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Cap.I: CHE COSÈ LA PALEOGRAFIA

lettere



Cap.I: CHE COSÈ LA PALEOGRAFIA.


La Paleografia è la disciplina che studia criticamente l'evoluzione delle scritture antiche in tutte le loro manifestazioni (comprese quelle tradizionalmente attribuibili all'epigrafia e alla papirologia) al fine di interpretare e localizzare i testi presi in esame e anche di ricavare dall'evoluzione dei segni alfabetici e dai fenomeni grafici, elementi per la storia della cultura.

Alla base dello studio paleografico vi è dunque la scrittura. Ma cos'è la scrittura? Essa non è altro che un mezzo di comunicazione di cui si serve l'uomo pe 828h75i r fissare in forma visiva, cioè mediante simboli e segni, il linguaggio e quindi il proprio pensiero. Esistono tante paleografie quante sono le scritture: vi è quella cinese, araba, russa, greca e latina. Noi ci occuperemo della paleografia latina che studia la storia delle origini, cioè dal VII sec. a.C., fino all'inizio del XVI sec., quindi abbraccia tutto quel periodo che precede la diffusione della stampa a caratteri mobili, avvenuta alla fine del '400.



In questo lungo arco di secoli, durante il quale fu usata la scrittura latina, vi fu una notevole produzione di scritti, per lo più di carattere documentario, privato o pubblico, letterario sulle varie materie scrittorie (iscrizioni su pietra, su marmo, papiro, pergamena, carta).

Lo studio del paleografo si basa principalmente su delle domande:

Che cosa. La sua risposta consiste nella lettura del testo, lettura critica e per ottenere buoni risultati deve comportare la conoscenza di alcune tecniche come ad esempio i sistemi abbreviativi antichi e medievali, formulari notarili.

quando questa testimonianza è stata scritta (la data) e dove (il luogo in cui è stata scritta). Il paleografo si pone queste due domande quando si trova davanti un codice, cioè ad una testimonianza scritta di genere librario che (al contrario di documenti o iscrizioni) non riporta la data in cui è stato vergato. Grazie alle risposte di queste domande è possibile ricostruire lo stemma codicum.

come, che consiste nello studio della tecnica di esecuzione dei vari tipi di scrittura utilizzati

chi, cioè chi ha scritto quella testimonianza giuntaci, chi sapeva scrivere.

perché, cioè capire qual è il motivo per cui una testimonianza è stata scritta.   


L'introduzione della stampa (fine '400) segna la fine del campo d'indagine della paleografia.   






Ci sono diverse scritture:  


SCRITTURE



LIBRARIA  DOCUMENTARIA


impiegata nei codici per la è impiegata e letta da specialisti,

diffusione del sapere richiedendo non necessita dunque di una forma

quindi una scrittura canonizzata. canonizzata e il risultato è una

scrittura di lettura più difficile.


Cap. II: CRITERI, TERMINOLOGIA, DELL'ANALISI PALEOGRAFICA.  


Lo studio delle caratteristiche di una determinata scrittura e dei mutamenti che in essa intervengono si basa su taluni elementi:


1. ELEMENTI DI ANALISI BASATI SULLA STRUTTURA DEI SEGNI.


FORMA (o disegno):è data dall'aspetto esteriore delle singole lettere e dei singoli segni, per cui una determinata lettera può apparire in diverse forme.

Es: D  d (3 forme diverse della lettera "D")


MODULO: si riferisce all'altezza e alla larghezza delle singole lettere. Si distingue un modulo Grande, Medio e Piccolo.


DUCTUS: modo di condurre la penna nell'esecuzione. Può essere: posato quando la scrittura è disegnata, ha pochi legamenti e non presenta nessuna inclinazione (cioè è dritta); risulta essere una scrittura lenta ed accurata; corsivo quando la scrittura è ricca di legamenti fra le lettere ed è, solitamente, inclinata a destra (veloce e poco elaborata).


ANGOLO DI SCRITTURA: sarebbe la posizione nelle quali si scrive, la posizione in cui si trova lo strumento scrittorio rispetto alla riga di base della scrittura.


TRATTEGGIO: studia il numero, la direzione e la successione dei singoli tratti che compongono ciascun segno. Es:

1 3

2



TRATTEGGIO (o peso): indica la natura spessa o sottile dei tratti che costituiscono le singole lettere. Si distingue un tratteggio pesante caratterizzato da forti contrasti tra tratti grossi e tratti leggeri; mentre il tratteggio leggero non presenta nessun tipo di contrasto.


LEGATURA: avviene tra due o più lettere, subiscono evoluzioni nei tempi che si possono analizzare con lo studio del tratteggio.


NESSO: si ha quando 2 lettere hanno in comune un tratto.




2. DEFINIZIONI DI CATEGORIE GENERALI DI SCRITTURE.


MAIUSCOLA: scrittura il cui alfabeto è compreso in un sistema biliare, ossia tale che i punti estremi, in alto e in basso, dei singoli segni siano tutti toccati da 2 linee orizzontali parallele.


MINUSCOLA: scrittura il cui alfabeto è compreso in un sistema quadrilineare, ossia è tale che per toccare i punti estremi, in alto e in basso, di tutte le sue lettere sono necessarie non più 2, bensì 4 lettere orizzontali parallele di cui quelle interne comprendono il corpo della lettera mentre quelle esterne le aste discendenti o ascendenti delle lettere. Es.:

Stampato


NORMALE: scrittura che rappresenta il modello ideale di scrittura, che in ogni epoca, gli scriventi si fanno sia attraverso l'educazione scolastica, sia sotto altri influssi di lettura, estetici.


USUALE: scrittura adoperata dagli scriventi quotidianamente.


ELEMENTI DI BASE: scrittura insegnata nella scuola elementare.


POSATA: scrittura che sembra disegnata, presenta pochi legamenti e non possiede nessuna inclinazione(cioè è dritta)quindi è una scrittura lenta ed accurata.


CORSIVA: scrittura ricca di legamenti fra le lettere ed è, di solito, inclinata a destra divenendo così veloce e poco elaborata.


SCRITTURA


POSATA CORSIVA


scr. LIBRARIA scr. CANCELLERESCA

per i libri di letteratura per i documenti e gli atti notarili.

e religiosi.


Cap. III: LA PRODUZIONE DI TESTIMONIANZE SCRITTE: MATERIE, STRUMENTI, TECNICHE.


E' importante, ai fini dell'indagine paleografica, lo studio della materia e della forma dei mss., in quanto ci permette di comprendere la datazione e il luogo di appartenenza del codice. La scrittura è fortemente influenzata dall'evoluzione dell'uomo, dai momenti particolari della storia umana. In verità non si può parlare di "scritture" ma di un'unica scrittura latina che affonda le sue radici in quella epigrafica. Infatti, le prime testimonianze in lingua latina ci sono pervenute sui materiali duri come cocci, marmi, vasi, ecc. in cui la scrittura poteva essere fatta soltanto per incisione mediante scalpello, o "a sgraffio" grazie ad una punta metallica detta stilo. Si scriveva su frammenti di terracotta per annotare conti o appunti privati.

Le iscrizioni su pietra o marmo erano scritte mediante incisioni con lo scalpello dal lapicida, ma spesso l'opera di costui era preceduta da quella di un "disegnatore di lettere", detto anche "ordinator", il quale trascriveva sul materiale scrittorio il modello del testo disegnandolo, facilitando così il lavoro del lapicida, spesso analfabeta.

Anche il Piombo, in sottili lamine, era adoperato per scrivere soprattutto testi di carattere magico; di solito erano maledizioni rivolte contro rivali in amore o nel gioco.

In paleografia i materiali scrittori impiegati sono:


TAVOLETTE DI LEGNO CERATE: sono tavolette di legno spalmate di cera riunite tra loro in modo tale da formare dittici (2 libretti), trittici (3 libr.) e polittici. In esse la parte centrale è ricoperta da uno strato sottile di gomma lacca fusa su cui si poteva scrivere a sgraffio facilmente toglibile quando si voleva riutilizzare la tavoletta. Queste tavolette cerate venivano utilizzate sia per scrivere appunti scolastici, conti, lettere, ecc. Si scriveva con lo stilo, cioè una punta metallica da una parte appuntita e dall'altra schiacciata a forma di spatola (estremità lunga e piatta).


