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Tipologia dell'organizzazione in analisi

psicologia



Tipologia dell'organizzazione in analisi

1. Presentazioni

L'organizzazione che vorrei analizzare è quella del Ristorante Self-service di uno stabilimento balneare a Torre del Lago, dove da quattro anni lavoro come banconiera durante la stagione estiva. Il nome dell'azienda è  ****.

L'azienda è una ditta individuale a conduzione familiare, intestata al capo-famiglia; si tratta quindi di una micro realtà, tipica del territorio versiliese, e non solo.

La realtà delle piccole e  medie imprese, e delle imprese familiari in particolare, infatti è una realtà tipicamente italiana e toscana che caratterizza il settore dei Servizi ma è anche peculiare del Commercio, dei comparti Meccanici, dell'Elettronica, dell'Artigianato, dell'Agricoltura.

Gli elementi  che la definiscono formalmente riguardano il numero dei dipendenti (che non deve superare le 20 unità), il livello di fatturato annuo (che non deve essere superiore ai 2,7 milioni di euro, oppure un totale dello stato patrimoniale non superiore ai 1,9 milioni di euro) e il fatto che non faccia riferimento per più di un quarto ad una o più imprese di maggiori dimensioni (fanno eccezione le società finanziarie pubbliche e le società di partecipazione al capitale di rischio o, purché non esercitino alcun controllo, gli investitori istituzionali).



Al di là  di questi aspetti "ufficiali" sappiamo che si tratta di una realtà particolarmente complessa, dai confini abbastanza mobili in cui quando il Consulente si affaccia sa che deve muoversi con cautela, con una strategia di conoscenza, familiarizzazione ed intervento delicata e un operare quasi "da miniatura", fortemente calibrato sull'organizzazione che ha di fronte. I ruoli e le funzioni sono meno stabili, le dinamiche tendenzialmente di numero inferiore ma spesso molto più intense e stratificate. Inoltre la tipologia di azienda che abbiamo in esame presenta un ulteriore elemento di difficoltà: il prodotto è il Servizio che eroga, elemento di difficile analisi per eccellenza. Ma ci torneremo più avanti, andiamo per gradi.

2. Il Personale

L'attività del Bagno *** e del suo Ristorante Self-service è, come molte delle attività turistiche della Versilia, un'attività che si tramanda di generazione in generazione, e 434j95e che consente ad un intero nucleo parentale di mantenersi anche durante l'inverno.

Nel Bagno e nel Sel-service lavorano, oltre al titolare e capofamiglia,che svolge un ruolo puramente formale,  persone dello stesso nucleo familiare:

la moglie che si occupa della cucina, è lei la cuoca principale, quella che decide il menù giornaliero e da l'avvio alla cucina;

la figlia che si occupa della sistemazione della sala e dei tavolini, apparecchiando e servendo ai tavoli;

il figlio che si occupa della parte del bar che riguarda la caffetteria e la somministrazione di bevande sia alcoliche che analcoliche;

la nuora che sta alla cassa e al banco della gelateria.

Il personale esterno al nucleo familiare è composto da 5 persone, tra cui io, che hanno ruoli e orari differenti:

due signore che lavorano come aiuto cuoche (le cui mansioni oltre alla collaborazione con la proprietaria nella preparazione dei cibi, sono lo sporzionamento e la presentazione delle vivande); entrano a lavorare alle nove e rimangono fino alle sedici circa. A volte, durante il week-end l'orario viene prolungato a seconda delle necessità;

una signora che lava i piatti ed è assunta con contratto part-time; lavora dalle undici alle sedici. Anche per lei, nei fine settimana, l'orario di lavoro  può essere prolungato;

io ed un'altra collega che ci occupiamo del bar (serviamo le colazioni, prepariamo panini, focaccine e insalate miste, prendiamo le ordinazioni dei cibi caldi che i clienti desiderano mangiare al Self-service). La mia collega lavora dalle otto alle sedici, mentre io lavoro dalle dieci alle diciotto. Entrambe abbiamo turni di otto ore giornaliere, che si mantengono tali per tutta la durata della stagione estiva, e  sono studiati in modo da poter coprire tutta la giornata ed essere insieme nella fascia oraria più impegnativa, quella ovviamente del pranzo.

