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ZEUS - ATENA - ADE - CRONO - DIONISO - AFRODITE

letteratura greca



ZEUS


 In gr. Zêus. Mitol. gr. Suprema divinità del pantheon greco. Il suo nome e il suo culto hanno riscontro in parecchi popoli della comune stirpe indoeuropea, come i Romani (Iuppiter), gli Indiani (Dyauspitar), gli Illiri (Deipatyros) e i Germani (Tyr). All'origine personificazione dell'elemento luminoso (tale appunto è il significato implicito del nome), nell'ambito greco Zeus, in progresso di tempo e per effetto dell'ordinamento gerarchico nel campo religioso attuato soprattutto dai poeti epici, divenne il nume supremo, il padre e il sovrano temuto dall'infinita varietà di dei e il regolatore onnipresente delle alterne vicende del mondo fisico e delle attività dei mortali. Lo si venerava ovunque nell'Ellade e nelle colonie, ma particolarmente a Dodona, a Olimpia, a Creta, ove sarebbe nato, in Tessaglia e in Arcadia. Sedi a lui sacre erano le cime dei monti, dell'Ida nella Troade e in Creta, del Liceo, del Pelio, dell'Imetto, dell'Eta, ecc. e, principalmente, dell'Olimpo, dall'alto del quale, celato da nubi perpetue, vigilava sulla vita degli uomini e regolava i fenomeni atmosferici. Insieme con il potere dei fulmini, dei tuoni, delle tempeste e delle piogge, aveva la tutela delle istituzioni e dell'ordine sociale delle comunità umane. Patrono delle famiglie, delle associazioni gentilizie (Phrátrios), delle assemblee, dei mercati, delle città (Poliéus), dello Stato nei suoi diversi regimi, dell'unità nazionale delle genti greche (Panellenios), era garante dell'ordinato svolgimento della vita civile come ispiratore e consigliere dei governanti, re o capi politici, difensore della libertà e dell'integrità del popolo (Eleuthérios e Soter), custode della lealtà dei patti, dei giuramenti (Hórkios), del rispetto dell'ospitalità (Xénios) e dell'osservanza inflessibile della giustizia. Presiedeva inoltre ai giochi ginnici, olimpici e nemei, e a numerosi oracoli, fra cui quelli di Dodona, di Olimpia e dell'oasi di Siwa. La smisurata potenza aveva come solo limite la legge ineluttabile del Fato, della quale appariva sottomesso esecutore. La complessa e preminente divinità di Zeus favorì una grande fioritura di miti sulla sua origine e sulle sue vicende. Lo si immaginò figlio di Crono e di Rea, sottratto dalla madre alla crudeltà del padre, che divorava i figli appena nati perché non gli togliessero il potere, e allevato di nascosto in una grotta del monte Ida in Creta dalla ninfa Adrastea con il latte della capra Amaltea, mentre lo strepito dei Cureti danzanti copriva i suoi vagiti. Fattosi adulto, spodestò il padre e si insediò al suo posto sull'Olimpo, che difese vittoriosamente dai Titani e dai Giganti. Sposo di Era, molteplici leggende lo facevano protagonista di fugaci ma prolifiche avventure d'amore con altre dee e con donne mortali. Fra le dee amò Maia, che gli generò Ermete, Latona, da cui ebbe Apollo e Artemide, Mnemosine, che procreò le Muse, Temi, Dione, Demetra, ecc., oltre a numerose oceanine e ninfe. Alle donne mortali si unì sotto sembianze diverse e, spesso, di animale: trasformato in uomo con Semele, come pioggia d'oro con Danae, con l'aspetto del marito con Alcmena, sotto forma di toro con Europa, di cigno con Leda, ecc. Onorato in tutta l'Ellade con molteplici feste solenni (in Atene con le bufonie, con le diasie, con le olimpie), nel corso dei secoli, sulla scorta della rappresentazione abbozzata da Eschilo e da Pindaro, assunse via via un carattere monoteistico, che appare ben definito nell'inno a lui dedicato dallo stoico Cleante. Dai Romani venne assimilato a Giove.