PAPIRO: su di esso venivano eseguiti gli scritti di carattere + importante come libri e i documenti pubblici e privati. È una pianta erbacea caratterizzata da un fusto solido, sottile e alto ca.3-4cm.,coltivato in Egitto lungo il Nilo. Il papiro è ricavato dal midollo bianco e spugnoso del fusto della pianta, tagliato in strisce sottili che venivano sovrapposte in due strati disposti verticalmente l'uno rispetto all'altro, pressate e raschiate per uniformarne la superficie. I fogli così ottenuti, bianchi e resistenti, vennero per secoli incollati in modo da formare una lunga striscia poi arrotolata (da volumen), il recto era la faccia del foglio ove la scrittura procedeva parallela alla fibra, mentre il verso era l'opposta. Soltanto dal II sec. d.C. si diffuse l'uso di ripiegarli e cucirli insieme così da formare un codice, cioè un insieme di fascicoli cuciti e rilegati insieme. I papiri greci e latini, letterari e documentari, di epoca classica giunti fino a noi sono costituiti:

a) papiri rinvenuti in diverse località dell'Egitto lungo il Nilo;

b)    papiri rinvenuti presso una fortezza romana sull'Eufrate e in diverse località della Palestina;

c)    papiri rinvenuti a Ercolano, conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli e sono in pessime condizioni di conservazione.

I papiri latini medievali costituiscono 4 gruppi:

1. Codici medievali di papiro: sono 5, dei sec. VI-VII;

67 documenti privati dei secc.V-X, probabilmente tutti provenienti dall'archivio arcivescovile di Ravenna;

Diplomi dei re merovingi di Francia; sono 13 del sec. VII conservati nell'Archivio Nazionale di Parigi;

4. Privilegi e lettere di pontefici che in tutto sono 25.


PERGAMENA: Col passar degli anni, dai cosiddetti volumina, cioè i rotoli di papiro avvolto (per proteggere la parte interna scritta), si passò alla pergamena, sia per maggior praticità che per resistenza. Essa è era ricavata dalla pelle di animali (vitelli, capre e pecore); questa pelle veniva trattata in modo da renderla liscia ed uniforme, ma, nonostante venisse sbiancata, presentava un lato + scuro corrispondente al pelo della bestia e un lato + chiaro corrispondente alla carne. Poiché la pergamena è un materiale scrittorio resistente è possibile produrre il palinsesto, cioè il processo in cui un testo primitivo viene raschiato o lavato allo scopo di sovrapporvi un testo nuovo; ecco il suo procedimento: i fogli che si volevano riutilizzare si immergevano per una notte nel latte, venivano strofinati con una spugna per togliere l'inchiostro per poi essere ricoperti di farina, allo scopo di non farli seccare, e messi sotto in peso; infine i fogli venivano raschiati e lisciati con la pietra pomice. Inoltre, attraverso un processo di abrasione o di lavaggio, mediante tecniche particolari (luce ultravioletta, cioè la lampada di Wood) è possibile riuscire a leggere la scrittura originaria, la cosiddetta scriptio inferior. Il maggior numero di palinsesti latini superstiti sono dal VIII-IX secc. Il loro centro di produzione in Italia fu il monastero di Bobbio (prov. Piacenza). Sia sul papiro sia sulla pergamena si scriveva con il calamo, costituito da una cannuccia aguzza, e con la penna di volatile usata dal IV sec. d.C.




CARTA: è il materiale scrittorio che contribuì maggiormente alla diffusione dell'alfabetismo. La fabbricazione della carta fu, per la prima volta, introdotta nell'impero cinese all'inizio del II sec. d.C.; in Italia arrivò nel XII sec. grazie agli Arabi e verso la fine del XIII sec., a Fabriano (AN) e nei dintorni, sorsero attivi centri di produzione. Ma come veniva lavorata la carta? Per questo lavoro veniva impiegato un'impalcatura quadrata con fili di ottone disposte da un capo all'altro del quadrato in verticale (filoni) ed in orizzontale (vergelle). Veniva posta della carta straccia pressata, poi fatta asciugare ed infine veniva messa in commercio. Per l'identificazione della carta è importante la filigrana, ossia un timbro di riconoscimento, visibile in trasparenza, che permetteva di conoscere la provenienza della carta. Nel Medioevo i codici erano costituiti da fascicoli di 2 (bifolio), 3 (ternione), 4 (quaderno) fogli che erano squadrati e rigati con punte metalliche a secco, dal XII sec. si usò l'inchiostro. Inoltre, non si usava numerare le carte né le pagine, bensì i soli fascicoli; dal XI sec. alla fine di ogni fascicolo ci fu il "richiamo", cioè l'indicazione della prima o delle prime parole della prima carta del fascicolo seguente in modo tale che il legatore non commettesse errori nel rilegare il ms.; nel XIII sec si ebbe la numerazione delle carte eseguita prima con cifre romane poi con quelle arabe. Vi fu anche la numerazione dei fascicoli eseguita col sistema del "registro", cioè una serie di lettere indicanti i singoli fascicoli, accompagnate dal numero di ciascuna carta (a1, a2, a3 ecc.; b1, b2, b3...).



RICORDA:

La numerazione dei fogli è per carta, una carta è praticamente metà foglio; quindi un ms. di 8 carte oggi sarà di 16 pagine.


recto: pagina destra del libro.


verso: pagina sinistra del libro.











Cap. IV: ORIGINI E PRIMI SVILUPPI DELLA SCRITTURA LATINA IN ETA' ARCAICA(VII-IV SEC. a.C.)


La scrittura latina nasce a Roma intorno al VII-IV sec. a.C., nel periodo che segna il passaggio dalla monarchia alla repubblica; nasce soprattutto in una Roma che risente profondamente del contatto con 2 grandi civiltà: quella greca e quella etrusca, entrambe in possesso di evolute scritture alfabetiche note quindi ai Romani. In questo ambiente coloro che utilizzavano la scrittura erano i gentili e i sacerdoti con uno scopo celebrativo, o ufficiale o sociale. Le forme di questa scrittura erano monumentali con un aspetto posato rigidamente epigrafico. Queste caratteristiche si sono canonizzate per tutta l'età romana (I-IV sec d.C.).Dai dibattiti, sorti per individuare l'alfabeto da cui trae esempio quello latino, si è arrivato a quello etrusco. 

Questa scrittura si caratterizza per l'andamento posato, le lettere appaiono staccate le une dalle altre e presenta un carattere spiccatamente epigrafico.

I primi esempi di tale scrittura sono identificabili nella:

Fibula Praenestina del VII sec. (670-650) a.C., scrittura da destra vs. sinistra.

Il cippo del Foro romano del VI sec. a.C., scoperto nel 1899 dal Boni.

La lamina bronzea di Lavinio del VI sec., scrittura disposta da destra vs. sinistra.

Il vasetto di Duenos, della metà del V sec. a.C.
















Cap. V: LA CAPITALE EPIGRAFICA LATINA.


Fino alla prima metà del III sec. a.C., la scrittura latina non presentava dei caratteri ben precisi (ad es., l'orientamento delle scritture poteva essere bustrofedico, in altre parole essa poteva procedere indifferentemente prima da sinistra vs. destra, poi da destra vs. sinistra) e non vi era soprattutto uniformità di modulo e di disegno. A partire però dalla seconda metà del III sec., la scrittura epigrafica latina entra in un processo di normalizzazione grafica che mira soprattutto al raggiungimento dell'uniformità di modulo e disegno; essa è caratterizzata dalla:

geometrizzazione delle forme, in cui gli angoli sono retti e gli archi vicini;

chiaroscuro dei tratti, realizzato tramite l'esecuzione di solchi triangolari, e inoltre è caratterizzata da un leggero allargamento a spatola al termite delle aste verticali, così come quelle oblique ed orizzontali.

I primi esempi di capitale epigrafica in via di normalizzazione sono:

- le epigrafi funerarie degli Scipioni e

- l'epigrafe commemorativa della battaglia di Pidna.



