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Heinrich von Kleist

letteratura tedesca



Heinrich von Kleist

Bernard Heinrich Wilhem von Kleist, nasce nel 1777 a Francoforte sull'Oder. Fu avviato dal padre, che era un ufficiale prussiano, alla carriera militare ed inizialmente non pensa ad una vita di tipo artistico. Comincia nel '92 la sua infelice carriera militare che abbandonerà deluso nel '99, anno dell'ascesa al potere di Napoleone che diventa primo console per dieci anni. Kleist da le dimissioni perché ritiene la vita militare incompatibile con i suoi principi etici e rimpiange la perdita di <<sette anni preziosi>> che avrebbe potuto utilizzare per la sua formazione scientifica a cui d'ora in poi si dedicherà. Si fidanza con Wilhelmine von Zenge, figlia del comandante della guarnigione di Francoforte, che attraverso numerose lettere cercherà di <<educare>>, e dalla quale poi si separerà quando questa non vorrà condividere con lui la proposta di una vita ritirata in campagna e vivere senza i doveri imposti dallo Stato. La lettura di Kannt ha fatto cadere i suoi ideali, meglio conosciuta come "Crisi Kantiana". Nell'idealismo tedesco si pone il quesito su cosa si basi la conoscenza. In questo dibattito epistemologico in Kleist si forma un relativismo della conoscenza. La ricerca della verità diventa più pura perché presuppone che non possa inserirsi nell'ordine vigente.



In viaggio per Parigi insieme alla sorella per terminare gli studi scientifici, comincerà invece ad interessarsi di letteratura. Nel 1802 lavora contemporaneamente a più progetti: Familie Ghonorez, che poi sarà Famiglie Schroffenstein, Guiskard e Der zerbrochne Krug (la brocca infranta), nata come risposta ad una scommessa con gli amici bernensi.

Nel 1808 a Dresda, pubblica insieme ad Adam Müller <<Phöbus>> un'ambiziosa rivista letteraria per la quele cerca però invano di ottenere contributi da Goethe e Jean Paul. Gli unidici numeri, conterranno frammenti di Pentesilea, La Brocca infranta, Guiscardo, Käthchen von Heilbronn, i racconti Die Marquise von O.e Micheal Kohlhaas, nonché contributi di altri autori.

Goethe nel 1818 fa rappresentare "La brocca rotta" nel teatro di Weimar, che non piacque però al pubblico, perché rappresentava una satira della corruzione e delle ipocrisie del potere e delle colonne portanti dell'epoca. Goethe aveva scelto quella che era la commedia di Klest più rappresentabile poiché erano tutte troppo radicali nella composizione e nei temi. Dice Goethe " mi dispiace vedere degli spiriti artistici che scrivono per un teatro che ancora deve venire". Goethe vedeva il talento di Kleist ma non poteva sostenerlo.

Kleist non riuscì mai a trovare un ruolo sociale, ma solo il consenso di singoli.

Nel 1810 in collaborazione con Adam Müller, progetta un'impresa giornalistca estremamente moderna, il giornale della sera <<Berliner Abendblätter>>che appare di pomeriggio e dava quindi il resoconto dei fatti di cronaca locale del giorno. Il giornale chiuderà l'anno dopo per mancanza di finanziamenti e ripetuti problemi con la censura. La fine del giornale e il rifiuto di un impiego statale o di un sussidio lo farà sentire mortalmente umiliato ".vedermi considerato da loro un membro assolutamente inutile dell'umana società, non più degno di alcune simpatia, mi addolora estremamente". Nella stessa lettera parla della sua decisione di morire. Stringe un'intensa amicizia con Henriette Vogel, una donna malata di cancro, decisa a mettere fine alle sue sofferenze e disposta a morire con lui. Insieme ad essa si suicida nel 1811 sulle rive del Wandsee a Berlino.


MARCHESA DI O.


Fonti:

Tra le fonti: i "Saggi" di Montaigne nel testo dell'ubriachezza. Un suo aneddoto dagli Essais doveva essere in qualche modo noto a Kleist"Vicono a Bordeaux, una donna vedova che aveva reputazione di essere casta avvertì i primi segni di gravidanza, diceva alle sue vicine di essere incinta se avesse avuto un marito. Ma crescendo quel sospetto fino a diventare evidente, fece dichiarare dal pulpito della sua chiesa che se il complice di quel fatto avesse confessato lei l'avrebbe perdonato e sposato. Un suo garzone allora ammise di averla trovata un giorno di festa, dopo che aveva bevuto abbondantemente, profondamente addormentata e in una posizione così sconveniente che potè approfittare di lei. Vivono ancora sposati. Anche in Kleist ritroviamo i vari stati tra veglia e sonno come nello stato di ebbrezza..