Icon. Le più antiche raffigurazioni del dio sembra siano da riconoscere in statuette di guerriero dai gesti enfatici e minacciosi, rinvenute presso i grandi centri arcaici del culto, quali i santuari di Dodo 222e47c na e di Olimpia. Zeus appare spesso rappresentato accanto a Era, in occasione delle nozze sacre, e più tardi, a partire dal VI sec. a.C., in lotta con i Giganti, armato di folgore sul carro da combattimento. Numerose rappresentazioni lo ritraggono nel concilio degli dei o nel momento della nascita di Atena; in seguito la sua figura, barbata e stante, si distacca progressivamente dalle altre divinità per assumere atteggiamenti solenni, di potente distacco e di olimpica serenità. Sul finire dell'arcaismo, il bronzetto di Dodona, ora ai Musei di Berlino, sembra preludere alla grande statuaria dell'età classica che raggiunge con Fidia la massima espressione di sovranità, destinata a influenzare tutte le figurazioni successive. In età ellenistica divengono più frequenti le ripetizioni di miti amorosi; quali il ratto di Ganimede e di Europa, mentre si delinea il decadere della fortuna iconografica di Zeus, destinata a trovare, nella sua interpretazione più maestosa, un nuovo vigore e significato nella concezione del Giove romano.



ATENA



In gr. Athena o Athene Mitol. gr. Una delle principali divinità elleniche, chiamata anche Pallade e identificata dai Romani con Minerva. Generata dalla testa di Zeus, dalla quale uscì tutta armata, Atena era una divinità guerriera: il suo scudo era ornato della testa della Gorgone, che essa avrebbe ucciso, la sua corazza era stata ricavata dalla pelle del gigante Pallante oppure, secondo un'altra tradizione, da quella della capra Amaltea (egida). Atena simbolizzava la superiorità della ragione e dello spirito sul coraggio, in quanto la vittoria doveva essere il frutto di una strategia abile e ponderata. Con la lancia in pugno e l'elmo sulla testa, essa era la divinità "poliade" di Atene, come di parecchie altre città, che ne possedevano la miracolosa statua- talismano (palladio) in cui aveva sede l'anima stessa della città e che era garanzia della protezione della dea. Ma Atena era anche una divinità pacifica: il più bel dono infatti da lei dato ad Atene era l'olivo, da cui la città ricavava ricchezza e auspicio di pace feconda. Ispiratrice intelligente delle attività pratiche, era la divina inventrice degli strumenti atti allo sviluppo delle arti e dei mestieri, quale il tornio del vasaio, la squadra del carpentiere e del muratore, e degli accorgimenti sottili del lavoro femminile del filare e del tessere, come della difficile tecnica dell'industria metallurgica (Ergane). Mescolata alla vita quotidiana della città, che non cessava mai di proteggere assicurandone l'esistenza sulla base della giustizia, Atena offriva a tutto un popolo di artigiani una religione senza mistero, senza mistica, fatta dell'amore per la città e per il lavoro: una religione lineare in cui lo spirito e la ragione restavano le più sicure garanzie dell'equilibrio. Ad Atene, dove si celebravano annualmente le feste panatenee, il suo tempio principale era il Partenone in cui veniva onorata sotto il nome di Atena Parthenos ("Atena vergine"), mentre ad Atena Nike ("Vittoria") era consacrato il tempio della vittoria Aptera ("senza ali"). Il culto di Atena Itonia, a Coronea (Beozia), sembra essere stato il più antico del paese. Animali sacri alla dea erano il serpente e la civetta (glaucopide).

