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San Martino del Carso
Questa poesia è tratta dalla raccolta "Vita di un uomo" di Giuseppe Ungaretti. Il breve componimento, tramite versi strazianti, ci presenta l'orrore della guerra e la crudeltà della morte.
Ancora una volta da parte del poeta c'è una ricerca accurata della parola che nel 828f54i la sua semplicità, nel suo essere così scarna e disadorna, trasmette forti emozioni al lettore. Attraverso i versi spezzati, il poeta evoca l'immagine di S. Martino del Carso, un paese ormai distrutto. A sottolinearne la desolazione è la parola "brandello", posta all'inizio di un verso.
In una guerra che riduce tutto in pezzi, Ungaretti riconosce che non è rimasto nulla neanche delle persone che lo "corrispondevano". È il grido di un uomo che non accetta la guerra. Ma il ricordo non potrà mai morire: "È il mio cuore il paese più straziato".
I fiumi
Il poeta si è appena bagnato nell'Isonzo e ricorda la propria vita e il suo passato, riconducendolo ai fiumi che l'hanno accompagnato: il Serchio, il Nilo e la Senna. Ungaretti ci introduce subito nella sua condizione di uomo attaccato alla vita: è lui il più abbandonato e quindi il più solo. Il poeta delinea il suo aspetto triste attraverso una malinconia analogia: la dolina sembra un circo prima o dopo lo spettacolo, quando non c'è nessuno ad animarlo. Si paragona così ad una reliquia, un povero resto mortale, poi ad un sasso levigato dalle acque dell'Isonzo: vorrebbe anche per un attimo sentirsi parte dell'universo e cerca di fondersi con la natura.
Più avanti il poeta descrive la figura dell'acrobata, colui che vive in un perenne equilibrio precario: è chiara l'allusione alla guerra, dove si oscilla sempre tra la vita e la morte. L'autore sottolinea ancora questo concetto con l'immagine del beduino che è nomade e non ha una dimora fissa.
Nelle ultime strofe il poeta rammenta quelli che sono stati i suoi fiumi: il Serchio, che rappresenta le sue origini e il suo passato più lontano; il Nilo, vicino al quale ha vissuto la sua infanzia; infine la Senna, il fiume dove ha conosciuto il bene e il male.
Nella conclusione, il poeta paragona la sua vita ad "una corolla di tenebre": la sua esistenza gli appare come un fiore fragile, i cui petali sono gravati dal dolore e dalla paura della morte.
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