"Nulla di ciò che è umano è estraneo da me"! Affermava Montagne, per il quale il nostro corpo è la prima chiave per la debolezza.

Il tema centrale della violenza sulla donna priva di sensi e il concepimento senza coscienza sono molto antichi e diffusi nella tradizione novellistica europea. La critica ha cercato individuare due possibili fonti, tra cui il racconto anonimo "Gerettete Unschuld (innocenza salvata) apparso nel '98 su una rivista molto nota, in cui sono presenti alcuni temi del racconto, la ragazza sedotta e cacciata dal padre, la chiamata del medico, il suo comportamento esemplare e fiero di fronte alla condanna del mondo, la fretta di riparare mostrata dal seduttore.

Altre analogia possono trovarsi nel racconto "Verbrechen und Strafe del '99 di August Lafontaine, da cui oltre l'ambientazione della guerra vi è l'affinità della metafora del doppio volto di angelo e demone del seduttore.

In Tieck nel William Lovell ('94) racconta la storia di un concepimento in stato di incoscienza d usa persino una lineetta di sospensione quasi a censurare la scena dell'amplesso.



Pubblicato per la prima volta nel secondo numero della rivista <<Phöbus>> nel 1808 fu ristampato nel primo volume delle "Erzählungen" insieme a Micheal Kohlhaas e Das Erdbeben in Chili.




La novella per gli argomenti trattati è presentata con carattere giornalistico. La struttura è formata da periodo molto lunghi in cui si succedono in un solo periodo il discorso di più persone, ciò è possibile grazie all'uso del discorso indiretto che ne aumenta la drammaticità. I tratti dei personaggi sono dei riferimenti piccoli ma ben precisi, che richiamano immediatamente agli stati d'animo reali dei personaggi, perché spontanei e inconsapevoli, come il rossore o il pallore dei volti. Con l'uso dei puntini sospensivi al posto dei nomi Kleist si rifà alla tradizione settecentesca tedesca della finzione che nega al lettore la conoscenza dei dati della vicenda realmente avvenuta e accrescendone in questo modo il mistero. Cosa che si intensifica proprio nella parte iniziale dove Kleist infittisce il suo gioco del dire e del non dire. Sono pochi i nomi di cui veniamo a conoscenza, Giulietta nome della marchesa, Lorenzo suo padre, l'attendente Leopardo e il cigno del sogno Thinka.

La guerra a cui si parla sarebbe la seconda guerra di coalizione del 1799 tra la Francia di Napoleone e l'Austria, l'Inghilterra, e Turchia. Kleist intendeva sostenere le truppe antinapoleoniche.


La novella comincia subito ponendo un paradosso: La Marchesa vedova di O.signora di reputazione squisita, perfetta educatrice di figli, rese noto tramite i giornali che senza sapere come si trovava in stato interessante. Invita in questo modo il padre del nascituro di farsi conoscere. Compiendo un passo straordinario noncurante della malignità della gente.

C'è la guerra e dei fucilieri russi irrompono nella cittadella dove ella vive con le figlie ed i genitori. Durante la fuga s'imbatte in gruppo di soldati che la trascinano via per infliggerle infami brutalità, quando alle sue grida apparve un ufficiale russo che a colpi di pistola mise in fuga i soldati. Alla marchesa parve un angelo del cielo. La conduce al sicuro dove questa ancora fuori di sé sviene. Segue un trattino. La affida alle donne e continua a combattere. La famiglia della marchesa è molto grata al conte che elogia il suo nobile comportamento. Egli arrossisce e qui Kleist ci dà un primo accenno di quanto accaduto, nel rossore del Conte. Passa il tempo e la Marchesa comincia ad accusare degli strani malori. Una mattina confessa alla madre che se una donna le dicesse di provare la sensazione da lei provata poc'anzi lei le risponderebbe che di certo è incinta, e scherzano sul fatto che ella potrebbe essere incinta sol di Morfeo o di uno dei sogni al suo seguito, anticipando in questo modo il tema del sogno.