Cap. VI: LA CAPITALE CORSIVA


Intorno al V- IV sec. a.C., accanto alla capitale epigrafica, si affianca a livello privato un tipo di scrittura che viene chiamata capitale corsiva, scrittura questa realizzata con una tecnica d'esecuzione a sgraffio. All'inizio, questo tipo di scrittura, non presentava proprio caratteristiche corsive poiché la tecnica di scrittura a sgraffio su materia dura rendeva difficile l'esecuzione dei tratti curvi e dei tratti orizzontali.

Ma già dal I sec. a. C. si incominciarono a vedere delle modificazioni del tratteggio, ad es.

nella B detta "a pancia a sinistra" e

nella D detta "preminuscola". (vd. pag. 46).

Si cerca, infatti, di diminuire il più possibile il numero dei tratti, fondendoli fra loro e addirittura curvandoli. Pertanto la capitale corsiva si va sempre più modificando in senso corsivo soprattutto quando si comincia a scrivere sulle tavolette cerate e quindi su materiali scrittori più morbidi rispetto all'intonaco o alla terracotta.

Nel I sec. d.C. essa apparve come una scrittura quadrilineare, priva di legature con una certa inclinazione a destra, poi nel II sec. d.C. subisce un'ulteriore evoluzione perché cominciano a comparire le legature e una certa inclinazione verso sinistra.


Cap. VII: LA CAPITALE ROMANA NELL'USO LIBRARIO.


La scrittura capitale romana ha subito un'evoluzione grazie all'impiego dei diversi materiali. Si passò dalla materia dura delle epigrafiche a quella su fogli di papiro e do pergamena. Secondo le testimonianze giunte fino a noi, anche nella Roma arcaica esistevano libri scritti su papiro, su pelli (pergamena). Esisteva un tipo di scrittura libraria definita rustica, le cui caratteristiche erano simili a quella epigrafica.

Infatti, come l'epigrafica, la rustica presenta un andamento posato e verticale, le lettere appaiono staccate le une dalle altre e non vi sono elementi corsivi. Si tratta di una scrittura a calamo su materiali morbidi non più incisioni come nella epigrafica.

Le caratteristiche principali sono:

il chiaroscuro molto accentuato con evidente contrasto tra pieni e filetti, cioè tra tratti spessi e tratti sottili;

la riduzione degli angoli più o meno accentuato;

l'allargamento a spatola alla fine di ogni tratto o aggiunte di trattini di coronamento nelle varie lettere.

Le testimonianze giuntaci in capitale libraria vanno dal I sec. d.C. fino al VI sec. d.C.

Le testimonianze in nostro possesso che risalgono al primo periodo sono frammentarie e scarse. Ricordiamo: i 42 papiri latini di Ercolano di cui però solo 17 sono parzialmente leggibili.

Numerose sono le testimonianze da dividere in 2 periodi:

nel primo periodo che va dal I al III sec. d.C., la rustica è l'unica scrittura libraria in uso ed è caratterizzata dal modulo grande e largo, dal forte chiaro scuro, dai trattini di coronamento;

il secondo periodo va dal IV al VI sec. d.C. ed è caratterizzato dalla presenza accanto alla rustica di altre scritture librarie, come l' onciale, la minuscola (del III sec. d.C.) e la semionciale che praticamente è sempre la minuscola però del IV sec. d.C.

Da segnalare che nel periodo tra il IV - VI sec. inizia ad evidenziarsi una crisi nel mondo librario e l'affermazione della nuova figura del libro in forma di codice e membranaceo. Le caratteristiche grafiche non mutano tranne un po' il disegno che si irrigidisce.







Cap. VIII: la CAPITALE "ELEGANTE" E L'EPIGRAFIA DAMASIANA.


La prima scrittura libraria si pensa che sia stata quella elegante, ma sull'esistenza della capitale elegante come scrittura particolare si nutrono ancora certi dubbi.

Secondo lo Schiapparelli, ci sono circa 4 esempi in capitale elegante, appartenenti a codici pergamenacei, contenenti testi di Virgilio e tutti risalenti al IV sec. d.C. e il più famoso è il Virgilio Augusteo, frammento di 7 fogli. Questa scrittura è caratterizzata dalla rigidezza del disegno, dalla larghezza delle lettere e da angoli retti e curve.

Fra il 1939 e il 1952 Jean Mallon dimostrò che tale scrittura era semplicemente frutto di un gioco calligrafico, priva di qualsiasi regolarità e spontaneità.

È da ricordare che dai confronti che sono stati fatti, risulta che la capitale elegante si può considerare un'imitazione della scrittura epigrafica damasiana, in quanto presenta delle caratteristiche simili a quelle epigrafi contenenti carmi di papa Damaso (366-384 d.C).



Cap. IX: ORIGINE DELLA MINUSCOLA.


Contemporaneamente all'uso della capitale rustica si affianca sul mondo latino un nuovo tipo di scrittura quella minuscola.

Essa utilizza uno schema quadrilineare, cioè è tale che per toccare i punti estremi in alto e in basso di tutte le lettere sono necessarie 4 linee orizzontali, ed è eseguita con un angolo di scrittura diverso e con un diverso orientamento dai tratti pieni.

Molti scrittori si sono interessati a questa scrittura compiendo vari studi, portando avanti tesi diverse. Ad es. Jean Mallon per studiare le caratteristiche di questa scrittura confronta l'Epitome livii che si considera il primo esempio di minuscola nel III sec. d.C. con altre testimonianze. Da questo confronto risulta che fra le testimonianze ci sono delle somiglianze innanzitutto il modulo appare piccolo e il tratteggio appare contrastato ma la differenza fondamentale è costituita dal mutato angolo di scrittura (nell'Epitome è aperto, quasi retto). Secondo il Mallon l'angolo sarebbe mutato in seguito alle diverse inclinazione del foglio che non era più il rotolo di papiro.

Secondo gli studiosi francesi, fra cui il Mallon, l'evoluzione della scrittura latina che passa da capitale a minuscola sarebbe avvenuta prima in campo librario ed è da attribuire al mutamento dell'angolo di scrittura che porta i pieni su un asse verticale della scrittura libraria. Mutamento dovuto all'uso della pergamena.

Invece, secondo gli studiosi italiani, fra cui Concetti, il mutamento dell'angolo di scrittura è avvenuto prima nella scrittura usuale per poi passare a livello librario, come attestano numerosi esempi di graffiti pompeiani..


Cap. X: LA MINUSCOLA CORSIVA O CORSIVA NUOVA.


Il processo di "minuscolizzazione" che fra il II e il III sec. d. C. aveva interessato la scrittura usuale e la scrittura libraria successivamente interessò anche le scritture documentarie e amministrative. Pertanto si passa dalla capitale corsiva (vd. cap. VI) in uso alla minuscola corsiva o corsiva nuova.

In questo tipo di scrittura, la struttura delle lettere è molto simile a quella della minuscola antica anche se con qualche differenza evidente, ad es. nella

mancanza di chiaroscuro a causa della punta dura del calamo;

presenza di molte legature, che determinano talvolta l'unione di tratti di lettere diverse, talvolta la separazione di tratti di una stessa lettera;

il modulo è vario: ora grande ora piccolo.

Intorno al V sec. d.C. questa scrittura subisce dei mutamenti di stile: diventa più alta e più stretta. Successivamente nel VII sec. d.C. il disegno si fa più rigido e le legature vengono usate in modo irregolare.


Cap. XI: L'ONCIALE.


Intorno al IV se. d.C., accanto alla capitale libraria rustica si affianca una nuova scrittura detta onciale. La diffusione del Cristianesimo ci fu un contatto sempre più stretto dei nostri centri culturali la Grecia, dove appunto veniva usata una scrittura libraria dalle forme elegantemente rotonda detta "maiuscola biblica".

Quindi l'influenza di questa scrittura greca, che adoperava scritture tonde ed eleganti, e l'uso della penna d'oca, che permetteva di tracciare linee curve, portarono alla nascita della scrittura onciale. Essa è una scrittura maiuscola, poiché nonostante accettasse l'uso dei segni alfabetici minuscoli, di questi ne riduceva le aste e gli occhielli e quindi poteva essere contenuta in uno schema bilineare. L'onciale fu usata fino al IX sec., cioè per tutto l'alto medioevo sino alla cosiddetta "rinascenza carolina". Si caratterizza per il tratteggio fluido e continuo e per il susseguirsi di elementi circolari che ne caratterizzano lo stile.