Tutte e cinque siamo assicurate con regolare contratto stagionale, anche se non godiamo del giorno libero, che  invece sarebbe previsto.

3. La clientela  

La maggioranza della clientela del ristorante, è una clientela abituale: sono famiglie provenienti dall'entroterra toscano,che frequentano lo stabilimento balneare da anni e che vengono per l'intera stagione estiva o solo per i fine settimana.

Capita, soprattutto nei week-end, che arrivino anche clienti nuovi: spesso sono giovani che hanno trascorso il sabato sera nei locali e nelle discoteche della  Versilia e desiderano rimanere al mare la domenica.

I frequentatori abituali hanno un rapporto amichevole con i proprietari del bagno e vengono trattati diversamente rispetto agli acquirenti occasionali: hanno infatti la possibilità di avere il "conto aperto", vengono serviti "con più cura", hanno il tavolo prenotato in anticipo e possono chiedere, se lo desiderano, che venga loro riservato qualche piatto particolare.

4. Ruoli e Funzioni

Anche se il titolare è il capofamiglia, la persona che decide e organizza la giornata lavorativa è la moglie di questo: è lei, infatti, a scegliere il menù del giorno, a preparare le portate principali. Lei decide i turni di lavoro e dispone il bancone per l'esposizione delle vivande fredde.

Per quanto riguarda l'amministrazione di basi e i rapporti con i fornitori,se ne occupano la moglie del titolare,specificamente per le spese riguardanti la cucina;mentre per il bar se ne occupano il figlio e la nuora.

Il titolare, come già accennavo sopra, ha un ruolo meno predominante all'interno del ristorante: si occupa di mantenere le pubbliche relazioni, "intrattiene" i clienti, chiacchierando con loro e assicurandosi che il pasto sia di loro gradimento, ecc.

5. Il Prodotto Servizio

Il Prodotto dell'azienda è l'erogazione di un Servizio di ristorazione, la preparazione e la somministrazione di cibi e bevande alla clientela dello Stabilimento Balneare.

Ma come si analizza il Prodotto Servizio?

Partiamo da una definizione. L'origine della parola é ovviamente il verbo "servire", e in senso etimologico per Servizio si intende la prestazione offerta a quelli che desiderano "sentirsi un signore", mettere l'organizzazione al Servizio del Cliente: ciò non è solo fine alla preparazione e somministrazione di cibi e bevande: il Cliente, per essere soddisfatto, deve anche ritrovare, all'interno del bar, quel clima di intimità e di calore, di affetto e conoscenza, che si è instaurato dopo tanti anni di frequentazione abituale. Egli non vuole solo essere servito materialmente, vuole anche essere ascoltato, "coccolato".

La disposizione del bancone, messo quasi come a voler abbracciare chi entra nel bar, la presenza di luci molto forti e i colori caldi dell'arredamento danno un senso di familiarità, "fanno sentire a casa".

E' evidente che la definizione e l'analisi operativa risulta più complicata; i criteri di qualità si declinano in modo diverso, sono meno oggettivi rispetto ad altri settori lavorativi perché formati anche di un substrato "emotivo" che è indubbiamente più difficile rilevare e monitorare, perché oltre ad una missione produttiva deve saper valutare la qualità delle relazioni (interne ed esterne) e le personalità, le individualità degli stessi operatori. 

