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Analisi del testo "Ahi lasso, or è stagion de doler tanto" di Guittone d'Arezzo

letteratura



Analisi del testo "Ahi lasso, or è stagion de doler tanto"

di Guittone d'Arezzo


La lirica "Ahi lasso, or è stagion de doler tanto" fa parte del canzoniere del poeta Guittone d'Arezzo. Egli è ritenuto il caposcuola della poesia toscana, che riprende i modi dei provenzali e dei siciliani. La realtà comunale in cui i poeti toscani operano favorisce in loro la ripresa di temi, quali la riflessione, gli interessi e le aperture verso le tematiche morali, come la virtù, il valore ed i comportamenti umani. In questi rimatori si può cogliere un interesse vivo per la politica, per la loro città, per le lotte cui partecipano e ciò fa sì che fatti di costume, accenni a personaggi del tempo 535b15f ed esperienze vissute animino le loro liriche. Dal punto di vista della lingua, essi esercitano sul loro volgare un processo di affinamento lessicale, stilistico e metrico, proprio dei siciliani.

Il loro linguaggio fatto di suggestioni colte, latine, siciliane e provenzali appare talvolta disarmonico in quanto si può notare l'abuso di certi procedimenti stilistici, quali la "replicatio", cioè la ripetizione di parole e l'uso di un linguaggio ermetico, il "trobar clus", che essi riprendono dai provenzali.

Nella canzone "Ahi lasso, or è stagion de doler tanto" Guittone testimonia la sua passione politica per aver assistito a Montaperti, il 4 settembre 1260, alla sconfitta dei Fiorentini guelfi da parte dei ghibellini di Firenze, alleatosi con quelli di Siena e di altre città ghibelline della Toscana, sotto la guida di Farinata degli Uberti e con l'aiuto delle truppe di re Manfredi, figlio Federico II. Il fatto destò molta emozione poiché, sul momento, sembrò che ciò avesse definitivamente rialzato le sorti del partito imperiale e prostrato la potenza del libero Comune fiorentino, ormai in mano dei Senesi e dei Tedeschi alleati.



Questa canzone è composta di sei strofe e un congedo in endecasillabi e settenari: ogni stanza è costituita da una fronte che ha due piedi simmetrici (ABBA, CDDC) e da una sirma con lo schema EFGgFfE, più il congedo nel metro della sirma.

La prima stanza, percorsa dalla disperata esclamazione "Ahi lasso" (v.1), esprime lo sconforto per la sconfitta di Firenze, che Guittone immagina condiviso da chiunque "ama Ragione" (v.2). Nella fronte dominano i temi del dolore (primo piede: "doler" v.1) e della rovina (secondo piede: "morto.corrotto e pianto" v.4). Lo spunto per le metonimie del fiore ("Fior" v.5) e del leone vengono a Guittone dallo stemma fiorentino in cui compare un leone reggente uno scudo ornato del giglio. La sirma riprende il tema della rovina menzionando le qualità perdute ("grandezza" v.9, "pregio" v.10, "valor" e "poder" v.11) e prosegue con due interrogative retoriche: la prima è introdotta da "Oh lasso", che riprende il primo verso, marcando maggiormente il tema della decadenza di Firenze; la seconda è un'apostrofe a Dio, il quale ha tollerato la sconfitta della giustizia e il trionfo del torto. Nella stanza vengono utilizzati più volte i termini "perire" (vv.7,10,15) e "crudele" (vv.7,13) per ribadire lo stato di sofferenza e di angoscia.

Questa poesia, espressione  di un genere alto, ripreso da altri autori della letteratura italiana (canzone politica ) è particolare sia per la metrica che per il livello elevato dello stile che per la presenza di figure retoriche. Bisogna notare innanzitutto a livello metrico alcuni dati che ne testimoniano la perizia retorica:

- tutte le stanze sono collegate dalla ripresa, realizzando perfettamente la tecnica delle "coblas capfinidas": "altezza/Altezza", vv.15,16;

- la tecnica della rima presenta una notevole varietà: rime ricche nelle quali si ha un'identità di suono ma diverso significato ("Ragione/guerigione", vv.2,3); rime univoche, con cui si ripete la stessa parola; rime equivoche con la ripetizione di una parola uguale per forma ma con significato diverso; rime siciliane.

Tutte queste tecniche hanno una grande rilevanza dal momento che contribuiscono a collegare tra loro sia le strofe che le argomentazioni e a dare maggiore risalto, grazie ad alcune parole-chiave, alla poesia stessa. Le parole-chiave, quali ragione e valore riescono a ribadire in particolar modo i concetti espressi da Guittone d'Arezzo. Il termine "ragione", usato nel significato di intelletto, giustizia serve a mettere in forte risalto l'atteggiamento di giustizia dei guelfi rispetto ai ghibellini. La parola "valore" assume il significato di vigore, virtù, prestigio e serve a rafforzare il concetto sia dell'alto prestigio di cui godeva Firenze finché i suoi cittadini furono leali fra loro, sia la forza e la virtù che ora gli è stata strappata a causa della morte dei suoi abitanti più nobili, uccisi con dolore o crudelmente imprigionati.



Il linguaggio utilizzato è il toscano letterario, caratterizzato da latinismi ("dia" v.12), francesismi ("ch'a certo" v.7, "e 'l pregio" v.10) e gallicismi.

Analizzando, poi, lo stile, possiamo sottolineare il ricorso a tecniche della tradizione retorica, che la cultura medievale aveva preso da quella classica. Vi troviamo, infatti, l'uso della enumerazione tramite il polisindeto, come l'interrogazione "Oh lasso, or quale dia/fu mai tanto crudel dannaggio audito?/Deo, com 'hailo sofrito,/deretto pèra e torto entri 'n altezza?" (vv.12-15); la figura etimologica, che consiste nella ripetizione della stessa radice in parole diverse ("sfiorata/Fiore" v.16); l'iperbato, che consiste nell'invertire l'ordine normale della frase contribuendo ad uno stile elevato ("Altezza tanta ella sfiorata Fiore/fo, mentre ver' se stessa era leale," vv.16-17; l'antifrasi, che è un artificio retorico tendente a rovesciare la situazione attuale, presentando come positivi tutti gli aspetti che sono invece negativi. Quest'ultima figura retorica si riscontra nella poesia politica in genere.

Concludendo la canzone "Ahi lasso or è stagion de doler tanto" di Guittone d'Arezzo è una delle sue poesie più significative in quanto testimonia la sua passione politica che diviene tutt'uno con la sua passione morale, esprimendo mirabilmente lo stile, la lingua, la metrica ed il contesto storico, culturale e politico del periodo.








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