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Paul Heinrich Dietrich barone d'Holbach (1723-1789)

filosofia



D'HOLBACH

Con Paul Heinrich Dietrich barone d'Holbach (1723-1789) , nato in Germania ma naturalizzato francese, il materialismo raggiunge la sua espressione più organica e dottrinaria. Holbach é una delle figure più dinamiche della cultura illuministica in Francia: il suo salotto parigino e il suo castello di Grandval furono punto di incontro dei più importanti esponenti della cultura settecentesca, sia francese (diderot, Helvètius, Turgot) sia straniera (Hume Smith Beccaria) ; scrisse molte voci per l'Enciclopedia, il manifesto degli illuministi e pubblicò , come Voltaire, molti testi della letteratura filosofica clandestina o opere dei deisti inglesi che , per via della radicalità delle loro tesi, non erano stati tradotti e diffusi sul suolo francese. La sua stessa opera principale, il Sistema della natura (1770) , fu condannata al rogo per il materialismo apertamente difeso in essa. Holbach sostiene , infatti , una rigorosa identificazione della natura con la materia , pervenendo ad una concezione rigorosamente meccanicistica e deterministica: la natura é un gran tutto regolato da leggi deterministiche e composto da materia in movimento e in trasformazione continui. . Di conseguenza anche l'uomo é concepito come un essere puramente fisico , che sottostà, come tutti gli altri enti naturali, alle leggi necessarie della natura materiale: la negazione della libertà umana é totale in Holbach. L'uomo non é libero di volere, ma é spinto ad agire dall'amor di sé, che é il corrispettivo morale di quella forza che agisce su tutti gli esseri naturali, cioè della gravitazione. Il suo temperamento individuale é il risultato di cause fisiche e chimiche che cominciano ad agire fin dalla sua esistenza prenatale. L'azione dell'uomo é determinata dalla ricerca della felicità , la quale viene definita anch'essa in termini puramente fisici e materiali, come piacere duraturo. Nelle sue ultime opere, soprattutto nella Politica naturale (1773) e nella Morale universale (Morale universelle) (1776) egli sviluppa le conseguenze etico-politiche del suo radicale materialismo . Riprendendo le tesi eudaimonistiche consuete nel pensiero illuministico che volevano la felicità per il maggior numero possibile di persone, Holbach vede nella felicità la finalità sia dell'agire individuale, sia dell'organizzazione politica . Ogni istituzione che impedisca il conseguimento di tale fine naturale perde con ciò stesso la sua legittimità , sia che essa abbia carattere politico (come nel caso del dispotismo) sia che essa abbia carattere religioso (come nel caso dell'organizzazione ecclesiastica). Holbach prospetta quindi la possibilità di una società di atei , nella quale il riferimento a Dio e ai valori soprannaturali viene sostituito dal riconoscimento di una legge della natura (e della materia) che, prescrivendo la felicità di ciascun uomo, prefigura un ordine socio-politico universale. E d'altronde Holbach non può che approdare all'ateismo più radicale, sono le sue stesse tesi filosofiche a condurlo a tale concezione: riducendo tutto a materia e abolendo ogni forma di spiritualità, ecco allora che Dio, l'ente spirituale e immateriale per eccellenza, viene a cadere: non può esistere. 323b14d E Holbach non arriva alla conclusione hobbesiana della materialità di Dio, ma , più semplicemente, ne nega l'esistenza. Celebre é la sua espressione sprezzante nei confronti del Dio cristiano e , più in generale, di ogni forma di divinità: Se Dio é dappertutto anche in me, agisce con me, sbaglia con me, offende Dio con me, combatte con me l'esistenza di Dio . Ma Holbach non si limita a rifiutare l'esistenza di un Dio-persona come quello cristiano, bensì non accetta neanche quello dei deisti, il Dio-orologiaio, la cui esistenza sarebbe dimostrata soltanto dall'ordine e dalla legalità della natura: si tratta per il barone di un'ipotesi assurda che non aggiungerebbe nulla alla natura stessa, che non é effetto del "caso", ma di una concatenazione di cause ed effetti. Con Holbach appare nel modo più evidente come, all'interno dell'Illuminismo francese, l'ipotesi materialistica si trasformi in una concezione del mondo e della realtà , ovvero in una vera e propria metafisica . Se dunque i materialisti francesi condividono con l'illuminismo l'esigenza di dare una spiegazione scientifica della realtà , essi finiscono però col sostituire alla vecchia metafisica spiritualistica o dualistica una nuova metafisica materialistica , cioè un sistema costruito a tavolino sulla base di princìpi astratti. L'uomo per Holbach é prodotto dalla natura e sottoposto alle sue leggi e l'idea del Dio orologiaio che con la sua intelligenza avrebbe creato il tutto va scartata : é solo un'illusione antropomorfica , é l'uomo che immagina Dio e i suoi comportamenti a propria somiglianza. Naturalmente Holbach sostiene la mortalità dell'anima: se la natura é materia vivente , lo é anche il pensiero; se in natura tutto nasce e tutto muore , si crea e si distrugge , così é anche per lo spirito umano. Quella che Cartesio aveva chiamato res cogitans , ossia la spiritualità e il pensiero, vengono da Holbach ricondotte a res extensa , ovvero a pura materialità e corruttibilità.




