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TEMA N° 2

letteratura italiana




TEMA N° 2



Siamo così abituati alle nostre città che non ci fermiamo mai a pensare come sono nate, perché e quali conseguenze hanno portato; per saperlo dobbiamo tornare indietro di circa di circa mille anni.

Già prima, alcune città (Amalfi, Genova, Pisa e Venezia) erano proiettate verso i commerci e le attività marinare, avevano sviluppato l'arti 222h73c gianato e elaborato nuovi ordinamenti politici, ma, dalla fine del X secolo, si crearono le premesse per la formazione dei Comuni.

In questo periodo vi fu un incremento demografico tale da raddoppiare la popolazione europea nel giro di pochi decenni. Questo grazie all'estensione degli spazi coltivati e alla maggiore produttività agricola determinata dall' invenzione di un nuovo aratro, che grazie alla struttura metallica, poteva penetrare più in profondità, e della rotazione triennale, che permetteva un minore riposo dei terreni, ma una maggiore fertilità, e perciò un aumento delle risorse alimentari.

Inoltre, il superamento di forme economiche di autoconsumo determinò la nascita della figura del mercante, che andò a risiedere in città, ove gli scambi erano più abbondanti. Qui si stabilirono anche i servi della gleba, che, in questo modo, si liberavano dai legami feudali, e persino i proprietari terrieri, che volevano sperimentare altre attività. Per governare tutta questa folla si svilupparono nuovi ordinamenti politici e si crearono così varie fasi: quella consolare, in cui il potere era dei consoli, magistrati eletti da un'assemblea di nobili detta arengo, quella podestarile, in cui la massima autorità era il podestà, un magistrato, eletto dai borghesi, straniero e quindi super-partes e quella del Comune del Popolo, dove a governare erano le Arti, associazioni che riunivano tutti coloro che svolgevano una stessa attività.



La nascita dei Comuni influì anche sulla letteratura che vide una progressiva laicizzazione degli intellettuali, ovvero un aumento degli scrittori che arrivavano dal mondo della nobiltà e delle professioni. I clerici, però, non scomparvero di scena ma continuarono la loro opera soprattutto in campo filosofico e teologico e nella letteratura religiosa, benché si dedicassero anche alla poesia profana; infatti Dante e Boccaccio erano chierici.

Inoltre, l'età comunale portò un incremento dell'alfabetizzazione dovuto all'affermazione della lingua volgare sul latino. Quest'ultimo, infatti, era un ostacolo alla diffusione della cultura perché la popolazione non lo parlava e non esistevano strutture scolastiche idonee ad insegnarlo.

Le prime scuole statali nacquero con Carlo Magno, che fondò anche la scuola Palatina di Alquino da York, mentre nelle città si formarono dei maestri che insegnavano a casa propria a gruppi di allievi paganti. Questo genere di insegnamento venne utilizzato soprattutto dai mercanti, per i quali lo studio e in particolare il saper scrivere, era fondamentale per il lavoro.

Sempre intorno al XII secolo si formano le universitas, corporazioni che riunivano tutti i maestri e gli alunni di uno stesso centro, divise in varie facoltà a seconda dell'età e dell'indirizzo di studi prescelto e che potevano contare sino a ventimila studenti; le più famose erano Parigi, Salerno, Bologna, Oxford. Erano fortemente integrate nel tessuto sociale della città in cui erano stabilite e costruivano per quest'ultima una fonte di guadagno. Il processo di scolarizzazione, però, si sviluppò solo nelle aree urbane mentre le campagne rimasero escluse. Si creò così una frattura che divenne addirittura un topos letterario, che prendeva di mira l'ignoranza e la rozzezza dei contadini.

Con l'avvento delle università nacque anche un nuovo ceto di committenti (gli studenti), la cui richiesta di testi era talmente elevata che i vecchi centri di produzione non furono più sufficienti e agli scriptoria monastici si affiancarono quelli universitari. Si svilupparono, inoltre, nuove tecniche di diffusione come quello della pecia (fascicolo) : questi venivano affittati agli alunni che li ricopiavano. Si formarono quindi due figure-tipo: il copista salariato che scriveva per lo più in latino presso gli scriptoria monastici e l'alfabeta, libero di scrivere in volgare e ricopiare libri per proprio uso e consumo.

In questo periodo, poi, alle biblioteche dei grandi monasteri si affiancarono quelle laiche, quelle universitarie e quelle di privati cittadini benestanti come Petrarca, la cui raccolta di testi è la più ricca e filologicamente accurata di tutta Europa.

Nonostante l'aumento delle persone in grado di leggere e scrivere, i testi erano destinati prevalentemente alla diffusione orale. Questo perché l'analfabetismo rimaneva un fenomeno assai diffuso (anche in città) e perché le élites intellettuali dovevano rivolgersi anche ai cittadini di modesta estrazione sociale per conquistarli alle norme di vita cittadina.

Nel Basso Medioevo vi fu anche un altro cambiamento: venne abbandonato il nesso autore-auctoritas, secondo il quale era da considerarsi auctor solo chi portava un sapere classico, e scomparve la tradizione dell'anonimato; il primo autore che si preoccupò di tramandare il suo nome fu Abelardo in Historia calamitatum mearum.

Tutti questi cambiamenti modificarono anche la concezione del libro. Nell' antichità era considerato oggetto di studio e di diffusione della cultura e veniva rappresentato aperto. Nell' Alto Medioevo, invece,  si fece oggetto sacro, scrigno di misteri e l'iconografia del tempo ce lo mostra chiuso, ben rifinito e stretto sul petto del personaggio rappresentato. In ambiente urbano torna la concezione strumentale del libro, che viene nuovamente visto aperto.






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