Però intorno al V sec. d.C. l'onciale subisce un mutamento di stile, infatti, le forme si irrigidiscono in senso geometrico, il tratteggio che prima era fluido e continua ora si spezza e si evidenza il contrasto fra i tratti spessi e quelli sottili, le aste tendono a fuoriuscire dallo schema bilineare quindi si allungano e alla fine di queste compaiono trattini o triangoletti ornamentali.

Il maggior centro di produzione di codici in onciale fu Roma. L'onciale romana influenzò tutte le altre onciali prodotte in Inghilterra e in altri paesi. (vd. lettere caratt. dell'onciale pag. 65).

Cap. XII: LA SEMIONCIALE.


Tra la fine del V e l'inizio del VI sec. d.C. si diffuse un tipo di scrittura denominata semionciale, che non ha nessun rapporto con l'onciale. Si contrappone alla minuscola del III sec. d.C. poiché acquista caratteristiche nuove:

il disegno si irrigidisce;

il tratteggio si appesantisce;

le forme sono schiacciate e rotonde;

le aste si accorciano;

ci sono poche legature e pochi segni abbreviativi.

La semionciale fu adoperata per tramandare i testi di studio e di lettura in uso nelle comunità e nelle scuole religiose. Tra i mss. trovati ricordiamo il S. Ilario di S. Pietro a Roma.


















Cap. XIII: LE ABBREVIAZIONI NEL MONDO ROMANO ED IL SISTEMA ABBREVIATIVO MEDIEVALE.


Si sono usate nel mondo romano e in quello medievale sistemi e mezzi per abbreviare la scrittura di alcune parole usando delle sigle. È importante conoscere questo sistema per poter procedere correttamente alla lettura dei mss., sia dei documenti medievali sia dei libri più antichi a stampa, siano essi incunaboli (cioè libri stampati fino al XV sec.) o cinquecentine (libri stampati fino al XVI sec.). Nelle epigrafi romane venivano abbreviate per sigle i prenomi e formule sacre o giuridiche espressi dalla prima lettera dal nome. Es.: M = Marcus.

A volte venivano raddoppiate per esprimere il plurale. Es.: VV CC = viri carissimi.

Queste abbreviazioni erano adoperate nelle tavolette cerate, mentre nei mss. ci si limitava ad abbreviare le desinenze finali que e bus. Es.: atq = atque, reb = rebus.

In età romana fu elaborato un complesso sistema abbreviativo detto "notae tironianae" ideato da Tirone, libero di Cicerone. Questo fu un sistema abbreviativo per contrazione dove si aveva la contrazione della parola e la sostituzione di lettere con determinati simboli che indicano l'inizio e la fine della parola. L'uso delle abbreviazioni per sigle, troncamento, contrazione produsse nel mondo romano un sistema di abbreviazioni anche nel campo giuridico, le "notae iuris". Essso era basato sull'uso di:

sigle e troncamenti ;


troncamenti sillabici: di ogni sillaba veniva espressa una sola lettera.

Es.: DD = deinde; QQ = quoque;

abbr. per contrazione per cui di una parola veniva espressa soltanto la prima e l'ultima lettera o alcune lettere interne.

Es.: p¹mo = primo; qªndo = quando.


Si usò anche abbreviare i nomi sacri: DS = Deus, DNS = Dominus.


Volendo distinguere le abbreviazioni possiamo raggrupparli secondo lo schema elaborato dal Battelli:

punto: esso serve a segnare un'abbreviazione per troncamento o una sigla.

Es.: .c. = caput; .e. = est.


Lineetta sovrascritta: abbr. per contrazione o per troncamento

Es.: dns = dominus; aia = anima; ap = apud.


- Lineetta ondulata o obliqua: mancanza di r accompagnata ad una e.

Es.: lib = liber


- Apostrofo: abbr. per troncamento e spesso la mancanza della desinenza us.

Es.: un' = unus


- Segno in forma di tre: abbr. per troncamento, mancanza di ue dopo la q.

Es.: atq3 = atque.


- Segno soprascritto a forma di due: mancanza delle desinenze ur o er.


Es.: dicit = dicitur.


- Lettera soprascritta: abbr. per contrazione.

i o i

Es.: s = sibi; m = modo; g = igitur.



- Segno a forma di sette

Es.: 7 = et; s7 = sed; 7 = etiam; at7= atque.


Segno a forma di nove: mancanza di cum o con all'inizio di parola.

Es.: 9tinet = continet .




Altre abbreviazioni:


p = pre; q = quod;

P = per q = que

P = pro q² = quia.








Cap. XIV: DAL TARDO ANTICO ALL'ALTO MEDIOEVO.


Dopo la caduta del Sacro Romano Impero (476 d.C.) si assistette ad una serie di invasioni barbariche. Lo sfaldamento dell'asse politico amministrativo portò conseguenze anche nell'assetto culturale che venne sconvolto. La scrittura ebbe cambiamenti notevoli e rimase privilegio degli ecclesiastici e degli uomini di legge; inoltre essa si sviluppò diversamente in ciascuna delle regioni createsi dopo la disgregazione del S.R.I.

Il particolarismo grafico è, infatti, un periodo in cui si hanno scritture diverse a seconda delle regioni e delle classi che compongono una determinata società. Si hanno pertanto scritture che discendono dalla romana ma che si evolvono nel loro luogo di origine e vengono dette scritture nazionali. Si parlerà quindi

- di scrittura merovingia in Francia;

- di scritture insulari in Britannia,

- di scrittura visigotica in Spagna;

- di scrittura beneventana in Italia meridionale.

















Cap. XV: IL PARTICOLARISMO GRAFICO IN EUROPA.


1. La merovingica e le scritture altomedievali francesi.

La Gallia era indubbiamente il paese più romanizzato di tutta l'Europa, quindi non c'è da meravigliarsi nel rilevare che all'interno delle cancellerie dei re merovingi si usasse una corsiva assai artificiosa derivata dalla corsiva nuova (minuscola corsiva) che prende il nome di scrittura merovingica. Caratteristiche:

le lettere si presentano schiacciate le une contro le altre ed hanno una forma allungata;

le aste sono sinuose, quindi le curve sono frequenti;

le legature sono numerose e usate in modo irregolare.

Oltre che in Francia fu usata in Baviera, in Borgogna e nell'Italia nord-occidentale.

In campo librario, invece, si cercò di renderla più posata e assunse delle particolarità a secondo dei centri scrittori, per es., la libraria merovingica di Laon che fu definita a - z per la particolare forma di queste due lettere; e quella elaborata a Corbie fu detta a - b .

Questo sistema trae origine dalla stilizzazione delle onciali e delle semionciali.

Dalle scritture emanate a Corbie ricordiamo quella degli abati Leucario e Mordramno che per la semplicità e le rotondità preludono la minuscola carolina.


2. le scritture insulari.

Tra le regioni del S.R.I. la Britannia fu certamente la meno romanizzata. Le scritture insulari sono due:

una è scrittura libraria, usata fra il VII ed il X sec. ed è chiamata "maiuscola insulare". In essa le lettere appaiono rotonde e schiacciate e il tratteggio è ben marcato;

l'altra è scrittura documentaria ed è chiamata "minuscola insulare". È caratterizzata dall'uso di archi acuti e di legamenti verso il basso. Ebbe una breve durata perché con l'avvento dei Normanni fu sostituita dalla carolina.


3. la visigotica.

La Spagna, regione profondamente romanizzata, fu occupata nel V sec. dai Visigoti, i quali portarono nella regione un periodo molto prospero di notevole fioritura culturale.

La scrittura usata fu la cosiddetta "minuscola visigotica" a livello librario, mentre la "corsiva visigotica" a livello documentario. La minuscola visigotica si caratterizzò per l'uso della

- a aperta ,

- g di tipo onciale,

- e alta e aperta.

Cap. XVI: LA SCRITTURA NELL'ITALIA MERIDIONALE E LE ORIGINI DELA BENEVENTANA.