LA METTRIE

Nel periodo illuministico , accanto alle posizioni deistiche , troviamo anche alcuni strenui difensori dell'ateismo e del materialismo : essi entreranno in contrasto non solo con i sostenitori della tradizione filosofica e religiosa , ma anche con i philosophes più moderati . Il caso più interessante é senz'altro quello di Julien Offray de La Mettrie ( 1709 - 1751 ) , il quale studiò medicina prima a Parigi poi a Leida , in Olanda , dove fu allievo di Hermann Boerhaave , medico spinoziano sostenitore di un radicale meccanicismo fisiologico che avrebbe molto influito sul giovane La Mettrie ; grande nemico della Chiesa cattolica e della sua intolleranza universale , i suoi dogmi inaccettabili per la ragione , il suo appoggio ai regimi tirannici , il suo ruolo di divulgazione dell'ignoranza e la sua superstizione più profonda , La Mettrie contribuì alla diffusione in Francia del pensiero scientifico di Boerhaave , con traduzioni dei suoi scritti e relative introduzioni . La Mettrie non tardò ad approdare a tesi fortemente materialistiche che trovarono una prima organica esposizione nella Storia naturale dell'anima , del 1745 , e successivamente nella sua opera più famosa , l'Uomo - macchina , del 1748 . Questo libro suscitò grande scalpore tanto che fu pubblicamente bruciato sul rogo e La Mettrie dovette fuggire in Prussia , accettando la protezione del sovrano imbevuto di razionalismo , Federico II , per evitare di fare la fine toccata a Giordano Bruno un secolo prima . Questo dimostra come in Francia non vi fosse ancora quella libertà di pensiero che invece si era gradualmente affermata in Inghilterra per culminare nell'abolizione della censura . Il filosofo cui La Mettrie maggiormente si ispira , naturalmente , é l'edonista Epicuro tant'è che tra i suoi scritti , oltre a quelli già citati e a L'uomo - pianta e L'arte di godere , egli scrisse anche Il sistema di Epicuro , in cui si riallacciava alle tesi propugnate al grande filosofo greco . Nella Storia naturale dell'anima La Mettrie parte dal presupposto dell'infondatezza della distinzione effettuata da Cartesio un secolo prima circa tra res extensa ( la materia ) e res cogitans ( la spiritualità ) : se la materia é solo materia ( res extensa ) e l'anima é solo anima ( res cogitans ) e materia e anima sono inconciliabili ( come dice Cartesio ) , che rapporto c'è tra corpo e anima ? In altre parole , se sono due realtà tra loro così radicalmente distinte , come fa il corpo ad agire sull'anima e l'anima ad agire sul corpo ? Che agiscano l'uno sull'altro non si discute : quando con l'anima decido di alzare il braccio e poi col corpo lo alzo é l'anima che agisce sul corpo ; viceversa , quando metto la mano su una superficie calda , provo con l'anima una scottatura . Ecco che allora Cartesio si trova di fronte ad un problema non da poco : due sostanze eterogenee , tra loro opposte , che nell'uomo agiscono l'una sull'altra . Le realtà fisiche , poi , per Cartesio si comportano secondo schemi meccanici e deterministici , mentre invece l'anima é libera di scegliere , gode del libero arbitrio ( l'errore consiste proprio nella volontà ) : anche qui Cartesio deve far fronte a un grande problema che se non risolto può far vacillare l'intero suo edificio del sapere . Cartesio deve far quindi incontrare il mondo fisico , meccanicistico e privo di libertà d'azione con quello spirituale libero e immateriale . Diventa poi difficilissimo spiegare come l'anima muova il corpo e viceversa visto che l'anima , per definizione , é sostanza spirituale e non é