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ALTRI DOCUMENTI
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Rerum Volgarium Fragmenta
La
raccolta comprende 366 componimenti: 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7
ballate e 4 madrigali. La maggior parte delle rime del Canzoniere è d'argomento amoroso, una trentina sono di argomento
morale, religioso o politico.
Antefatti e
quadro storico
Nel 200 la poesia deteneva uno
stabile primato sulla prosa; la lirica, prevalentemente amorosa, era da
considerarsi il genere più nobile ed elevato oltre che il mezzo più raffinato,
tramite amore, per affrontare problemi anche filosofici e perfino sociali. Già
nei primi decenni del 300 l'istituzione comunale verteva in una crisi profonda.
Firenze era direttamente minacciata dall'espansionismo dei Visconti di Milano.
Le corti, nucleo politico e sociale dei nuovi stati signorili, erano ben presto
diventate i poli culturali vincenti. Con loro comincia ad affermarsi anche un
diverso tipo di intellettuale. Nel 300 tutto cambia e la prosa ribalta quasi i
rapporti di forza con la poesia. La richiesta del pubblico era tutta rivolta a testi
che raccontassero qualcosa. A cambiare era il ruolo stesso della poesia lirica.
Da luogo privilegiato, se non esclusivo, dei dibattiti ideologici de Amore e de
nobilitate, la lirica veniva ridimensionata e ricondotta a un puro ruolo
letterario, senza ambizioni. Fortificava il contatto col pubblico ma al prezzo
di farsi strumenti di svago per la società cortigiana. Gli argomenti
encomiastici, politici, morali erano quotidiani per un genere che appariva
sempre più funzionale alle richieste dei committenti. Dall'altro lato la poesia
per muscia era l'aspetto più appariscente della vocazione all'intrattenimento a
cui la lirica si era conformata. Per farci un'idea di quanto l'occasionalità
pesasse nell'economia complessiva della produzione poetica petrarchesca si
tenga presente che all'interno della prima redazione del Canzoniere (quella per
Azzo da Correggio) i testi che esulano dal rapporto amante amata sono
trentanove ovvero il 23% del totale. Nella dimensione sociale la lirica si
spendeva in tempi rapidi e non ambiva alla durata, scaduta ai livelli più bassi
della gerarchia letteraria. Possiamo individuare in Dante una delle cause di queste trasformazioni. Con lui la prosa in
volgare si imponeva come mezzo espressivo emancipato dal latino e dalla
concorrenza della poesia e la Commedia aveva creato un impulso decisivo alla
fortuna della narrativa in verso e ai testi lunghi, che raccontano. Dante
anticipa la diaspora degli intellettuali toscani verso i nuovi centri di
cultura ed è lui stesso ad aprire nuove linee di sviluppo ed imprimere un segno
sulla strada della nuova letteratura.
La
rivoluzione dantesca:
- emancipazione della prosa volgare, divenuta con lui strumenti adatto sia alla
narrazione, sia alla trattatistica
- poetnziamento della narratività, in prosa e in verso
- rottura, con la Commedia, della distinzione medievale degli stili e
conseguente mescidazione linguistica
- sono molto valorizzati i testi lunghi di impianto narrativo ed è
ridimensionato il genere lirico, prima integrato dalla prosa della Vita Nova e
poi tralasciato a favore della trattatistica e della narrazione in verso
Nell'ampio ventaglio di generi che viene ad aprirsi quello lirico perde la sua
antica centralità. E' comprensibile che in un periodo storico nel quale molti
poeti non toscani si accostavano per la prima volta al toscano letterario e,
dall'altro lato, molti poeti toscani emigravano fuori della loro regione, il
plurilinguismo e il pulirsitlismo danteschi non incontrassero ostacoli. Il
nascere ed il consolidarsi del sistema delle corti produrrà la trasformazione
del pubblico e tra gli effetti, in seguito, riscontreremo il romanzo e la sua
affermazione. I processi descritti riguardano solo la seconda metà del secolo e
gli anni 20, 30 e in minore misura 40 sono di transizione. Sono i decenni dei
più giovani di Dante e più anziani di Petrarca come Guido Novello da Polenta,
Giovanni e Niccolò Quirini, Matteo Frescobaldi, Sennuccio del Bene, Niccolo
de'Rossi. Non hanno, questi, preso atto della rivoluzione dantesca e continuano
nella strada duecentesca. Altro discorso merita Cino da Pistoia che continuava la sua esperienza di lirico puro in
pieno 300 suscitando, non a caso, la simpatia di Petrarca. Tradizionale,
dunque, Francesco e, per contro, saranno decisamente moderni di lì a pochi anni
gli esordi di Boccaccio. Basta
guardare al periodo napoletano (secondo quinquennio anni 30) per notare la
divaricazione tra il poeta lirico alla Cino, che Petrarca è in quegli anni, e
il nuovo letterato post-dantesco impersonato da Boccaccio. Ma occorre precisare
che Petrarca non è un continuatore di Cino, un epigono chiuso dentro gli
steccati della tradizione; ma partecipa a pieno alla modernità con intenti di
riforma, visto che moderno è il suo comportamento nei confronti della
tradizione letteraria. Moderna, inoltre, è la sua lingua lontana dall'uso,
selettiva. Moderna è la sua metrica. Abbiamo detto che Petrarca fu poeta lirico
nonostante i tempi non fossero favorevoli, ma forse è bene anche ipotizzare che
fosse poeta proprio perché i tempi non erano adatti. Petrarca era un lirico
isolato e la sua, se valutassimo la Commedia una rivoluzione, sarebbe una sorta
di controrivoluzione. Le scelte di fondo di Petrarca nel settore volgare
lasciano intravedere una forma mentis umanistica: rinnovare guardando
all'indietro. Il mito del ritorno alle origini come passaggio necessario per
creare il nuovo nasce dagli studi storici e filologici.
Progetto ed
esempi del passato
Petrarca concepì il
progetto del Canzoniere subito dopo la peste del
Ciò
che più si accosta ai Rerum Volgarium è il prosimetro della Vita Nuova di
Dante. Petrarca prende spunto sia per lo schema ideale, sia per alcuni elementi
narrativi. Occorre precisare che Petrarca guarda alla tradizione affinchè venga
riformulata senza che possa conservare niente degli ingredienti originari. Lo
scopo è produrre il nuovo e per questo una della sue parole d'ordine è
nascondere le fonti. Una simile posizione è propria di chi intende presentarsi
come un continuatore e, più ambiziosamente, come l'instauratore di una nuova
tradizione. Problema dell'imitatio: Petrarca risponderà a Boccaccio nelle
Familiares del suo rapporto con Dante "affermo che se qualche parola o espressione
si trovi nei miei versi che a quelle di quel poeta o di altri sia simile o
uguale, ciò avvenne per caso fortuito o, come dice Cicerone, per somiglianza d'ingegno" Confrontiamo anche la difesa di Petrarca
dalle accuse di invidia di cui Boccaccio si era fatto portavoce. Giustifica
altresì una mancata lettura della Commedia. Fam che risale al 1359: Temevo che se mi fossi dedicato alla lettura
degli scritti suoi o di qualcun altro, non mi accadesse, in un'età così
pieghevole e proclive all'ammirazione, di diventare volente o nolente un
imitatore"
Per Petrarca dire d'amore sarà fondare la
ritualità testuale su una esperienza interiore. In primo luogo fa suo il
postulato dell'inappagabilità del desiderio. Dai trovatori in poi il rapporto
amoroso si era espresso come rapporto diseguale, squilibrato. Il sentimento
amoroso è allora un "tendere a", una ricerca che si sa in partenza destinata a
restare insoddisfatta. Siccome le ri 323g65d nunce pretendono un risarcimento questo ci
fu attribuendo all'amore in sé una funzione benefica. Questa poteva consistere
in un effetto nobilitante o in forme di sublimazione morale e spirituale. Su
questa via ci si è potuti spingere fino al Dante della Vita Nova che all'amore
conferisce una portata di carattere salvifico religioso. Amore agisce come
prsonaggio tra i personaggi. Anche Petrarca percorre questa strada e per lui il
rapporto non può essere alla pari. E' sintomatico che il nucleo metaforico sia
sviluppato sul mito di Dafne.
Confronto con
la Vita Nova e Numerologia
La Vita Nova per
molti aspetti anticipa l'operazione in sè rivoluzionaria che attuerà Petrarca
mezzo secolo dopo col Canzoniere. Anche il Canzoniere è composto seguendo un
filo simbolico e narrativo; una serie di componimenti che l'autore aveva in
gran parte scritto in precedenza e che erano già stati diffusi autonomamente;
ma Petrarca sarà più radicale di Dante e non userà la prosa per legare i
singoli componimenti tra di loro. Petrarca riuscità a far scaturire il racconto
proprio col susseguirsi dei testi lirici e l'ordine stesso dei testi dovrà
suggerire la narrazione in sé.
La
Vita Nova racconta la storia dell'amore di Dante per Beatrice. Farà così anche
Petrarca. Entrambe le protagoniste dei libri al momento in cui i loro autori
scrivono le loro opere sono entrambe defunte. Vita Nova: il titolo è latino,
probabilmente ed è da intendere come "vita rinnovata" dall'amore. Dante
racconta di aver incontrato una prima volta Beatrice quando entrambi avevano 9
anni e poi 9 anni dopo, diciottenni. Il numero 9 ricorre nel libro in maniera
quasi ossessiva. Il 9 è multimo di 3, numero perfetto e della trinità. Il 9 è
un numero carico di significati simbolici al punto che Dante arriverà a dire
che il 9 è il numero del miracolo e arriverà a dire che Beatrice è un miracolo
ma poi sosterrà che lei è un 9. La numerologia era importante per la mentalità
medievale. Anche Petrarca farà ricorso alla numerologia; per lui il numero
sacro sarà il 6 e lo userà proprio per estrarre da quel numero importanti
significati simbolici attorno alla storia che racconta nel Canzoniere. Il
Canzoniere è composto da 366 testi, numero non casuale. La temporalità del Canzoniere è incentrata
sul numero 6. La novità è che con la morte di Beatrice Dante non smette di scrivere
poesia lirica. Prima di lui i poeti smettevano, con la morte dell'amata. Dante
prosegue a cantare un amore per una donna che è morta e ciò è importante perché
suggerirà a Petrarca la stessa cosa. Anche il Canzoniere sarà diviso tra: rime
in vita e rime in morte di Laura.
