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LIMITE DI RISOLUZIONE

medicina





L'istologia e l'anatomia insieme costituiscono quell'area che si chiama anche morfologia umana normale.

L'istologia si interessa di tessuti e nasce dall'anatomia. Anatomia vuol dire "tagliare a pezzi", studiare tagliando a pezzi, come il bambino che rompe la sveglia per vedere come funziona. Ci sono delle strutture del corpo umano che più o meno si rassomigliano, per es. il muscolo del braccio e della coscia. Esistono strutture abbastanza simili nel nostro corpo, variano da punto a punto ma in maniera abbastanza continua, quindi omogenei e simili indipendentemente dalla sede da cui sono prelevati. Queste porzioni simili di materia vivente sono state chiamate tessuti, evidente riferimento anche ai tessuti da stoffa, quindi delle strutture organizzate. Anche nei tessuti troviamo vari componenti disposte secondo un certo ordine spaziale. Ricordatevi, la natura non parla di molecole, parla di molecole disposte in maniera ordinata, se voi prendete un pezzo di carne, di muscolo e lo omogenate, provate a farlo contrarre! Ci fate giusto una pappina per sdentati o una coltura di microbi! Eppure le molecole sono sempre le stesse, ma funzionano garantendo le prestazioni del muscolo solo se sono disposte secondo una certa organizzazione spaziale. Questo è vero a diversi livelli di grandezza, anche a livello di strutture sovramolecolari. Gli istologi si sono accorti che i tessuti erano fatti da subunità disposte in un certo spazio e si sono interessati a queste subunità che sono in parte cellule, in parte sostanza intercellulare o matrice extracellulare. Capire i tessuti significa capire la matrice extracellulare e i suoi componenti significa capire le cellule e vedere come queste cellule sono diverse da tessuto a tessuto in maniera da svolgere funzioni diverse. Tutte le cellule hanno dei caratteri che si rassomigliano. E' un pò come l'uomo, non esiste l'uomo, ma Tizio Caio e Sempronio, però esistono degli elementi comuni che ci permettono di identificare il tipo di uomo, maschio e femmina uguali, poi un tipo di femmina e questo indipendentemente dal colore dei capelli o da altri mille parametri. Così è delle cellule. Ecco che la istologia studia anche la citologia, le caratteristiche generali delle cellule e in questo si sovrappone con la biologia c 656d32g ellulare. Cercando di raccordare il livello microscopico a quello molecolare. Tenete presente che le cellule sono piccine, piccine picciò. Si devono immaginare entità piccolissime che sono molto lontane dalla nostra capacità di osservazione. Le cellule sono talmente piccole che in un mm^3 (mm cubo) se ne possono stipare da 5 a 8 milioni. Quello che noi vi presentiamo è una ricostruzione di come immaginiamo che sia la cellula che deriva dall'integrazione di una serie di osservazioni microscopiche venute anche con tecniche diverse.




SCALA  DELLE DIMENSIONI

Le cellule non si vedono ad occhio nudo, tranne rarissime eccezioni e per misurare le cellule si deve usare il micrometro o micron   . Ma se vogliamo andare sotto, studiando per es. le cellule dei batteri o le strutture esterne alla cellula il micron è una misura esagerata, e allora si ricorre al nanometro. .

Come fare a vedere i micromondi? Lo possiamo fare con degli strumenti.

l'occhio umano vede fino a 100 micron

il microscopio ottico che riesce a distinguere oggetti fino alla dimensione di 2 micron

il microscopio elettronico ha una risoluzione ancora maggiore e utilizza come sonda esploratrice non fotoni ma elettroni con la loro onda associata. Ci sono certe parti del tessuto che assorbono elettroni e dunque nel preparato si vedono nere e altre strutture che lasciano passare la luce e pertanto si vedono chiare. In questo modo si vede il disegno del tessuto.

Al di sotto di questo livello abbiamo le scale molecolari, problema dei biochimici e non degli istologi.