Come indicato nel testo "In cosa posso servirla?"[2] un importante fattore della cultura di Servizio è ad esempio la cortesia: è considerato naturale che un professionista sia cortese (la buona educazione viene insegnata in famiglia, per cui la buona educazione di un soggetto dipende dalla loro educazione personale) anche se è più facile osservare quello che viene definito come fair-play ("prenderla sportivamente"): le persone, nel loro ruolo lavorativo, entrano in relazione mantenendo un elevato livello di fair-play i sentimenti, sia positivi che negativi, che accompagnano i colleghi di lavoro, vengono mantenuti in maniera molto "sciolta", sottoposta ad un "sorriso costante". Questa locuzione si avvicina a quell'espressione che in italiano si direbbe con "prenderla con filosofia". D'altra parte ciò che può verificarsi è che per anni si accumulino malesseri mai espressi che poi esplodono all'improvviso. E' evidente, quindi che tutto quello che è "materia umana" di analisi richiede linee d'approfondimento specifiche che seguano le principali dimensioni del clima e della cultura condivisa e circolante che caratterizzano un contesto lavorativo.

L'intervento in azienda

1. Il Consulente

Esistono tre modelli di consulenza, che corrispondono ai tre possibili ruoli che il Consulente può operare per svolgere il suo lavoro: si deve scegliere tra tre modelli perché "chi dà aiuto deve scegliere secondo il momento quale ruolo assumere o quale tipo di aiuto offrire,ma tutti e tre i modelli implicano che l'aiuto è la funzione centrale della consulenza"[3]

Modello n ° 1 = expertise: "vendere e dire"

Il Cliente acquisisce dal Consulente delle informazioni che non sarebbe in grado di procurarsi da solo: il Manager sa quale tipo di servizio cerca. Questo modello funziona se: 

1. il Manager ha diagnosticato correttamente le sue necessità;

2. le ha comunicate correttamente al Consulente;

3. ha valutato bene la capacità del Consulente;

4. ha riflettuto adeguatamente sulle conseguenze;

5. esiste una realtà esterna che si possa studiare obiettivamente.

Le possibili cause di insuccesso possono riguardare le troppe condizioni da soddisfare; o, ancora, il fatto che in questo modello il Cliente possa perdere potere e una volta affidato l'incarico non possa più intervenire (senso di frustrazione); o troppo spesso la stessa elusività della realtà concettualizzata.

Modello n °  2 = "medico-paziente"

Il Cliente chiama il Consulente per essere messo "sotto osservazione"  in quanto ha scoperto dei sintomi di malessere. Non fa una diagnosi, perché presume che un operatore esterno comprenda perfettamente la situazione; si aspetta una terapia o dei rimedi che funzionino, in quanto presume che il Consulente operi secondo standard professionali.

Il Consulente esegue interviste e test psicologici, produce una diagnosi scritta e fornisce le misure da attuare; effettua confronti con dati tratti da altre organizzazioni e verifica le competenze necessarie al Manager; prescrive programmi di selezione, addestramento e sviluppo. Questo modello funziona se:

1. il Cliente ha identificato la persona o il settore "malato";

2. il "paziente" è motivato a rivelare informazioni esatte;

3. il "paziente" accetta la diagnosi ed accetta la cura;

4. il Cliente è in grado di mettere in atto i cambiamenti consigliati.

Le possibili cause di insuccesso possono riguardar il fatto che il Consulente possa non essere in grado di reperire da solo informazioni diagnostiche precise: l'unità organizzativa malata è spesso riluttante a rivelare informazioni necessarie; si possono dare violazione della privacy e distorsioni durante le interviste e i test; un parere o un consiglio da un esterno può spesso apparire inutile o anche offensivo, quando "medico" e "paziente" non hanno collaborato insieme in una realtà comune; il "paziente" potrebbe non essere in grado di mettere in atto la cura proposta.

In alternativa a questi modelli ne esiste un terzo:

Modello n ° 3 = "consulenza di processo" (PC)

Quali sono i suoi assunti principali?

