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La donna nella poesia stilnovista

letteratura italiana



La donna nella poesia stilnovista

Durante il 1200 si venne a creare un nuovo stile poetico, che si sviluppò principalmente in Toscana dove ebbe i suoi maggiori esponenti come Dante Alighieri, e che venne definito Dolce Stilnovo. La particolarità di questa poesia era la caratterizzazione della donna vista in un piano spirituale, come mezzo per la salvezza per l'uomo che l'amava. Così si cominciò a sviluppare il tema della donna angelo: ella viene infatti considerata il mezzo per elevarsi a Dio. Un'altra partico 212g68c larità era che la donna non veniva mai nominata, ma restava sempre circondata da un alone di mistero che la rendeva eterea.


guinizzelli

L'autore

Guido Guinizzelli nacque a Bologna intorno al 1235. Nella sua città divenne giudice e uomo politico di fede ghibellina. Esule dal 1274 trascorse gli ultimi anni della sua vita a Monselice, vicino Padova, dove morì nel 1276. Dante lo definì precursore dello stilnovo fiorentino: egli scrisse 5 canzoni, 15 sonetti e un paio di frammenti.



Guinizzelli sviluppa la dottrina dell'amore su basi filosofiche introducendo nuovo temi come la donna angelicata, la lode della donna e gli effetti psicologici dell'Amore: quello che beatifica e quello che angoscia. Egli inoltre rinnovò il linguaggio poetico ponendo le basi dello stile dolce e leggiadro.


Al cor gentile rempaira sempre amore

Al cor gentile rempaira sempre amore

Come l' ausello in selva a la verdura;

né fe' amor anti che gentil core,

né gentil core anti ch' amor, natura:

ch' adesso con' fu 'l sole,

sì tosto lo splendore fu lucente,

né fu davanti 'l sole;

e prende amore in gentilezza loco

così propiamente

come calore in clarità di foco.


Foco d' amore in gentil cor s' aprende

Come vertute in petra preziosa,

che da la stella valor no i discende

anti che 'l sol la faccia gentil cosa;

poi che n' ha tratto fòre

per sua forza losol ciò che li è vile,

stella li dà valore:

così lo cor ch' è fatto da natura

asletto, pur, gentile,

donna a guisa di stella lo 'nnamora.


Amor per tal ragion sta 'n cor gentile

Per qual lo foco in cima del doplero:

splendeli al su' diletto, clar, sottile;

no li stari' altra guisa, tant' è fero.

Così prava natura

Recontra amor come fa l' aigua il foco

Caldo, per la freddura.

Amore in gentil cor prende rivera

Per suo consimel loco

Com' adamàs del frro in la minera.


Fere lo sol lo fango tuuto 'l giorno:

vile reman, né 'l sol perde calore;

dis' omo alter : Gentil per sclatta torno

lui semblo al fango al sol gentil valore:

chénondar om

che gentilezza sia fòr di coraggio

in degnità d' ere'

sed a vertute non ha gentil core,

com' aigua porta raggio

e 'l ciel riten le stelle e lo splendore.


Splende 'n la intelligenzia del cielo

Deo criator più che ['n] nostr' occhi 'l sole:

ella intende suo fattor oltra 'l cielo,

e 'l ciel volgiando, a Lui obedir tole;

e con' segue, al primero,

del giusto Deo beato compimento,

così dar dovria, al vero,

la bella donna, poi che ['n] gli occhi splende

del suo gentil, talento

che mai di lei obedir non si disprende.


Donna, Deo mi dirà: '' Che presomisti?'',

siado l'alma mia a lui davanti.

'' Lo ciel passasti e 'nfin a Me venisti

e desti in vano amor Me per semblanti:

ch'a Me conven le laude

e a la reina del regname degno,

per cui cessa onne fraude''.

Dir Li porò: '' Tenne d' angel sembianza

Che fosse del Tuo regno;

non me fu fallo, s' in lei posi amanza''.

Guinizzelli



Commento

L'amore, la donna, il cor gentile

Il poeta con questa canzone dai pregi formali esprime teorie d'amore. Attraverso similitudini e con una catena d'immagini, Guinizzelli definisce l'identità sostanziale tra l'amore e il cuore gentile, spiega il ruolo della donna, specifica il significato che lui dà alla gentilezza, intesa come nobiltà d'animo e non di nascita. La canzone è divisa in sei stanze di dieci versi ed è considerata il manifesto della corrente stilnovista, nonché il testo più famoso di Guinizzelli.



Io voglio del ver la mia donna laudare


Io voglio del ver la mia donna laudare

Ed asembrarli la rosa e lo giglio:

più che stella diana splende e pare,

e cio ch' è lassù bello a lei somiglio.


