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CENNI STORICI
ED INTRODUZIONE
La scoliosi è una deformità riconosciuta e studiata fin dall'antichità. Una
trattazione delle alterazioni strutturali tipiche della scoliosi viene prodotta
già nel "De Articulationes" del "Corpus Hippocraticum". Da
allora molti si succedettero nel tentativo di inquadrare questa patologia sotto
il profilo eziopatogenetico, sviluppando varie teorie,mentre le metodiche di
trattamento erano limitate alle trazioni del rachide. Si deve ad Ambroise Parè
(1410-1590) l'introduzione di un rudimentale corsetto di acciaio, poi
sviluppato da Andrè che, nel 1741, fu il primo ad utilizzare la parola
"Ortopedia". Con l'introduzione delle tecniche radiografiche ad ope 818e46i ra
di Roentgen nel 1895, si ebbe un fortissimo impulso verso le attuali
conoscenze. Nel 1946 Blount e Schmidt studiarono un corsetto che univa la
trazione assiale della colonna all'azione di pressori laterali. Questo corsetto
noto poi con il nome di "Milwaukee" ottenne risultati incoraggianti e
fu in seguito affiancato da numerosi altri dispositivi.
Il trattamento chirurgico moderno della scoliosi vede la luce nel 1962 ad opera
di Harrington, a cui sono state affiancate nuove e diverse metodiche, da Luque
a Cotrel-Doubusset.
DEFINIZIONE
Con il termine scoliosi viene definita una curvatura laterale della colonna vertebrale.
Per classificare correttamente tale deformità è necessario porre l'attenzione
su alcuni concetti fondamentali:
a) la rotazione dei corpi vertebrali è un segnale di "strutturazione"
della curva con deformità ossee vertebrali e costali, deformazione dei dischi
intervertebrali e retrazioni muscolo-legamentose. La presenza di questi segni
fa rientrare tale situazione nelle scoliosi strutturate o scoliosi vere. La
manifestazione clinica subito riscontrabile è il "gibbo", ovvero
l'evidenziazione delle alterazioni a carico della gabbia toracica con paziente
in piedi a tronco flesso in avanti.
b) con il termine "paramorfismo" o "atteggiamento
scoliotico" viene invece indicata una curvatura laterale della colonna
che, al contrario della situazione precedente, non presenta una rotazione dei
corpi vertebrali. Tale condizione, benigna, tende alla risoluzione spontanea
durante l'accrescimento e non necessita di trattamenti particolari eccetto
terapie fisiche adeguate o sport.
CLASSIFICAZIONE
In accordo con la Scoliosis Research Society, al fine di omogeneizzare il
linguaggio sull'argomento in questione, viene utilizzata la seguente
classificazione:
SCOLIOSI STRUTTURATE
I) IDIOPATICHE
a) infantile (0-3 anni)
b) giovanile (3-10 anni)
c) adilescenza (> 10 anni)
II)
NEUROMUSCOLARI
a) neuropatiche
b) miopatiche
III) CONGENITE
a) difetti di formazione
b) difetti di segmantazione
c) miste
IV) NEUROFIBROMATOSI
V) ALTERAZIONI
MESENCHIMALI
a) sindr. di Marfan
b) sindr. di Ehlers-Danlos
c) altre
VI) ARTRITE REUMATOIDE
VII) TRAUMI
a) fratture
b) post-chirurgiche
c) post-irradiazione
VIII)
CONTRATTURE EXTRASPINALI
a) esiti di empiema
b) esiti di ustioni
IX)
OSTEOCONDRODISPLASIE
a) nanismo diastrofico
b) mucopolisaccaridosi
c) displasia spondilo-epifisaria
d) displasia epifisaria multipla
e) altre
X) INFEZIONI
OSSEE
a) acute
b) croniche
XI) DISORDINI
METABOLICI
a) osteogenesi imperfetta
b) omocistinuria
c) altre
XII) CORRELATE
A PAT. DEL PASSAGGIO LOMBO-SACRALE
a) spondilolisi e spondilolistesi
b) anomalie congenite della regione lombo-sacrale
XIII) TUMORI
a) colonna vertebrale
1) osteoma osteoide
2) istiocitosi X
3) altre
b) midollo spinale (vd. neuromuscolare)
SCOLIOSI NON STRUTTURATE
I) POSTURALI
II) ISTERICHE
III) DA IRRITAZIONE RADICOLARE
a) ernia
b) tumori
IV) INFIAMMATORIE (appendicite)<
V) CORRELATE A DISMETRIA
VI) CORRELATE A CONTRATTURA DEL CINGOLO PELVICO
CLINICA
Un'anamnesi ben condotta, focalizzando deformità del rachide o patologie
neuromuscolari presenti nella famiglia del soggetto, può fornire dati
importanti per l'inquadramento del paziente (è stata dimostrata una
ereditarietà multifattoriale a penetranza variabile. Il rischio di sviluppare
una scoliosi da parte di un figlio di madre scoliotica è 10 volte superiore).