1. I Clienti spesso ignorano cosa realmente non funzioni e hanno bisogno di aiuto nella diagnosi; tuttavia il problema appartiene soltanto a loro;

2. I Clienti hanno bisogno di capire quale tipo di aiuto cercare;

3. I Clienti hanno volontà di migliorare le cose, ma vanno aiutati a capire cosa migliorare e come;

4. Le organizzazioni sarebbero efficienti se si imparasse a diagnosticare e gestire forze e debolezze;

5. Solo i Clienti sanno cosa potrà funzionare, i consulenti non possono conoscere del tutto la cultura organizzativa tanto da suggerire comportamenti operativi di sicura affidabilità;

6. La PC offre alternative, ma la decisione di adottarle è prerogativa del Cliente;

7. Funzione centrale della PC è trasmettere competenze necessarie a diagnosticare e intervenire correttamente (primi due modelli sono correttivi, mentre PC è correttivo e preventivo).

Il concetto di fondo è la creazione di una relazione con il Cliente, che gli permetta di percepire, comprendere e agire sugli avvenimenti che si verificano nel suo ambiente esterno ed interno, allo scopo di correggere la situazione secondo al definizione del Cliente stesso.

Permette di operare in modo congiunto sulla realtà, eliminare le zone di ignoranza del Consulente, riconoscere che qualsiasi atto costituisce un intervento.

È l'attività chiave da svolgere per lo Sviluppo Organizzativo, cioè per un programma pianificato su scala di un'intera organizzazione, in cui persone o gruppi possono dare vita a un processo generale di apprendimento e cambiamento.

Il Consulente deve aiutare il Cliente a capire la natura del problema o del progetto, e solo dopo decidere il tipo di aiuto necessario; adotta modi differenti di operare momento per momento, distinguendo tra:

agire da esperto indicando misure da prendere;

vendere soluzioni scelte da lui stesso

far partecipare il Cliente a un processo giudicato efficace da entrambi.

Tutto questo sulla base di  5 PRINCIPI OPERATIVI:

CERCA SEMPRE DI ESSERE DI AIUTO (la consulenza consiste nel fornire aiuto, dunque l'aiuto è funzione centrale della consulenza);

RIMANI SEMPRE ADERENTE ALLA REALTA' CORRENTE (non posso fornire aiuto se non conosco la realtà di quello che succede in me e nel sistema cliente);

RICONOSCI LA TUA IGNORANZA (scoprire la mia realtà intrinseca consiste nell'imparare a distinguere quello che so da quello che presumo di sapere, da quello che non so affatto);

QUALSIASI AZIONE COSTITUISCE UN INTERVENTO (ogni interazione rivela info diagnostiche e porta conseguenze sia al cliente sia a me, quindi devo valutarne le conseguenze. Anche la diagnosi è un intervento!);

PROBLEMA E SOLUZIONE APPARTENGONO AL CLIENTE (non è mio compito prendere sulle mie spalle i problemi del Cliente, poiché solo il Cliente deve vivere con le conseguenze del problema e della soluzione, e non va sollevato dalle responsabilità).

La Consulenza di Processo rappresenta un'alternativa al modello numero 1 perché coinvolge immediatamente Cliente e Consulente in un processo di diagnosi e pianificazione congiunta; aiuta il Manager a farsi una idea chiara delle forze e delle debolezze insite nella struttura; il Consulente non si sostituisce al Cliente, ma sa che la soluzione appartiene solo al secondo.

La Consulenza di Processo rappresenta un'alternativa anche al modello numero 2 perché si basa su una diagnosi e una pianificazione congiunte; trasmettere al Cliente la capacità di fare diagnosi e risolvere i problemi attraverso una generazione attiva di correzione (il Cliente va incoraggiato a prendere decisioni definitive circa azioni diagnostiche e correttive, perché apprenda il modo di risolvere problemi quando dovessero ripresentarsi).

