizione dei vasi che si originano dal cuore. Essi portano
aria alle membra, acqua ai polmoni, al fegato, alla milza e all'ano, sangue e
muco ai naso, ed ancora, sangue alle tempie, sperma ai testicoli, orina alla
vescica ed, infine, escrementi all'ano. La dottrina è frutto evidente di
osservazioni condotte, almeno in parte, su cadaveri, le cui arterie sono vuote
e possono quindi sembrare condotti auriferi. Quanto ai vasi sanguiferi, essi
sono in realtà vasi venosi, mentre gli acquiferi i vasi linfatici. L comunque
indubbio che la pratica della mummificazione deve aver reso gli egizi
abbastanza esperti di anatomia umana, una conoscenza che si dimostrerà preziosa
nella pratica chirurgica.
La
struttura sanitaria.
Il corpo dei medici dipendeva da un dicastero della Sanità, bipartito come ogni
altro, cui presiedeva un .grande dei medici dell'Alto Egitto" e uno dei
"Basso Egitto", dai quali dipendevano "ispettori dei
medici" e "soprastanti dei medici". Esistevano poi ì titoli, dì
"soprastante alla casa della salute, (la quale era certamente
un'organizzazione ospedaliera), nonché di medici addetti a corpi sacerdotali,
colonie agricole, colonie militari, villaggi operai e reparti militari. Il
medico generico (semu) doveva sapere di tutto e anche di veterinaria, trattata
negli stessi libri di medicina, ma molti aggiungevano al titolo una o più
specializzazioni: semu degli occhi, della testa, dei denti e così via. La
leadership scientifica della categoria era rappresentata dai "medici di
Palazzo« che erano aggregati alla Casa della Vita, l'alta scuola di tutte le
scienze, Anche l'organizzazione farmaceutica era gerarchizzata, con un »capo
farmacista", che dirigeva e controllava i "conservatori dei
farmaci" coadiuvati da tecnici. Le cure prestate dal medico, quando non
era d'ufficio come sanitario di un corpo sacerdotale o di una colonia, erano
pagate in natura.
I
grandi interventi chirurgici: una leggenda da sfatare?
Data la pratica della mummificazione, che rendeva gli egizi abbastanza esperti
di anatomia umana, la chirurgia non era certo sconosciuta. Dal momento che,
però, ogni cura si basava sul principio "primum non nocere", i casi
chirurgici prevedevano l'uso dei bisturi soltanto per i tumori esterni e dei
cauterio per i casi lievi, Il vocabolario medico reca diversi nomi di bisturi,
ma non conosciamo a quali tipi di strumento essi corrispondano: è comunque
probabile che si usassero lame simili a rasoi e coltelli comuni di bronzo. Mano
più pesante dovevano avere i chirurghi militari, poco più che segaossa, che
chiudevano le ferite sia bruciando i tessuti con il ferro rovente o con
sostanze caustiche, sia applicando punti. E' probabile che in questi casi non
si ricorresse neppure all'anestesia, ottenuta, almeno a partire dal Nuovo
Regno, con il papavero sonnifero, in pratica l'oppio. A questo punto, venendo a
tre leggende spesso ripetute circa la medicina egizia, che narrano di grandi
interventi chirurgici, di odontoiatria operatoria e protesi e di trapanazione
terapeutica dei cervello, è bene considerare che i Papiri non ne parlano e che
il loro silenzio è confermato dal fatto che, tra le migliaia di crani egizi
recuperati negli scavi e le decine di mummie esaminate finora, non sì sono
riscontrate tracce di interventi dei genere.
Nozioni
di igiene.
