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PACUVIO - ACCIO

letteratura latina



Con Pacuvio e Accio culmina e si conclude il "secolo d'oro" della tragedia romana iniziato con Ennio : dopo di loro, la tragedia diverrà sempre più rapidamente un genere letterario destinato alla letteratura e non alla recitazione.


PACUVIO


Nacque a Brindisi nel 220 a.C. da padre osco e da una sorella di Ennio. Visse a Roma dal 204 ca. , prima di essere un tragediografo fu un pittore di fama. Era molto legato agli Scipioni ( come lo zio ) e nella pretesta festeggiò la vittoria a Pidna di  Lucio Emilio Paolo. Morì a Taranto nel 130 a.C.

Pacuvio sviluppò con successo la tendenza di Ennio per il patetico, sfruttando al massimo le risorse di sorpresa: le sue trame , che presentano fatti mitici, eccedono di colpi di scena e riconoscimenti ( agnizione ). Cicerone rammenta la competizione di generosità tra Oreste e Pilade nel Chryses. ( gridano al tiranno di morire entrambi )

Fece scalpore anche il ritorno di Medea  nella Colchide ( alla corte dell'usurpatore Perse, sopra un incandescente carro alato ) nel Medus. È risultato impressionante anche il Teucer ( l'improvvisa tempesta che si abbattuta sugli achei dopo aver sconfitto i troiani). Per questo fu giudicato il maggior tragediografo latino da Varrone e massimamente lodato da Cicerone per l'estrema accuratezza dello stile: i critici hanno rilevato nelle sue opere la grande cultura, l'uso di episodi mitici, la presenza di spunti filosofici rivolti a problemi quali : il perenne divenire delle cose, l'instabilità di Fortuna, l'arte della "divinazione" ( nel Chryses un personaggio accusava veggenti e indovini di essere ciarlatani )



Di Pacuvio ci rimangono solo 450 versi in frammenti, compresi i 4 della pretesta Paulus e i 4 versi dell'epitaffio che lui stesso si scrisse ( secondo Aulo Gellio ).

Restano solo 12 titoli di tragedie, 7 connesse con le storie del ciclo troiano:

Armorum iudicum ("il giudizio sulle armi"), Chryses ("Crise"),  Dulorestes ("Oreste Schiavo"), Hermiona ("Ermione"), Iliona ("Iliona"), Niptra ( "il bagno") e Teucer ("Teucro")

Precedenti ai fatti troiani erano le azioni della tragedia Periboea ("peribea")  e di altre due tragedie : Atlanta ("Atlanta"), Medo ("Medo"). Da ricordare infine le due tragedie collegate coi fatti del "ciclo tebano": Antiopa ("Antiope"), Pentheus ("Penteo")



ACCIO


Lucio Accio nacque a Pesaro intorno al 170 a.C. da genitori liberti ( forse appartenenti al gruppo dei colonizzatori che al seguito di Quinto Fulvio Nobiliore fondarono la città nel 184 a.C. ). Fu poeta ma si occupò anche di grammatica, di filosofia e di critica letteraria. Scrisse come Ennio gli Annales, molto simili per i riferimenti a feste e rituali ai Fasti di Ovidio : si fa riferimento anche all'origine di saturnali romani di cui parla Microbio. Scrisse un libro chiamato Satadica (imitazione dei versi licenziosi del poeta alessandrino Sodate). Scrisse 9 e più libri come critico e filologo, intitolati Didascalica in cui parla di: 1) la priorità di Esiodo su Omero, 2) la cronologia di Livio Andronico e l'autenticità delle commedie plautine. Morì dopo l'86 a.C. (l'ultimo anno in cui si ebbero sue notizie).Diventò tragediografo a Roma nel 140 a.C. oscurando Pacuvio. Diversamente da Ennio familiarizzò con la nobiltà più tradizionalista allontanandosi da quei nobili progressisti e seguaci dell'ellenismo . Dedicò a Decimo Giunio Bruto vincitore dei Lusitani la pretesta "Brutus"(che rappresentava l'espulsione di Tarquino il Superbo e la fondazione della repubblica ad opera del celebre antenato).Fu per decenni dominatore indiscusso della scena romana, non solo di quella teatrale, ma ebbe anche un evidente senso di affermazione sociale: si diceva che si fosse fatto innalzare una statua nel tempio delle muse, e il poeta satirico Lucilio ( che fu per accio un terribile critico) fece notare che la statua in questione lo raffigurava più alto e robusto di quanto non fosse. Accio fu un poeta di ricercata finezza ma anche di grande forza (come dicevano Cicerone e Ovidio) . Fu grandioso nello stile ispirato alla retorica "asiana". Ma fu anche un grande cercatore di passioni, di particolare valore espressivo nella descrizione dei paesaggi e dei fatti. Fu dichiarato dalle generazioni successive il "vero dominatore della scena tragica romana". Le lotte politiche che si susseguirono in quel lungo periodo che iniziò dalla politica di Tiberio e Caio Gracco rivolta alla spartizione equa della terra, fino alla morte di Mario per mano di Silla, avevano segnato anche una certa decadenza della commedia i cui fatti non interessavano più a nessuno: la tragedia invece, animata dai fatti relativi alle lotte tra i grandi della repubblica, vedeva nei grandi personaggi dei tiranni come Licurgo, Tereo o Penteo i migliori interpreti, ma soprattutto le opere di Accio continuarono a catturare l'interesse del pubblico proprio perché lo portava a riflettere sui grandi temi del valore e della libertà.

