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L'opera di Vittorio Alfieri - Rime

letteratura italiana



L'opera di Vittorio Alfieri

Rime

Alfieri con le sue opere mirava ad una esposizione pubblica del proprio carattere, in lui vi è un'irresistibile tendenza all'autobiografismo che trova le sue espressioni più interessanti nelle Rime, composte dall0autore durante l'intero arco dell'attività di scrittore. Una prima raccolta risale al 1789, una seconda già allestita non venne pubblicata: l'intera produzione fu raccolta in un'edizione postuma del 1804.

La forma privilegiata è quella del sonetto. Alla base della scrittura lirica alfieriana sta la lezione del Canzoniere di Petrarca, di cui recupera la tendenza 555h72f a linguaggio e stile essenziali, ma tralasciando l'equilibrio e l'armonia. Queste però non configurano come un libro, su modello del Canzoniere, ma si presentano come momenti dell'esistenza, ogni testo fissa un episodio, esprime un dissidio interiore.

Accanto alle Rime va ricordata una produzione di versi abbastanza varia, tra cui epigrammi, odi d'occasione, Satire e un tentativo di poemetto in quattro canti (L'Etruria rivendicata).

Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso

L'interesse per la scrittura autobiografica si manifesta ancora prima della conversione alla letteratura. L'opera nella quale la tendenza all'autobiografismo tocca l'apice è la Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso, nella quale l'autore propone la propria stessa esistenza a soggetto di scrittura. Questa fu composta sotto l'influenza dei Mémoires di Goldoni e di Les confessions di Rousseau: grande nel Settecento fu la fortuna del genere autobiografico. La prima stesura completa risale al 1790, l'opera subì comunque diversi rimaneggiamenti fino alla redazione finale. Questa uscì postuma nel 1806.



Il testo si divide in due parti: la prima che si apre con un'Introduzione ed è divisa in quattro segmenti, la seconda parte si presenta come la continuazione del quarto segmento. L'Introduzione precisa i motivi che hanno indotto l'autore a scrivere l'opera e ne illustra la struttura. Alle motivazioni private di Alfieri si aggiunge lo scopo generale dello studio dell'uomo attraverso l'analisi di se stesso. I quattro segmenti sono "Puerizia", "Adolescenza", "Giovinezza" e "Virilità". La quarta epoca e la seconda parte del testo hanno come tema centrale il racconto della carriera letteraria e degli studi (egli dovette imparare correttamente l'italiano). L'autore prende coscienza di sé, esce dallo stato di incertezza della giovinezza e si dedica alla scrittura, scoprendo la propria vocazione tragica. I fatti che precedono sono perciò considerati spie dell'inespressa vocazione. Il vero tema della Vita non il recupero del passo, ma la rievocazione delle tappe che gli hanno permesso di diventare scrittore. L'esperienza vissuta viene narrata e giudicata in rapporto alla scoperta della propria identità, che avviene con l'approdo alla letteratura. Alfieri celebra l'ascesa al ruolo di poeta che significa uscire dalla convenzioni sociali ed esprimere se stessi in forma artistica. Alfieri inventa uno stile medio sostenuto e sorvegliato, privo di abbandoni sentimentali al passato.

Tragedie

Egli compose diciannove tragedie, di cui quattordici approvate. Tra le più famose vi sono Saul e Mirra.

Saul

Tra le più riuscite tragedie, è una delle predilette dell'autore. Questa fu la quattordicesima delle tragedie approvate,  con cui Alfieri avrebbe voluto chiudere la propria attività di tragediografo. La fonte è il Libro dei Re della Bibbia, ma l'autore ne altera notevolmente la vicenda, concentrandone il tempo in ventiquattro ore previste dal canone aristotelico, semplificandone la dinamica e l'intreccio e inventando dei particolari. La figura di Saul è l'unica presentata in forma problematica, gli altri personaggi hanno il comune destino di vivere in modo assoluto il senso del dovere, cioè il rispetto del re e la sua volontà. Il fatto che nessuno riesca ad entrare in contatto con il nodo problematico che turba il re provoca una condizione di tragica solitudine, che sarà la sua condanna. Nel re vi sono uno smisurato senso di affermazione personale, di indipendenza nel giudizio, nelle scelte, negli affetti, una volontà di primeggiare senza compromessi, ma dall'altra parte si sono affermati in un il bisogno di essere rassicurato, i desiderio di amare ed essere riamato, il riconoscimento dei valori altrui. Le due serie di spinte interiori sono, però, inconciliabili. L'attenzione è tutta incentrata sulla personalità del protagonista, che non appare più dotato di un carattere unitario come i precedenti eroi alfieriani: lo scontro non avviene più tra due personalità, ma vive all'interno della psiche del protagonista. Ciò mostra l'evoluzione del sistema tragico alfieriano, che in questo capolavoro si interroga sull'interiorità del suo personaggio tipico.

Mirra

Quest'opera appartiene al gruppo più tardo delle tragedie alfieriane, nella pubblicazione parigina Alfieri appose un sonetto di dedica alla contessa d'Albany. Il soggetto è tratto dal racconto dell'amore di Mirra per il padre, narrato da Ovidio, la tragedia però altera la conclusione del mito. Quest'opera costituisce un caso-limite: sono del tutto assenti l'elemento politico, il contrasto interpersonale, il soggetto non è minacciato. Il motivo di conflitto nasce tutto all'interno della protagonista: questa cerca a lungo di reprimere una pare di sé percepita colpevole e socialmente inaccettabile, e resiste ai continui interrogatori dei famigliari che tentano di aiutarla. Se alla base dell'universo alfieriano stava la contrapposizione tra liberta e tirannia, ora ad apparire minato è l'individuo, in preda a lacerazioni interiori e a irregolarità morali che lo rendono debole e lo escludono dalla società. Il conflitto ora si sposta sull'asse innocenza-empietà: Mirra è innocente finché riesce a nascondere la propria passione, diviene empia nel momento in cui la pronuncia. La morte ha perciò la funzione di punire questa empietà, senza poter riscattare l'innocenza perduta. Anche questa è una novità nel teatro alfieriano.




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