I Papiri danno notizie sparse di igiene. Si consiglia, ad esempio, con
insistenza di lavarsi il corpo, e in particolare il viso, la bocca e i denti al
mattino, le mani prima e dopo i pasti. L bene indossare vesti di fino, e come
abiti, oltre al gonnellino o la tunica, far uso di un panno triangolare stretto
alle anche a proteggere i genitali, Importante è, inoltre, sostenersi con una
nutrizione completa e razionale, distribuita in una colazione, un pranzo
leggero e una cena abbondante. Per dormire, meglio usare un letto dotato di
rete elastica, con materasso vegetale e coperte di fino. Non è lecito eccedere
negli alcolici, limitandosi comunque alla birra e al vino (il secondo è più
dannoso del primo); in età avanzata è concesso qualche blando afrodisiaco,
principalmente la lattuga, pianta sacra al dio della fecondità Min. La pulizia
della persona, delle vesti e della casa si ottiene con grande abbondanza di
acqua, incensi e salnitro. Il clima generalmente buono e una vita semplice,
alquanto attiva e quasi tutta all'aria aperta, faceva il resto. Rilievi
dell'antico Egitto mostrano che venivano praticati massaggi e che era in uso la
circoncisione.
L'oftalmologia
Presso
le piramidi di Giza, nel 1926, fu scoperta la tomba di Iry, un medico che visse
tra il 2270 e il
Su un'enorme stele di pietra calcarea, eretta in suo nome, i geroglifici lo
definiscono "oculista di corte".
Ma è il papiro Ebers, un trattato di medicina scritto settecento anni dopo la
morte di Iry la maggior fonte d'informazione sulla patologia oculistica.
I disturbi della vista erano gli stessi che ritroviamo ai giorni nostri:
miopia, strabismo, cataratta e congiuntivite. Chi aveva la vista debole veniva
curato con un miscuglio di miele, minio e liquido oculare di maiale, iniettato
nell'orecchio.
Un unguento composto di cervello di tartaruga era la cura per lo strabismo. Il
paziente, per far si che le cure fossero più efficaci, doveva ripetere per due
volte una formula magica:
"Ho eseguito le istruzioni e applicato l'unguento: il coccodrillo è
debole". (Il coccodrillo era uno degli animali responsabili del fenomeno
dell'eclissi solare, in quanto rubava l'occhio del sole).
Non ci sono pervenuti documenti che parlino di interventi chirurgici agli
occhi.
La mummificazione
Semplice lavaggio e purificazione, iniezione
di liquidi corrosivi. Gli imbalsamatori riempiono le loro siringhe di olio di cedro e ne ricolmano l'addome del morto, senza praticare alcuna incisione,iniettando semplicemente il liquido attraverso l'ano e assicurandosi che non esca. In seguito imbalsamano il corpo per il numero di giorni prescritto. L'ultimo giorno, lasciano uscire l'olio che avevano iniettato: questo olio è così forte che porta via con sè tutte le interiora e gli intestini di sotto, cosicchè alla fine non rimangono che la pelle e le ossa. Incisione ed estrazione degli organi. Prevedeva,
attraverso l'incisione addominale, l'estrazione degli intestini,dello
stomaco,del fegato e dei polmoni,si puliva l'addome sciacquandolo con vino di
palma e spezie tostate,si riempiva quindi l'addome con mirra pura
macinata,cassia e altre spezie. Le viscere estratte dal corpo del defunto
venivano poi collocate in un cofanetto,diviso internamente in quattro parti
con coperchi a forma di teste umane. Più tardi si usarono i vasi canopi che avevano sempre quattro
teste: nel periodo dei Ramessidi, rappresentavano i quattro figli di Horus.
Daumutef,il vaso con la testa di sciacallo, conteneva lo stomaco:Quebehsemut,
il falco, conservava gli intestini;nel vaso con la testa umana,quella di
Ismet, veniva riposto il fegato e quello di Hapi,con la testa di
babbuino,conteneva i polmoni. I canopi erano spesso fatti di calcite e
venivano collocati nelle tombe in un cofano apposito. I reni, spesso
considerati come sede delle emozioni, e il cuore, che serviva al defunto per
essere giudicato,venivano ricollocati nel corpo svuotato. Anche il cervello
era asportato tramite un'incisione praticata nel cranio o attraverso le
narici per mezzo di uncini e veniva sostituito da una calotta di metallo. Le
viscere erano imbalsamate come il corpo e avvolte in bende separatamente.