Un giorno sotto lo stupore di tutti che lo credevano morto si presenta il Conte che senza troppi convenevoli chiede la mano della Marchesa . Il conte parlando di se stesso, rosso in volto, afferma di possedere un'ottima reputazione e che l'unica azione indegna della sua vita era sconosciuta al mondo e già la stava riparando. Anticipando in questo modo la sua colpa. Questi spiega che il suo unico pensiero nei giorni di malattia è stato la Marchesa e che nel deliquio della febbre la sua immagine si era confusa con quella di un cigno che aveva visto una volta da ragazzino nei possedimenti dello zio, e che una volta aveva gettato del fango su quel cigno ma esso si era subito ripulito scivolando nell'acqua. Ancora una volta anticipa la colpa di cui si è macchiato.

Alla fine riusciranno ad accordarsi nel posticipare una decisione al ritorno dalla sua missione.

In un primo momento sembra più logica la cautela del padre della Marchesa solo in seguito si capisce che la pressione del Conte sarebbe stata la scelta migliore.

Passano mesi e la Marchesa continua ad accusare quegli strani malori finchè si rivolge al medico di famiglia, rivelandogli in tono scherzoso che era arrivata a pensare di essere incinta. Il dottore a cui basto solo uno sguardo finse di visitarla e con tono molto serio risponde che la marchesa aveva pensato il giusto. Offesa dalle parole del medico lo invita ad uscire sdegnata. Ancor più offesa è la madre. Qui si succede una scena di rimandi tra madre e figlia che prima le crede, poi teme che la figlia la stia invece ingannando. Chiamano alfine una levatrice la quale all'ingenua domanda della Marchesa sulla possibilità di poter concepire senza avvedersene, risponde che no, ad eccezione della Vergine Maria non era mai successo a nessuna donna in terra.

La situazione degenera e la madre le farà avere una lettera con la quale la cacciano di casa e nella quale si percepisce la sua lotta interiore di madre tra onore e amore per la figlia, da quella parola dettata. La scena è molto drammatica e si avrà anche un colpo di pistola sparato dal padre, per il quale lei esclama "Signore della mia vita!" Inteso sia come il padre che le ha dato la vita, che col significato di Dio il signore a cui dovrà invece ora rivolgersi. Si ritirerà con le proprie figlie nella residenza in campagna, imponendosi sul proprio padre che non voleva lasciarle le bambine. Con questo atto di forza dice Kleist è come se si fosse conosciuta, si sentì improvvisamente libera e forte della sua limpidezza d'animo. Qui pensando alla creatura che aveva in grembo e al pensiero che ella l'avesse concepito nella maggiore innocenza e purezza le pareva ingiusto che questa creatura dovesse portarsi addosso una macchia di cui non aveva colpa ed è così che pensò all'idea dell'annuncio con il quale inizia il racconto per poter scoprire il padre.

Al suo ritorno da Napoli il conte venuta a conoscenza della Marchesa quanto accaduto si recò da questa, introducendosi di nascosto nella villa, ma questa lo cacciò. Ritornato in casa della Marchesa il fratello di questa cercando di persuaderlo gli comunicò l'annuncio che questa aveva fatto apporre del giornale, e il Conte che a parer del fratello sembrava privo di senno si disse contento perché finalmente ora sapeva cosa doveva fare.

Alla vista dell'annuncio da parte dei genitori vi è una diversa reazione tra il apdre e la madre. Il padre crederà che si tratti di tutto un imbroglio mentre la madre la quale già nutriva forti dubbi sulla faccenda cercherà invece di indagare con uno stratagemma. Dopo essersi recata dalla figlia, le dirà chiedendole scusa più volte che l'uomo dell'annuncio si era presentato. Questa con innocenza chiede più volte di chi si tratti e quando la madre dirà il nome di Leopardo, il loro attendente, la marchesa che era pronta a sposare chiunque si fosse mostrato come padre del bambino. Mostra in questo modo la sua innocenza.

La scena del ricongiungimento col padre è forse quella col linguaggio più teatrale quella più criticata dell'epoca. Il padre piange, ed è un tema del Romanticismo, non ci si vergogna di piangere proprio per l'Empfindsamkeit. La scena è quella dell'estasi dei sentimenti dopo una lunga separazione, si esprime fisicamente. I baci tra padre e figlia sembrano quelli di due amanti. Kleist propone immagini che si spingono fino al limite della convenienza, proprio perché L'amore è quello che va aldilà dei canoni. Come l'amore di Pentesilea che uccide il proprio amato. E' un amore che va al di fuori dei limiti.