L'esame obiettivo del rachide va condotto in ortostatismo valutando dapprima
con un filo a piombo un eventuale squilibrio tra il tronco e la pelvi. Il filo
a piombo va appoggiato a livello della apofisi della 7ø vertebra cervicale
(prominente) per valutare il grado di compensazione tronco/pelvi. Il filo deve
cadere nella piega interglutea. Per la valutazione del rachide cervicale il
filo a piombo va appoggiato alla tuberosità occipitale (inion).
Successivamente va valutata una eventuale asimmetria delle spalle (per questa
valutazione il repere è a livello delle articolazioni acromion-claveari,
facilmente identificabili sia anteriormente che posteriormente al paziente),
dei fianchi e del bacino (a volte la ricerca della spina iliaca
antero-superiore è piuttosto indaginosa). Molto importante, come già accennato
nella parte introduttiva è la ricerca del gibbo, facendo flettere in avanti con
il tronco il paziente (Forward bending test -FBT-) ed eventualmente misurando
la deformità con un apposito strumento che è composto da una livella unita ad
una scala graduata, che va appoggiata sul dorso del paziente, misurando con un
lato sull'apice della prominenza del gibbo, la distanza in centimetri
dall'emitorace controlaterale.
Successivamente va valutata anche una eventuale rigidità del rachide nel
movimento di flessione laterale del tronco.
Il FBT è fondamentale perchè permette di eseguire degli screening nella
popolazione della scuola dell'obbligo, tra i 10 ed i 13 anni di età. Nel caso
in cui fosse presente una deformità il piccolo paziente viene inviato presso
una struttura ospedaliera dove verrà approfondita la diagnosi (studio
radiologico) ed instaurato un corretto trattamento.
RADIOLOGIA
Con il valido ausilio della radiologia è possibile stabilire l'eziologia ed il
tipo di deformità a cui fare fronte. La valutazione della radiografia deve
porre l'attenzione del Medico sulla sede, sulla gravità e sulla rigidità della
curvatura scoliotica, così come sulla maturità ossea del soggetto, molto
importante per stabilire un corretto percorso terapeutico.
Le radiografie standard in ortostatismo del rachide (AP e LL) sono la base di
partenza per una valutazione. A volte una curva ad ampio raggio riscontrata in
una radiografia in ortostatismo può essere imputabile a dismetria degli arti
inferiori, con obliquità del bacino. Il dubbio diagnostico in una situazione
simile può essere sciolto con l'esecuzione di nuove radiografie in
clinostatismo ed in "lateral bending", cioè con una inclinazione
laterale del tronco (la curva non strutturata si corregge spontaneamente).
La misurazione dell'angolo di una curva viene effettuata con il metodo di Cobb,
che consiste nel tracciare delle linee tangenti alle limitanti somatiche nella
proiezione anteroposteriore. Per definire l'inizio e la fine di una curva
occorre ricercare lo spazio intervertebrale in cui il disco risulta simmetrico
sui due lati (la deformazione del disco nelle zone della curva lo rende più
ampio nella parte della convessità e di ampiezza ridotta verso la concavità).
Le linee tangenti alle limitanti al termine di una curva risultano quindi
parallele.
L'angolo di Cobb (alfa) risulta formato da: due linee tangenti alle limitanti
della prima e dell'ultima vertebra di una curva; quindi, tracciate le
perpendicolari a queste ultime si va a misurare l'angolo come in figura.
Tracciare le perpendicolari non è altro che un artificio tecnico per
risparmiare spazio, dato che lo stesso angolo risulterebbe prolungando le
tangenti alle limitanti ma ad una distanza molto più elevata e quindi più
scomoda.
La rotazione di una vertebra viene misurata seguendo una scala nota come indice
di Nash e Moe. Sempre sulla radiografia in anteroposteriore si identificano le
ombre dei peduncoli vertebrali che ci possono orientare, essendo dei reperi
simmetrici, per determinare la rotazione.
Terminato l'inquadramento della curva va stabilita l'età ossea (non la
cronologica) del soggetto per partire con il trattamento. E' possibile ottenere
l'età ossea con la radiografia del polso e confrontarla con su un apposito
atlante oppure valutare l'ossificazione della cresta iliaca come descritto da
Risser.
Questa valutazione ` molto importante per l'applicazione dei
corsetti: le tabelle di trattamento e la conseguente efficacia dello stesso
dipendono proprio dalla situazione di partenza dell'età ossea.