Il corpo veniva poi sistemato sotto mucchi di natron asciutto, un sale
naturale che si trovava in abbondanza nel letto di un lago prosciugato nel
Delta occidentale (l'odierno Wadi el-Natrun); il natron è composto
essenzialmente di cloruro di sodio e contiene un'alta percentuale (17%) di
bicarbonato di sodio,indispensabile per la riuscita del procedimento:Questo
sale assorbiva i liquidi del corpo che, dopo circa 70 giorni diventava un
solido guscio non più soggetto alla decomposizione. |
I vasi canopi
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Il termine vasi canopi fu inventato dai primi egittologi che
li avevano erroneamente collegati a Copono il comandante della nave di
Menelao al ritorno della guerra di Trovia: |
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Le mummie
La mummia di Ramses II in pericolo
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Questa testa di mummia è uno dei documenti più importanti e drammatici del Secondo Periodo Intermedio. Appartiene infatti al principe Seqenenra, un grande condottiero che iniziò la guerra di liberazione tebana contro gli Hyksos. Molto probabilmente l'eroe morì proprio durante una battaglia contro il re Hyksos Apophis: la sua mummia reca i segni delle orribili ferite che lo uccisero. Il suo corpo, contorto dall'agonia, non potè essere composto dagli imbalsamatori e fu sepolto a Tebe Ovest con ancora i segni della morte addosso. Considerato un eroe nazionale, la sua mummia fu una delle prima a essere nascoste dai sacerdoti tebani nella cachette di Deir el Bahari quando le tombe reali cominciarono a venir sistematicamente saccheggiate. |
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La mummia di Menra I |
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Nella tomba KV55 furono rinvenuti oggetti della regina Tiye e il sarcofago destinato a Kiya una moglie di Akhenaton; la mummia rinvenuta, creduta inizialmente di Tiye, è oggi attribuita (con molti dubbi) ad Akhenaton. |
La mummia di Cleopatra
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Dov'è
sepolta Cleopatra, la più famosa regina d'Egitto? |
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I SARCOFAGI
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Particolare del terzo sarcofago. La mummia era custodita da
tre sarcofagi, inseriti l'uno nell'altro. Il primo, quello esterno, era in
legno di cipresso lungo |
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Gli studi sulla mummificazione
Nella
religione egizia l'idea della resurrezione era fortemente radicata. Il Ba ed il Ka lasciavano temporaneamente il
corpo nel momento del decesso per poi fare ritorno. Il Ba era il portatore
delle eterne energie, il Ka rappresentava una specie di spirito custode. Pur
nascendo con la persone le sopravvivevano. Quando facevano ritorno bisognava
che ritrovassero l'antico corpo, ecco perchè esso non doveva marcire. Inoltre
ogni salma mummificata rappresentava Osiride, il dio dei defunti. Soltanto lui
aveva il potere di dare la vita al morto. Gli egizi si resero presto conto
che l'imbalsamazione risultava imperfetta se non toglievano le parti molli e
le interiora. L'operazione più difficile fu quella dell'estrazione del
cervello, non si dovevano produrre ferite visibili. Non si sa quando vennero
impiegati per la prima volta i famosi uncini. Il professor Sudhoff, nato a
Francoforte era un'anatomista direttore dell'Istituto di Medicina, aveva
dimostrato che un solo uncino ricurvo era necessario per far uscire la
materia cerebrale.(Foto 1) Nel 1908 sperimentò un uncino, leggermente ricurvo
lungo una trentina di centimetri, fornitogli da un collezionista berlinese,
sul cadavere di un ignoto suicida. Sudhoff pubblicò i risultati tre anni
dopo: "Lo sfondamento della lamina cribosa,scrisse, non presentò
difficoltà; altrettanto facile risultò la rottura della lamina
perpendicularis, anzi la completa distruzione delle conche nasali. La
penetrazione nella cavità cranica comportò lo smembramento del tentorio e di
tutte le parti membranose, colpendo con la punta o col dorso ricurvo e ottuso
dell'uncino; poi si rimestò la materia cerebrale già un po' macerata. Quindi
mettemmo il cadavere in posizione prona; in quindici, venti minuti, stimolato
leggermente dall'uncino il cervello fuoriuscì".