Morte di Laura
e di Giovanni Colonna
Laura [incontro
S.Chiara ad Avignone 6 Aprile 1327] muore di peste ad Avignone il 6 Aprile 1348
(Petrarca era a Verona, ma viene avvisato da una lettera di Ludwing van Kempen,
musico presso i Colonna e ribattezzato Socrate) e a luglio morirà anche il
cardinale Giovanni Colonna.
Familiares : il tempo ci è scivolato dalle dita; le nostre antiche
speranze sono sepolte con gli amici. Il 1348 ci ha reso poveri e soli In merito a Laura, col tempo la donna amata era scivolata oltre il
desiderio cfr Posteri: una morte acerba ma
provvida, ha spento una fiamma ormai languente metaforizzandosi
nel "lauro", prima, le cui sacre fronde sublimano la frustrazione amorosa in
tensione poetica; e poi nell'"aura", nel segno della lontananza e della
nostalgia. Sulla Laura storica era fiorita una Laura culturale.
La decima egloga del Bucolicum (Laura Occidens_La morte del lauro) dimostra
come abbia vissuto la morte di Laura come evento culturale. Silvano racconta a
Socrate come la tempesta abbia sradicato il lauro e si dilunga, prima di
arrivare su questo finale.
La
morte di Laura e del cardinale furono dolorose ma non sconvolgenti, furono
piuttosto simboliche
RVF 266 un lauro verde, una gentil
colomna
Si era ad una svolta: la vita di Petrarca fino ad allora aveva ruotato attorno
ad Avignone e la famiglia Colonna.
Per Avignone Petrarca aveva maturato un rigetto della città e del suo centro
politico e sociale (la curia del papa) e la evitava trattenendosi a Valchiusa;
certo era consapevole quanto Avignone fosse indispensabile per chi, come lui,
ignorava i canali della scuola e dell'università a favore di un apprendimento
fondato sull'interscambio personale e sul diretto contatto con i libri.
Con i Colonna lui aveva un debito: loro l'avevano introdotto nei circoli dove
ferveva la ricerca storica e filologica, ad aprirgli le porte di biblioteche
inaccessibili e a consentirgli di venire in possesso di libri rari e costosi.
Loro avevano promosso il conferimento della laurea ed organizzato la cerimonia
dell'incoronazione sul Campidoglio (aprile 1341). Doveva loro la scoperta di
Roma, che fin da giovane aveva vagheggiato come patria ideale.
La
scelta di una nuova sede comportava la scelta di nuovi punti di riferimento,
ambienti sociali e protettori. D'altro canto la morte di Laura era quasi una
provvidenziale svolta per quella fase di mutamento che stava affrontando. Alla
fine della decima egloga "dove andrò stanco?" è visto come timore per il futuro
della propria poesia, più che come il pianto di un amante disperato.
"Raccogliere le fronde" sarà la chiara allusione alle rime sparse e al
Canzoniere che le raccoglierà. Ma il "dove andrò stanco?" è una frase che può
anche essere assunta ad emblema delle peregrinazioni petrarchesche tra il suo
arrivo in Italia (1347) e il ritorno in Provenza (1351).
La
postilla del Virgilio Ambrosiano Petrarca prende anche appunto, con
precisione notarile, del decesso di Laura in una lunga e articolata postilla
del Virgilio Ambrosiano. Le date di incontro e morte di Laura sono confermate
nelle rime in volgare e i Fragmenta richiamano l'anniversario della morte con
una enumerazione che, dopo il 1348, ricomincia riferendosi non al primo
incontro ma alla dipartita di lei (i due avvenimenti sono ricordati
congiuntamente in sede di bilancio finale). Riesce difficile immaginare che
Petrarca esercitasse anche su di sé le proprie capacità di mistificatore. Il
problema nasce dal fatto che l'innamoramento per Laura è legato alla passione
di Cristo
RVF 3 : era al giorno ch'al sol si scoloraro / per
la pietà del suo Factore i rai
RVF 62 : reduci i pensier vaghi a miglior
luogo / rammenta lor come oggi fusti in croce mentre nel 1327
il venerdì santo cadde il 10 aprile e non il 6. Per spiegare l'anormalità si è
supposto che lui si fosse riallacciato ad una tradizione che fissava il 6
aprile il giorno in cui Cristo effettivamente morì ma non era documentata
questa cosa ai suoi tempi; oppure che nella sua mente la morte di Laura avesse
provocato uno slittamento per far coincidere le due date (questa ipotesi
implica che il punto di partenza sia stata Laura e il venerdì santo e che solo
la morte avrebbe fatto entrare in causa il 6 aprile). Se prendiamo per buono il
6 aprile 1327 certificato dal Virgilio Ambrosiano e pensiamo che il 6 aprile
1348 abbia indotto a posteriori a sviluppare la valenza religiosa della data
precedente non un venerdì santi si sarebbe trasformato in 6 aprile ma viceversa
un 6 aprile sarebbe diventato venerdì santo.
Manoscritti,
datazioni e redazioni
Esistono due
principali testimoni: il manoscritto Vaticano Latino 3196, il cosiddetto
"Codice degli abbozzi" in quanto contenente versioni non definitive e
ricche di correzioni (le sue postille risalgono al 1336-37 - documenti relativi
al lavoro di trascrizione in bella copia risalgono al 1342, parliamo di una
redazione ricostruibile per congettura che forse privilegiava un ordinamento
tematico e la presenza di componimenti con riferimenti mitologici lascia
suggerire l'ipotesi che la tematica dafnea fosse tra i motivi centrali - Dopo
il 1342 le postille tacciono per riprendere a partire dalla fine del 1349 sino
al 1357 e tra queste date cade la composizione o la revisione di molti dei
testi più importanti), ed il 3195, definitivo, composto tra il 1366 e il
1374 (anno di morte del Petrarca), con alcune poesie mancanti rispetto al 3196.
Entrambi i manoscritti possono essere catalogati come idiografi/autografi, in
quanto scritti in parte dalla mano di Petrarca, in parte da quella dello scriba
suo discepolo Giovanni Malpaghini. La mano del Malpaghini è fondamentale in
quanto darà vita alla redazione Giovanni, considerabile come strato
evolutivo intermedio essenziale per comprendere l'evolversi dell'opera.
Nel
1366 Malpaghini aveva finito di trascrivere le Familiares e mise mano alla
raccolta di poesie dando vita alla redazione Giovanni. Nel 1367, secondo quanto
racconta Petrarca, Malpaghini abbandonò la sua intenzione di seguitare ad
esercitare la professione di copista. Possiamo cmq essere certi che terminò la
redazione Giovanni.
La crescita della prima parte rispetto alla redazione Chigi non si limita al
nuovo finale ma prevede anche alcune inserzioni interne. L'incremento
quantitativo della seconda parte consiste invece in una aggiunta di testi dopo
il sonetto 304, ultimo della redazione Chigi. Il codice degli abbozzi ci
permette di cogliere il punto preciso in cui Petrarca si fece copista di sé
stesso.
Correggio Quando nel 53 torna in
Italia dalla provenza porta con sé i lavori in corso e tra questi c'era il
Canzoniere e a quella data doveva essere ad uno stadio poco più che
progettuale. E' a Milano che la prima redazione di questo libro viene compiuta,
terminata nel 1358, lo sappiamo dal codice degli abbozzi. Quest'ultimo ci conserva
una postilla riguardo i sonetti 77 e 78 dove apprendiamo che Azzo da Correggio
era il destinatario non solo del De Remediis ma anche di un codice di lusso
contenente i Rerum volgarium fragmenta, in una redazione che deve essere stata
completata alla fine del 1357 o all'inizio del 1358 e che convenzionalmente
prende nome da lui. Nessun manoscritto finora noto riporta la redazione
Correggio che va congetturata. Ma non
termina a quella data la storia del Canzoniere, che passerà attraverso molte
redazioni.
Chigi Petrarca passò il resto
della vita a limare e a conciliare le contraddizioni che la crescita dei
Fragmenta provocava: già tra la fine degli anni 50 e l'inizio dei 60 approntò
la redazione che, a differenza della Correggio, è testimoniata da un discreto
manipolo di manoscritti: da quello più noto, il Chigiano della biblioteca
apostolica vaticana, prende il nome di Chigi. Occorre qui notare che ben sette
pagine bianche separano la canzone 263 dalla 264 la cui lettera iniziale è
miniata come il primo sonetto. Una mano verga la postilla dell'inizio delle
rime in morte di Laura. Quasi tutti gli editori spostarono l'inizio della
seconda parte del Canzoniere al sonetto 267 che annunciava la morte della donna
Le
redazioni successive sono estratti, anticipazioni per il pubblico o cmq
segmenti isolati. E' il caso della Pre- Malatesta. Fra i suoi acquisti
sono da annoverare i sonetti dell'aura (194-6, 198). Nello stesso periodo
entrano nella raccolta altre sequenze tematiche come quella del guanto
(199-201) e quella consacrata al ricordo dell'ultimo saluto tra Laura e
Petrarca, prossimo a partire da Avignone. La vera novità è la canzone alla
Vergine (366) collocata alla fine. Alla genesi concorrono la canzone di Guiraut
Riquier, la preghiera di San Bernardo nell'ultimo canto del Paradiso dantesco e
le fonti classiche, bibliche e patristiche. E' stato dimostrato che Petrarca
attribuisce alla Madonna lodi già assrgnate a Laura. A differenza della
Pre-Malatesta le due redazioni successive (entrambe formate intorno al 1373)
sono attestate da alcuni codici: Malatesta (a motivo del dedicatario
Pandolfo Malatesta) e Queriniana (dal codice della Biblioteca Queriniana
di Brescia) . L'innovazione nella Malatesta è dal punto di vista qualitativo
più che quantitativo: l'ordine dei testi subisce alcuni mutamenti. Nella
Malatesta la canzone della Vergine è preceduta dal sonetto 355 anziché dal 353.