riconducibile ad estensione : nell'ottica meccanicistica cartesiana , ogni movimento é causato da urti fisici , ma come fa il corpo materiale ad urtare l'anima immateriale per farla muovere a sentire il calore quando appoggiamo la mano su una superficie calda ? Come può esserci movimento per contatto tra una realtà fisica e una spirituale ? E' una contraddizione parlare di movimento e di urti a riguardo dell'anima . Ecco allora che Cartesio tenta di fornire una spiegazione ipotizzando proprio un contatto tra anima e corpo , una spiegazione non molto convincente già all'epoca : nella cosiddetta ghiandola pineale avviene l'incontro fatidico e misterioso tra le due res . Ma tutta la filosofia del 1600 non é altro che un tentativo di risolvere la problematica mal conclusa da Cartesio sul rapporto tra la res cogitans e la res extensa e perfino La Mettrie , nel 1700 , prova a risolvere la questione in modo analogo a come aveva fatto Hobbes : eliminando la res cogitans . Per Le Mettrie esiste solo la res extensa , la materia , mentre la res cogitans é solo una manifestazione della materia . Anche l'anima , spiega La Mettrie , presenta gli attributi dell'estensione e della materialità . Infatti , dal momento che non possiamo conoscere l'intima essenza né della sostanza estesa né di quella pensante ( come aveva già dimostrato Locke ) , siamo autorizzati a pensare che anche la materia partecipi di quella sensibilità che Cartesio attribuisce esclusivamente all'anima . Corpo e anima , entrambi materiali ( res extensa ) , sono quindi per La Mettrie strettamente interdipendenti , come é provato dal fatto che l'alterazione delle condizioni fisiche ( per esempio , la febbre elevata : ricordiamoci che La Mettrie é medico ) comporta la diminuzione delle capacità intellettuali . Nella Storia naturale dell'anima La Mettrie non negava l'esistenza dell'anima ( come indica lo stesso titolo dell'opera ) , ma soltanto la sua immaterialità : l'anima é materia poiché tutto ciò che esiste deve per forza essere materia e se l'anima é materia significa che essa , come ogni altra cosa materiale , é destinata a perire . Nell'Uomo macchina , invece , che é il suo capolavoro , egli , estendendo il meccanicismo di Cartesio anche all'uomo , rende assolutamente superflua l'ipotesi dell'anima , che in fondo già nelle teorie cartesiane sembrava un qualcosa di superfluo , aggiunto solo per non inimicarsi la Chiesa : quello che per Cartesio differenzia gli uomini dagli animali é proprio l'anima , che però sembra più un elemento aggiuntivo che non fondamentale : gli animali , senz'anima , vivono benissimo . Pare un elemento forzatamente aggiunto l'anima tant'è che poi nel 1900 un filosofo definirà adeguatamente la concezione cartesiana dell'uomo : una macchina con uno spettro all'interno : l'uomo é una macchina esattamente come gli animali e in più rispetto ad essi si trova ad avere uno spettro ( l'anima ) . Ma quest'ipotesi dell'anima nella macchina parve poco convincente fin dall'inizio perché in fondo il problema di come realtà materiale e spirituale entrino in contatto Cartesio lo risolve in modo poco convincente , quasi come se l'anima nella ghiandola pineale si comportasse da corpo . Ecco allora che La Mettrie , eliminando radicalmente la res cogitans , non esita a dire che l'uomo , come ogni altro animale , é soltanto una macchina che risponde alle rigide leggi del meccanicismo , é cioè un meccanismo che funziona in base alle proprietà intrinseche della materia stessa . D'altronde Cartesio era arrivato a dire che gli animali fossero macchine e