Il Cliente

Presentiamo diverse tipologie di Clientela ripercorrendo il mio potenziale intervento presso il Self-service del Bagno ****:

Clienti iniziali, di contatto: chi contatta per primo il consulente con una richiesta la figlia del proprietario, che desidera migliorare il tipo di Servizio offerto e aumentare gli introiti;

Clienti intermedi: persone che partecipano a interviste o riunioni nel corso del progetto i dipendenti che appartengono al nucleo familiare;

Clienti primari: chi ha la proprietà del problema e paga la consulenza il titolare del ristorante;

Clienti involontari: membri dell'organizzazione che subiranno gli effetti senza esserne coscienti i dipendenti che non fanno parte del nucleo familiare;

Clienti finali: la comunità, l'organizzazione nel suo complesso, il cui interesse deve essere tenuto in considerazione i frequentatori del ristorante, che avranno giovamento dalle migliorie apportate all'organizzazione.

Clienti non interessati: persone coinvolte che si rendono conto di quanto succede, possono rallentare l'azione di supporto o mettervi fine (questioni politiche, giochi di potere) il proprietario e la moglie, persone poco inclini ai cambiamenti, o in senso più ampio chi ad esempio dovrà eventualmente fornire permessi per possibili interventi sull'immobile o variazioni nell'orario d'apertura, ecc.

3. Ipotesi d'Intervento

Immaginiamo che l'intervento ci venga richiesto attraverso una domanda iniziale, come spesso accade, abbastanza indifferenziata, ad esempio un possibile conflitto fra alcuni membri del nucleo familiare che si occupano in modo più stabile del Servizio e spingono per una riorganizazione del Servizio e degli spazi in una direzione più giovane e moderna (i figli e la nuora) e chi invece, oltre ad essere proprietario, è il creatore dell'azienda e lotta per un mantenimento degli vecchi schemi organizzativi; conflitto che crea tensioni sul luogo di lavoro, con ovvie ripercussioni anche per i cinque dipendenti esterni al nucleo familiare e sul più ampio piano del "clima" che anche l'Utenza del Servizio "respira".

Per delineare il problema fisserei un paio di riunioni con i figli del titolare, per cercare di analizzare più a fondo la domanda e capire cosa desiderano ottenere dalla consulenza, per  stabilire efficaci strategie d'intervento.

Per mettere a fuoco la disomogeneità dei metodi lavorativi dei figli e dei genitori cercherei prima di tutto di capire come funziona il Self-service, chiederei quali tipi di difficoltà si incontrano nella gestione e che tipi di scontri si verificano riguardo alla scelta di dirigere il locale secondo un metodo o un altro (i figli, abbiamo detto, desiderano rendere più moderno il locale, creando anche piatti meno "tradizionali" e apportando cambiamenti all'arredamento della sala; mentre i genitori, ed in particolare la madre, desiderano mantenere tutto cosi come è attualmente). Per fare ciò potrei utilizzare dei cicli ORGI. Si tratta di una strategia che permette di chiarire ciò che si verifica nella nostra mente e come rendere più efficaci gli interventi.

Il ciclo ha varie fasi:

OSSERVARE: registrazione accurata, tramite tutti i sensi, dell'ambiente circostante. Le nostre esperienze passate filtrano i dati in arrivo, escludendo informazioni disponibili ma non corrispondenti alle nostre attese: registriamo quello che vogliamo e che ci serve. La causa di tali distorsioni possono essere meccanismi difensivi che agiscono a livello percettivo come il diniego (rifiuto di riconoscere determinate categorie di info se applicate a noi stessi), o la proiezione (vedere negli altri ciò che opera in noi stessi). Imparare a osservare significa evitare le trappole delle esperienze passate.

REAZIONE: possiamo provare sentimenti di ansia, gioia, imbarazzo, aggressività, rabbia, felicità senza rendercene conto, se non quando qualcuno ci si chiede cosa stiamo provando e riflettiamo su ciò che sta accadendo dentro di noi. Impariamo a soffocare i sentimenti, controllarli, sopprimerli e negarli, per comportarci secondo determinate regole sociali,  ma paradossalmente ci basiamo su essi per agire! Imparare a rendersi conto dei propri sentimenti e di quelli degli altri è dunque necessario per passare alla terza fase.