- Arte. La più antica raffigurazione di Atena a noi pervenuta è una statuetta fittile da Gortina, di età protoellenica. Nel mondo greco, già in età arcaica si stabilì il tipo della dea, con elmo, lancia, scudo ed egida, che appare in numerosissime figurazioni vascolari della ceramica a figure nere e di quella a figure rosse. Nella scultura monumentale compare nel frontone dell'Hekatonpedon di Pisistrato e nel frontone occidentale del tempio di Apollo a Delfi; ritorna in alcune metope di Selinunte e, soprattutto, nelle metope di Olimpia. Nel V sec. Atena compare nei frontoni di Egina, nei frontoni del Partenone e in vari tipi statuari di Fidia, tra cui la celebre Atena Parthenos. A Cresila risale il tipo dell'Atena di Velletri (Parigi, Louvre) e a Pirro l'Atena tipo Hope- Farnese (Napoli, Museo nazionale). A Prassitele è riportato il tipo dell'Atena di Arezzo. In età ellenistica, oltre che nella Gigantomachia dell'altare di Pergamo, è rappresentata in numerose statue, come quelle di Timarchide ed Eubulide. Per l'età romana,  v. MINERVA



ADE



In gr. Hádes ("l'invisibile"). Mitol. Dio degli Inferi, una delle grandi divinità elleniche identificata nella tradizione popolare con Plutone. Figlio di Crono e di Rea, dopo la vittoria degli dei sui Titani, nella spartizione del cosmo con i fratelli Zeus e Posidone ebbe in sorte il mondo sotterraneo e il regno dei morti. Aveva avuto in dono dai Ciclopi un nero elmo di pelle canina (gr. kynée), che lo rendeva invisibile. Nell'arte antica compare soprattutto nella pittura (ceramica e parietale) e nei rilievi di sarcofagi. Per estens. lett. L'oltretomba, l'aldilà: D E quivi era, dicesi, un sentier breve per discendere all'Ade avaro(D'Annunzio)



CRONO



 In gr. Krónos. Mitol. gr. Antichissima divinità greca, assimilata a Saturno dai Romani, che nei primordi dell'umanità avrebbe avuto la signoria del mondo. Di probabile origine preellenica e con un nome che solo in epoca più tarda si determinò in Chrónos, il "Padre Tempo" che procede inesorabile con la sua falce, nella genealogia teogonica fu considerato come il più giovane dei Titani, figli di Urano (il Cielo) e di Gea (la Terra), colui che per consiglio della madre evirò il padre e lo sostituì nel dominio del cosmo. Sposato alla sorella Rea, per il timore di venire spodestato divorava i figli che via via ogni anno gli nascevano, finché la moglie lo ingannò dandogli da mangiare una pietra avvolta in fasce al posto del neonato Zeus. Questi, come crebbe, si ribellò al padre e dopo averlo costretto, mediante un farmaco suggeritogli da Gea, a vomitare i cinque figli inghiottiti (Estia, Demetra, Era, Ade e Posidone), lo vinse con l'aiuto dei fratelli restituiti alla luce e lo relegò nel Tartaro insieme con i Titani che avevano combattuto per lui. Secondo un'altra versione del mito, sviluppatasi sotto l'influsso di concezioni orfiche, Crono fu il dio supremo dell'umanità felice della primitiva età dell'oro e, quando venne sostituito da Zeus, ebbe il regno delle favolose Isole Beate, poste al di fuori dei confini della Terra, sedi degli uomini immortali. Il suo culto, invero, non ebbe larga diffusione: le feste più importanti in suo onore, le cronie, si celebravano ad Atene. Lo si trova identificato, fuori dal mondo greco, con divinità potenti (come, in Sicilia, con il dio cartaginese Baal), alle quali si rendevano sacrifici umani.