Possediamo la lettera che accompagnava l'invio a Pandolfo dell'omonima
redazione del Canzoniere, datata 1373. Poco resta da dire sulla Queriniana la
cui caratteristica principale è la sostituzione di una ballata con un madrigale
(121). Nell'ultimo anno e mezzo di vita Petrarca completò la trascrizione del
Vaticano latino 3195 portando a 366 il totale dei componimenti in esso
contenuti. Nella prima parte vengono aggiunti nove sonetti che attribuiscono
all'autore il presentimento della morte di Laura e fra le novità della seconda
parte va registrata la canzone 30 che mette in scena il dibattito tra narratore
e Amore davanti al tribunale della Ragione. L'ultimo intervento di Petrarca è
una redistribuzione delle ultime 31 poesie finali e per loro effetto il testo
conlusivo si trova infatti ad essere il culmine di un crescendo penitenziale.
Nota: il Canzoniere non ha dedicatario.
Un giovenile
errore
Riguardo le sue
rime Petrarca afferma di averle scritte in gioventù e che furono un errore
"giovenile". Con l'insistere sulla genesi giovanile delle rime amorose
perseguiva una strategia nella quale l'apparente svalutazione di
quell'esperienza è funzionale ad un progetto di un'autobiografia morale ed
esemplare. Occorre fare un confronto tra il sonetto 34, che inaugurava la
raccolta del 1342, e il sonetto 1. La differenza mostra che l'amore è diventato
un giovenile errore, che suscita vergogna; per le poesie si invoca pietà e
perdono e si registra un allargamento del potenziale uditorio (a chiunque
intenda amore). Il personaggio narrante ripudia le proprie passate esperienze
bollandole con una triplice accusa di vanità (vane speranze, van dolore,
vaneggiar).
La scoperta
della soggettività
Petrarca è un
fiorentino che non conosce Firenze e quando si trasferisce in maniera stabile
in Italia fissa la sua dimora stabile nella valle padana. E' un intellettuale
senza patria e, possiamo aggiungere, un poeta senza lingua e soprattutto è un
poeta senza pubblico. Le tre circostanze (non essere legato alla situazione
italiana, non parlare toscano nell'uso quotidiano, non avere attorno a sé una
cerchia di persone interessate alla produzione lirica) spiegano molte
caratteristiche della sua poesia. Lui non è legato a nessuna città e a nessuna
scuola specifica e può permettersi un atteggiamento aperto, ecumenico, nei
confronti della tradizione che lui coglie tutta, senza eccezioni. Abbiamo già
parlato della sua ampia cultura. Lui dilata i confini della tradizione ben
oltre i lirici del 200, lui arriva fino ai poeti classici, conosce la poesia
mediolatina e conosce la produzione cortese in lingua d'oc e d'oil. I poeti
trecenteschi intorno a lui difficilmente potevano accedere a questi testi, non
conoscevano più il provenzale e per Petrarca era quasi una lingua materna
considerati gli anni che aveva trascorso ad Avignone. Ma lui è anche una specie
di straniero in patria: un toscano che vive all'estero o nell'italia
settentrionale. Questo gli consente di inventare una lingua letteraria, stabile,
selezionata. Compie una scelta che è diametralmente opposta a quella
dell'ibridismo linguistico trecentesco. Diciamo inoltre Petrarca non è
integrato in maniera organica dentro un ambiente cortigiano ed è quello che ne
fa un lirico isolato. Questo suo isolamento favorisce uno degli aspetti
innovatori del suo poteare: il restringimento del discorso alla propria
individuale esperienza amorosa e quindi l'espunzione dalla lirica di tutti
quegli aspetti contingenti, di tutti qwuei motivi occasionali che invece erano
la sostanza della poesia coeva. Con Petrarca la poesia lirica torna a
specializzarsi come poesia amorosa. A lui riuscirà ciò che non era riuscito
agli Stilnovisti. Loro avevano chiamato all'ordine contro l'apertura del
guittoniano ma la lirica trecentesca era di nuovo una lirica aperta ad ogni
esperienza; quando rinascerà dopo Petrarca sotto veste petrarchista la peosia
lirica italiana sarà stabilmente poesia d'amore.
Chiusura tematica, dunque. Il corrispettivo sul piano delle forme non può mancare:
lui inserisce le singole poesie dentro un macrotesto, un Canzoniere strutturato
in forma di libro. Facendo ciò rompe con l'abitudine di far circolare sciolti e
dispersi i testi lirici che, per altro, erano quasi sempre concepiti come
effimeri, destinati ad un consumo immediato. Petrarca fa dei testi lirici i
tasselli di una costruzione più ampia conferendo alla lirica la dignità di
poema, quella lirica che era scaduta ai livelli più bassi nella gerarchia dei
generi letterari. Ciò che regge tutto è rappresentato dalla parola isolamento.
La tradizione lirica nata in provenza aveva come caratteristica principale il
concepire e praticare la poesia come fenomeno eminentemente sociale: la lirica
d'amore era un prodotto da consumare in pubblico attraverso recitazioni e
performance. La lirica d'amore era intimamente strutturata in funzione del
pubblico e richiedeva un "tu" o un "voi" al quale rivolgere il discorso. La
lirica d'amore medievale era dialogica per natura. Attraverso questo dialogo la
poesia lirica amoroso diffuse nella società feudale un codice letterario e
comportamentale facendolo in modo capillare e pervasivo diventando la
principale forma di autocoscienza della classe nobiliare europea. La poesia di
Petrarca rompe con la dimensione sociale: è solitaria, isolata, non cerca il
dialogo, rifugge dalla cronaca e dagli eventi esterni chiudendosi dentro al
rapporto tra l'io e l'oggetto del desiderio. Rispetto alla poesia contemporanea
e precedente questa poesia sembrerebbe perdere in ricchezza ma in realtà
recupera tutto. Alla dimensione sociale la poesia di Petrarca sostituisce una
dimensione interiore; alla vita di relazione si sostituisce la soggettività. Se
la poesia medievale aveva al suo centro l'amata al punto che il soggetto non
era altro che il destinatario degli effetti prodotti dalla dama (irrilevante se
gli effetti fossero negativi o positivi) il motore della lirica petrarchesca è
l'io del poeta. Una forma di dialogo la poesia di Petrarca, tuttavia, la cerca
ma con altri testi. A differenza della lirica cortese, che proprio come
prodotto sociale si diffondeva con testi trasmessi che venivano usufruiti
singolarmente, la poesia di Petrarca richiede un contesto letterario e che i
singoli componimenti siano messi in relazione con altri componimenti
dell'autore, richiede che certe costanti psicologiche e tematiche siano
presenti alla memoria del lettore. Una volta che il Canzoniere ha conferito
alle rime sparse unità e ha dato loro una chiave di lettura, un significato
complessivo, ha fornito i parametri per una corretta comprensione dell'insieme
ed è nato un concreto contesto sottoforma di libro il lettore è stato messo in
grado di apprezzare tutte le sfumature di senso dei singoli componimenti. Senza
il Canzoniere l'io non avrebbe potuto costruirsi come personaggio. Le dinamiche
dell'introspezione avevano bisogno di uno spazio letterario per potersi
esplicare.
Sonetto 1
Il sonetto proemiale (databile tra il 47 e il 50) è un vero e proprio testo
programmatico. Non colpisce tanto che un sonetto introduttivo a una storia
d'amore ignori del tutto la donna amata, quanto che, addirittura, non parli
quasi d'amore. La parola stessa compare una sola volta, al v 7, distanziata dal
soggetto che ha provato l'amore e dislocata a carico degli ascoltatori che
possono averlo provato anch'essi. Il sonetto ottiene un duplice obiettivo:
concentra il discorso sull'io dello scrivente, presentato come il vero e unico
protagonista della storia, e impedisce che il passato da cui ora lo scrivente
prende le distanze sia caratterizzato in senso esclusivamente erotico. Dalla
sua propria passione il poeta parla in termini di errore e vaneggiamento.
L'errore si associa al vario stile (espressione tecnica della filosofia morale
che evidenzia un difetto etico). La dispersione materiale dei testi rivela la
frammentazione e la dispersione interiori di un innamorato schiavo di altri,
alienato da se stesso. La guarigione si manifesta con la ricomposizione dell'io
diviso.
La condanna a Laura è radicale come si evince:
Secretum:
Laura ha distolto il tuo animo dall'amore dei beni celesti, ed ha deviato il
tuo desiderio dal creatore alla creatura
Se la soluzione
stilnovisteggiante della donna angelo o della donna beatrice era preclusa
dall'etica agostiniana, inevitabilmente l adonna amata avrebbe dovuto indossare
i panni della nemica. Ciò urtava contro l'immagine femminile trasmessa dalla
lirica romanza e poi contro il dato specifico che il libro avrebbe dovuto
tratteggiare una Laura oggettivamente negativa conservando i testi nei quali,
invece, essa si presenta come agente benefico. Infine entrava in rotta di
collisione con uno degli stimoli più importanti soggiacenti all'idea del libro:
l'intenzione di emulare Dante facendo di Laura un'equivalente di Beatrice. In
quest'ottica non era possibile caricare l'eroina di responsabilità etiche
negative. Tutto ciò impedisce a Petrarca di chiudere il libro e le attese di
pentimento suscitate dal proemio non vengono esaudite nel finale 292 della
Correggio. Dimostra che quanto piace al mondo è breve sogno ma non che il
sentimento amoroso sia un vaneggiamento di cui vergognarsi e pentirsi.
Amor Cortese: l'amore è
un'esperienza positiva che educa lo spirito a nobiltà di cuore disinteressata
soprattutto se non ricambiata (Petrarca in mdo coerente col cristianesimo
colpevolizza questo tipo di amore. L'amore diventa peccato. Accetta la logica
dell'amor cortese ma lo condanna)
"rime sparse" cfr Rerum
Volgarium Fragmenta - "errore" smarrimento nel labirinto degli inganni e delle
illusioni d'amore - "ove.prova" per propria esperienza - "mondo" uomini di
esperienze mondane - "breve sogno" rima con "vergogno" e assuona con "suono".
