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Jean Jacques Rosseau

pedagogia



Jean Jacques Rosseau

Rosseau nacque nel 1712 figlio di un calvinista francese, rimase orfano di madre a pochi giorni dalla nascita. Non ebbe un'infanzia regolare, tale da creargli una personalità instabile e irrequieta. Gran filosofo ma soprattutto gran pedagogista esprime le sue convinzioni sull'educazione nella sua opera l'Emilio. Con la quale ha offerto alcuni principi che hanno avuto larghissima e prolungata fortuna influenzando il pensiero educativo otto-novecentesco.

Rousseau ha proposto una 414j94e nuova concezione dell'infanzia e un nuovo atteggiamento educativo.

Egli parla di un'educazione individuale condotta con un metodo chiamato "educazione naturale", in base alla quale occorre formare prima l'uomo e poi il cittadino. Rosseau riteneva che l'essere umano è costituzionalmente buono e solo quando si integra nella società si corrompe, l'educazione deve tendere alla costruzione dell'unità personale, fatta di interiorità, immediatezza e globalità. Per Rousseau l'uomo non era ma è diventato malvagio ed ingiusto, il suo squilibrio non è originario, ma derivato dalla società. La sua originalità sta nel fatto di essersi posto per primo il problema educativo da una prospettiva "puerocentrica", ovvero il bambino al centro dell'educazione. Quest'ultima è giusta e vera solo se tiene conto della particolare natura del bambino nelle diverse età, rispettare l'infanzia che ha dei modi di vedere, sentire, pensare propri.



  1. C'è un'età dominata dall'attività corporea,
  2. Una dominata dalla sensualità;
  3. Una dalla curiosità mentale e dell'interesse per le occupazioni pratiche;
  4. Un'altra dalla ragione;
  5. Infine arriva alla partecipazione sociale.

Queste cinque fasi corrispondono al metodo educativo basato sul principio di gradualità. Questo metodo si chiama "negativo" e "indiretto" in quanto, se la natura del bambino è costituzionalmente buona, l'educatore deve solo aiutarne lo sviluppo, da un lato rimuovendo gli ostacoli che ne impedirebbero l'impressione dall'altro predisponendo situazioni naturali, libere da influssi provenienti dalla società.

Per Rousseau le fonti dell'educazione sono tre:

  1. "La natura" stessa del bambino;
  2. "Le cose" intese oggettivamente come ambiente e precisamente ambiente naturale (la campagna);
  3. "gli uomini" (ma solo al termine della formazione educativa).

Rousseau critica la forma libresca e valorizza l'osservazione, la ricerca personale, contatto diretto con la realtà. Quest'ultimi stimolano la curiosità, gli interessi, i bisogni e i ritmi personali del bambino che sono appunto le leggi del procedere educativo.

















L'EMILIO

Nell'Emilio, Rosseau immagina di seguire la crescita e la formazione di un fanciullo dalla nascita al matrimonio. Nobile ed orfano viene di proposito allontanato dalla città e condotto a vivere in campagna dove matura sotto la guida vigile e attenta di un educatore. E' un ragazzo che matura con ritmi lenti, ma appropriandosi validamente delle cognizioni che gli sono utili, queste vengono apprese al "tempo giusto" quando la sua maturità psicologica ne permette una reale assimilazione: ciò avviene nell'ambito dell'educazione intellettuale morale e religiosa. Il ruolo dell'educatore è quello di ritardare questi apprendimenti. Tale da evitare ogni anticipazione e di far vivere ad Emilio la sua infanzia, egli deve anche guidare il bambino e correggerlo ostacolando le cattive abitudini perché tutto ciò si verifichi è necessario accompagnarlo per tutta la sua crescita, senza farsene accorgere. L'obbiettivo finale è quello di formare un semplice uomo e non un gentiluomo colto. Dunque l'Emilio è un originale reinterpretazione dei bisogni più istintivi e profondi del bambino, in una nuova attenzione per i suoi ritmi di crescita e nella valorizzazione delle caratteristiche psicologiche dell'età magica. Questa teoria che mette al centro dell'educazione il bambino ha condizionato la pedagogia contemporanea e anche quella successiva, egli è veramente la chiave di svolta del pensiero pedagogico. Emilio viene educato non dentro e per la società (secondo i principi dell'illuminismo) ma "fuori", in un isolamento che lo preservi dalla corruzione della società con l'aiuto dell'educatore.

L'opera parte dalla tesi che, poiché l'uomo è buono per natura, occorre fin dall'infanzia proteggerlo dalla degenerazione e dalla corruzione che regna nel mondo della cultura e nelle strutture sociali così come attualmente esse esistono. Si tratta insomma di difendere, evitando un'educazione autoritaria e repressiva, l'«uomo naturale» e di impedire che si corrompa trasformandosi del tutto in un uomo artificiale. Segregare l'educando dalla comunità è il compito che si impone di fronte alla società perversa. La natura «buona» dell'individuo deve svilupparsi liberamente. Rousseau divide il suo romanzo pedagogico in cinque libri: infanzia (1-2 anni), fanciullezza (3-12), preadolenscenza (13-15), adolescenza (16-20) e, quindi, giovinezza.




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