DIONISO


  In gr. Diónysos. Mitol. gr. Una delle più importanti divinità della vegetazione e dei misteri orgiastici, in particolare dio della vite e del vino  (v. anche BACCO) . La sua personalità appare come il risultato di un sincretismo tra un dio greco del vino e dei vignaioli, uno tracio di culto misterico e due o tre altri di carattere ctonio, indigeni di Creta e dell'Asia Minore. Il suo luogo di origine costituì un problema già per gli antichi, che in taluni racconti mitologici lo presentavano espressamente come un dio straniero, venuto da lontano e tardi nell'Ellade, e ricordavano ancora la resistenza opposta da principio all'introduzione del suo culto (mito di Penteo). Gli elementi essenziali che costituiscono la sua complessa figura in epoca classica provengono principalmente dalla Tracia: quivi fu credenza che il dio abitasse le cime boscose dei monti e nello stesso tempo proteggesse l'agricoltura e presiedesse a riti fondati sull'esaltante ebbrezza del vino e che le menadi, sue seguaci, si abbandonassero nella notte sulle alture a orge mistiche. Accolto in Grecia, Dioniso ricevette dai Beoti una genealogia e una vicenda mitica: ebbe per padre Zeus, per madre una mortale, Semele, figlia di Cadmo, e una nascita duplice e miracolosa, per cui tratto, ancora feto immaturo, dalle ceneri della madre, folgorata dallo splendore del divino amante, era stato cucito in una coscia del sommo dio e da essa era venuto alla luce al termine normale della gestazione. Il suo culto si diffuse via via dalla Beozia nell'Attica, nelle isole e nell'Asia, dove Dioniso avrebbe raggiunto l'India con una trionfale e fantastica spedizione celebrata dai poeti antichi, e in particolare da Nonno di Panopoli. Secondo una tradizione molto diffusa, avrebbe combattuto contro i Giganti e sposato Arianna abbandonata da Teseo.

Dio della vegetazione, aveva per attributi il pino e l'edera, presiedeva alla coltura della vite e del fico e per taluni aspetti si riallacciava alla forza naturale dell'acqua, in stretta unione con le ninfe; dio della fecondazione, manifestantesi nella forza generativa del fallo, si assimilava in forma parziale o totale a un caprone o, più spesso, a un toro in cui credevasi che si incarnasse durante talune feste. Era accompagnato da un gioioso e danzante corteggio di satiri, di sileni, di menadi, di tiadi e di baccanti insieme con Pan e con Priapo e i suoi riti si svolgevano nel clima dell'ebbrezza orgiastica, che dava ai seguaci, nell'esasperazione dei sensi e nell'eccitazione provocata dal vino e dalle carni delle vittime divorate crude e vive (omofagia), l'illusione di incorporare l'essenza stessa del dio e di farsi uno con lui. Da siffatte cerimonie religiose, deliranti e sfrenate, sorsero il ditirambo e la poesia drammatica  (per le feste, v. DIONISIE ) . Il culto di Dioniso, proprio delle moltitudini come di ristrette associazioni, espressione delle erompenti forze della natura come delle profonde esigenze dell'anima, dall'originaria Tracia o Lidia diffuso pressoché universalmente nelle terre conosciute, esercitò un notevole influsso sulla civiltà greca e sui popoli antichi che a essa s'ispirarono: contribuì a introdurre nella religione il senso del mistero, nella poesia lirica il sentimento della natura e nell'arte, soprattutto plastica, il movimento e il pathos.