Il sonetto rimanda all'epistola a Socrate e al carme a Barbato. Se le rime
giovanili potevano dar luogo a chiacchiere e a discorsi, il libro che le
riordina secondo una salda prospettiva morale induce il lettore alla
meditazione, a riconsocre l'illusorietà di quanto ci attira e diletta in questa
vita.
I primi versi del
Canzoniere ipotizzano un'udizenza molto vasta ma in realtà dietro a quel voi
così ecumenico si cela una drastica selezione del pubblico.
Sonetto 3
Ricorda la fase dell'innamoramento. Composto probabilmente intorno al 1352. Il
poeta, dopo aver segnalato la sua resa ad Amore nel sonetto II, qui entra nella
cronistoria del romanzo lirico: indica che il primo incontro con Laura è
avvenuto il giorno della morte di Cristo.
In una nota latina apposta
al ms virgilio ambrosiano sappiamo della data d'incontro tra Petrarca e Laura
ma il venerdì santo del 1327 non era il 6 ma il 10 aprile. Incongruenza.
Ripresa del tema presente nel Secretum di connessione tra Laura e Cristo. Il
poeta invece di piangere la passione del Creatore si lascia sedurre dalla
bellezza della donna.
v 1 richiamo del vangelo di
Luca riguardo alla morte di Cristo - v3 colto da innamoramento non si oppone -
"comune dolore" morte Cristo - v 14 l'amore ha colpito solo lui.
3° e 6° anapesto
v. 9 sinalefe (ia) cesura dopo amor (giambico)
v. 6 accenti 1-4-6
Sonetto 5 - Non è presente il senhal (pseudonimo che può essere anche di
invenzione) ma abbiamo un acrostico (nota Lauretta nome completo, no Laura).
L'Acrostico è l'uso metrico e retorico col quale il poeta forma frasi o testi
usando le singole lettere di un nome proprio. La logica è sempre quella
dell'amor cortese (per evitare maldicenze), Lau = lode; Re = regale; Ta =
tacere
Nell'ultima terzina cfr mito Dafneo. L'alloro è l'unica pianta inattaccabile
dai fulmini.
Nota: esordio
equilibrato: i primi 5 sonetti del Canzoniere, fin dalla redazione Correggio,
sono ordinati secondo il canone classico dell'esordio. Al vero sonetto
introduttivo, da cui si ricava la chiave per la lettura morale del libro
intero, segue un initium narrationis che espone i loci a re (2-3 dedicati
rispettivamente alla causa - e modo - e al tempo dell'innamoramento) e i loci a
persona (4-5 dedicati rispettivamente al luogo di nascita e al nome di Laura). La
struttura retorica è quella codificata di exordium più initium narrationis. Col
sonetto 6 prende il via la storia d'amore che nasce sotto il segno dell'alienazione
di sé e del disinganno. Sonetto 7 - Incita un amico (forse il frate domenicano Giovanni
Colonna, esperto di leggere latine e di storia romana) a non tralasciare
un'opera storica intrapresa (deve ignorare il discredito cui sono condannate ai
loro giorni tutte le attività incapaci di soddisfaer i desideri corporei e di
procurare profitti materiali Confortando l'amico Petrarca difende la posizione
di poeta e letterato contro la decadenza avignonese. Moralismo sfocerà poi nei
sonetti babilonesi.
Composto durante il periodo avignonese (forse 1331-32)
Nota: prendono il via
una serie di 4 sonetti rivolti a defunti membri della famiglia Colonna. Si
mostra il peso dei patroni negli anni avignonesi. Ballata 11
Testo giovanile dove si ritorna a parlare di Laura. Con la sua diversità
metrica,la ballata segna una sorta di a capo isolando la sequenza iniziale dei
10 sonetti. La ballata è una acquisizione in forma d'arte da un genere popolare
(nascono musicate). Il ritornello dovrebbe ripetersi alla fine di ogni strofa
ma per motivi cartacei qui è detto una sola volta. Ci sono 7 ballate nel
Canzoniere, quasi tutte monostrofiche. A lui serve per creare un canone metrico
ristretto. La ballata razionale è diversa dalla ballata improvvisata. La
ripresa può essere di misura variabile. L'ultimo verso di ogni stroga deve
rimare con l'ultimo verso del ritornerllo. La ballata contiene settenari
(affinità con l'endecasillabo perché concepito come parte dell'endecasillabo
formato da settenario + quinario) perché sono metri leggeri e brevi. Il
linguaggio è limpido e galante. Laura si accorge dell'amore del poeta (lei è
consapevole e dunque ritrosa). Sonetto 16 Sonetto forse
composto nel 1337 (quando Petrarca era a Roma) che stabilisce il paragone tra
il pellegrino vecchio che fa u viaggio a Roma per vedere il volto di Cristo
impresso nell'immagine della Veronica e il poeta innamorato che ricerca il
volto di Laura in quello di ogni donna. Si propone in forma emblematica il
conflitto tra amore umano e amore divino. - Cfr Monte Ventoso.
Fianco: sineddoche per
indicare il corpo intero. - Canuto e bianco: dittologia sinonimica. Principio
binario: prima metà sogg e verbo e poi seconda metà due aggettivi. La binarietà
è potenziata dal medesimo significato. - Rotto dagli anni e dal cammino stanco:
chiasmo
Sonetto 18 Usa solo 5 parole in sede di rima (principio su cui si
fonda la sestina lirica).
Sestina
lirica 22
La prima delle 9 sestine costituisce un omaggio all'inventore di questo tipo di
componimento (Arnaut). Dovrebbe appartenere al periodo avignonese (prima del
1336)Il genere della sestina è stato affermato da Petrarca (
"sensibil terra" essere vivente dotato di sensibilità - "fiera" immagine tipica
di Laura - "corpo di terra" nesso con la creazione
E' reso manifesto il desiderio di passare la notte con lei (solo le stelle li
vedrebbero e mai alba).
Sogno mitologico: riferimento ad Apollo.
Adunata: figura retorica dei provenzali (usata anche da Virgilio nelle
Bucoliche). E' una situazione che esprime cose impossibili (in questo caso: il
giorno sarà pieno di stelle)
"secca selva" cfr Dante, come la selva popolata dai suicidi che non hanno
trovato l'amore
Alba, terra, selva, sole, stelle, giorno. Le 6 parole scelte sono importanti
perché per ripeterle spesso occorrerà dare loro significati metaforici (cfr
Arnaut Daniel: entra, unghia, anima, verga, zio, camera). La sestina di Dante è
ispirata ad Arnaut per la poetica petrosa e Petrarca invece modifica
radicalmente la natura della sestina facendola diventare armoniosa. Canzone 23
Detta "delle metamorfosi" a motivo del suo contenuto. Il narratore rievoca le
proprie disavvenutre simboleggiandole attraverso sei successive trasformazioni
(alloro, cigno, sasso, fonte, voce e cervo) modellate sulla falsariga di
altrettanti personaggi delle Metamorfosi di Ovidio (Dafne, Cigno, Batto,
Biblide, Eco, Atteone). Ognuna è una punizione che colpisce peccati di crescente
gravità: aver amato, desiderato la donna, averle manifestato tale desiderio. E'
la stessa ideologia tradizionale dell'amore cortese a essere minata alla base,
nella regola per la quale l'amore freustrato doveva trovare una compensazione
nella poesia.
Petrarca contravviene all'amore cortese rivelando l'identità dell'amata.
Nota l'unico settenario al decimo verso; al quarto invece c'è una traduzione da
Orazio.
Alloro: Il poeta ambizioso vi si trasforma. E' la
testimonianza che Petrarca avignonese vede la passione per Laura come una
nemica che gli impedisce di raggiungere la cultura cui lui aspira.
Cigno: Il
sogno amoroso si esprime nel canto del cigno
Sasso: Il v 70 cfr Dante (mentre
qui il cuore è afferrato Beatrice addirittura lo mangia nella Vita Nova). Lui
fa conoscere a lei e a tutti il suo amore contravvenendo alla regola del
segreto su principio dell'amor cortese. L'effetto è lo sdegno di Laura.
Metamorfosi Ovidio: Batto è un pastore che ha assistito alla sottrazione degli
armenti. Mercurio, saputo del testimone Batto, decide di non parlare ma di
metterlo alla prova; lo tenta con nuove sembianze. Batto gli confida la cosa e
Mercurio, lo punisce trasformandolo in sasso.
Fonte: Allusione al pianto (riferimento a Bibide
innamorata del fratello gemello e poi trasformata in fonte, dato l'amore
impossibile).
Voce: Riferimento ad Eco e
Narciso del mito zoologico. Come lei ripete all'infinito anche Petrarca ripete
"morte" e "Laura"
Cervo: tornato
uomo Petrarca si rappresenta cacciatore che vagando nella selva vede Laura
nuda. Lui viene trasformato in cervo ed i cani rappresentano i suoi rimorsi.
(cfr mito Arteo che vede Diana nuda; viene trasformato in cervo e poi sbranato
dai cani di Diana). Il mito ripropone il destino errabondo e sofferto del
cervo. Ripresa del tema altre volte ad esempio nel madrigale dove lei sarà una
pastorella.
Ci lavorerà nel 1330 con
correzioni fino al 1357. E' presente un solo settenario al decimo verso legato
al contenuto del testo nel quale Petrarca descrive la metamorfosi che ha subito
con valore allegorico.
v 4 ripresa da Orazio. - Al termine delle 8 strofe c'è un congedo lungo 9 versi
secondo i corrispondenti ultimi versi della strofa.
La metamorfosi è una lettura in chiave figurata e allegorica Nota: la 23 è una
canzone che chiude visto che ad essa seguono ben cinque componimenti
indirizzati ad un destinatario storico, di cui gli ultimi due di argomento
politico. Sonetto 24 - Dedicata ad Andrea Stramazzo in risposta. Petrarca ribatte con lo stessa schema e le stesse rime,
come da usanza. Stramazzo usa rime difficili appositamente.