GIUDIZIO: siamo capaci di pianificare un'azione futura analizzando i dati a disposizione prima di agire, per conseguire obiettivi e organizzare azioni prolungate nel tempo. Ma analisi e giudizi saranno viziati se i dati saranno fraintesi o distorti dai sentimenti. Persino in condizioni ideali la nostra razionalità sarà comunque limitata. E' necessario riconoscere fin dal principio i limiti della propria capacità di raziocinio.

INTERVENTO: solo dopo aver formulato un giudizio passiamo all'azione; anche quando agiamo d'impulso, in realtà non abbiamo escluso il giudizio razionale, abbiamo solo accordato credito eccessivo a una osservazione iniziale. Reazioni impulsive che mettono nei guai sono interventi corrispondenti a giudizi basati su dati erronei, NON giudizi sbagliati. Tutto quello che dice o fa un consulente rappresenta un intervento ed è foriero di conseguenze.

Dopo un'attenta analisi della domanda e del concreto funzionamento dell'azienda, proporrei una riunione collettiva per far si che coloro i quali avessero richiesto la consulenza potessero spiegare la loro effettiva volontà di migliorare il Servizio, avvalendosi anche dell'aiuto di un Consulente esterno: in questo modo potrei conoscere gli altri membri dello staff e vedere le loro reazioni a tale comunicazione.

Successivamente potrei chiedere di incontrarmi con gli altri dipendenti, per sentire anche il loro parere riguardo alla possibilità di migliorie e cambiamenti. Questi incontri li suddividerei in due momenti: uno di gruppo, per verificare anche il grado di sintonia tra i lavoratori; e uno individuale, per verificare la presenza di eventuali dissapori o impressioni che magari non vengono dette agli altri per evitare di creare disaccordi.

Ad un'attenta analisi del gruppo di lavoro (anche tramite specifici strumenti come tests, questionari semi strutturati) potrei a questo punto aver le idee abbastanza chiare sull'organizzazione che avrei di fronte, anche sul piano della cultura condivisa e del clima interno ed esterno. Potrei così individuare Aree Critiche e Punti di Forza.

Possibili Aree Critiche: mancanza di "apertura mentale" e di richiamo verso nuove e migliori tipologie di lavoro, in particolare, ad esempio, un'assoluta mancanza di interesse ad un'apertura serale: ciò è negativo perché il locale si trova situato in una zona ad alta frequentazione turistica e potrebbe migliorare i propri affari lavorando anche per la cena. E ancora potrei notare vecchie tipologie operative: le ordinazioni, ad esempio, vengono prese ancora sulle vecchie comande, spesso nella confusione non viene rispettato l'ordine di richiesta della clientela per cui si verificano episodi di differenziazione fra clienti abituali e nuovi frequentatori e questo è motivo di scontri e dissapori interni ed esterni.

Possibili Punti di Forza: nonostante i conflitti interni, motivo della decisione di aver contattato un Consulente specifico, come accennato, nel locale si respira un'aria familiare, ci si ritrova tra persone con cui si ha un rapporto di conoscenza e di premura, dove tutti sono orientati verso la clientela perché si senta coccolata e soddisfatta nelle sue richieste. Per cui ci sono comunque evidenti spazi di mediazione del conflitto stesso.

A questo punto, identificati i vari aspetti, comunicherei al Cliente iniziale il feedback delle mie impressioni, con considerazioni mirate ma caute (si tratta di un passaggio molto delicato della consulenza!) e le prime possibili proposte d'intervento mirato, conseguenti quindi a quanto rilevato. Potrei proporre ad esempio da prima un lavoro strettamente focalizzato sul gruppo, per aumentare i livelli di scambio comunicativo e la condivisione, per poi procedere con strategie più orientate in base a quanto emerso.




S. Capranico, Guerini e associati editore, Milano, 2003. 

E. Schein, La consulenza di processo. Raffaello Cortina, Milano, 2001.)




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