LIMITE DI RISOLUZIONE

La risoluzione è la capacità di vedere distinti due oggetti tra loro vicini e si misura proprio dalla distanza a cui devono essere posti questi oggetti. Il limite di risoluzione è dunque la distanza tra i due oggetti che ancora si possono vedere separati, il potere di risoluzione è una misura inversa di questa distanza, quindi tanto maggiore è il potere di risoluzione tanto più fine è l'oggetto che si distingue. Per avere una buona risoluzione si deve avere anche un buon ingrandimento, ma l'ingrandimento da solo non garantisce la risoluzione. Tanto più fine è il livello di analisi, tanto più l'attenzione si concentra sui dettagli e perde di vista l'insieme, molto significativo per la diagnosi. Ecco quindi che noi dobbiamo procedere per approssimazioni successive da più piccoli ingrandimenti che ci permettono di vedere l'insieme ma non i dettagli a ingrandimenti superiori.

Il microscopio nasce nel '600 quando sono venute fuori le prime lenti valide. Le prime strutture viste sono quelle del sughero, sottili fette, piccole cavità dentro una tessitura. Queste piccole cavità devono essere in qualche modo caratteristiche della materia vivente, ci sembrano delle piccole stanzine, le chiameremo piccole celle, cellule. In realtà queste cavità non esistono in vivo ma al loro posto ci sono le più piccole unità di materia vivente capaci di vita propria. A queste entità, e non ai vuoti, è stato dato il nome di cellule. Ogni cellula nasce da un'altra cellula, a volte da due come nel caso dello zigote.

Il differenziamento e la morfogenesi sono l'ambito della embriologia.

Il microscopio funziona sostanzialmente facendo passare della luce attraverso il tessuto e vedere le varie parti. Per poter osservare il tessuto dobbiamo prepararlo in strato sottile.

Delle cellule si può apprezzare la forma, le dimensioni, le caratteristiche del nucleo, le caratteristiche del citoplasma.

Per il microscopio elettronico dobbiamo preparare fettine sottilissime, poche decine di nanometri di spessore.

Le cellule sono spesso sferiche ma possono avere forme diverse sia in relazione a forze di tipo meccanico (es. cellule cilindriche che disposte l'una sopra all'altra assumono forma di prisma) e a condizionamenti di tipo funzionale (es. le cellule che devono coprire una superficie si disporranno allargata e schiacciata).

Tutte le cellule hanno un nucleo (tranne eccezioni come i globuli rossi) e qualche volta ne hanno più di uno e si chiamano SIMPLASMI. Questi simplasmi posso essersi formati dall'unione di più cellule che si fondono insieme e allora si parla di sincizio, oppure possono formarsi da divisione del nucleo di una cellula non seguita da divisione del citoplasma e si chiama plasmodio.

Le cellule hanno dimensioni simili in organismi diversi: legge delle dimensioni costanti. Ci sono cellule che non si riproducono e devono dunque adattarsi alla crescita con aumento delle dimensioni che sostituisce l'aumento di numero. L'eccezione alla legge delle dimensioni costanti è riferita dunque ai neuroni e alle cellule dell'occhio che non possono aumentare di numero ma devono aumentare territorio occupato.

Una cellula è definita gigante quando supera i 50, 60 micron di diametro.















ISTOLOGIA prof.ssa Vannucchi 03-03-03


LA CELLULA

La prima caratteristica che rende la cellula individuo rispetto a tutte le altre è la membrana cellulare. La membrana cellulare è comparsa intorno ad una serie di molecole di natura proteica e di natura ribonucleotidica miliardi di anni fa. In questo modo si crea un soggetto che può specializzarsi e muoversi nell'ambiente in cui si trova. La membrana ha permesso di isolare un sistema e di renderlo sempre più specializzato.

Non si tratta semplicemente di un involucro, ma ha permesso al contenuto di interagire con ciò che lo circondava, quindi è una struttura molto dinamica. Nello stesso tempo la membrana si è specializzata a sua volta acquisendo ulteriori proprietà. La cellula diventa essenziale quando è circondata da una membrana. La membrana cellulare presenta cambiamenti di aspetto in varie porzioni.