Durante il periodo del particolarismo grafico in Italia meridionale si usava la scrittura "beneventana". Ciò lo sappiamo grazie ad alcune testimonianze in queste zone meridionali. Infatti sono stati rinvenuti diversi mss. come ad es., i due Isidori, uno conservato a Montecassino, l'altro a Cava dei Tirreni. In ogni caso queste testimonianze risalgono al centro scrittorio del monastero di Montecassino, ritenuto dagli studiosi la culla di nascita della scrittura beneventana che si andò sviluppando, raggiungendo la sua definita canonizzazione nel XI sec.

Essa si diffuse rapidamente negli altri monasteri benedettini dell'Italia meridionale per poi decadere definitivamente nel XIII sec. Naturalmente l'area di diffusione di questa scrittura non fu solo Montecassino, ma pure Benevento, Cava dei Tirreni e Salerno.

Il nome di beneventana fu attribuito a questa scrittura dallo studioso Lowe. Oggi grazie a due studiosi italiani, Giogo Concetti e Guglielmo Cavallo, il ruolo di Montecassino, visto come unico centro di nascita, è stato ridimensionato.

Concetti infatti ipotizza una particolare derivazione della beneventana dalla scrittura in uso nel monastero di Nonantola dell'Italia settentrionale, mentre secondo il Cavallo il centro dove si andò formando questa scrittura non fu affatto il monastero di Montecassino, ma la città di Benevento.

Fu usata per la compilazione di libri, scrittura molto calligrafica e ben marcata.

Le caratteristiche sono:

l'uso di nessi;

tratteggio fluido,

forme rotondeggianti.

Del sistema abbreviativo importante è l'uso del segno 3 spostato in alto per indicare la caduta di m o per indicare eius.











Cap. XVII: BENEVENTANA BARESE E BENEVENTANA CASSINESE


Benventana barese

Il canone della beneventana venne sensibilmente modificato a Bari nel XI sec.

Le particolarità di questa scrittura sono date dal

modulo grande;

forme rotonde;

aste ridotte:

tratteggio sottile ed uniforme dovuto all'uso della penna a punta rigata.


Il documento dove possiamo ritrovare queste caratteristiche è l'Exultet eseguito per la cattedrale di Bari e conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana.

La tipizzazione barese avviene sotto l'influsso di modelli esterni sopratutto bizantini e durò fino al XIII secolo.



Benventana cassinese

a Montecassino la beneventana acquista caratteristiche differenti rispetto ala barese. Essa è caratterizzata dal tratteggio fortemente contrastato dovuto all'uso della penna mozza a sinistra, per cui i tratti verso destra sono molto grossi quelli di sinistra molto sottili e sono frequenti i nessi.

Intorno al XII sec. nella cassinese il modulo si rimpicciolisce, il disegno si fa più rigido e compaiono più abbreviazioni.

Nel corso del XIII sec. la beneventana viene rimpiazzata dalla minuscola gotica introdotta in Italia meridionale prima dai Normanni poi dalla corte Sveva.










Cap. XVIII: SCRITTURE USUALI E DOCUMENTARIE NELL'ITALIA MERIDIONALE ALTOMEDIEVALE.


Nell'alto medioevo, l'Italia meridionale è praticamente divisa in due zone politicamente e culturalmente assai diverse tra loro:

- una zona "interna" longobarda; in essa facevano parte città come Benevento, Salerno, Capua,

- e una zona "esterna" dominata dai bizantini; in essa facevano parte città come Napoli, Gaeta e Amalfi .

Proprio in quest'ultima zona la tradizione romana continuava a vivere attraverso un tipo di scrittura documentaria che è un'elaborazione artificiosa della corsiva nuova e prende il nome di "curialesca", caratterizzata dal tratteggio sottile, aste lunghe e rigide e dal modulo piccolo.

Invece nella zona longobarda veniva utilizzata a livello documentario una corsiva di tipo beneventano dal tratteggio abbastanza contrastato.

Con l'avvento dei Normanni questa forma di scrittura curiale fu sostituita da una forma di gotica primitiva.




Cap. XIX: LE SCRITTURE ALTOMEDIEVALI NELL'ITALIA CENTRO-SETTENTRIONALE.


Nell'alto medioevo, in Italia centrosettentrionale i centri scrittori più importanti erano:

Verona, Bobbio Lucca Nonantola.

Verona, all'inizio del IX sec., fu uno dei primi centri italiani ad adoperare la minuscola carolina.

Nel monastero di Bobbio invece, oltre ad usare l'onciale e la semionciale, si adoperava una minuscola ricca di elementi corsivi, calligrafica, vicina alle caratteristiche delle scritture insulari.

Vi fu poi il monastero benedettino di Nonantola dove veniva usata una minuscola molto larga, rotondeggiante, dal tracciato pesante, dal tratteggio contrastato (da cui secondo il Concetti deriverebbe la beneventana).

Per le scritture documentarie abbiamo testi riferiti solo a Roma e Ravenna.

A Ravenna la corsiva nuova si trasforma in curiale, cioè dritta, rigida, dalle aste lunghe e dal corpo piccolo.

A Roma era in uso una scrittura cancelleresca assai artificiosa, caratterizzata dall'andamento verticale, dal prolungamento delle aste; caratteristiche che rendono la curiale romana molto vicina alla curiale ravennate.

Cap. XX: LA NUOVA SCRITTURA COMUNE: LA MINUSCOLA CAROLINA.


1. Il problema delle origini.


La minuscola carolina si può considerare l'espressione grafica della cultura romana cristiana, scrittura grafica con la quale si supera il cosiddetto particolarismo grafico, cioè la convivenza contemporaneamente di scritture diverse a seconda delle aree geografiche diverse.

La carolina si caratterizza per

- le forme tonde,

- disegno semplice,

- rapporto armonioso fra il corpo delle lettere e le aste,

- leggera inclinazione a destra,

- modulo uniforme,

- tratteggio non contrastato,

- pochi legamenti e poche abbreviazioni.

Proprio per queste ultime caratteristiche, questa scrittura risulta essere molto simile alla minuscola del III sec., e alla semionciale del VI sec.

Allo studio delle caratteristiche della carolina si sono interessati tanti studiosi, sia italiani sia francesi. Fra quelli francesi ricordiamo Leopold Delisle, codicologo e paleografo, il quale alla fine dell'800 individuò nel monastero di S.Martino di Tours il centro di nascita della nuova scrittura.

Completamente opposta a questa tesi è quella portata avanti da 2 paleografi italiani, Ignazio Giorgi e Vincenzo Federici, i quali affermarono che la carolina fosse stata elaborata a Roma e solo più tardi giunse in Francia.

Secondo lo Schiapparelli la carolina ebbe un'origine poligenetica, cioè fu il risultato di tendenze scrittorie diverse.

A lui si riallaccia il Battelli, secondo cui tale risultato si raggiunse non grazie all'opera di una sola persona o di una scuola, ma grazie al momento favorevole, in altre parole quello della rinascita degli studi al tempo di Carlo Magno (IX sec.).

Interessante è pure la tesi del Concetti secondo il quale la carolina sarebbe nata in seguito alle imitazioni degli scribi del tempo della minuscola primitiva (IV-V secc.).

Secondo Concetti quindi la carolina non sarebbe il risultato di una nuova creazione, ma piuttosto il frutto di un ritorno all'antico. 




2. la rinascita grafica carolingia.


Abbiamo già sottolineato che questo è il periodo della rinascita grafica carolingia, cioè un periodo di imitazione delle scritture tardo antiche soprattutto della minuscola, ma anche della capitale, della onciale e della semionciale.

Ma mentre la diffusione delle ultime tre resta relegata all'ambito della corte, la carolina si diffonde in Francia, Germania e Italia, diventando la scrittura comune dell'Europa imperiale.



3. funzione e diffusione della nuova scrittura comune.


La minuscola carolingia si diffuse oltre che in Francia, in Germania renana e meridionale e in Italia (Veruna, Lucca, Bobbio, Nonantola).

Particolarmente interessante è la particolare tipizzazione romana della minuscola carolina, chiamata "minuscola romanesca", caratterizzata dal modulo grande, dall'inclinazione a destra e dal corpo schiacciato delle lettere.

Nel corso del XI sec. in campo documentario la minuscola carolina subisce delle modifiche nello stile a causa degli artifici cancellereschi.