Sonetto 29 - Uso della coblas
unissonans su stampo provenzale. Consta di 8 stanze eptastiche AbCdEFgHI dove
nessuna rima trova rispondenza all'itnerno della stanza, ma ciascun verso rima
col verso corrispondente delle altre stanze. La difficoltà è accresciuta dalla
presenza di altre due rime, all'interno dei vv 4 e 6 di ogni stanza,
rispettivamente in sede trisillabica e quinaria. Il congedo riproduce la
struttura dei due versi finali della stanza. E' una canzone detta a stanze
unissonans, propriamente però questo termine indica canzoni nelle cui stanze,
rimate, ricorrano sempre le medesime rime. "Verdi panni" dovrà considerarsi una
combinazione della tecnica delle coblas unissonans con quella, tipica della
sestina, delle coblas sissolutas (in base alla quel le rime sono irrelate
all'interno di ciascuna stanza, e trovano rispondenza solo nel versi
corrispondenti, anch'essi reciprocamente irrelati, dalle altre stanze).
Sonetto 34 Nel codice degli abbozzi è il 53esimo componimento
all'interno delle rime. "onorata e sacra" sono aggettivi che sottolineano
l'importanza di Laura; Petrarca chiede ad un dio didifendere la sua poesia (è
lei onorata e sacra) - "volgendo anni" calco di Virgilio - "pigro gelo" by
Tibullo e Ovidio - vv 3-4 incontro elementi laurani.
Il sonetto ha una origine occasionale: l'invocazione ad Apollo, che è nello
stesso tempo il sole e il dio della medicina, affinchè disperda il maltempo che
minaccia il lauro va intesa, infatti, come invocazione ad allontanare il morbo
dalla donna malata.
Scatta l'dentificazione tra Apollo e Petrarca. Nel nome di Laura convivono due
livelli simbolici. Come la ninfa di Ovidio fugge il suo innamorato ed è dunque
l'oggetto di desiderio irraggiungibile: ma la pianta del lauro, se intrecciata
in corona, è simbolo della poesia e della gloria letteraria.
Sonetto 35 - Anteriore alla fine del 1337 e inserito
nella prima, provvisoria raccolta di 22 sonetti messa insieme da Petrarca.
Fissa i tratti dell'amante nelle caratteristiche di un pg sofferente e
scontroso che, incapace di soddisfare il proprio amore, ricerca luoghi sperduti
per sfuggire al giudizio della gente. Il paesaggio geografico diventa
l'equivalente di quello interiore. Ricerca del poeta innamorato di un proprio
equilibrio. Deve nascondere il dolore amoroso che lo imbarazza. Spunto ripreso
da Bellerofonte e momenti Properziani (soprattutto la consapevolezza che non si
può sfuggire all'amore)
Sonetto 37 - Tema della lontananza.
Sonetto 40 Sonetto
provocatorio di corrisponenza, forse diretto a Giacomo Colonna. Usa rime
difficili e virtuosismi. L'amore è qui nemico degli studi letterari. V 2 espone
il progetto dell'Africa; v 7 parentetica (è ambizioso, vuole fondere antichità
e modernità); aldilà della diretta corrispondenza funzionale vuole farsi
riconoscere come meritevole della laurea poetica.
Nota: 41 al 43 Laura
parte e si hanno effetti sul clima. Mitizzazione. Si tratta di testi galanti.
Sonetti 45 e 46 lo specchio induce Laura ad essere narcisista e la distrae
diventando nemico del poeta.
Canzone 50
Scritta nel 36-37 si basa su un diretto collegamento tra la passione amorosa e
lo scorrere del tempo. Struttura semplice; la pace regna ma non nel cuore del
poeta. Sguardo artista di Petrarca. "avaro" dalle Georgiche di Virgilio (come
anche v 21-22 e incipit del sole). Le 5 stanze presentano altrettanti quadri
dei quali appaiono figure e situazioni tipiche della vita quotidiana, a cui
ogni volta viene opposta la singolare condizione del poeta.
1- quadro cosmico del tramonto, con immagine del riposo serale della
vecchiarella pellegrina (si oppone il dolore del poeta)
2 - scende l'ombra e l'avaro sappador lascia il lavoro nutrendosi alla sua
mensa (ma il poeta non ha una sola ora di riposo)
3 - a sera il pastore riconduce il gregge alla stalla, dorme (ma amore
costringe a seguire la fera, donna - opposizione dolce schiera del gregge e la
donna che si nasconde e fugge
4 - a sera i naviganti dormono sulla nave ferma e l'immagine suscita il
richiamo di paesi lontani, con allargamento di prospettiva all'universo
(l'affanno dell'io si misura anche nel prolungarsi senza fine del tempo)
5 - L'io domina tutta la stanza mentre i
buoi tornano alle stalle - Il congedo insiste sul tema del
volgere del giorno. I quadri si presentano con caratteri oggettivi e tipici ma
questo loro succedersi comporta un'alternanza di quiete e affanno negati al
poeta. Per lui amore e sofferenza sono qualcosa di assoluto che non avrà mai
fine. Madrigale 52 - Primo della
raccolta, costituito da soli 8 versi. Ripresa del tema del mito, questa volta
in riferimento a Diana, scoperta nuda da Atteone (tema ripreso successivamente
in Chiare fresche et dolci con stesso argomento e stesse parole messe in rima)
"alpestra e cruda" ritrosa; v 8 ossimoro petrarchesco nella compresenza del
freddo e del caldo (il fuoco amoroso lo raggela); Se è anteriore al 37 è uno
dei primi madrigali della storia europea. Semplicità di assetto nel nome e
nella materia (pastorella = Laura). La pastorella potrebbe essere una figura
femminile della corte avignonese, non necessariamente Laura ma l'immagine
poteva prestarsi, successivamente, per essere usata.
Canzone 53 - Canzone
politica di presa di posizione a favore dei protettori e schieramento nelle
lotte cittadine di Roma per i Colonna. L'ispirazione nasce dalla nomina nel
1338 al senato di Bosone da Gubbio. Richiesta di un ritorno all'antico
splendore.
14 cfr Dante petroso; 57
popolo rovinato dallo scontro delle fazioni; v 71 etc animali che rappresentano
gli stemmi delle famiglie;
Madrigale 54 - Si addensa un
numero tale di simboli e suggestioni desunti dalla tradizione biblico
patristica da lasciare in dubbio se si tratti di un testo a forte connotazione
morale o, invece, di una forma di parodia leteraria. Documenta la disinvoltura
con cui Petrarca maneggia un genere nuovo variandolo con la stessa libertà di
solito consentita solo da generi consolidati.
Sonetto 60 - Il poeta esprime
sconforto nei confronti di Laura (conclusioni pessimistiche). Vengono
perpetrate maledizioni riferite all'alloro in duplice valenza. Non può essere
letto se scisso dal successivo perché la maledizione è funzionale alla
benedizione.
Sonetto 61
Composto probabilmente durante il periodo avignonese. Si celebra la solennità
dell'innamoramento nella forma di una lauda mondana costruita attraverso la
sequenza in anafora della formula quasi liturgica "benetto" all'inizio di ogni
strofa. Cfr dispense per uso polisindeti (sono quasi sempre in sinalefe e dunque
non funzionali alla metrica, ma qui magari c'è per favorire musicalità).
Tradizione sulla benedizione già in ambito provenzale. Similitudine
col testo di Boccaccio (dispense pag 32). Boccaccio si riferisce a Venere per
Cupido. La metrica è in ottave (basta prendere 8 endecasillabi rimati; primi
sei in rime alterne e gli ultimi due in rime baciate; le strofe non si
collegano con le precedenti) e apparentemente non sembrerebbe un metro
narrativo, come invece appare evidente per la terzina dantesca, e invece lo
diventa. Cfr sonetto col Filostrato
scritto a Napoli (no posteriore al 1338). La storia è ambientata a Troia tra
uno dei figli di Priamo e la figlia di un indovino (tema dell'amore furtivo).
In questa storia amorosa si colloca l'inno a Venere. In uno scambio di
prigionieri finisce tutto (lei si concede ad un altro e lui praticamente si
suicida in battaglia). Quando Petrarca trascorse alcuni mesi a Napoli per farsi
esaminare dagli Angiò deve aver letto il Filostrato (e ancora non conosceva
Boccaccio di persona) e ciò denota come lui riprendesse spunti non solo dai
classici ma anche dai contemporanei.
Sonetto 62 - Voce di pentimento e preghiera vera e propria. Sonetto
d'anniversario. Desiderio di cambiare vita e prega Cristo . Canzone 70 Petrarca rende omaggio ai maestri della lirica romanza ai
quali più deve la sua poesia. Scritta probabilmente intorno agli anni 50 e
dotata di una struttura particolarissima: ognuna delle sua 5 stanze si chiude
con una citazione del primo verso di un'altra canzone, rispettivamente di
Guilhem de Saint Gregori (ma Petrarca la attribuiva ad Arnaut Daniel),
Cavalcanti, Dante, Cino da Pistoia e la canzone 23 dei Rvf. E' una sorta di
addio ad una stagione poetica conclusa. Nelle ultime stanze si ernde chiaro che
non il destino ma la scarsa chiaroveggenza del narratore hanno decretato la sua
infelicità amorosa.
Prima strofa: Daniel, verso
di esultanza per amore corrisposto
Seconda strofa: coblas capfinidas; v 15 "occhi santi" accenno introduttivo alle
successive rime dedicate agli occhi di Laura; v 20 immagine di felicità ma in
Cavalcanti vorrà dire altro
Terza strofa: ripresa di Dante. Petrarca si rivolge ai suoi vaghi pensieri con
illusioni di felicità ma Laura ha il cuore di smalto
Quarta strofa: interrogativa di presa di coscienza. La situazione di Petrarca
non è imputabile alle stelle. La colpa non è delle stelle ma dello sguardo. Quinta strofa: assunta la
ceretzza che la colpa sia lo sguardo ora invece precisa che la colpa e la
responsabilità sia sua e non di Laura Palinodia: distanza dalla tradizione cortese, dante
petroso, giustificazione campo zodiacale. Nota: 71-73 tre canzoni che celebrano gli occhi di
Laura. Da questo momento Laura assume il ruolo di guida morale. La composizione
è contemporanea alla 70 che è il loro antecedente logico. Canzone 71 - Si riassume
l'etologia dello stilnovo. Il sollevameno con le ali amorose è sintesi mirabile
del concetto Platonico (ma è un autoinganno anche questo). Datazione risalente
a dopo la laurea
v 6 "tacendo grido" ossimoro particolare. - - - Sonetto 72 - v 7 azione salvifica
di Laura. Cfr triplice funzione dell'amore.
