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Le principali opere di Dante - La Vita Nova, Il Convivio

letteratura italiana



Le principali opere di Dante

Tra le poesie di Dante, alcune furono antologizzate da lui stesso nella Vita Nuova e nel Convivio, altre non furono raccolte in un unico libro organico e oggi sono comprese dal titolo generico di Rime.

La Vita Nova

Scritta tra il 1293 e il 1295, è struttura in modo da alternare parti in prosa da parti in poesia (42 capitoletti in prosa e 31 liriche). Questa complessità rende difficoltosa la definizione del gener 131b11b e letterario di appartenenza di quest'opera: può essere letta come narrazione autobiografica, come romanzo, come testo mistico-simbolico o come saggio di "teoria della lirica". In quest'opera Dante narra la propria vicenda più importante:  l'amore per Beatrice come propria vicenda interiore, un percorso morale ed intellettuale.

Incontrata per la prima volta a nove anni, Beatrice saluta il poeta nove anni dopo, rafforzandone l'amore. Dante tenta di tenere nascosta l'identità della donna usando una donna-schermo; Beatrice, offesa, decide così di togliere il saluto al poeta provocando il lui molto dolore, cosi che Dante deciderà di dedicare l'opera alla sua lode. Questa poco dopo morirà (morte annunciata da visioni e presagi) gettando il poeta in un profondo sconforto, alleviato dalla pietà di una donna gentile, che sarà presto rimpiazzata dal culto di Beatrice, che gli compare in una visione trionfante nella gloria dei cieli.

L'opera è divisa in tre parti: gli effetti dell'amore sull'amante, la lode della donna e la morte di quest'ultima, in cui Dante spiega che l'amore di Beatrice è superiore al classico "amore cortese": la donna porta l'amante attraverso l'amore alla contemplazione di Dio.



Il Convivio

Opera scritta tra il 1304 e il 1307, è un'enciclopedia incompiuta del sapere medievale. Scritta in volgare, è strutturata in trattati contenenti temi tra loro affini, organizzati in forma di commento a testi poetici introduttivi. Il titolo dell'opera è spiegato da Dante stesso nel primo capitolo: egli intende "preparare un banchetto metaforico", in cui, al posto delle vivande, sono gli argomenti del sapere ad essere serviti agli ospiti. 

In particolare spicca la scelta di un pubblico nuovo, la giusta aristocrazia, per un'opera non ristretta ai soli intellettuali, ma per tutti coloro di animo nobile che abbiano sincero desiderio di conoscere. La sua intenzione era quella di condividere la ricchezza del sapere con quante più persone possibili per combattere il disordine che opprime l'umanità e richiamarla all'ordine morale. Collegata alla scelta di un pubblico più ampio è l'adozione della lingua volgare, per la prima volta usata in un'opera dal taglio non amoroso, ma dottrinario. Questa doveva comprendere quindici trattati (il primo con funzione introduttiva generale), dedicati al commento di quattordici canzoni, ma è rimasta incompiuta.

Il De vulgari eloquentia

Composto contemporaneamente al Convivio, presenta come tema dell'opera la definizione di una lingua illustre, capace di affiancare le grandi lingue classiche con pari diritti espressivi. Il primo libro imposta il problema del volgare illustre, il secondo definisce gli argomenti per i quali occorre lo stile tragico (le armi, l'amore e la virtù). La forma poetica usata deve essere la canzone. Quest'opera rimane incompiuta.

Il De monarchia

L'unica tra le opere teoriche ad essere completata. Scritta in latino, è un trattato di tre libri che raccolgono le idee politiche dell'autore. L'opera è divisa in tre libri, ognuno dei quali dedicato ad un diverso aspetto del tema centrale.

Il primo libro sostiene e argomenta la necessità della monarchia universale (cioè di un imperatore al di sopra di tutti i regnanti) per la salvaguardia della giustizia e della pace.

Il secondo sostiene che Dio ha scelto per questa funzione l'Impero di Roma, perché la parola di Cristo potesse diffondersi meglio grazie all'unificazione del mondo sotto un'unica autorità.

Il terzo libro è dedicato ai rapporti tra Impero e Chiesa. Il dibattito era dominato dai filo imperiali, sostenitori della superiorità del potere imperiale su quello del papa, e dai filo papali, sostenitori della subordinazione imperiale al papa. Dante afferma che entrambe le autorità derivano direttamente da Dio e sono perciò entrambe prive di ogni forma di subordinazione reciproca. Le loro azioni sono complementari l'una all'altra, queste devono collaborare per contribuire alla felicità terrena e alla beatitudine celeste degli uomini. Queste idee potevano però rimanere nei limiti di una irrealizzabile utopia; nel 1329 sarà bruciato pubblicamente come libro eretico e rimarrà nell'indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica fino al 1881.




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