Giunto il giorno e l'ora la famiglia al completo attende l'esito. All'ultimo rintocco appare sulla porta Leopardo, facendo impallidire madre e figlia, ma l'attendente è venuto solo ad annunciare il Conte F. il quale si presenterà vestito con la stessa divisa di quella notte, inducendo in tal modo Giulietta a dover ricordare. La reazione di Giulietta è folle, e si dichiara impossibile a sposare quel uomo. Giulietta è costretta a rivedersi e a vedere quell'uomo come un demone. Alfine si deciderà a sposare il Conte, ma il lieto fine è ritardato ancora, passerà un anno prima della loro conciliazione, quando ella spiegherà al Conte "Non mi saresti apparso quel giorno come un demonio, se la prima volta non mi fossi sembrato un angelo".


La novella è come una sorta di accusa contro il modello della famiglia che contrasta la libertà di natura e i valori più intimi e propri dell'essere umano.




MICHAEL KOHLHAAS


La novella inizia subito col presentare Kohlhaas come uno degli uomini più giusti e insieme più terribili del suo tempo. .non c'era uno dei suoi vicini che non avesse goduto della sua carità o della sua giustizia; il mondo avrebbe dovuto benedire la sua memoria se egli non avesse ecceduto in una virtù.

Le due qualità di giusto e terribile sembrano escludersi ma sono invece complementari. L'assunto del racconto è di spiegare quanto lo smodato bisogno di giustizia possa spingere ad azioni terribili.

La novella è raccontata come fatto di cronaca.