Sonetto 77 (ok) - Risale
probabilmente al 1336. Abbiamo una Laura celestiale. Policleto (scultore)
artista greco (per antonomasia) se lui e gli altri la osservassero non ne
coglierebbero la bellezza né saprebbero rappresentarla perché la belleza di
Laura non risiede solo nel fisico ma anche nell'anima. Simone Martini pittore
medievale contemporaneo di Petrarca realizza un ritratto di Laura e la ritrae
direttamente in paradiso. Idea platonica: le membra sono un velo e il corpo è
la materia che nasconde l'anima.
Sonetto 79 Sonetto di anniversario che ci rimanda al 1340 - - - - Sonetto
81 - Composto tra 1337-41 esprime la stanchezza spirituale del poeta che
dispera di poter mai ricondurre la sua vita al pensiero di dio. Pur desiderando
redimersi non riesce a trovare pace. Il dissidio dell'anima si esprime
attraverso lo scontro tra opposte tentazioni per cui la scelta del peccato
riesce vittoriosa sulla consapevolezza del male. Richiami biblici ed
evangelici.
Sonetto 90 - Si è pensato che si rivolgesse ad un
destinatario che gli fece notare la normalità di Laura. Datazione 1340-42 (lei
era già grande ed erano trascorsi 14 anni dall'innamoramento). Lei vive ancora
nell'immagine del passato.
Vago lume: ci informa della forza magnetica dello sguardo esaurita o è un
riferimento alla malattia
Cfr Dante (tanto gentile): lei si muove come una forma (essenza spirituale)
angelica.
Dopo aver scoccato l'arco si allenta ma la ferita che ha prodotto non si
rimargina. Sonetto 91 - Sonetto di consolazione per il fratello
Gherardo in merito della morte di una "bella donna" da quest'ultimo amata. E'
un modo per fare posto dentro al libro amoroso alla figura del fratello. La
"bella donna" e Cino da Pistoia sono gli unici due personaggi di cui si pianga
la scomparsa nella prima parte del libro, in vita di Laura. Qui rifuggire i
beni terreni è vista come una scelta di saggezza, una scelta che per Petrarca è
motivo di riflessione.
Sonetto 92
In morte di Cino da Pistoia. Sembra rispodnere alla necessità di Petrarca
che non voleva escludere da un libro in rime il nome del più famoso poeta
lirico attivo negli anni della sua formazione. Cino è qualificato dal titolo di
"messere" (cfr 70 dove Cino è presente con l'incipit in cui compare l'aggettivo
"dolce" e 287 nella schiera dei poeti
d'amore ) assolutamente onorifico nel 200 e attribuito a giudici, giuristi e
notai, mentre nel 300 diventava ormai l'equivalente del nostro "signore". Se
Petrarca insignisce Cino del titolo di messere è perché nella memoria storica
la figura del poeta di Pistoia si era inestricabilmente congiunta a quella del
legista. Nel De Vugari Eloquentia Dante lo ritrarrà come un poeta "amoroso" e
"dolce". Petrarca considerava Cino un poeta del 200, omogeneo ai lirici della
seconda metà di quel secolo, e pertanto da tenere distinto dai rappresentanti
della peosia contemporanea. Cino era un uomo di università e di comune ed era
poeta lirico. (cfr Antefatti e quadro storico). Riesce difficile immaginare un
grande intellettuale come lui mescolato ai poeti delle corti, così come riesce
difficile immaginare il lirico della dulcedo alle prese con l'ultima stagione
dello sperimentalismo dantesco. E' stato proprio Dante a rendere inattuale ino
e, con lui, l'intera tradizione lirica duecentesca.
Canzone
Frottola. Rappresenta una delle prime attestazioni di quel genere. Presenta 6
stanze di 15 versi l'una. La struttura è quella della canzone canonica: piedi
di tre versi l'uno, chiave, sirma divisa in nove versi. Abbiamo però un numero
abnorme di rime al mezzo, tutte settenarie tranne la penultima; solo cinque
versi nella stanza ne sono privi. La frottola è una forma caratterizzata dal
sistematico impiego di rime al mezzo o di rime baciate e ribattute e con la
frottola questa canzone petrarchesca ha in comune anche il frequente ricorso a
motti, proverbi e sentenze e propensione all'oscurità del dettato.
E' anche detta la "canzone dell'amaro riso". Si prospetta la possibilità di
abbandonare Laura per dedicarsi ad altra donna o rivolgersi a Dio. Alpi: parte alta del corpo; Neve: capelli brizzolati; San
Pietro: chiavi del paradiso e della chiesa ed è Laura.
La canzone è fatta di proverbi e le frasi sono ben collegate razionalmente.
Madrigale 106 - Composto tra
1336-1341 tipica situazione di apparizione della donna angelo e
dell'innamoramento secondo lo schema stilnovistico. Una volta che il stesto è
stato inserito nel Canzoniere appare evidente che la donna non scende dal cielo
per salvare l'uomo ma per condannarlo. Sonetto 112 - Dedicatario Sennuccio del Bene. - Sonetto 118 - Databile 1343 anniversario.
Canzone 119 - La datazione fittizia viene schiacciata tra il 1343 e il
1344 e quindi appare nel 40esimo anno di età di Petrarca (periodo chiave della
sua autobiografia ideale). E' una canzone pesantemente allegorica e
dichiaratamente oscura. Si canta di due donne, la Gloria e la Virtù, sorelle
tra loro ma di valore disuguale: il narratore, che per anni ha amato la prima,
deve infine riconoscere la superiorità della seconda.
Sonetto 120 - Databile 1343; destinatario Antonio Beccari da Ferrara
che
malediceva l'intero universo, visto che era nato ed era stato sempre costretto
a vivere di espedienti. Beccari è diverso da Sennuccio. Beccari scrisse testi
in onore di Petrarca e ne piangerà la morte. V 8 ammette con una metafora di
essere arrivato vicino alla morte.
Sonetto 122 - Databile 1344. Sonetto cronologico (mancano 4
anni alla morte di Laura). La collocazione cronologica della serie di rime
125-129 è importante e caratterizzata da: 1) Petrarca si presenta in due
contesti diversi e con una musicalità diversa. Valchiusa: scenario campestre.
Canzone 125
Questa e la canzone successiva sono unite da continuità tematica e da
somiglianza nella struttura metrica. Probabilmente sono state composte entrambe
a Valchiusa nel 1340-
Canzone 126
Canzone legata alla precedente, ne deriva un'evocazione della fontana di
Valchiusa e della presenza di Laura in quei luoghi.
Tutta la canzone è dominata dal paesaggio della "dolceriva" evocato ed invocato
fin dal verso iniziale. La fontana di Valchiusa diventa un luogo assoluto della
memoria e del desiderio. La dolcezza del paesaggio naturale non è solo quella
di un convenzionale luogo di delizia e piacere (secondo il motivo del locus
amouenus). Qui è come se la donna avesse lasciato la propria traccia su quei
luoghi. Il discorso si svolge in un presente in cui il poeta di sente prossimo
alla morte.
Stanza 1 (atti compiuti dal corpo di Laura), 2 e 3 (immagine della propria
morte futura), 4 e 5 (torna al passato con l'impf) ma nella stanza 5 presente
assoluto. A questi viaggi tra i tempi si collega il viaggio tra le vite e la
morte. Anche un altro passaggio c'è: quello tra immaginazione e realtà
"dolciàcque" corretta pronuncia in sinalefe.
La locuzione è rivolta allo scenario dove si muove Laura. E' improbabile che
Petrarca abbia visto davvero Laura farsi il bagno. "angelico seno" scena
sensuale che va vista in chiave letterale. Lui chiede di essere sepolto lì ma
non perché è lo scenario dove si è innamorato ma anche e soprattutto perché
post mortem abbia un risarcimento essendo quello un luogo dove lei possa
tornare (pensiero e sogno che lei volga lo sguardo dove lui è sepolto e sospiri
e pianga, nel ricordo di lui).
Canzone 128
Canzone politica la cui datazione si ricava dal v 6 (dove il poeta afferma di
trovarsi nella valle padana) e dal riferimento della guerra tra i principi
italiani che si servono di soldati mercenari stranieri. La maggior parte dei
critici concordano nell'individuare come spunto della canzone una guerra tra
Estensi e Gonzaga (alleati a vari signori dell'Italia sett) svoltasi intorno al
Parma 1344-
Inizio in chiave di
preghiera all'Italia (rappresentata dai suoi fiumi); "almo" amato per chiesa di
Roma; "cortese" connotazione che ritorna anche per Dio. La seconda stanza si
rivolge ai signori potenti che devastano con la guerra. Il motivo scatenante
sono la guerra e gli stranieri che, in virtù della loro ferocia, potrebbero
usurpare il comando agli attuali potenti.
Sonetto 129
Ultimo componimento della serie delle 5 canzoni. 129 e 127 sono una coppia
parallela e opposta, perché di lontananza, al binomio 125 e 126. Ripresa del tema
provenzale della distanza della donna amata. Databile 1344-45 quando lavora sul
piano umanistico (Viris e Africa) e torna ad Avignone per poi andaer a Parma,
dunque era a Selvapiana. Tema della necessità della solitudine. "sbigottita"
l'anima davanti alla sua stessa debolezza si ritrova incapace (sotto l'invito
dell'amore ed in solitudine mutano le emozioni ed il volto le esprime senza
freni perché non visto); v 21 "dolce amaro" ossimoro Sonetto 132 Speculazione
teorica sull'essenza di Amore. Si affronta l'argomento solo per ricondurre
l'attenzione sulla propria esperienza personale e infatti non si darà una
definizione dell'amore ma se ne affermerà la natura enigmatica.