l'uomo no avendo ipotizzato che una macchina imiti perfettamente un animale : chi non mi dice che l'animale stesso non sia una macchina ? Con l'uomo tutto é diverso perché nessuna macchina potrà mai pensare razionalmente come fa l'uomo ; oggigiorno però ci si avvicina sempre di più a macchine che imitano il ragionamento dell'uomo e quindi il ragionamento di Le Mettrie , per molti versi , é più coerente di quello di Cartesio ( teniamo presente che l'epoca in cui vive Le Mettrie é un'epoca che va sempre più verso la rivoluzione industriale , caratterizzata dal brulicare delle macchine ) . Le leggi naturali che regolano il meccanismo dell'uomo macchina non possono essere conosciute astrattamente , ma devono essere indagate sperimentalmente da scienze quali l'anatomia e la fisiologia ( La Mettrie é medico ) . La sola differenza tra animali e uomini non é il fatto che gli uni non abbiano l'anima e gli altri sì ( come aveva detto Cartesio , ma é la maggiore complessità strutturale della macchina uomo . Così come gli animali sono macchine più complesse rispetto alle piante e le piante sono macchine più complesse rispetto agli esseri naturali più semplici , l'uomo é la macchina più complessa di tutte , ma é pur sempre una macchina : il fatto di essere una macchina e di agire secondo le rigide regole meccanicistiche comporta il fatto che non vi é libero arbitrio : l'uomo non può scegliere come agire perché tutto é dettato dalla fisica meccanicistica ; con Cartesio c'erano sì le regole meccanicistiche che muovevano i corpi , ma nell'ambito della res cogitans vi era il libero arbitrio : l'anima può scegliere , é libera . Ma se l'anima non c'è e tutto é materia , allora viene a cadere anche la libertà : l'uomo non piange perché vuole piangere , ma piange perché é stimolato a piangere : ad ogni input corrisponde un output proprio come in una macchina : se suono il clacson ad una macchina suona , se tiro la coda a un gatto miagola ( fin qui lo diceva anche Cartesio ) se percuoto un uomo piange ; tutto é dominato dal meccanicismo . L'intera natura é ricondotta ad un unico principio , la materia fornita di sensibilità e movimento e le differenze tra macchina e macchina consistono solo nei diversi modi di funzionamento e nei diversi livelli di complessità dei meccanismi naturali . L'uomo é in altri termini una sorta di orologio : costituisce un tutto unitario proprio come un orologio in cui tutti gli ingranaggi sono costruiti per servire a un unico scopo e la composizione meccanica della macchina ( i meccanismi sono giustapposti , ma mantengono una loro indipendenza ) consente la distinzione tra diversi ambiti di funzionamento : una parte della macchina si può guastare senza pregiudicare con ciò il funzionamento delle altre parti : Il corpo umano é un orologio , ma immenso e costruito con tanto artificio e abilità che se la ruota adibita a indicare i secondi si ferma quella dei minuti continua a girare e a compiere il suo corso , ed anche la ruota dei quarti d'ora continua a muoversi . ( L'uomo - macchina ) . Negli scritti a carattere morale La Mettrie sviluppa un'etica edonistica che si ispira ad Epicuro : la natura stessa indica ciò che é bene per l'uomo connettendolo con il piacere , che é sempre e solo materiale , anche se può assumere espressioni raffinate , come il piacere intellettuale ed estetico . L'uomo non deve vivere nel timore di Dio proprio perché Dio non esiste ! Esiste solo la materia e quindi Dio, che certo non può essere materia ( come invece aveva detto Hobbes ) non esiste , proprio come l'anima.