ARTEMIDE


In gr. Ártemis. Mitol. gr. Una delle grandi divinità greche, figlia di Zeus e di Latona, sorella di Apollo e identificata dai Romani con Diana. Raffigurata solitamente come fanciulla cacciatrice, armata di arco e di frecce, è simbolo della potenza della Luna che si manifesta soprattutto nel ciclo della fecondità femminile, animale e anche vegetale. Vergine, può far nascere e far morire. Protegge i parti, ma manda anche le doglie e i pericoli mortali del parto. Misteriosa e poliforme potenza della fecondità (Artemide polimastide o multimammaria di Efeso), è signora degli animali selvatici (Pótnia therôn), degli orsi in particolare (Brauronia), e anche degli animali mostruosi (Tauropolos), della vegetazione delle foreste che percorre come abile cacciatrice (Agrotera) con un seguito di ninfe; è protettrice pure dei cavalli e del bestiame (Amarinthia in Eubea), della retta crescita degli alberi come dei fanciulli (Orthia a Sparta). Per la molteplicità dei suoi attributi divenne la dea più popolare della Grecia e fu adorata in tutte le parti del mondo ellenico, sia nel mar Egeo (a Delo, fin dall'inizio del VII sec. a.C.), sia in Asia, dove assunse caratteri orientali, sia in Occidente (Marsiglia, Siracusa). Il ricordo di lei si è protratto fino all'età moderna in forme folcloristiche di invocazione di carattere magico delle fanciulle da marito.

- Arte. Il tipo arcaico di Artemide è quello della "dea delle bestie selvagge" (Pótnia therôn) e appare quindi accostata alle belve e agli uccelli. Successivamente prevalse il concetto della dea cacciatrice, e come tale Artemide appare, fin dalle prime rappresentazioni vascolari dell'arte greca, vestita di chitone e con arco. In epoca classica ed ellenistica è vestita invece di un chitonisco e ha spesso come attributo una cerva o un cane. Singolare è il tipo dell'Artemide di Efeso: testa coperta dal moggio cilindrico, busto con numerose mammelle (polimastide), parte inferiore del corpo con guaina.



AFRODITE



In gr. Aphrodíte Mitol. gr. Dea dell'amore, della bellezza e della fecondità, venerata in tutto il mondo greco sotto aspetti che riflettevano l'influsso della fenicia Astarte e collegata con il culto di Adone. Secondo una tradizione più antica la sua nascita era collegata con la schiuma del mare (gr. aphrós), da cui sarebbe emersa  (v. ANADIOMENE) ; ma dalla poesia epica venne considerata figlia di Zeus e di Dione, moglie di Efesto e amante di Ares. Le furono attribuiti rapporti anche con altre divinità e con l'eroe Anchise, da cui ebbe Enea. Parecchi appellativi si accompagnarono al suo nome o senz'altro la designarono: alcuni tratti dal luogo dove era venerata (Ciprigna, da Cipro; Cnidia, da Cnido; Citerea, da Citera, ecc.), altri da funzioni attribuitele, come Pandemia, "di tutto il popolo": protettrice sia delle sue istituzioni, tra cui le nozze, sia più tardi, con elaborata interpretazione filosofica, dell'amore sensuale e profano, in contrapposizione con l'altra sua ipostasi di Urania, dea dell'amore intellettuale e celeste. Divinità possente e terribile dell'istinto naturale e della forza procreatrice, Afrodite attenuò nel tempo il suo carattere violento per divenire l'incantevole dea che si aggira nel mondo della natura e tra gli uomini suscitando con spensierata letizia l'eterna vicenda d'amore.

Dei suoi numerosi santuari, famosi erano quello di Pafo a Cipro, quello nell'isola di Citera e quello di Corinto.

Il suo incontro e la conseguente identificazione con la Venere romana dovrebbe essere avvenuto nel IV-III sec. a.C., e probabilmente in Sicilia con la Venere Ericina.

Arte. Nell'arte orientale è rappresentata talora vestita, talora nuda, con le mani che nascondono il petto o il ventre (statuette cipriote in terracotta). Nell'arte greca, alla quale risalgono le più belle immagini della dea (del V sec. e soprattutto a partire dal IV), appare vestita fino all'epoca di Prassitele, che per primo la raffigurò in completa nudità (Afrodite Cnidia). Di alcune Afroditi, opere dei più grandi scultori greci, giustamente celebrate dall'antichità a oggi, possediamo solo repliche romane (indicate indifferentemente sotto il nome di Afrodite o di Venere), tra cui quelle dell'Afrodite Urania di Fidia (Berlino), dell'Afrodite tipo Fréjus di Callimaco (Louvre), dell'Afrodite Cnidia di Prassitele (repliche ai Musei vaticani, al Louvre, ecc.), considerata la più esemplare rappresentazione della dea. Del periodo ellenistico, celebre l'Afrodite di Milo (Louvre), l'Afrodite accovacciata di Dedalsa e le rielaborazioni della Cnidia: l'Afrodite Landolina di Siracusa, l'Afrodite Medici degli Uffizi e l'Afrodite Capitolina (Roma).