Sonetto 134
Composto forse tra 1345-47 esprime in una serie di opposizioni la paradossale
realtà in cui si dibatte il poeta innamorato in preda ad uno stato d'animo e al
suo contrario. Le antitesi comunicano l'impossibilità di una scelta (cfr Odi et
Amo di Catullo). Il sonetto è costruito per giustapposizione paratattica di
coppie antitetiche, corrispondenti ai singoli versi, tranne l'ultimo che segna
una battuta d'arresto in una sequenza che altrimenti si protrarrebbe
all'infinito. Le rime dei primi 8 versi sono alternate come nella poesia
prestilnovistica (Giacomo da Lentini) offrendo in questo modo anche l'idea
della coppia (quattro distici) secondo
il principio binario che regola tutta la costruzione (rime alternate si hanno
anche nel sonetto 311)
Sonetti politici 136 - 137 - 138 -
Sonetti di invettiva contro Avignone e la corruzione della curia papale, anche
detti babilonesi. L'inizio biblico ricorda Sodoma e Gomorra. Avignone viene
raffigurata come una prostituta (sei nata povera ed impoverendo gli altri ora
sei ricca). Uso di rime aspre e di linguaggio infernale alla Dante.
137 "sacco, bacco, fiacco,
baldacco" Epistole sine nomine. Per proteggere il destinatario non ne scrive il
nome. Secondo del ciclo dei tre sonetti composti tra 1345-47 contro la corte
papale di Avignone. Petrarca lancia una invettiva contro la coruzione della
curia ridotta a ricettacolo dei vizi giungendo a profetizzare che una nuova
figura potente verrà a eliminare il male e ristabilire l'antica virtù. Il
sonetto ha uno svolgimento narrativo: la prima quartina è dedicata
all'invettiva, la seconda alla profezia e le terzine sviluppano, in due
distinti momenti, la sua realizzazione con la scomparsa del vecchio ed il
trionfo del nuovo.
Sestina lirica 142 E' considerata un testo di cornice. Dei componimenti della
prima redazione è il solo che riproponga l'opposizione tra passato e presente
negli stessi termini del sonetto proemiale. L'ipotesi del Santagata è che
risalga al Giubileo (a favore il fatto che Roma avesse un ruolo importante
nella politica anti avignonese)Tono religioso e penitenziale, da intendere come
una vera e propria palinodia. Si apre con una Laura intenta a proteggere il
narratore dagli stimoli sensuali e si chiude con un proponimento di cambiare
vita. Il loco è Roma e il tempo quello del Giubileo del 1350. Il congedo
sancisce il passaggio dall'ambigua e pericolosa attrazione per l'alloro al
rassicurante amore per un albero ben più sacro: quello della croce.
Sonetto 161 datazione incerta. Sintesi dei motivi ricorrenti costruito
per continue esclamazioni. Rappresenta nella sequenza temporale della vicenda
amorosa un momento di spospensione reso dall'uso di iterazione della medesima
figura retorica.
Sonetto 185 Si celebra la bellezza dei capelli e del vestito di Laura
con la metafora della Fenice: figura mitica che diviene imblema di Laura (donna
che non ha possibili paragoni con altre) e che nella cultura cristiana
simboleggia la resurrezione di Cristo. La fenice è anche l'amore che non ha mai
fine (risorge dalle sue ceneri). Laura viene mitizzata e Petrarca la trasforma
in una figura trascendente, un simbolo di perfezione assoluta e per farlo
ricorre ad emblemi (come quello della fenice)
v 1 "laurata piuma" capelli
Sonetto 188 Come nel 34 c'è
l'invocazione ad Apollo. Petrarca non ha ancora formalizzato il tema simbolico
per associare il mito del sole a quello dell'alloro. V 9 "umil colle" dove lei
nacque. V 5 è difficile per le correzioni che attua Petrarca il quale vuole
fuggire la prosa che si nasconde dietro le osservazioni (luce, scontato, si
cambia in fronde). "stassi" verdeggia "vederla" mirarla.
Sonetto 189 attribuito agli anni 1342-43 (durante la crisi Secretum)
canta lo smarrimento spirituale del poeta successivo a una rottura con Laura
nella forma alelgorica di un viaggio per mare. Tono pessimistico attraverso
condizioni climatiche (inverno), geografiche (Scilla e Cariddi). Chiudeva la
prima parte del Canzoniere nella raccolta Chigiana.
Sonetto 196 risale forse al 1342-45 ed è il primo ad essere stato
composto della serie di sonetti sull'aura scritti in vari momenti e rielaborati
definitivamente intorno al 1368. Secondo Contini "aura" non è travestimento
simbolico del nome di Laura. Il poeta ricorda la stagione in cui si innamorò e
si sofferma sulla bellezza fisica della donna i cui effetti sul cuore
permarranno fino alla morte del poeta.
Sonetto 199
Alcuni ritengono che, reuperando l'antico sonetto, Petrarca abbia attribuito al
"bel velo" il significato metaforico (la bella persona di Laura defunta)
diverso da quello letterale che aveva alla composizione e che di conseguenza
anche 200 possa essere stato rielaborato.
Il linguaggio è metaforico: i gesti di Laura non sono quotidiani ma simbolici.
Mano per produrre il cui capolavoro sia la natura sia il cielo cooperano.
Il velo platonicamente parlando è l'elemento materiale che ricopre l'anima.
Il manoscritto Vaticano latino 3196 segnala le modifiche apportate al sonetto
che può essere datato 1368.
avorio = unghie; perle =
denti; oro = capelli; stelle = occhi; rubini = labbra (la bellezza viene
tradotta con qualcosa di eterno)
Nota: 199-201 sonetti dedicati al guanto di Laura.
Per quanto strettamente connessi, sia dal punto di vista tematico sia dal punto
di vista narrativo, i tre testi hanno vicende redazionali diverse: mentre 200 e
201 assenti in V2 sono trascritti su V1 nel 1368, il 199 pur inserito in Ma è
trascritto su V1 solo fra 1373-74. Sulla base di ciò la composizione viene
fissata intorno al 1343 o poco prima; è probabile che 200 e 201 siano dello
stesso periodo.
Sonetto 206
Il poeta nega ciò di cui è accusato con ripetitività (il congedo riassume il
tutto attraverso un passo biblico).
Uso della coblas unissonans su stampo provenzale. In realtà non propiamente. Le
rime, infatti, non sono uguali in tuttte le stanze, ma si corrispondono a
coppie di stanze, secondo un meccanismo di slittamento in base al quale, nelle
coppie di stanze successive alla prima, si adotta come prima rima la seconda,
come seconda la terza e come terza la prima della coppia di stanze precedente.
Il congedo apparentemente irrazionale, in realtà quanto alla successione di
endecasillabi e setttenari, ricalca la struttura della sirma, mentre per quanto
riguarda le rime presenta ciascuna di esse due volte, grazie alla rima al mezzo
introdotta nel verso conclusivo.
Sonetto 226 datazione
incerta; canta la nostalgia del poeta per Laura lontana insistendo sulla
solitudine.
Sonetto 254 Nota: nella redazione
Chigi salta all'occhio che prima della canzone 264 è presente una cesura
evidenziata da pagine vuote. Anche in quella definitiva c'erano ben 7 pagine
bianche. Petrarca le giustifica asserendo la possibilità di futuri inserimenti.
Quasi tutti gli editori spostarono l'inizio della seconda parte del Canzoniere
al sonetto 267 che annunciava la morte di Laura. Petrarca dovette arrivare
gradualmente a valorizzare l'idea di un Canzoniere bipartito ma è ragionevole
supporre che già nella Correggio esistesse una sorta di iato prima della canzone
264. La Chigi non apporta rivoluzioni. La fine della prima parte ripropone una
situazione di crisi spiriturale. Petrarca sviluppa l'immagine topica della nave
in tempesta come allegoria della vita.
246 e 254 sono i sonetti del presentimento (il poeta avverte il timore che
Laura possa morire) Sonetto 263
Composto probabilmente dopo la morte di Laura chiude la prima parte del
Canzoniere nella redazione finale. La bipartizione del libro è data da uno
spazio bianco di sette pagine nel ms Vat lat 3195. Nel 300-400 gli autori
designarono la divisione come in vita e in morte sebbene la vera notizia della
morte di Laura sia data solo dal 268 tanto che Pietro Bembo nella sua edizione
del 1514 sposterà l'inizio della seconda parte al sonetto 267. Si deve allo
studioso Mestica alla fine dell'800 il ristabilimento della divisione del
sonetto 263 secondo l'idea che la bipartizione del libro corrispondesse non al
passaggio dalla vita alla morte di Laura ma alla conversione morale del poeta.
Il sonetto è un commiato da Laura. Il poeta ne celebra la virtù ed il disprezzo
dei beni terreni.
Canzone 264
Testo di apertura della seconda parte nella forma Chigi. E' convenzione
diffusda che la canzone avesse questa collocazione anche nel primo Canzoniere.
E' cmq uno dei testi cardine della crisi morale. E' databile grazie ad una
postilla. E' il resoconto di una discussione parallela a quello che si svolge
nel terzo libro del Secretum (il che fa ipotizzare contiguità cronologica). Va
considerata la morte vicina e va fatta penitenza. Petrarca fa una rassegna dei
suoi limiti rendendo manifesta l'ubris.
Sonetto 266 Sonetto di scusa al
cardinale Giovanni
Sonetto 269 il poeta piange la morte
del cardinale Giovanni Colonna avvenuta il 3 luglio del 1348 e quella di Laura
avvenuta il 6 aprile dello stesso anno. Il sonetto non è di molto posteriore a
tali date. Nota: dal 270 circa
inizia una fase segnata dal rimpianto per la perdita di Laura. Scompaiono i
testi di argomento politico Sonetto 272 (inserito io per il commento audio)
Datazione: tra il 1348 e il 1356-57. Il poeta lamenta la
fuggevolezza della vita e la vanità sia del ricordo sia della speranza. Tema
della fugacità della vita assume attualità proiettando un'ombra di sciuagura
sulla vicenda dell'anima innamorata.