HELVETIUS

Claude-Andrien Helvetius, appartenente alla corrente dei cosiddetti filosofi "materialisti", e si fa portavoce di un materialismo appena più dissimulato rispetto a quello di La Mettrie; nella sua celebre opera "Sullo spirito" (1758) (che suscitò reazioni durissime da parte della cultura tradizionalista, fino a causare la sospensione temporanea dell' "Enciclopedia", del cui ambiente Helvétius era frequentatore) egli dà un fondamento gnoseologico al proprio materialismo: sostenendo una dottrina della conoscenza di tipo sensistico (analoga a quella elaborata da Condillac), egli è del parere che tutte le idee provengano da due facoltà: la sensibilità , con cui noi possiamo ricevere le impressioni degli oggetti esterni, e la memoria , grazie alla quale conserviamo nello spirito la sensazione ricevuta. A differenza di Condillac, tuttavia, Helvétius sostiene che tale interpretazione sensistica della conoscenza escluda la possibilità di un'anima immateriale, e pertanto risolve, sia pure con qualche cautela dettata dall'autocensura, ogni attività dello spirito nella materia. Sulla base del proprio sensismo materialistico, Helvétius formula anche una morale di tipo utilitaristico , nella quale il riconoscimento dei moventi puramente dell'azione umana (il piacere e l'interesse) è congiunto al tentativo di trovare norme di comportamento massimamente generalizzabili. A tale scopo egli introduce appunto il criterio dell'utilità, il cui valore cresce in rapporto diretto il grado di generalità conseguito, che va dall'interesse individuale a quello dei gruppi particolari, dei popoli e così via, fino a comprendere l'universo intero. Helvétius riconduce tutte le facoltà dell'anima alla sensazione.

Il tratto che fa di Helvétius uno degli anticipatori della scienza dell'uomo è proprio quello della correlazione che egli stabilisce fra l'uomo e la società. Riconducendo l'anima alla sensazione e mettendo in rapporto l'ambiente e le strutture sociali, arriva ad una sintesi formulando un'interazione tra le condizioni in cui vive l'individuo e le convinzioni e i valori etici. Attraverso il meccanismo dell'associazione, dalle sensazioni arriva qualsiasi tipo di idea; allo stesso modo, dalla percezione di piacere o di dolore deriva ogni motivazione del comportamento. La formazione del pensiero non dipende solamente dalle esperienze dell'uomo, ma anche dalla propria struttura fisica e dalle facoltà che essa gli permette. Tutte le cose, in quanto conosciute, vengono tradotte in sensazioni o immagini; le idee quindi non sono nient'altro che le associazioni di queste sensazioni. Di conseguenza lo spirito è l'insieme delle conoscenze acquisite mediante l'esperienza. Da queste premesse derivano due importanti conseguenze:

1- la conoscenza umana non può mai andare oltre ciò che è oggetto di sensazione;

2- l'intelligenza o la capacità di riflessione sono pienamente riconducibili alla quantità e alla qualità delle esperienze sensoriali, cioè ai rapporti con l'ambiente.