LA MEMBRANA

E' fondamentale che si trovino intorno a questo materiale che si sta trasformando, delle molecole che hanno una caratteristica chimico-fisica fondamentale: quella di essere anfipatiche, cioè molecole che hanno la caratteristica di avere una porzione che non è solubile in acqua e quindi idrofoba ed una porzione che invece è solubile in acqua e quindi idrofila. Queste molecole si sistemano l'una vicina all'altra in una maniera caratteristica sia lateralmente sia nel senso dello spessore. Queste molecole dunque interfacciano anche in una maniera caratteristica proprio perché è necessario che molecole idrofobe non possono rimanere a contatto con un ambiente esterno fondamentalmente idrofilo e quindi si ha la formazione di un doppio strato, delle molecole anfipatiche si organizzano lateralmente in maniera caratteristica in maniera che tutte abbiano la porzione idrofoba dalla stessa parte lateralmente, e quelle idrofile dalla stessa parte, e poi formano un doppio strato proprio perché questa porzione non può far altro che mettersi in relazione con un'altra porzione identica idrofoba. Quindi si organizzano lateralmente e formano un interfaccia caratteristica di due strati. Questa osservazione fu confermata anche dalle catteristiche che la membrana sembrava avere. In realtà la membrana si dimostra una struttura dinamica. Se noi mettiamo delle molecole identiche che hanno queste proprietà chimico fisiche e costruiamo uno strato, difficilmente possiamo apprezzare cambiamenti fra i due lati dell'ambiente che viene diviso da questo sistema a meno che non intervengano delle modificazioni lungo questo strato che possano favorire questi scambi. Sicuramente le cellule sono in grado di prendere sostanze dall'ambiente esterno di qualunque tipo, idrofobo o idrofilo, grande o piccolo e sono in grado poi di riversare all'esterno questo materiale che hanno elaborato. Quindi deve esistere qualcosa nella membrana che favorisce tutto questo movimento. Quindi accanto a questo strato lipidico esistono altre strutture che non sono altro che delle proteine. Dunque abbiamo la struttura anfipatica le cui molecole idrofobe e idrofile si organizzano e delle molecole che ci stanno nel mezzo. La porzione che forma il doppio strato è formata da lipidi che hanno la caratteristica di possedere una porzione idrofila. Sono essenzialmente fosfolipidi che hanno una testa idrofila fosforilata e una porzione idrofoba costituita da acidi grassi a catena media e lunga. Questi acidi grassi poi a loro volta presenteranno singoli o doppi legami. Questi fosfolipidi si distribuiscono con la porzione polare verso la porzione extracellulare e la porzione intracellulare, dove prevale il soluto di tipo acquoso, mentre la porzione idrofoba che invece forma il doppio strato, si interfaccia a se stessa. Quali sono i fosfolipidi che prevalgono? Essenzialmente la fosfatidilcolina, fosfatidilserina, fosfatidiletanolammina sono le più rappresentate. Inoltre ci sono le sfingomieline che sono lipidi ancora più complessi. I lipidi che pur avendo una testa polare a pH intorno a 7.4 non sono ionizzati, come la fosfatidilcolina o le sfingomieline, guardano verso il versante extracellulare, quindi si distribuiscono prevalentemente sul versante extracellulare. La fosfatidilserina, che a pH fisiologico è ionizzata, guarda verso il versante intracellulare. Anche la fosfatidiletanolammina è abbondante sul versante interno, anche se a pH fisiologico non è ionizzata. Questa distribuzione non è casuale. La fosfatidilserina per es. partecipa all'attivazione di alcuni enzimi che si trovano in questa porzione della membrana e se non c'è la fosfatidilserina l'enzima non viene attivato. Ci sono dei lipidi particolari che sono i glicolipidi, distribuiti soltanto sulla porzione extracellulare. Accanto ai lipidi che rappresentano in media il 50% del peso secco della membrana, ci sono le proteine che rappresentano l'altro 50%. Peraltro questi lipidi hanno la capacità non solo di formare il doppio strato, ma di muoversi continuamente in maniera laterale e non in senso trasversale (non fanno movimenti di flip flop) perché questo richiederebbe un energia enorme perché una testa polare dovrebbe attraversare uno strato apolare. I movimenti trasversali sono appannaggio esclusivo di porzione della cellula che interviene attivamente nel favorire la distribuzione di lipidi., quindi solo durante la costruzione e l'organizzazione del doppio strato. Le proteine possono raramente presentare questo movimento di flip flop, per i lipidi è praticamente assente. Le proteine si muovono continuamente nel senso laterale e questo determina una fluidità della membrana notevole.. La fluidità della membrana è dovuta anche dalle caratteristiche chimica dei lipidi, della porzione idrofoba di questi lipidi complessi.