APOLLO




  In gr. Apóllon. Mitol. gr. Figlio di Zeus e di Latona, fratello di Artemide, nato a Delo, è una delle maggiori divinità della mitologia greca. Incerta è l'origine del suo nome: per alcuni significa lo sterminatore, per altri colui che respinge i mali, per altri ancora lo splendente, il possente soccorritore, il protettore del gregge, ecc. Incerto pure il luogo originario del suo culto: forse un paese dorico del Peloponneso, più probabilmente una contrada della Ionia o dell'Asia Minore. Né meglio conosciuta la primordiale natura della sua divinità e delle sue prerogative. La sua figura si formò in processo di tempo e per via di un sorprendente sincretismo, per cui si aggiunsero, alle peculiarità caratteristiche delle origini, forme, funzioni, competenze sempre più complesse e multiformi; e si passò dalla sfera di azione nel campo della natura a quella delle arti e del pensiero, e dal culto tribale a quello panellenico. Le vicende del dio sono ricche di motivi fiabeschi e avventurosi. Egli nacque da Latona (forse la Notte), insieme con Artemide (la Luna), nell'isola di Delo, ai piedi del Cinto e nel mese di avanzata primavera del targelione (onde l'appellativo di Cinzio e di Targelio). Ancora infante, i sacri cigni lo portarono al paese degli Iperborei, da cui ritornò per uccidere il Pitone (donde l'appellativo di Pizio che potrebbe derivare però anche dalla radice pyth di pynthánesthai, interrogare), figlio della Terra, lo smisurato drago che custodiva l'oracolo di Delfi e che aveva insidiato la madre Latona. Ma prima di prendere possesso dell'oracolo scontò anni di esilio sulla Terra a guardia degli armenti di Laomedonte e si purificò in una fonte della valle di Tempe; e un anno ancora di pena trascorse sulla Terra quale pastore delle greggi di Admeto, per aver ucciso, volendo vendicare il figlio Asclepio fulminato da Zeus, i Ciclopi che a lui fornivano i fulmini. Punitore della violenza e della superbia, trafisse con le sue saette mortali il gigante Tizio che attentò alla virtù di Latona, gli immani giovanetti Aloidi bramosi di dar la scalata all'Olimpo, i sette maschi della prolifica Niobe, arrogantemente orgogliosa nei confronti di sua madre; partecipe delle vicende umane, punì sotto le mura di Ilio i Greci insensibili alle preghiere del vecchio Crise e drizzò la freccia di Paride nel tallone fatale di Achille. Splendido di giovanile bellezza, il dio ebbe molti amori, con efebi, come Giacinto, e con ninfe e donne mortali: con Dafne, con Cassandra, figlia di Priamo, con la Sibilla cumana, con Cirene, che gli generò Aristeo, ecc.

