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Niccolò Machiavelli: "Il Principe" - I principati conquistati con virtù

letteratura



Niccolò Machiavelli: "Il Principe"


I principati conquistati con virtù


Machiavelli anticipa subito che per far meglio capire ciò che vuole dire a proposito dei "principati del tutto nuovi e di principe e di stato" addurrà degli antichi e famosi esempi, fra cui Mosè (anche se sottolinea c 959c21j he per lui il discorso è un pò diverso!), Ciro il Grande, Romolo e Teseo, anche perché, a suo dire, per raggiungere obiettivi così alti è importante seguire l'esempio di uomini abili e virtuosi, di modo che, se anche l'abilità e la virtù di chi vuole eguagliare i loro successi fosse inferiore, imitandone il metodo potrebbe per lo meno avvicinarsi il più possibile al proprio obiettivo.


Questo comportamento viene legittimato dall'autore adducendo come paragone la metafora degli arcieri, i quali per raggiungere obiettivi che sanno essere fuori dalla portata dei loro archi, alzano la mira, non perché credano di poter arrivare ancora più in alto, ma perché sono consci che così facendo potranno raggiungere quello che era il loro obiettivo iniziale.



Machiavelli sostiene che vi siano due modi per un privato cittadino di divenire principe, uno basato sulla fortuna e uno basato sulla virtù: possono entrambi superare le avversità con la stessa facilità, ma chi ha raggiunto il potere solo grazie alle proprie abilità probabilmente riuscirà a mantenerlo più a lungo e con più facilità, soprattutto se, non possedendo altri domini, verrà ad abitare direttamente nel suo principato.


Riportando questi illustri esempi, sottolinea come sicuramente essi possedessero grandi virtù, ma come allo stesso tempo giocò per loro un ruolo fondamentale anche la fortuna, che fornì loro l'occasione (situazione storica, sociale e politica) per esprimerle e per raggiungere così il potere.

Le maggiori difficoltà che il nuovo principe si troverà ad affrontare saranno costituite dai "nuovi ordini e modi" che per forza di cose si troverà costretto ad introdurre, in quanto si troverà schierati contro con violenza coloro che traevano profitto dal precedente sistema, mentre a suo favore si schiereranno coloro che pensano che forse potrebbero trarre giovamento dal cambiamento, ma in maniera molle e poco decisa.

Proprio a questo proposito introduce un nuovo fattore dal quale può dipendere la durata del potere, ovvero l'autonomia della forza: infatti, se un principe per affermare il proprio potere ha bisogno di cercare costantemente appoggi e consensi da parte di una di un'altra fazione, prima o poi verrà sconfitto dalla propria debolezza, mentre se è in grado di affermare autonomamente il proprio potere e, altrettanto autonomamente di difenderlo, potrà mantenerlo più a lungo e in maniera più salda.


Come esempio di coloro che definisce "profeti disarmati" porta proprio il frate fiorentino Geronimo Savonarola.

Infine, come conferma del proprio ragionamento riporta un ennesimo e più recente esempio, vale a dire quello di Gerone Siracusano, un privato cittadino che nel III secolo a.c., mentre la città era minacciata dai Mamertini, fu eletto capo dell'esercito, e dopo averli sconfitti riuscì a farsi tiranno con l'aiuto del proprio esercito, ma a mantenere il proprio potere riuscendo a crearsi una forza militare indipendente da coloro che lo avevano sostenuto, in modo da non dover più dipendere da loro.





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