Questa scrittura definita "minuscola diplomatica" è caratterizzata dal corpo più piccolo delle lettere, le aste più lunghe, il tracciato rigido e dalla mancanza di legamenti e venne usata prima nella documentazione pubblica e poi in quella privata.

Ma proprio nel momento in cui la nuova scrittura era diventata il linguaggio scrittorio comune a tutta l'Europa, essa comincia a mutare le sue forme, trasformandosi in un altro tipo di minuscola libraria detta gotica.











Cap. XXII: ORIGINI DELA GOTICA: CATEGORIE E IPOTESI.


La scrittura gotica nasce intorno alla seconda metà dell'XI sec., quando in Francia, in Italia e in Germania si comincia ad affermare l'uso della penna d'animale con taglio obliquo a sinistra.

L'uso di tale strumento scrittorio sul piano grafico porta a delle conseguenze ben precise:

- il tratteggio diviene contrastato,

- il chiaroscuro che prima era fluido e continuo ora si divide a brevi tratti e

- le curve diminuiscono di spessore spezzandosi in veri e propri angoli acuti.

La scrittura gotica, intesa dai contemporanei come "littera moderna" o "textualis", ossia destinata ai testi moderni. Il nome di "gotica", adoperato in senso dispregiativo, fu utilizzato più tardi, dagli umanisti del '400 che consideravano tale scrittura come una scrittura barbara, artificiosa e troppo complicata nelle forme.

La gotica nasce dall'esigenza di ben individuare le singole parole in modo tale da potere leggere più speditamente anche attraverso l'uso delle abbreviazioni.





Cap. XXIII: LA GOTICA IN ITALIA.


In Italia nel XII sec. non si può ancora parlare di una scrittura gotica perché è ancora presente una scrittura tardo carolina che influenzò le prime forme di gotica prediligendo sempre il gusto per le forme tonde e le poche spezzature.

Nel XII sec. la gotica comincia a apparire a Padova e a Bologna, prima in campo documentario, poi in campo librario.

A Roma, invece, è ancora presente una scrittura di tipo curialesco, mentre in Toscana la tardo carolina, scrittura larga e rotonda, di grande formato e priva di spezzature.

Solo nel XIII sec. si può parlare di una scrittura gotica detta "gotica rotonda", che ebbe molta fortuna soprattutto nei testi ecclesiastici. Essa è caratterizzata dalle forme larghe e rotondeggianti, dalla spaziosità e dalle poche spezzature.





Cap. XXIV: LIBRO UNIVERSITARIO E "LITTERAE SCHOLASTICAE".


Fra il XII e il XIII sec. si assiste ad uno sviluppo delle istituzioni universitarie: ottengono infatti il riconoscimento ufficiale università italiane come Padova (1222), Napoli (1224), Roma (1303).

Vi fu in questo periodo un incremento della produzione libraria, poiché le università e gli studenti avevano bisogno di molte copie di quei testi da leggere e commentare.

Un sistema di moltiplicazione rapida dei libri era il "sistema della pecia", cioè un librario autorizzato affidava agli amanuensi i fascicoli (detti "pecie") di un'opera che riproducevano l'esemplare, lavoro svolto anche separatamente, e terminata la copiatura i fascicoli venivano uniti.

Direttamente dalla gotica rotonda del XIII sec. derivano le scritture di tipo universitario, quali la litterae bononiensis, parisiensis, oxoniensis e neapolitana.


a.   la bononiensis deriva dalla gotica rotonda, solo che è più economica, poiché le aste sono più corte e i tratti sono molto fini, appena visibili. Essa veniva adoperata fra il XIII e il XIV sec. soprattutto nei testi giuridici, non solo a Bologna ma anche a Padova e a Napoli. In questa scrittura è molto frequente l'uso del con in forma di nove.


b.  La litterae parisiensis, rispetto alla bolognese, è meno rotondeggiante, più piccola di modulo, con tratteggio pesante e contrastato, andamento irregolare ed allineamento instabili. Ma sono proprio queste caratteristiche che la rendono più leggibile della bolognese in quanto i singoli segni, le righe, le parti del discorso appaiono separati.


c.   La litterae oxoniensis e la neopolitana non riuscirono ad acquistare una propria fisionomia, delle caratteristiche specifiche.










Cap. XXVI: L'UNIFICAZIONE DELLA SCRITTURA DOCUMENTARIA IN EUROPA E LA NUOVA CORSIVA


La "minuscola diplomatica" fra il X e il XII sec. sostituì, in campo documentario, la corsiva di tradizione classica e le scritture curialesche. Tale processo comportò ad una rinuncia alla corrività, cioè l'uso dei legamenti fra lettera e lettera.

Inoltre, la scomparsa di una scrittura corsiva portò come conseguenza principale ad una più stretta somiglianza fra la scrittura libraria e documentaria.

Per tale motivo nel XIII sec., in tutte le regioni d'Europa occidentale, nasce una nuova scrittura: la "nuova corsiva" derivata direttamente dalla minuscola diplomatica, la cui nascita fu influenzata dall'adozione della penna con taglio centrale e dall'invenzione dei legamenti sinistrogiri realizzati appunto con movimento antiorario della mano.


















Cap. XXVII: LA MINUSCOLA CANCELLERESCA NELL'ITALIA DEL DUE -TRECENTO.


Fra il XIII e il XIV sec. la scrittura si diffonde in modo capillare, in città come Firenze, Bologna, divenendo alla portata di tutti: la parlavano mercanti, artigiani, donne, grazie anche all'istituzione di un più uniforme ed esteso sistema d'istruzione elementare.

Pertanto la scrittura nuova corsiva formulatosi nel XIII sec, derivata dalla minuscola diplomatica, diventa la scrittura comunemente usata dagli italiani e poiché fu usata soprattutto nelle cancellerie, essa prese il nome di "minuscola cancelleresca italiana".

Le sue caratteristiche sono uniformi su tutto il territorio, tranne in Piemonte, dove si adoperava una corsiva francese detta "bastarda".

Caratteristiche principali della minuscola cancelleresca sono date:

ductus corsivo;

forme tonde;

tratteggio fluido;

legamenti sinistrogiri;

uso di svolazzi.


Fu usata in campo librario diventa più curata elegante con meno svolazzi.

Diventa la scrittura per eccellenza di quei testi che non appartengono né alla cultura ecclesiastica né universitaria, in pratica di quei testi in volgare che racchiudono raccolte di proverbi e pratiche, di ricette, di componimenti poetici.

La minuscola cancelleresca oltre ad essere la scrittura professionale di Cola di Rienzo, di Coluccio Salutati, di Petrarca e di Boccaccio, fu anche la scrittura nella quale sono stati copiati e diffusi i nostri più antichi testi letterari.









Cap. XXVIII: UNA SCRITTURA PROFESSIONALE: LA MERCANTESCA.


Fra il XIII e il XIV sec., contemporaneamente ala cancelleresca, lo sviluppo delle attività artigianali, mercantili e bancarie fa accrescere il bisogno di disporre di un vasto sistema di documentazione scritta. Un mercante, ad es., non doveva soltanto saper leggere, scrivere e fare i conti, ma doveva avere delle conoscenze tecniche di ragioneria.

Nascono così delle vere e proprie scuole dette di "abbaco" e di "algoritmo", cioè do matematica e di algebra, dove si insegnava una cultura tecnica separata in lingua volgare e un tipo di scrittura particolare e separata detta "mercantesca".

Essa si differenzia profondamente dalla minuscola cancelleresca, è una scrittura corsiva anche se l'andamento è diritto, i pochi legamenti sono sinistrogiri, le forme sono tonde e schiacciate, il tratteggio è uniforme e largo, brevi sono le aste.

Nel corso del '400 subisce delle modifiche nello stile, diventa più corsiva, più piccola e disordinata, come pure disordinato è il relativo sistema delle abbreviazioni.

Come la minuscola cancelleresca anche la mercantesca diviene pure scrittura libraria, solo che appare più calligrafica, più posata e più curata.  

















Cap. XXIX: REAZIONE ANTIGOTICA E RITORNO ALL'ANTICO: PETRARCA E LA SEMIGOTICA.


Fra la fine del '200 e gli inizi del '300, in Italia, si sentì l'esigenza di un rinnovamento, si risveglia il desiderio di riscoperta del mondo classico. Si va infatti alla ricerca di testimonianze dirette e indirette della cultura antica, dai mss. alle iscrizioni, cercando di imitarne la lingua, lo stile e i generi letterari.