Il
processo di mummificazione non poteva durare meno di tre mesi. Diciassette
giorni occorrevano soltanto per la fasciatura. troviamo questo dato in due
papiri scoperti verso la metà del secolo scorso dall'avvocato scozzese
Alexander Henry Plind in una tomba privata tebana della Ventottesima
dinastia. A Tebe Ovest, dissotterrò una intere serie di papiri, poi chiamata Plind.
Uno di essi descrive la mummificazione di un uomo, l'altro quella di una
donna. I due documenti affermano che la testa veniva mummificata per sette
giorni; gli organi interni per quattro giorni; due per le braccia e due per
le gambe: una giornata per la schiena e una per il petto. |
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Riti per la resurrezione dei morti
Salute a te Osiride, La morte come fine non esiste nel pensiero dell'antico Egitto e, come tale, fu rifiutata perché essa è intesa solo come modificazione dell'armonia vitale. In effetti gli egizi non la accettarono mai né come scomparsa dell'Essere né come una seconda vita del tutto relegata in un altro mondo, lontana dalla vita terrena. Gli stessi riti funerari sono riti di risveglio alla vita celeste e non momenti di disperazione: l'anima continua a vivere nei pressi del corpo mortale, si riposa presso di lui, si nutre delle offerte portate dai vivi, perché il corpo divino del defunto continua a vivere in perenne comunicazione tra questo e l'altro mondo: ... tu non perisci, tu non ti
annulli. Ogni
uomo ha come missione quella di conoscere il Nome segreto che gli fu imposto
alla nascita e superare vittoriosamente la prova della morte significa
rendere questo Nome durevole come quello di Osiride. L'uomo esce dal grande
corpo di Maat e vi ritorna dopo il suo soggiorno sulla terra. Gli elementi
costitutivi dell'Essere non coabitano più; l'evento chiamato morte è quindi
il più pericoloso dei "momenti di passaggio" perché i dodici geni
maschi dell'uomo rischiano, al di là dello specchio, di restare disuniti e il
passaggio armonico di tutto l'Essere è permesso solo dalla corretta
esecuzione di riti funebri che gli segnano la strada verso Un'offerta che dona il Re, E' la formula classica incisa sulle steli funebri e nella tomba vengono deposte le cartelle delle offerte, liste di cibi destinati alla sopravvivenza nel mondo oscuro; con la loro lettura, dai geroglifici emana l'essenza profonda dei cibi perché è la magia del Verbo che nutre realmente l'anima degli abitanti dell'aldilà. Attorno al sarcofago vengono deposti dei golem, corpi di sostituzione su cui si scarica ogni eventuale forza aggressiva in modo da difendere il defunto. Egli è attorniato da altri personaggi: gli Ushebtl, quelli che rispondono all'appello dei morti per aiutarli; sono statuine di personaggi con il corpo ricoperto da testi magici, recanti sulla schiena un sacco ed impugnanti due zappe. Sono il supporto delle forze costruttive e la loro funzione è di essere sostituti magici nelle terre dell'Occidente, prendendo il posto del defunto nel lavori più faticosi, perché il giusto possa godere pienamente della sua seconda vita, delle offerte rituali, dei cibi, della caccia, dell'amore, vivendo una morte tranquilla nel paradiso del "campo dei giunchi". I paradisi egizi non sono immaginati come luoghi di perpetua adorazione della divinità né come proiezione incompleta della vita terrena; essi rappresentano simbolicamente la società celeste in cui il beato prende posto di diritto