Verde river a lei rasembro a l'are,

tutti color di fior', giano e vermiglio,

oro ed azzurro e ricche gioi per dare:

medesmo Amor per lei rafina meglio.


Passa per via adorna, e sì gentile

Ch' abbassa orgoglio a cui dona salute,

e fa 'l de nostra fé se non la crede;

e no. lle pò apressare om che sia vile;

ancor ve dirò c'ha maggior vertute:

null' om pò mal pensar fin che la vede.

Guinizzelli





Commento

La lode, la salute, la gentilezza

Il sonetto è incentrato su tre temi: la lode la salute e la gentilezza, che sono parte integrante dell'animo della donna. Questa è descritta come la summa di tutte le bellezze del creato, come colei che porta salute, la sua bellezza è virtù di redenzione, uno strumento di salvezza per l'uomo.



Cavalcanti

L'autore

Guido Cavalcanti nacque a Firenze nel 1250 circa, da famiglia aristocratica e guelfa. La sua cultura fu vasta e multiforme: fu appassionato di filosofia, scienza e letteatura. Di fazione guelfa bianca si scontrò contro il capo della fazione nera, Corso Donati. Fino al 1293 si impegnò nell'attività politica, dopodichè fu escluso. Nel 1300 fu mandato in esilio purtroppo dal suo più caro amico, Dante, che ne decretò la condanna poiché era priore della città. Esule per due mesi a Sanzana, quando rientrò a Firenze grazie ad un armistizio, morì. Cavalcanti scrisse 53 componimenti di cui 36 sonetti, 11 ballate e due canzoni. Sviluppa la ricerca stilistica di Guinizzelli ma sposta le sue basi filosofiche e ribalta le concezioni: l'amore è dramma e dolore in cui l'uomo non è protagonista ma vittima.


Chi è questa che vèn, ch' ogn' om la mira


Chi è questa che vèn ch' ogn' om la mira,

cyhe fa tremar di chiaritate l' are

e mena seco Amor, sì che parlare

null' omo pore, ma ciascun sospira?


O Deo, che sembra quando li occhi gira,

dical' Amor, ch' i' nol savria contare:

cotanto d' umiltà donna mi pare,

ch' ogn' altra ver' di lei i' la chiam' ira.


Non si pporia contar la sua piagenza,

ch' a lei s' inchin' ogni gentil vertute,

e la beltate per sua dea la mostra.


Non fu sì alta già la mente nostra

E non si pose 'n noi tanta salute,

che propiamente n' aviàn canoscenza.

Cavalcanti



Commento

L'amore al negativo

Il sonetto si apre con il passaggio della donna, l'ammirazione da parte di lui, la lode della sua divina bellezza. La situazione poi cambia perché all'interno, nel cuore dell'uomo c'è turbamento, tremore, smarrimento totale. L'uomo perde la capacità di parole e capisce la sua ineguatezza al comprendere la nobile perfezione della donna



Riman figura sol' en segnora


Voi che per li occhi mi passaste al core

E destaste la mente che dormìa,

guardate e l' angosciosa vita mia

che sospirando la distrugge Amore.


E ven tagliando di sì gran valore

Che' deboletti spiriti van via;

riman figlura sol' en segnoria

e voce alquanta che parla dolore.


Questa vertù d' amor che m' ha disfatto

Da' vostr' occhi gentil presta si mosse;

un dardo mi gittò dentro dal fianco.


Sì guinse diritto 'l corpo, al primo tratto,

che l' anima tremando si riscosse,

veggendo morto 'l cor nel lato manco.

Cavalcanti



Commento


L'amore devastante di Cavalcanti

Nella poesia troviamo presentimenti negativi e immagini di morte, un turbine di passioni che la vista della donna scatena nel cuore dell'uomo. Il poeta analizza la potenza distruttiva dell'Amore che annienta le forze e porta l'uomo a cadre in un profondo stato d'inquietudine.




Dante alighieri

L'autore

Dante Alighieri nacque a Firenze nel 1265 da una famiglia di piccola nobiltà guelfa. Dopo aver completato gli studi nella sua città natale del Trivio e del Quadrivio, intraprese gli studi presso l'università di Bologna, poi tornò a Firenze e fece amicizia con Brunetto Latini. Nel 1289 partecipò alla battaglia del Campaldino contro gli Aretini. In quel periodo nei suoi pensieri già emergeva una figura che per Dante assunse un ruolo fondamentale, quella di Beatrice, morta giovanissima nel 1290. Dante poi sposò Gemma Donati, per volontà paterna, dalla quale ebbe tre o quattro figli. Dal 1295 al 1302 Dante partecipò alla vita politica di Firenze: nel 1300 ne diventò priore, suprema magistratura comunale, a causa della quale dovette esiliare il suo più caro amico Cavalcanti. Intanto le lotte interne tra Guelfi e Ghibellini e poi tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri non cessavano e alla fine nel 1302quando i Guelfi Neri si impadronirono del Govern, Dante fu processato e mandato in esilio, accusato di usare la sua carica per arricchirsi. Così il poeta diventato esule senza patria iniziò un lungo peregrinaggio di città in città dai signori che lo accoglievano nelle loro corti. Tra questi ci fu anche Cangrande della Scala che lo accolse a Verona fino al 1318. Dopodichè si trasferì a Ravenna da Guido Novello da Polenta dove morì nel 1321 e dove furono sepolte le sue spoglie.