Uomini come Loveto Loveti, Ferretto Ferretti, ma soprattutto Petrarca, si fanno interpreti di queste esigenze.

Petrarca infatti criticò aspramente le scritture egemoni del suo tempo e cioè la gotica e le scritture di tipo universitario che da questa derivavano.

In una lettera al Boccaccio egli sosteneva che la gotica era una scrittura troppo artificiosa, difficile da leggere, tanto da affaticare persino gli occhi, scrittura che sembra piuttosto l'opera di un pittore anziché quella di uno scrittore.

Giudizi positivi esprimeva nei confronti della carolina, considerata scrittura semplice e chiara, ma alo stesso tempo elegante e sobria. Secondo Petrarca la nuova scrittura libraria, definita "semigotica", doveva basarsi sull'imitazione diretta della minuscola carolina.

Nel complesso però la semigotica testuale adoperata dal Petrarca appare simile alla gotica "rotonda" del XIII sec., priva però delle spezzature.

A livello usuale Petrarca usava la minuscola cancelleresca.












Cap. XXX: DIFFUSIONE DELLA SEMIGOTICA: COLUCCIO SALUTATI E LA "PREANTIQUA".


La riforma grafica del Petrarca si diffuse in Italia attraverso l'imitazione fattane dai suoi discepoli più diretti, fra cui il Boccaccio.

Nella sua scrittura si possono individuare 2 periodi diversi:

- uno antecedente al contatto con i modelli petrarcheschi in cui usava una gotichetta di tipo toscano, dal disegno rigido e disordinata;

- uno posteriore, in cui il Boccaccio adoperò la semigotica, anche se con qualche elemento corsivo in più, che nel complesso la rendono meno elegante di quella utilizzata da Petrarca.

Influenzata dalla semigotica, ma soprattutto dalla minuscola carolina, fu anche la scrittura di Coluccio Salutati, la cosiddetta "preantiqua".

Essa è una scrittura ariosa, spaziosa, dalle forme rotondeggianti e dalle aste sinuose.

Tuttavia tale scrittura non riuscì ad imporsi in modo definitivo, poiché venne rimpiazzata facilmente dalla meccanica imitazione della minuscola carolina di Poggio Bracciolini.




Cap. XXXI: LA RINASCITA DELL'"ANTIQUA".


L'"antiqua" del Bracciolini risulta essere, almeno all'inizio, una meccanica imitazione della minuscola carolina dell' XI-XII sec. Infatti nel primo periodo è caratterizzata dal disegno rigido e dall'aspetto artificioso, solo successivamente il tratteggio diviene più fluido e uniforme, le forme più tondeggianti e le aste sinuose.

Bracciolini è inoltre il creatore nel '400 di un nuovo sistema alfabetico maiuscolo, derivato non più dalla tradizione gotica, bensì dalla capitale epigrafica.

Come scrittura professionale ed usuale Bracciolini adoperava la corsiva semigotica.







Cap. XXXII: LE SCRITTURE DOCUMENTARIE DEL '400 E L'UMANISTICA CORSIVA.


Sempre nel '400, accanto all'antiqua tonda, a livello usuale e documentario appare l'"umanistica corsiva", derivata direttamente dalla minuscola cancelleresca; rispetto a quest'ultima però, l'umanistica corsiva è più chiara, semplice, ariosa e spaziosa.

Col tempo si fece influenzare notevolmente non solo dalla minuscola cancelleresca, ma anche dalla contemporanea minuscola umanistica: il ductus diviene più corsivo, le forme divengono più tondeggianti ed è presente una certa inclinazione a destra.

Anche questo tipo di scrittura come la cancelleresca del XIII sec. non fu solo scrittura documentaria ma anche libraria.



Cap. XXXIII: SVILUPPO E DIFUSIONE DELLA MINUSCOLA UMANISTICA A FIRENZE ED IN ITALIA.


Dopo l'esempio del Salutati e di Bracciolini altri scribi cercarono di imitare la minuscola carolina.

Il più rappresentante scriba fiorentino di minuscola umanistica del '400 è Antonio di Mauro, notaio. Di lui ci rimangono più di 40 mss., molti dei quali eseguiti per arricchire la grande biblioteca dei Medici. La sua scrittura è piuttosto grande, con forme alte e strette e non è uniforme nel tratteggio.

Altro scriba è Geraldo del Ciriagio, anch'egli notaio. La sua minuscola umanistica è ferma ed elegante, ha un moderato chiaroscuro ed un andamento dritto nelle aste.

Da ricordare è anche Antonio Sinibaldi. A lui si deve un'umanistica aggraziata, con un chiaroscuro sottile, mentre le aste sono leggermente sinuose.

In seguito la minuscola umanistica di tipo fiorentino si diffuse anche nel resto d'Italia.

Una delle maggiori biblioteche italiane del '400 fu quella fondata ad Urbino da Federico da Moltefeltro, oggi conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana.

Altra biblioteca umanistica fu la Malatestiana di Cesena in Romagna.

Nel nord d'Italia altre grandi biblioteche signorili furono quelle degli Estensi a Ferrara e quella dei Gonzaga a Mantova.



Cap. XXXIV: ANTIQUA TONDA E CAPITALE LAPIDARIA DAL CODICE ALLA STAMPA.


Nella seconda metà del '400 in molti centri italiani soprattutto in quelli, come Roma e Milano, dove l'influenza dell'"antiqua" non fu netta, la minuscola umanistica posata si trasforma in "antiqua tonda". Caratteristiche:

- scrittura posata,

- più disegnata che scritta,

- il tracciato è separato lettera per lettera ed è rigido, dritto ed uniforme,

- le forme sono molto tondeggianti e

- il modulo assai grande.




Cap. XXXVII: FRA I DUE SECOLI: L'"ITALIACA" E I TRATTI CALLIGRAFICI.


Mentre nel '500 a livello librario viene usata l'antiqua e l'antiqua tonda, in ambito usuale e documentari si afferma l'"italica", ossia la corsiva cancelleresca, che deriva direttamente dall'umanistica corsiva con l'aggiunta di elementi cancellereschi. Essa è caratterizzata:

- dall'uso del puntino sulla i;

- dall'uso della s maiuscola in fin di parola;

- dall'uso di maiuscole onciali intercalate all'interno della parola.

Questa scrittura nel corso del '500 va evolvendosi grazie ai modelli di famosi maestri calligrafici come Sancito, Tofio, Arrighi, Tagliente, fino ad arrivare alla stilizzazione del Palatino. Egli utilizzò la penna con taglio obliquo a sinistra, pertanto la sua scrittura è caratterizzata per il disegno rigido e il tratteggio pesante e contrastato.








Cap. XXXVIII: DALLA CORSIVA CANCELLERESCA ALLA BASTARDA ITALIANA.


I difetti della scrittura della corsiva cancelleresca romana del Paladino erano evidenti: la scrittura appariva rigida e artificiosa, era una scrittura più disegnata che scritta, più impostata che legata.

Nel 1560 grazie al Cresci, scrittore della Cappella Sistina e della Biblioteca Vaticana, viene inaugurata una nuova corsiva cancelleresca, la "bastarda italiana": scrittura dalle forme tondeggianti, dal modulo piccolo con inclinazione a destra, ben legata e dal tratteggio non più contrastato ma fluido ed uniforme.

La bastarda si afferma rapidamente come scrittura delle cancellerie e delle segreterie.

Essa porterà all'unificazione grafica determinando la scomparsa della mercantesca.




Cap. XXXIX: SPINTA ALL'ALFABETISMO E UNIFICAZIONE GRAFICA.


Nel corso del '500, ormai la scrittura era diventata alla portata di tutti, anche tra i ceti più bassi e grazie all'uso della nuova corsiva bastarda si giunge ala riunificazione grafica al di là delle divisioni politiche.

















Specchietto riassuntivo:


CAPITALE EPIGRAFICA (III sec. a. C., documentaria):

geometrizzazione delle forme

chiaroscuro molto accentuato

allargamento a spatola alla fine delle lettere.



CAPITALE CORSIVA I- II sec. d.C., documentaria):

scrittura quadrilineare

numerose legature

inclinazione verso destra e sinistra.