Nella sua multiforme personalità Apollo accolse le più svariate ipostasi, che gli furono aggiunte nel corso dei secoli nella straordinaria diffusione del suo culto dall'Oriente all'Occidente. Egli era il dio dei pastori e delle greggi (Nomio, dei pastori, pastorale), che proteggeva dai lupi (Liceo, da lykos, lupo), delle messi, che preservava dai topi roditori (Sminteo, da smínthos, topo dei campi); mandava le malattie a punizione delle colpe e nello stesso tempo guariva e allontanava il male (Sotere, salvatore; Peana, risanatore); nei paesi marittimi era patrono della navigazione (Delfinio, dal pesce marino a lui sacro) e guidava le migrazioni dei coloni, ispirando buone leggi (eunomia) nelle costituzioni delle nuove città. Nume profetico, aveva oracoli in Asia (a Didime presso Mileto, a Claro nella Ionia, a Patare in Licia) e in Grecia ad Argo, a Tanagra, a Tebe, a Delfi, da dove, attraverso la Pizia con responsi accortamente velati (Lossio, ambiguo), regolava la vita religiosa, morale e anche politica di tutto il mondo ellenico e nella sua qualità di conoscitore del futuro presiedeva ai giuramenti, ai contratti e ai trattati. Splendente (Phôibos, splendente) di giovinezza, aveva cura dei giovani (Kurotróphos), sovrintendeva alla palestra e agli agoni; personificazione della luce e identificato (da Euripide in poi) con il Sole stesso, appare come l'ordinatore del tempo nella sua regolare alternanza di giorno e di tenebra e il sommo moderatore di ogni armonia sia nella natura sia nelle attività intellettuali e artistiche degli uomini, alle quali presiedeva guidando con la cetra (Citaredo) il coro delle Muse (Musagete). Dio della musica e della poesia, da lui inventate per suo eterno piacere, Apollo amava più di ogni altra cosa le feste e i cori alternati di fanciulli e fanciulle che cantavano e danzavano intorno al suo altare. Dio festoso di un popolo sereno, indovino e guaritore, poeta e musico, solare e purificatore, dietro le sue funzioni diverse, ma vicine, Apollo nasconde la potenza segreta dei canti magici e degli incantesimi: sotto le radiose apparenze della gaiezza e del canto, egli introduce i Greci nel mondo dell'Ignoto e appare come il più misterioso degli dei.

- Arte. Escludendo le immagini simboliche, non antropomorfe, il dio comincia a essere rappresentato a partire dal VII sec. a.C. A quell'epoca infatti risale il bronzetto noto con il nome di Apollo Mantikós, del Museo di Boston; ma in tutta l'età arcaica molto numerose sono le sue immagini sia nella scultura, sia nella pittura vascolare. Tra le sculture architettoniche va ricordato soprattutto l'Apollo del frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia (inizi del V sec. a.C.). A partire da quest'epoca Apollo lascia la tipologia più arcaica, che lo rappresentava generalmente vestito di lungo chitone, e viene raffigurato nudo, in aspetto di giovane atleta. Alla prima metà del V sec. a.C. risalgono l'Apollo dell'Omphalos che si fa risalire a Calamide (Atene, Museo nazionale) e l'Apollo di Kassel, attribuito a Fidia (Kassel, Museo). Nel IV sec. a.C. Prassitele, come per le altre divinità, umanizza anche l'idea di Apollo e lo rappresenta nel tipo del Sauroctono (Musei vaticani). Tra le numerose rappresentazioni statuarie dell'età ellenistica, notevoli l'Apollo citaredo di Timarchide, l'Apollo del Belvedere di Leocare (Musei vaticani) e l'Apollo della Gigantomachia dell'altare di Pergamo; nell'arte etrusca, celebri l'Apollo di Veio e l'Apollo di Falerii (Roma, Museo di Villa Giulia). In età moderna scultori e soprattutto pittori, da Raffaello a Delacroix, hanno tratto dai miti di Apollo ispirazione a opere meritamente assai note. Si ricordano il gruppo di Apollo e Dafne scolpito dal Bernini (Roma, Galleria Borghese) e, fra le pitture, il Parnaso di Raffaello nella stanza della Segnatura in Vaticano, quelli di Poussin (Prado) e del Mengs nella villa Albani a Roma; l'Aurora di Guido Reni nel palazzo Pallavicini e quella del Guercino nel Casino Ludovisi a Roma, dove il dio guida il carro del Sole; i miti di Apollo e Giacinto, Apollo e Dafne, Apollo e Marsia, Apollo e Clizia affrescati dall'Appiani nella casa Sannazzaro a Milano (oggi a Brera); infine il Trionfo del dio vincitore del serpente Pitone dipinto dal Delacroix sul soffitto della Galleria d'Apollo al Louvre.