Normalmente l'ossificazione inizia dalla spina iliaca anteriore superiore
procedendo posteriormente fino alla spina iliaca posteriore superiore ma a
volte possono essere rilevate delle frammentazioni di questo nucleo.
Al termine della crescita si ha una fusione completa con l'ala iliaca.
Per la classificazione Risser ha diviso la cresta iliaca in quattro quarti. I
gradi sono così suddivisi: 1+ quando l'ossificazione è intorno al 25%; 2+
quando è intorno al 50%; 3+ intorno al 75% ; 4+ per una ossificazione completa
del tratto e 5+ per la completa fusione con l'ileo.
FUNZIONALITA'
RESPIRATORIA
Nei casi in cui la deformità interessi la zona del diaframma, e non venga
trattata, possono presentarsi delle complicazioni cardiorespiratorie talvolta
letali.
Nelle scoliosi con curvatura superiore ai 60° possono essere rilevate gravi
riduzioni della capacitè vitale e cuore polmonare.
TRATTAMENTO
CONSERVATIVO
Sono disponibili diverse soluzioni terapeutiche incruente adattabili alla
gravità della situazione; dalla chinesiterapia alle elettrostimolazioni
selettive della muscolatura paravertebrale, i busti amovibili, i busti gessati
e le trazioni.
Scopo della chinesiterapia e delle elettrostimolazioni è quello di aumentare il
tono della muscolatura, in genere ridotto in questi pazienti.
Per quanto riguarda i busti amovibili va sottolineato il ruolo del corsetto di
Milwaukee, composto da un appoggio a cintura sulle regioni iliache ricavato da
un calco in gesso e costruito con materiale termoplastico, da cui si dipartono
delle barre metalliche che giungono a livello della regione occipitale e ioidea
su cui viene applicata la "trazione" necessaria per la riduzione della
curvatura scoliotica. La sua utilità è per tutte le curve ma è poco tollerato
ed a volte può causare problemi dimalocclusione dentaria.
In altri modelli tipo il "Lionese" vengono anche utilizzate delle
"pelote" ancorate al telaio con funzione di controspinta correttiva e
derotativa.
I risultati migliori di tale corsetto sono quelli ottenuti sulle curve
dorsali-lombari piuttosto gravi. I corsetti amovibili vengono utilizzati per
curve dai 10° ai 40° che mostrino una evolutività.
I corsetti gessati vengono impiegati per scoliosi più gravi (>40°) e vengono
confezionati direttamente sul paziente posto in trazione su di un apposito
lettino (di Cotrel) e sottoposto a trazioni opportune in sede di deformità per
ottenere la massima derotazione e correzione. Va aggiunto che un trattamento
con corsetto gessato non deve essere prolungato oltre un determinato periodo a
causa della ipotrofia muscolare indotta dalla immobilizzazione.
A volte un corsetto gessato è solo una tappa antecedente l'intervento
chirurgico quando ci si trova di fronte a scoliosi ancora "mobili" e
non al termine della crescita.
TRATTAMENTO
CHIRURGICO
Viene riservato alle situazioni più gravi (> 40°) per ridurre la grave
deformità (a volte sull'adulto interventi non risolutivi ma
"ricostruttivi") ed evitare complicanze respiratorie o neurologiche.
In genere la correzione chirurgica viene eseguita a sviluppo vertebrale appena
ultimato, in quanto il vincolo posto da una artrodesi si oppone all'ulteriore
sviluppo del rachide (15-17 anni), ma in alcune gravi situazioni si arriva ad
operare anche più precocemente.
L'intervento precoce ottiene migliori risultati in quanto la curva non è ancora
"fissa" e quindi la correzione risulta più efficace La metodica più
utilizzata è quella di Harrington, che consiste nell'inserire sul lato della
concavità della curva una barra con degli uncini agli apici che, ancorati alle
lamine delle vertebre prescelta in precedenza con uno studio preoperatorio,
permettono la distensione della colonna.
Tra il diastasatore di Harrington e la colonna vengono inseriti piccoli e
numerosi innesti autoplastici a "fiammifero" per favorire una
artrodesi e quindi stabilizzare la correzione, mentre nel caso di un paziente
ancora in crescita gli innesti vengono inseriti sul versante convesso.
Con l'evoluzione della tecnica chirurgica e dei materiali si sono ridotti i
tempi di recupero nel post-operatorio che prevedevano dopo l'intervento lunghi
periodi di immobilizzazione in corsetti gessati e successivamente in busti
semirigidi.
Anche i risultati a distanza invitano i chirurghi ortopedici ad agire a scopo
preventivo piuttosto che attuare tecniche chirurgiche "di
salvataggio" o prolungare inutilmente le terapie incruente di fronte alle
curve più gravi, verso le quali i risultati dei corsetti non sono comunque
soddisfacenti.
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