Venne sostituita dalla minuscola corsiva.



RUSTICA (I- IV sec. d.C., libraria):

scrittura simile all'epigrafica;

chiaroscuro accentuato

allargamento a spatola a fine lettera

gli angoli da retti diventano curvi

nella rustica del primo periodo (I -III sec. d.C.) il modulo è grande e largo, forte chiaroscuro;

nella rustica del secondo periodo (IV-V sec. d.C.) il disegno si irrigidisce.



CAPITALE ELEGANTE (IV sec. d.C., libraria):

disegno rigido

modulo largo

angoli retti e curvi.



ORIGINE MINUSCOLA (III sec. d.C.):

con la minuscola vi fu il passaggio dal papiro alla pergamena (traslazione):

schema quadrilineare

mutamento dell'angolo di scrittura che da acuto passa a retto

modulo piccolo (Epitome Livii)

MINUSCOLA CORSIVA (documentaria):

mancanza di chiaroscuro

numerose legature

modulo vario (grande e piccolo)



ONCIALE (IV sec. d.C., libraria):

scrittura maiuscola (schema bilineare)

tratteggio fluido e uniforme

elementi circolari che caratterizzano lo stile

con passar del tempo la scrittura

si irrigidisce

il tratteggio diventa spezzato

le aste si allungano



SEMIONCIALE (VI sec. d.C., libraria):

deriva dalla minuscola corsiva.

disegno rigido

tratteggio appensantito

poche legature e abbreviazioni

aste accorciate

forme schiacciate e rotonde



MEROVINGICA (Francia, VII se. d.C.)

deriva dalla minuscola corsiva

forme schiacciate e allungate

numerose legature

aste sinuose

tipizzazione in uso librario:

Laon (a-z)

Corbie (a-b).



SCRITTURE INSULARI(Britannia):




MAIUSCOLA INSULARE (libraria):    MINUSCOLA INSULARE (documentaria):

lettere rotonde e schiacciate - lettere larghe

tratteggio marcato     - aste prolungate

- legamenti verso il basso



VISIGOTICA (Spagna):

deriva dalla minuscola corsiva.

uso aperto della a

uso della g di tipo onciale

uso della e alta ed aperta.




BENEVENTANA (Italia meridionale):

uso dei nessi

tratteggio fluido

forme rotonde

numerose legature


BENEVENTANA



BENEVENTANA BARESE (XI sec.): BENVENTANA CASSINESE(XI- XII sec.):

modulo grande - tratteggio contrastato (per la penna mozza)

forme rotonde   - nessi frequenti

aste ridotte    - abbreviazioni

tratteggio sottile ed uniforme    - modulo rimpicciolito (XII sec.)

(uso della penna rigida) - disegno più rigido (XII sec)


CURIALESCA:

deriva dalla minuscola corsiva

forme rotonde

modulo piccolo

tratteggio sottile

aste lunghe e rigide



MINUSCOLA DI NONANTOLA:

modulo largo

tratteggio contrastato

tracciato pesante



MINUSCOLA CAROLINA (IX sec.d.C., libraria):

disegno semplice

forme rotonde

armonia fra corpo lettere e aste

pochi legamenti e abbreviazioni

tratteggio no contrastato

modulo uniforme

leggera inclinazione a destra



MINUSCOLA ROMANESCA (X sec.):

modulo grande

inclinazione a destra

corpo schiacciato delle lettere



MINUSCOLA DIPLOMATICA (documentaria, XI sec.):

forme rotonde

tracciato rigido

mancanza di legamenti

aste alte

corpo piccolo delle lettere

GOTICA ROTONDA (XIII sec.):

influenzata dalla carolina

forme larghe e rotondeggianti

spaziosa

poche legature



LITTERA BONONIENSIS (XIII-XIV sec.):

deriva dalla gotica rotonda.

scrittura ordinata

forme rotondeggianti

tratteggio sottile quasi inesistente



LITTERA PARISIENSIS:

scrittura disordinata

andamento irregolare

allineamento instabile

modulo piccolo

tratteggio pesante e contrastato.



NUOVA CORSIVA (XIII sec.):

deriva dalla minuscola diplomatica

forme rotonde

legamenti sinistrogiri (in senso antiorario)



MINUSCOLA CANCELLERESCA (XIII sec., libraria e documentaria):

forme rotonde

tratteggio fluido

legamenti sinistrogiri

svolazzi

ductus corsivo


MERCANTESCA (XIII-XIV sec.):

forme tonde e schiacciate

legamenti sinistrogiri

ductus corsivo

aste lunghe

tratteggio uniforme



ANTIQUA (XV sec.):

forme rotondeggianti

aste sinuose

tratteggio uniforme



UMANISTICA CORSIVA (documentaria):

deriva dalla gotica minuscola cancelleresca

ductus corsivo

forme tondeggianti

inclinazione a destra



ANTIQUA TONDA (XVI sec.):

scrittura posata

tracciato rigido, dritto ed uniforme

forme molto tondeggianti

modulo grande



ITALICA:

nel '500 si sostituisce alla umanistica corsiva:

uso del puntino sulla i

s maiuscola a fine parola

uso di maiuscole onciali all'interno delle parole



Indice


Cap. 1: che cose' la paleografia ......................pag.1

cap. II: criteri,terminologia,dell'analisi paleografica ...................... ..... ...... ........... pag. 3

cap. III: la produzione di testimonianze scritte: materie,strumenti, tecniche.... .......... ..... ...... pag.5

cap. IV: origini e primi sviluppi della scrittura latina in eta' arcaica (vii-iv sec. a.c.). ............... pag. 8

cap. V: la capitale epigrafica latina ..................... pag. 9

cap. VI: la capitale epigrafica.........................pag.9

cap. VII: la capitale romana nell'uso librario...............pag.10

cap. VIII: la capitale elegante.......................pag.11

cap. IX: origine della minuscola......................pag.11

cap. X: la minuscola corsiva.......................pag.12

Cap. XI: l'onciale...........................pag.12

Cap. XII: la semionciale........................pag.13

Cap. XIII: le abbreviazioni nel mondo romano ed il sistema abbreviativo medievalei. pag.14

Cap. XIV: dal tardo-antico all'alto medioevo....i.............pag.16

Cap. XV: il particolarismo grafico in Europa................pag. 17

Cap. XVI: la scrittura nell'Italia meridionale e origine beneventana......... pag.18

Cap. XVII: beneventana barese e beneventana cassinesei.............pag.19

Cap. XVIII: scritture usuali e documentarie nell'Italia meridionale altomedievale..pag. 20

Cap. XIX: le scritture altomedievali nell'Italia centro- settentrionale.......pag.20

Cap. XX: la nuova scrittura comune: la minuscola carolina............pag.21

Cap. XXII: le origini della gotica:teorie e ipotesi.................pag.23

Cap. XXIII: caratteristiche generali della gotica. la gotica in Italia..........pag.23

Cap. XXIV: libro universitario e "litterae scholasticae"..............pag.24

Cap. XXVI: l'unificazione della scrittura documentaria in Europa e la nuova corsiva..pag.25

Cap. XXVII: la minuscola cancelleresca nell'Italia del Due-Trecento........pag.26

Cap. XXVIII: una scrittura professionale: la mercantesca...........pag.27

Cap. XXIX: reazione antigotica e ritorno all'antico: Petrarca e la semigotica....pag.28


Cap. XXX: diffusione della semigotica: Salutati e la "preantiqua"........pag. 29f

Cap. XXXI: la rinascita dell'"antiqua"...................pag.29

Cap. XXXII: le scritture documentarie del '400 e l'umanistica corsiva.......pag.30

Cap. XXXIII: sviluppo e diffusione della minuscola umanistica a Firenze e in Italia...pag.30

Cap. XXXIV: antiqua tonda e capitale lapidaria dal codice a stampa.......pag. 31

Cap. XXXVII: fra i due secoli: l'"italica" ed i trattati di calligrafia.........pag. 31

Cap. XXXVIII: dalla corsiva cancelleresca alla bastarda italiana..........pag. 32

Cap. XXXIX: la spinta all'alfabetismo e l'unificazione grafica...........pag. 32

specchietto riassuntivo.........................pag. 33





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