Un lettore della metà del
300 conosceva Petrarca, ma se non avesse avuto una qualche conoscenza anche
parziale di altre poesie di Petrarca difficilmente avrebbe potuto capire fino
in fondo il significato del sonetto e avrebbero potuto sfuggirgli perfino
alcuni passaggi della lettera. A chi appartengono gli occhi belli che il poeta
era solito ammirare? (soglio ha valore di imperfetto) Perché ora gli occhi
belli sono spenti? Ovviamente i lumi bei spenti sono gli occhi di Laura
defunta, questo però è l'unico luogo di tutto il sonetto dove si alluda alla
donna amata e l'unico luogo dove, per quanto indirettamente, si alluda al
sentimento amoroso. Intorno all'amore e al desiderio questo sonetto è reticente
e ci si potrebbe chiedere se effettivamente sia un sonetto d'amore. Nel testo
la donna amata è assente e sono ridotti al minimo i segni dell'affettività e
scomparsi quelli del desiderio. In compenso per tutta l'estensione del testo
campeggia l'io del poeta (mi danno guerra, m'accoro, se non ch'io ho di me
stesso pietà, io sarò di questi pensier fora, tornami, veggio). Declinato in
vari modi sempre: io. Questo io si presenta qui in preda ad una crisi profonda
e così insopportabile che "se non avesse paura della pena eterna a cui sarebbe
destinato" (di me stesso pietate) si sarebbe perfino dato la morte e sarebbe
disposto al suicidio (già di questi pensier fora dove qui pensieri ha un
significato forte: pensiero angoscioso, un calco sul provenzale). E' un io
tentato dal suicidio. La tentazione del suicidio, un motivo molto raro nella
lirica medievale, ritorna nel Canzoniere con una certa frequenza e sempre in
relazione a Laura. Il motivo del suicidio si iscrive dentro la tematica
amorosa. Il fatto che sia uno degli elementi della passione disinnesca la
carica eversiva dal punto di vista, ad esempio, dell'etica religiosa. Dentro la
tematica amorosa, anche i medievali sapevano che l'amore è kolò, follia, il
suicidio non è una manifestazione estrema di una patologia. E' attenuato il suo
aspetto ideologicamente dirompente. Ma nel sonetto l'amore non c'è e se non c'è
follia d'amore cos'è, allora, che scatena una crisi esistenziale talmente
profonda da far meditare perfino il suicidio? I primi due versi darebbero la
risposta: in una parola, la paura della fine e dell'annullamento. Siamo lontani
dai suicidi degli innamorati.
Se a suscitare tanta disperazione fosse effettivamente la paura della morte
incombente nel
Seniles
l'accidia è una tristezza, uno stato depressivo, della quale non è possibile
con sicurezza indicare le cause. Non si sa da cosa sia provocata.
Attraverso questo sonetto Santagata
mostra a cosa ha portato l'aver spostato il fuoco della poesia sull'interiorità
ed il soggetto: ha portato all'indagine della profondità della psiche,
all'analisi dei mali dell'anima e ad evidenziale i dubbi davanti alla vita
presente e futura. Petrarca non aveva a disposizione le categorie dell'analisi
psicologica ma solo quelle della filosofia morale. La sua poesia ha fatto del
desiderio amoroso un peccato, il desiderio suscita sensi di colpa. L'aver
compiuto questo passo è un passo necessario perché la poesia potesse abbandonare
il territorio dei comportamenti, dei galatei, delle codificazioni amorose (il
territorio delle apparenze) e potesse abbadnonare tutto ciò ed impegnarsi a
scavare nel regno oscuro e fino ad allora pochissimo esplorato della
soggettività. Quello che ne scaturisce è un'indagine laica della psiche eppure
è la religiosità di Petrarca che consente questa indagine laica, una
religiosità inquieta. Petrarca come esploratore dell'anima, ecco la sua
innovazione. La poesia di Petrarca nonostante tutto è realistica come quella di
Dante. Come quest'ultimo riteneva che la letteratura fosse un modo per
conoscere il mondo (e Dante si spingeva a cercare la conoscenza del mondo
terreno e ultraterreno) anche per Petrarca la poesia è un modo per consocere un
mondo, ma non quello che sta fuori ma il nostro mondo interiore.
Sonetto 279 composto a Valchiusa nel 1351-52; il poeta immagina che
Laura gli appaia e lo consoli. Ambientazione è quella dell'idillio presso il
fiume come nella 126. La composizione è bipartita: nelle quartine sono
presentati la scena e il poeta afflitto; nelle terzine palra Laura. L'insieme è
dinamico ed espressivo.
Sonetto 287 Una dozzina
d'anni dopo la morte di Cino da Pistoia, rivolgendosi all'anima di Sennuccio
dal Bene, Petrarca lo pregherà di salutare per lui la schiera dei poeti d'amore
e, segnatamente "Guitton e messer Cino et Dante"
Sonetto 292 Testo conclusivo del primo Canzoniere nella redazione
destinata ad Azzo da Correggio e messa insieme tra 1356 e 1358 e, per
Santagata, sicuramente in morte. Il poeta rievoca con rimpianto le bellezze di
Laura ormai polvere e dichiara prosciugata la sua vena lirica. Nella morte la
funzione di Laura come meta irraggiungibile diventa ancora più assoluta. Il
finale dimostra che quanto piace al mondo è breve sogno ma non che il
sentimento amoroso sia un vaneggiar di cui vergognarsi e pentirsi. La morte di
Laura è vissuta come perdita, un trauma che costringe al silenzio il canto
poetico, non un'occasione di salvezza. Il sonetto 292 elude le aspettative sollecitate
dal primo sonetto.
Sonetto 302 composto tra
1351-
Sonetto 310 composto fors
enel 1352 contrappone il ritorno del bel tempo alla pena del poeta privato di
ogni gioia dalla morte della sua donna (tanto più dolorosa essendo primavera,
stagione del loro incontro). La stagione rappresenta qui il ritorno all'assenza
di lei attuando un capovolgimento del significato.
Sonetto 311 contemporaneo
al sonetto precedente con cui forma una coppia tematica. Riprendendo lo spunto
dell'usignolo, il poeta privato di Laura svluppa un paragone tra il suo stato e
quello dell'uccello che ha perso la prole o la compagna. La natura mostra unità
con la vita di Petrarca. Nella seconda parte del lamento per la scomparsa di
Laura si passsa a una riflessione di portata universaòe sulla caducità delle
cose terrene. Il componimento ha rime con nessi consonantici delle quartine e
la lunghezza della scena iniziale si svolge attraverso due strofe. Musicalità
come il canto dell'uccello.
Sonetto 323
E' la canzone delle visioni in cui si succedono 6 immagini della morte di Laura
(6 numero sacro a Laura e all'amore per lei). Prime due stanze databili 1365 le
altre, corrette (correzioni attestate dal Vat lat 3196) nel corso del 1368.
L'insieme fu trascritto nel Vat lat
Sonetto 332 Lo schema metrico prevede
una sestina doppia, costituita cioè da 12 anziché da 6 stanze. Nel testo è
altresì presente la giustificazione tematica della doppia misura.
Sonetto 333 Tardo sonetto inserito nella seconda redazione nel 1369 il
poeta si rivolge alle sue rime pregandole di recarsi alla tomba di Laura e
dirle che lui è prossimo alla fine e di intercedere per accoglierlo nel cielo.
La poesia da canto d'amore diventa tramite tra la vita e la morte.
Sonetto 346 Tardo sonetto
incluso solo nell'ultima redazione del Canzoniere che canta la gloria di Laura
in Paradizo e immagina che abbia il desiderio di vederlo. Nella morte Laura
abbandona la ritrosia e l'ostilità che caratterizzano il suo personaggio in
vita. La scena (arrivo di Laura in Paradiso) ha tratti solenni di un
avvenimento liturgico ma l'austerità rituale della situazione cede il passo
alla leggerezza della fantasia che ricostruisce l'ambiente celeste col tocco di
un quadro tutto umano.
Canzone 360 Dibattito tra narratore e Amore davanti al tribunale della
Ragione, chiamata a fare da giudice. La canzone ripropone la tematica del terzo
libro del Secretum ma sancisce uno slittamento di posizioni: il narratore
ripete gli argomenti di Agostino, Amore quelli di Francesco. E' una sorta di
conclusione laica del libro, prima che l'invocazione alla Vergine dia alla
vicenda una connotazione più marcatamente religiosa.
Canzone 366
Composta forse intorno agli anni 60 è concepita come clausola finale del
Canzoniere (è nel codice Vat lat 3195 e nel Laurenziano con la postille "sia
posta alla fine del libro"). La preghiera alla madonna è la chiusura della
vicenda spiriturale di Francesco sotto il segno del pentimento, La Vergine si
pone come immagine positiva e salvifica della femminilità (ricorda la
conclusione della Commedia e infatti l'ultimo canto inizia proprio con la preghiera
alla Vergine pronunciata da San Bernardo di Chiaravalle). La canzone si
riallaccia al sonetto iniziale di cui riprende alcuni dati tematici (cfr la "v"
iniziale). Nel corso della canzone la parola "vergine" è ripetuta 21 volte
(numero corrispondente agli anni in cui Laura ha resistito all'amore di
Francesco (cfr 364) e anche il numero 10 delle stanze dovrebbe avere valore
simbolico essendo 10 le parole che secondo il Vangelo di Luca
nell'annunciazione l'angelo rivolse a Maria. La canzone si presenta come grande
prova di retorica religiosa; ripresa degli attributi tradizionali della
Madonna. Ognuna delle prime 6 stanze si
apre con lodi della vergine ed enumerazione dei suoi attributi (rovescio delle
lodi consuete della donna nella poesia amorosa) e tende a chiudersi con una
richiesta affinchè la vergine assista il poeta sulla via del pentimento, della
salvezza e della pace eterna. Le stanze a partire dalla 7 sono dominate dalla
preghiera e dal ricordo particolare della vicenza amorosa e spiriturale del
poeta. La struttura è ripetitiva e fa pensare alle litanie.
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