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Gli Amores - Le Heroides

letteratura latina



Gli Amores


Appartiene al periodo sperimentalista ed al genere della poesia erotica-soggettiva.

Il titolo riprende quello dell'opera di Cornelio Gallo, considerato da O. l'iniziatore dell'elegia amorosa romana. Viene narrata, in 50 carmi ca., la storia d'amore per Corinna, che appare come un personaggio puramente letterario. I temi sono quelli topici del genere: soggezione del poeta alla domina, infedeltà, sofferenza, contrapposizione povertà-ricchezza,ecc, con inoltre un abbondante uso di exempla mitologici. Tuttavia il poeta rielabora questi temi in modo molto personale, accentuando in particolare alcuni aspetti già presenti in Properzio: il distacco intellettuale dall' amore, l'autoironia. Ovidio non partecipa infatti all' amore ma lo vede come un lusus, ovvero un elegante e raffinato gioco. Questa concezione ludica dell' amore si traduce spesso in un ribaltamento dei temi tradizionali. Ad esempio, mentre i poeti elegiaci amano solitamente una sola donna, O. afferma di amare tutte le donne, e ne fa una rassegna indicandone per ciascuna i pregi. Un' altro tema topico dell' elegia, la gelosia, viene svuotato ironicamente della sua importanza: il poeta chiede infatti all' amta non di essergli fedele ma quantomeno di non lasciarsi scoprire. Il custos, poi, ovvero il marito ufficiale solitamente odiato dal poeta elegiaco, viene esortato invece a meglio custodire la donna, perché ciò alimenta l' amore.



Nonostante vi siano dei componimenti in cui il poeta tratti con serietà il sentimento amoroso, con lui l'elegia tocca l'estremo opposto dell'elegia amorosa Catulliana.


Le Heroides


Scritte in distici elegiaci, sono lettere d' amore immaginariamente scritte da eroine ai loro amanti. Appartengono dunque al filone erotico-mitologico.

Sono 21 lettere divise in due gruppi. Le prime 15 sono di eroine mitiche: Penelope ad Ulisse, Briseide ad Achille, Fedra ad Ippolito,ecc. Le altre 6 sono scritte invece da eroi alle loro donne, che a loro volta gli rispondono.

Secondo gli studiosi vi sono delle analogie tra quest'opera e le suasoriae, discorsi immaginari rivolti a personaggi mitici o storici, in voga a Roma nelle scuole di retorica.

Frequenti sono i richiami all'epica greca e latina e alla tragedia, e che riprendono il cliché del lamento della donna abbandonata, in particolare della donna euripidea, per il carattere teatrale degli atteggiamenti e l'introspezione psicologica.

L'enfasi patetica rende i testi, già ampi, pedanti. Più dinamiche sono invece le coppie di lettere, grazie al confronto dei punti di vista.

Interessanti sono i casi in cui O. si propone di reinterpretare le situazioni mitiche, trasferendole dal mondo dell'epos e della tragedia a quello dell'elegia amorosa.

Ne è un esempio la lettera di Fedra al figliastro Ippolito di cui si è innamorata. Mentre la Fedra euripidea si vergogna di questo amore, quella ovidiana considera l'incesto come il tabù di una cilviltà ormai lontana nel tempo, e apportando dimostrazioni( Giove sposo di sua sorella).

Nella lettera di Didone ad Enea il poeta oltrepassa il modello virgiliano originale. Ad esempio quando Didone ipotizza la nascita di un figlio da Enea, vista non come un evento felice e commemorativo dell'amore tra i due ma come un aggravante della partenza dell'eroe.

L'aspetto più caratteristico dell'opera è la trasformazione degli eroi mitici in personaggi semplici e quotidiani.









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