Le opere : Atreus ("Atreo"), Stasiastae sive Tropacum Liberi ("I ribelli, ovvero il Trionfo di Libero"), Epinausimache ("La battaglia presso le navi"), Eurysaces ("eurisace"), Medea sive Argonautae ("Medea, ovvero gli Argonauti"), Meleager ("Meleagro"), Phiniadae ("I figli di Fineo"), Oenomaus ("Enomao"), Philocteta ("Filottete"), Tereus ("Tereo")

Compose anche due preteste : Aeneadae sive Decius ("I discendenti di Enea, ovvero Decio"), Brutus ("Bruto").


GAIO LUCILIO


Il nome Lucilio è indissolubilmente legato al genere letterario della satira: un genere che conoscerà una straordinaria fioritura tutta romana con Orazio, Persio, e Giovenale. Già Ennio e Pacuvio avevano coltivato la satira fra le opere minori, ma Lucilio ne fece la sua forma espressiva preferita, anzi unica, dandole come carattere distintivo l'aggressività polemica; è capace di dare una rappresentazione viva e concreta dell'umanità. La satira prevede l'esplorazione dell'uomo in tutte le sue varie manifestazioni.  





BIOGRAFIA




Nacque in Campania a Suessa Aurunca circa nel 180 a.C. e morì a Napoli nel 102 a.C. , fu onorato con un funerale pubblico.

Gli autori precedenti non venivano da famiglie nobili, al contrario Lucillio veniva da una famiglia ricca e potente. Un suo parente, Manio Lucilio, era entrato a far parte del senato e Lucilio, appartenente all'ordine equestre, ebbe una discendenza illustre.

Fu prozio di Pompeo Magno nato da sua nipote nel 106. Non fece carriera politica alla quale non si sentiva portato, preferendo la vita agiata dedicata allo studio(viaggiò ad Atene per studio).  

Si sa poco della sua vita, si pensa che volesse evitare i problemi del matrimonio.

Fuggì dalla vita pubblica alla quale partecipò ( forzatamente ) due volte.

poiché aveva fatto pascolare il bestiame sul terreno statale.

La spedizione contro Numanzia insieme a Scipione Emiliano che voleva ripetere il gesto di Fulvio Nobiliore, che aveva portato con se a Ambracia Ennio in qualità di poeta.

Infatti come Ennio, Lucilio frequentava i più grandi personaggi del tempo.









SATURAE


Di L. abbiamo esclusivamente "Satire" (egli stesso le chiama "poemata" o anche "ludus ac sermones", poesie scherzose), in 30 libri, di cui ci restano 1300 frammenti ca. Furono raccolte ed ordinate con criterio metrico: l'autore aveva pubblicato progressivamente i libri XXVI-XXX, contenenti le satire in settenari trocaici e senari giambici e, verso la fine, in esametri dattilici; i libri I-XXI, in esametri (forse sua ultima e definitiva scelta); i libri XXII-XXV, nei quali pare prevalesse il verso elegiaco (sono stati aggiunti al corpus postumi).

Le satire luciliane, che pur hanno carattere perlopiù estemporaneo e molto "personale", possono comunque essere "organizzate" - come già suggeriva Orazio - attorno ad almeno tre motivi o temi fondamentali:

- l'autobiografismo (il libro III, ad es., descriveva i mille piccoli incidenti di un viaggio in Sicilia, compiuto nel 126; il XXI, un banchetto in casa del banditore Granio; il libro XVI era infine dedicato all'amore per una donna di nome Collyra, e forse non solo per lei);

- la polemica politica (il I libro, ad es., conteneva un concilio degli dèi contro il senatore Lupo, considerato il principale responsabile della corruzione di Roma, e perciò denigrato e condannato a morte; il II si scagliava contro Tito Albucio e le sue manie grecizzanti) e letteraria (il libro XXVI, ad es., è contro coloro che professano una cultura priva di impegno sociale e lontana dalla realtà: non mancano spunti parodistici e polemici nei confronti di Ennio e Nevio, nonché dei coevi Accio e Pacuvio; nel libro IX venivano anche dibattuti, e con notevole competenza, problemi di grammatica e di retorica);

- la condanna dei vizi umani (nei libri IV, V, IX, ad es., L. condannava la degenerazione dei costumi della nobiltà romana ellenizzante, contrapponendole il proprio ideale stoico di virtù).

Dei libri XXII-XXV, infine, si ignora quasi tutto, ma si suppone che in essi predominasse, forse non solo nella forma metrica, il carattere elegiaco.






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