Tanto gentile e tanto onesta pare


Tanto gentile e tanto oneta pare

La donna mia quand' ella altrui saluta,

ch' ogne lingua deven tremando muta,

e li occhi no l' ardiscon di guardare.


Ella si va, sdentendosi laudare,

benignamente d' umiltà vestuta;

e par che sia una cosa venuta

da ciel interra a miracol mostrare.


Mostrasi sì piacente a chi la mira,

che dà per li occhi una dolcezza al core,

che 'ntender no la può chi no la prova:


e par che de la sua labbia si mova



uno spirito soave pien d' amore,

che va dicendo a l' anima: Sospira.

Dante



Commento

La donne di Dante

La donna amata da Dante è Beatrice che appare agli occhi del poeta come simbolo di cristo. Egli la chiama "donna mia" che ricorda l'immagine della Vergine. Beatrice è per Dante mediatrice tra l'uomo e Dio, proprio come vuole la poesia stilnovista. Con questo sonetto Alighieri onora la lode della sua donna, che giunge ad essere oggetto di tanta venerazione che si rendevano appunto onori e lodi a lei.


A ciascun' alma presa e gentil core


A ciascun' alma presa e gentil core

Nel cui cospetto ven lo dir presente,

in ciò che mi rescrivan suo parvente,

salute in lor segnor, cioè Amore.


Già eran quasi che atterzate l' ore

Del tempo che onne stella n'è lucente,

quando m' appare Amor subitamente,

cui essenza membrar mi dà orrore.


Allegro mi sembrava Amor tenendo

Meo core in mano, e ne le braccia avea

Madonna involta in un drappo dormendo.


Poi la svegliava, e d' esto cosre ardendo

Lei paventosa umilmente pascea:

appresso gir lo ne vedea piangendo.

Dante



Commento

L'incontro con Beatrice a 18 anni e il sogno

A 18 anni Dante incontra per la seconda volta Beatrice, per la strada. Lei è accompagnata da altre due donne, descritte da lui come "gentili", e quando lo vede lo saluta con tale virtù che a Dante sembrò di raggiungere il colmo della beatitudine. Dopodiché il poeta scappa, si rifugia nella sua camera dove Morfeo lo cattura e comincia a sognare. Il sogno è appunto descritto nel sonetto dove l'Amore prende forma e materia e porta via l'amata di Dante.



Noi leggiavamo un bel giorno per diletto


Siede la terra dove nata fui

Su la marina dove 'l Po discende

Per aver pace co' seguaci sui.


Amor ch' al cor gentile ratto s' apprende

Prese costui de la bella persona

Che mi fu tolta; e 'l modo ancor m' offende.


Amor ch' a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m' abbandona.


Amor condusse noi ad una morte:

Caina attende chi a vita ci spense".

Queste parole da lor ci fuor porte.



poi mi rivolsi a loro e parla' io,

e cominciai:" Francesca, i tuoi martìri

a lagrimar mi fanno tristo e pio.


Ma dimma: al tempo d' i dolci sospiri,

a che e come concedette Amore

che conosceste i dubbiosi disiri?"


E quella a me:" Nessun maggior dolore

Che ricordarsi del tempo felice

Ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.


Ma s'a conoscer la prima radice

Del nostro amor tu hai cotanto affetto,

dorò come colui che piange e dice.


Noi leggiavamo un giorno per diletto

Di Lancillotto come amor lo strinse;

soli eravamo e sanza alcun sospetto.


Per più fiate li occhi ci sospinse

Quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.


Quando leggemmo il disiato riso

esser basciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,


la bocca mi basciò, tutto tremante.

Galeotto fu 'l libro e chi lo scisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante".

Dante



Commento


Amor, ch'a null'amato amar perdona: Francesca e l'amore per Paolo

Quando Dante scende nel secondo cerchio dell'Inferno, quello dei lussuriosi, incontra Francesca, con la quale instaura un discorso intriso di domande, da parte del poeta, e di risposte e chiarimenti, da parte di lei, la quale racconta la storia e il senso della sua vita e della sua morte per un amore, nutrito di cortesia, che fu definito Peccato.



Laura






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