Anche il giudizio, considerato tradizionalmente il fondamento di ogni conoscenza, è ricondotto alla sensazione. Un giudizio è, per Helvétius, un'immagine mentale, nella quale sono collegate sensazioni diverse. Anche la morale, così come la conoscenza, deriva interamente dall'esperienza, tramite un processo ben preciso: le valutazioni morali sono regolate da una sorta di meccanismo automatico, l'interesse individuale, che si esprime prima di tutto nella tendenza alla propria conservazione, ma investe ogni altro tipo di valutazione e di scelta. Le prime passioni dalle quali è determinato il comportamento umano sono quelle naturali, legate ai bisogni elementari e alle sensazioni del piacere e del dolore; derivano da queste le passioni artificiali, più complesse delle prime. A differenza delle passioni naturali, che sono comuni per tutti gli uomini, quelle artificiali dipendono dall'ambiente in cui si vive e dall'organizzazione politica in cui gli individui si formano. La società dunque determina la natura stessa dell'uomo, sia dal punto di vista cognitivo che morale. Helvétius considera l' ambiente , l'ambiente storico-sociale, determinante per la formazione di un uomo, in seguito alle esperienze avute ed agli eventi vissuti. L'organizzazione sociale determina il tipo di uomo, la sua sensibilità, il modo di intendere il bene e il male. Di conseguenza tutti gli individui che vivono nella medesima società hanno una morale comune poichè sono tutti formati da cause simili. Da ciò deriva anche che le diverse società hanno differenti valori e ciò che è bene per l'una non lo è per le altre. La virtù non è arbitraria nè immutabile. Essa è funzionale al bene di una determinata società, relativamente alle sue condizioni materiali e all'organizzazione particolare che ha. Nessun costume, seguito da tutto un popolo, è irrazionale: se studiato attentamente, mostra sempre una ragion d'essere, in rapporto al contesto in cui è inserita. anche a livello collettivo, il criterio per distinguere il bene e il male è l'interesse: è definito "virtù" il comportamento del singolo che giova alla società del suo insieme, "vizio" ciò che la danneggia. Non tutti i costumi sono però virtù soltanto in quanto diffusi in una popolazione. Helvetius distingue le virtù vere, quelle cioè che svolgono una funzione sociale positiva, dalle virtù di pregiudizio, dannose o inutili per la collettività e derivanti da false convinzioni. L'analisi di Helvétius muove dal sensismo, sottolinea poi l'importanza dei fattori ambientali nella formazione dell'esprit, ricondotto a una dimensione storico-sociale, per approdare infine, come conseguenza di questo approccio, al riconoscimento della diversità culturale e della pluralità dei valori. Sapendo che Helvétius appartiene alla corrente materialista, considerando questo titolo ("Dello Spirito") ci si potrebbe aspettare che si tratti di una dimostrazione del carattere materiale dello spirito, del carattere materiale dei processi di pensiero. Invece non è affatto così, non è in quest'ottica che viene presentato, bensì lo spirito è preso in considerazione nei suoi rapporti con la società, nei suoi rapporti con l'educazione, compreso lo spirito nel senso più corrente del termine, come nella locuzione: "avere spirito". E attraverso questa esposizione apparentemente eclettica, ricca di riferimenti eruditi, nutrita di aneddoti e citazioni, che vengono introdotte all'interno delle frasi quelle espressioni che attestano inequivocabilmente il materialismo di Helvétius. Se si considerano tali espressioni (e il modo in cui vengono introdotte) si può giungere alla conclusione che Helvétius sia ancora largamente inserito nella tradizione libertina . I suoi procedimenti di scrittura, i suoi metodi di dissimulazione, di insinuazione sono tipicamente libertini. Quindi, sotto molti aspetti (malgrado l'importanza e il talento, anzi il genio di Helvétius), abbiamo a che fare con un pensiero che è ancora dipendente da questa antica tradizione. D'altra parte vi sono certamente in Helvétius (sempre sotto questa forma tanto prolissa quanto originale), delle critiche estremamente accese contro il regime politico, contro il regime sociale della Francia del suo tempo, (ovvero dell'Ancien régime), e quindi implicitamente egli ha anche una funzione negativamente rivoluzionaria. Resta inteso che l'opera di Helvétius, come quella di tutti i materialisti, nella misura in cui distrugge gli idoli o i pregiudizi, (o intacca le fondamenta della vecchia società) svolge per ciò stesso un ruolo rivoluzionario o pre-rivoluzionario. Ma in Helvétius non è presente alcun orientamento direttamente rivoluzionario, alcun appello alla rivoluzione, né alcuna ipotesi di una trasformazione rivoluzionaria della società. Helvétius è un uomo che fa ancora affidamento (come molti altri pensatori del suo tempo) su ciò che è stato chiamato, a torto o a ragione, il "dispotismo illuminato", fa affidamento in ogni caso sui grandi di questo mondo, sui potenti, sui governanti per far progredire la società. E infatti nella prefazione alla sua opera postuma "Sull'uomo", curiosamente egli dice: " non c'è più niente da sperare in Francia ". Siamo nel 1772, a meno di vent'anni dalla Rivoluzione ed Helvétius da parte sua non conta su nessuno in Francia e aggiunge " su chi potrebbe essere riposta la speranza? Sull'Austria forse o sulla Russia, contando forse sull'imperatore Giuseppe II o sull'imperatrice Caterina, su quei paesi insomma, poiché non credo che sulla Francia possano essere riposte delle speranze ". Il che evidentemente è proprio l'opposto di un orientamento rivoluzionario.
















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