Michael Kohlhaas è un mercante di cavalli vissuto nel sedicesimo secolo, in un villaggio che porta ancora il suo nome. Un giorno decide di partire diretto a Lipsia per vendere alcuni cavalli e ricavarne un gruzzoletto da investire. Soltanto che, come faceva sempre senza incontrare alcun ostacolo, deve attraversare le terre dello junker von Tronka, nuovo proprietario del castello. Ma questa volta è fermato da un gabelliere, e difficoltà a non finire gli cadranno addosso. La figura dello junker è quella del feudatario dell'epoca che non facevano altro che arricchirsi di tasse imposte sul proprio feudo e di divertirsi nel perpetrare numerosi soprusi. Quella di Kohlhaas è una lotta contro l'arbitrio di questi soprusi. Lasciati due bellissimi morelli come garanzia per poter passare il confine trova al suo ritorno invece dei suoi due morelli lisci e ben nutriti un paio di rozze e immiserite ossa, la vera immagine della miseria nel mondo animale. Ancor prima di condannare lo junker Kohlhaas, il cui senso della giustizia somigliava al bilancino di un orefice, volle prima sincerarsi, ma quando gli furono raccontati dal suo garzone malmenato i soprusi subiti, non transige, pretende che gli sia fatta giustizia e che gli siano consegnati i suoi cavalli nelle stesse condizioni in cui egli li aveva lasciati. Ma la sua denuncia tarderà più volte di risposta, finché verrà del tutto respinta. Convincendosi che nulla può sperare dai ricorsi agli amministratori della giustizia, perde progressivamente il controllo di stesso. Sua moglie, di propria iniziativa si reca dal regnante con una supplica, dove però forse perché si era spinta troppo arditamente alla presenza del sovrano, viene ferita mortalmente con una lancia da una delle guardie. Prima di morire la moglie mostra a Kohlhaas un versetto della bibbia "Perdona il tuo nemico, fai del bene anche a coloro che ti odiano", forse proprio queste parole inducono Kohlhaas a confermarsi nella decisione opposta."Dio non mi perdoni mai come io perdonerò allo junker. Egli vende i suoi beni, e con l'aiuto dei suoi servitori assale il castello. "Così scende dal cielo l'angelo vendicatore" definendo se stesso un luogotenente dell'arcangelo Michele venuto a punire la perfidia in cui il mondo intero era capitato. La sua vendetta sarà terribile, armerà i suoi sette servi e avvierà una serie di scorribande alla maniera dei lanzichenecchi, seminando lutti e rovine, all'inseguimento del barone che era riuscito a darsi alla fuga, e ancora continuava a sfuggirgli. La banda, a mano a mano che l'impresa proseguirà, andrà ingrossando le sue fila con nuovi aderenti, attirati dall'avidità e dalla bramosia del saccheggio. A Wittemberg incontra Martin Lutero, il quale lo definisce un ribelle e non un soldato di Dio. Il sentirsi accusato di ingiustizia provoca in lui quello che Kleist descrive con un cupo rossore, decide di incontrarlo facendo irruzione nella sua camera per confutare l'opinione che Lutero ha di lui. Questi dopo averlo ascoltato gli promette di fargli ottenere udienza presso il sovrano per ricevere giustizia, ma si rifiuta di confessarlo rispondendo che egli poteva aiutarlo con la giustizia terrena ma non con quella divina. Ma l'elettore di Sassonia non può confermare l'amnistia promessa da Lutero che giuridicamente non era valida, interviene allora l'elettore del Brandemburgo poiché Kohlhaas è cittadino brnademburghese, interviene o dovrebbe intervenire in ultima istanza Vienna ossia il Sacro Romano impero, In mezzo a tanti cavilli giuridici che tutti hanno interesse a non risolvere, Kohlhaas cade in un tranello rispondendo alla lettera di uno dei suoi uomini che non aveva deposto le armi. In questo modo viola implicitamente la tregua concordata con le autorità e può essere legalmente condannato a morte. Mentre viene oprtato a berlino per l'esecuzione s'imabtte in una tenuta di caccia dell'elettore di Sassonia, che spinto dalla curiosità di una dama andrà a trovarlo in una locanda. Qui sotto mentite spoglie l'elettore gli domanda cose fosse quella capsula che portava al collo, ed egli risponde che quella capsula gliela donò una zingara dicendo che il figlietto di carta in esso conenuto avrebbe potuto un giorno salavargli la vita. L'elettore a queste parole svenne perché riconobbe in Kohlhaas la persona cui la zingara aveva affidato il sapere della sua sorte. Infatti quel giorno la stessa zingara gli disse che egli non avrebbe avuto un futuro positivo e scrisse la sua sorte sol foglietto di carta che poi consegnò ad un uomo che egli non riuscì a distinguere tra la folla. La bravura della zingara fu avvalorata da una predizione che si avverò davanti ai suoi occhi. L'elettore cercherà in tutti i modi di entrare in possesso della capsula ma offrendo in cambio a Kohlhaas la liberta ma questi ripose ora che sapeva che lui poteva portarlo al patibolo, ma lui però poteva fargli non consegnandogli il biglietto fargli del male ed era la cosa che più desiderava al mondo. Cercò allora di trovare uno stratagemma e trovata una vecchia che potesse avere le sembianze della zingara contando che con gli anni Kohlhaas potesse non ricordare perfettamente le sembianze, incarico questa di impossessarsi del biglietto, raccontando a Kohlhaas che quel foglietto non era più sicuro nelle sue mani. Ma "Poiché non sempre la verosimiglianza cammina al fianco della realtà", capitò che le vecchina presa come sosia era in realtà la zingara stessa, che è sosia di sé stessa. Quello del doppio infatti era un tema ricorrente del romanticismo. La zingara che inoltre aveva dei tratti che ricordavano molto la figura di Lisbeth la moglie defunta di k., lo metterà in guardia sul tranello. Arrivò il giorno dell'esecuzione e gli fu consegnata una lettera in cui lo si metteva al corrente delle intenzioni dell'elettore di far disseppellire il suo corpo una volta morto e di impossessarsi della capsula, firmata Lisbeth, con grande stupore di Kohlhaas. Poco prima di morire gli furono consegnata i due cavalli belli come prima. "Sei soddisfatto di me?" Gli domanda l'elettore del Brandemburgo. K. Si dichiara soddisfatto, e tutti si convincono che con la sua decapitazione l'ordine sociale sarà ristabilito. Sul patibolo avrà la sua ultima soddisfazione, dopo aver cercato con lo sguardo l'elettore della Sassonia, apre la capsula ne legge il contenuto e guardandolo negli occhi ingoia il foglietto, facendo stramazzare al suolo l'elettore. La novella finisce dicendo che del destino del principe di Sassonia se ne può leggere nella storia, mentre invece di Kohlhaas sono vissuti ancora nel secolo scorso alcuni allegri e vigorosi discendenti.

Nella prima edizione del 1808 non esiste il particolare della zingara, piuttosto discusso dalla critica che sostiene quanto l'aspetto fiabesco della zingara- Lisbeth distrugga il realismo della storia. Ma senza il retesto della zingara K. Non avrebbe avuto il suo riscatto con cui riesce a vendicarsi contro il principe della Sassonia. Kleist rifacendosi alle vecchie cronache e alle storie di fantasmi e di mistero ci introduce nella tradizione popolare, la dimensione fantastica ci avvicina inoltre ad una certa modernità.




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