Gli acidi grassi possono avere catena media, lunga, legami insaturi. Questo determina che tanto più la catena è lunga tanto sarà il numero delle interazioni tra le porzioni laterali degli acidi grassi adiacenti. Quindi tanto più lunga è la catena tanto più sarà stabile. LA presenza di doppi legami determina nella molecola delle specie di inginocchiature, gomiti nella molecola. Se si formano dei gomiti, si aprono degli spazi maggiori tra le molecole perché la molecola con un gomito occupa più posto di una molecole dritta. Se si allontanano gli acidi grassi tra di loro la probabilità che questi interagiscano diminuisce con la distanza. Dunque questi doppi legami aumentano la fluidità della membrana e quindi più facilmente plasmabile dalle situazioni metaboliche che si creano nella cellula.

Colesterolo: molto rappresentato nella membrana e ne influenza notevolmente la fluidità. Molecola formata da 5 anelli e presenta un gruppo ossidrilico, gruppo carico. Per quanto il colesterolo non abbia la testa fosforilata è una molecola anfipatica. Il colesterolo si inserisce tra queste molecole e siccome è piuttosto ingombrante rispetto agli acidi grassi crea degli spazi maggiori fra gli acidi grassi stessi. E' una molecola rigida e quindi c'è un equilibrio tra il fatto che allontani le catene di acidi grassi e quindi aumenti la fluidità e il fatto che sia una molecola piuttosto rigida e quindi crei rigidità anche nella membrana. Il colesterolo è fondamentale per la costituzione delle membrane. Un eccesso di colesterolo può rendere queste membrane estremamente rigide e quindi meno funzionali.

Accanto ai  lipidi ci sono le proteine che prendono rapporti complessi con questi lipidi. Si distinguono in 3 grossi gruppi:

Intrinseche: possono trovarsi interagenti sia con il foglietto esterno della membrana sia con il foglietto interno. Sono inserite nello spessore della membrana. Quando questo inserimento nello spessore è completo, cioè le proteine attraversano i due strati della membrana, parleremo di proteine trans-membrana

Estrinseche: si distinguono proteine che prendono relazione con la parete apolare della membrana e altre che interagiscono con le parti polari e si affacceranno quindi sulla parte estracellulare o intracellulare. Possono avere rapporti diretti col foglietto della membrana, oppure rapporti mediati da altre proteine che siccome svolgono funzioni in quanto interagenti con la membrana anche indirettamente, sono proteine della membrana.

Esterne (?): proteine che presentano sulla superficie gruppi glucidici e che dunque si posizionano sulla parte esterna della membrana. Questo perché queste molecole sono estremamente cariche e spesso sono modificate, sono spesso glucidi complessi in cui ci sono cariche negative molto abbondati.


La metodica più usata per lo studio della membrana è il congelamento della stessa per andarla poi a tagliare e studiare la disposizione delle proteine sui vari versanti. Se si separano le due facce della membrana vedremo che alcune proteine si distribuiscono prevalentemente su un lato, altre sull'altro foglietto. Questo succede oltre che per le proteine estrinseche, anche per quelle che attraversano la membrana. Questo significa che la proteina in questione rimarrà attaccata a quella parte di membrana alla quale si lega con interazioni maggiori. Questo ci dice come le proteine prendano interazioni diverse su un lato e sull'altro.