trascorrendo una sua vita autonoma in armonia con gli dei. Molti sono i rischi che attendono l'adepto sulle strade dell'altro mondo e lungo è il tragitto per arrivare; esso è popolato da terribili geni che tendono agguati al viandante, lungo le due strade, una per via d'acqua, una per via di terra e separate dal fiume di fuoco. Per passare le quattro frontiere dei cielo il viaggiatore deve convincere i guardiani a lasciargli via libera perché egli ne è degno, ha la conoscenza; grazie ai riti funebri egli gode dei poteri magici in forza dei quali può vincere questi sinistri esseri che vigilano su luoghi oscuri e profondi, su strade che si perdono nella tenebra, su incroci che portano al nulla. Un altro personaggio si oppone al viaggiatore: è il Passatore detentore della barca, grazie al quale si possono attraversare i deserti acquatici che cingono i paradisi celesti, ricordo del viaggio sulle acque di Osiride defunto. Per essere traghettato il postulante deve dimostrare la sua conoscenza, i suoi poteri; egli proviene dall'isola di fiamma dove ha ingaggiato un'aspra battaglia coi nemici della luce, conosce i Nomi segreti delle cose e non esita ad enunciarli; ha scoperto il cantiere degli dei dove la barca celeste giace smembrata, come Osiride sulla terra. Il Passatore è vinto da tanto sapere e mette la barca a sua disposizione; "Passa- egli dice - perché tu hai la e si
ridispone alla sua eterna attesa di un altro viandante da esaminare. Per
accedere oltre, il defunto deve superare la prova della porta che separa i
due mondi e deve dimostrare al guardiano di conoscere bene i suoi Nomi: la
soglia è "il Maestro di rettitudine che sta sulle gambe";
l'architrave il "Maestro di Forza che introduce il bestiame";
"Bilancia di precisione" è il frontone. Così può penetrare nella
"sala delle due verità", la divina e l'umana e contemplare
l'assemblea dei suoi fratelli che l'hanno preceduto, perché solo la comunità
può formare l'Occhio Completo capace di fissare Io vengo presso di voi, grande Tribunale Su un piatto della grande bilancia è il Cuore dei viaggiatore; sull'altro la penna di Maat; Anubis controlla il peso ed in questo momento l'uomo deve rendere conto delle proprie azioni e dimostrare di avere fatto crescere la particella della Luce posta in lui. Assolto egli avanza verso Osiride guidato da Ra e si trasforma egli stesso in Osiride nell'Eternità ed al defunto beato si aprono le porte celesti, sale sulla barca del sole perché è sia Signore delle Tenebre che del Cielo; navigando sulla barca celeste, siede accanto al Re; prende posto con le Divinità; accede all'interno del Sole e con esso giorno e notte percorre le vie del Cosmo dispensando energia creatrice, vero Dio vivente; egli può "uscire nel giorno": "Sono aperte le porte del Cielo, Se al contrario in questo mondo si è accontentato di sopravvivere senza coscienza dell'Armonia Divina, viene divorato dalla "mangiatrice d'Occidente", condannato alla seconda morte da cui non esiste ritorno. Il messaggero d'Osiride incute timore. Qui gli affetti sono vivi e brucianti in petto; di là la paura dell'incognito, la solitudine imprimono una sottile malinconia che la speranza di una seconda vita non riesce a dissipare. L'acqua del NUN non giunge nella Duat ed il rimpianto per "l'Acqua di Vita" è grande: "L'Occidente è un paese di Sonno, |
Lo spirito
Lo spirito era diviso in sette parti: |
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