- Occult. Monte di Apollo, in chiromanzia, protuberanza alla base dell'anulare che, quando è accentuata, rivela idealismo, senso estetico, amore del lusso.



ERA


In gr. Hera. Mitol. gr. Figlia di Crono e di Rea, sorella e sposa di Zeus, somma divinità dell'Olimpo greco, il cui nome, di origine oscura, deriva, secondo alcuni, da una forma femminile di heros (eroe), nel senso di "Signora". Il suo culto, di origine preellenica, si diffuse da Argo, dove era in onore fin da tempi antichissimi, nelle altre città del Peloponneso, quindi a Samo e nelle colonie greche dell'Italia meridionale (Era Lacinia). Tra le sue molteplici prerogative, di cui alcune espresse con epiteti collegati con il mondo della luce (Leukolenos, dalle bianche braccia, Chrysóthronos, dal trono d'oro, ecc.), la più importante era quella di protettrice dei matrimoni e dei parti. Sposa fedele di Zeus, da una parte simboleggiava l'importanza nell'ordine naturale e umano dell'unione coniugale (Gamelía, che soprintende alle nozze; Zygía, che presiede all'unione) e della funzione di madre (Eiléithyia, dea dei parti), dall'altra assunse le caratteristiche di moglie cattiva, gelosa e vendicativa, perseguitando con ostinazione le rivali in amore. Per rivalersi del giudizio negativo di Paride, nella fatale gara di bellezza con Afrodite e Atena, avversò accanitamente i Troiani nella guerra con i Greci.

Ad Era, considerata pure divinità della terra feconda, della vegetazione primaverile e dei fiori, erano sacri tra i frutti il melograno, tra gli animali la mucca, il cuculo, il pavone e la cornacchia. In suo onore ogni anno si celebravano feste in cui si rievocava il suo matrimonio divino: la sua statua, ornata di un peplo di giovane fidanzata, era condotta su un carro trascinato da buoi al tempio, dove era stato eretto il letto nuziale. Il rito, che rinnovava come in un mistero la sua mitica unione con Zeus, aveva lo scopo di ravvivare la potenza fecondatrice della coppia divina e, attraverso di essa, quella della natura. A Roma, Era venne identificata con Giunone.

- Icon. Tra le opere più antiche sono notevoli la testa in calcare da Olimpia e, di maggior valore artistico, la statua acefala in marmo da Samo del 550 circa a.C. (Parigi, Louvre). Successivamente la dea appare con una certa frequenza nella pittura vascolare e parietale e nelle sculture decorative dei templi (frammento di un rilievo architettonico da Micene, metopa da Selinunte, anfora del Pittore di Paride). Spesso è associata a Zeus come nel tesoro dei Sifni a Delfi e nel frontone del Partenone, ma talora è raffigurata in sculture isolate secondo un tipo altamente maestoso comune con Latona, Estia, e Demetra, tanto che ne diviene incerta l'attribuzione; sembra però da interpretarsi come figurazione di Era la cosiddetta Estia-Giustiniani (Roma, Museo Torlonia), mentre è discussa l'identificazione della Demetra Cherchel di Berlino.

Nella seconda metà del Vsec. a.C., Alcamene scolpì una statua della dea, che fu collocata sulla via del Falero, e un colosso crisoelefantino fu eseguito da Policleto intorno al 420 a.C. per il nuovo santuario di Argo. Si sa che anche Prassitele fu autore di una statua di Era; di indubbia influenza prassitelica appare la testa in marmo pario detta di Boston (Museum of Fine Arts).

















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