Anche le proteine oltre ai lipidi si muovono nella membrana e la verifica di questa ipotesi ha dato modo a due studiosi di elaborare il così detto modello a mosaico fluido . La membrana come un mosaico, dunque formato da tante componenti diversi che si incastrano perfettamente in modo da dare un disegno accessibile e comprensibile, nello stesso tempo però queste strutture sono in grado di muoversi modificando l'aspetto della membrana nel tempo. Lo spessore della membrana è intorno a 7-8 nanometri. La membrana è stata dunque osservabile con il microscopio elettronico dove appare come una struttura trilaminare, due lamine identiche tra di loro, entrambe elettrondense, attraversate da una lamina centrale, che è invece trasparente agli elettroni. Davvero dunque ci sono queste porzioni che sono le porzioni idrofile esterne e quelle idrofobe nell'interno del doppio strato.

La faccia esterna della membrana contiene molecole con attaccati gruppi glucidici e in qualche caso sono estremamente abbondanti, sia i componenti glucidici sia le glicoproteine (proteine estrinseche che contengono questi gruppi glucidici). La membrana è formata da due parti:

strato trilaminare

glicocalice: porzione che guarda verso l'esterno della membrana, più o meno grande e sviluppata. E' un calice, qualcosa che riveste ma che in realtà fa parte della membrana, ricco di glucidi che vengono appunto a costituire il glicocalice. Sono glucidi interagenti con lipidi e proteine (glicolipidi e glicoproteine). Questi glucidi possono essere formati con zuccheri semplici, monomeri, oppure molto complessi (es. acido sialico (?) che porterà molte cariche negative).

Le funzioni del glicocalice sono molteplici:

riconoscimento: self e non self. Risposta immunitaria e rigetto

adesione tra cellule per formare tessuti oppure con la componente estracellulare

filtro-barriera. Agenti nocivi devono attraversarlo e quindi è una barriera in più

carica elettrica: stessa funzione di filtro oppure può facilitare l'allontanamento delle cellule l'una dall'altra

assorbimento: es. nell'epitelio intestinale

catalisi enzimatica. Nel glicocalice ci sono enzimi che permettono proprio l'assorbimento dei frammenti scomposti


La membrana deve essere disposta a farsi attraversare. Questa disponibilità non è completa e ci sono delle molecole che la attraversano più facilmente come i gas (O2 e CO ) o l'urea e il glicerolo che attraversano la membrana passivamente piuttosto facilmente.

La membrana garantisce anche una differenza di concentrazione delle sostanze e questo lo fa in maniera attiva. Per far passare gli ioni si vengono a creare dei canali che hanno la porzione dove deve passare lo ione carica e non idrofoba. Questi canali sono fatti dalle proteine che hanno una natura anfipatica . E' necessario che ci siano delle differenze nelle concentrazioni di ioni tra l'interno e l'esterno per garantire la funzione della cellula. Per far si che non si inverta il gradiente elettrochimico bisogna regolare l'apertura dei canali che si possono aprire in determinate condizioni e favorire un flusso passivo degli ioni. I canali non sono sempre aperti. La loro apertura è regolata da funzioni metaboliche in cui spesso interviene un consumo di energia.

La membrana può intervenire attivamente senza consumare energia perché sfrutta altre proprietà della molecola. Di solito passa qualcosa che è poco concentrato nella cellula. Questo essere poco concentrato può essere garantito da diversi fattori, ad es. un rapido metabolismo o la fosforilazione nel caso del glucosio che può anche essere trasformato in glicogeno etc. Questo sistema di trasporto avviene finchè non si satura, ossia finchè la concentrazione all'esterno della cellula satura tutti i siti disponibili. Questo tipo di trasporto rientra nel trasporto facilitato che avviene senza una spesa diretta di energia da parte del sistema, energia che viene però spesa dalla cellula per modificare ciò che viene trasportato. Il trasporto facilitato viene contrapposto al trasporto attivo in cui c'è un dispendio di energia per cui altrimenti la sostanza non passerebbe mai. In realtà il confine tra questi due concetti è molto sfumato.





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