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LA FILOSOFIA ISLAMICA ED EBRAICA

filosofia



LA FILOSOFIA ISLAMICA ED EBRAICA


  1. LA CULTURA ISLAMICO - ARABA

La cultura araba aveva cominciato a svilupparsi  verso il IX secolo con la traduzione di numerose opere di filosofi e scienziati greci.

Nel XII secolo, i rapporti con il mondo arabo stimolarono moltissimo la vita culturale occidentale, perché la cultura orientale aveva già assorbito l'eredità della filosofia greca che gli occidentali conoscevano, invece, solo parzialmente attraverso l'opera dei Padri della Chiesa.

Anche la filosofia arab 343e48d a è una scolastica, cioè un tentativo di trovare una spiegazione razionale alla Verità rivelata dalla religione.

Nella filosofia araba si possono distinguere due tendenze fondamentali: la neoplatonica e l'aristotelica. Della prima il massimo rappresentante è Avicenna, della seconda è Averroé.


  1. AVICENNA



Avicenna, il cui nome era Ibn - Sina, era persiano e fu famoso come medico oltre che come filosofo. La sua opera principale è il Libro delle Guarigioni, da cui furono tradotte la Logica, la Metafisica e la Fisica.

Avicenna formula chiaramente il principio fondamentale della filosofia araba: tutto ciò che accade, accade perché deve necessariamente accadere e non potrebbe accadere in un modo diverso.

Se una cosa non è necessaria ma possibile in rapporto a se stessa, deve essere necessaria in rapporto ad altro.

L'essere che è necessario in rapporto a se stesso è Dio; l'essere che è possibile rispetto a se stesso, ma necessario rispetto a Dio è la natura.

Le cose naturali, infatti, sono necessarie perché derivano da Dio che è un essere necessario. Anche la creazione è un atto necessario perché ha origine in Dio.

Tutti i filosofi arabi sin interessarono al problema dell'intelletto attivo che identificarono con Dio e dal quale distinsero altre specie d'intelletto: oltre all'intelletto attivo, che è quello divino, esistono l'intelletto potenziale che è quello umano che riceve dall'intelletto divino i principi in base ai quali può ragionare, l'intelletto acquisito che è quello che ragiona e forma l'insieme delle conoscenze umane.


  1. AVERROE'

Il più celebre dei filosofi arabi è Ibn - Rashid, detto dagli occidentali Averroé; nacque in Spagna a Cordoba e scrisse due Commenti e una parafrasi delle opere di Aristotele.

Per Averroé, la dottrina di Aristotele è la verità e Averroé si propone soltanto di esporla e chiarirla. Egli è inoltre convinto che la filosofia aristotelica sia assolutamente in accordo con la religione islamica, esprimendo meglio quello che quella religione insegna in maniera semplice agli uomini incolti.

Per Averroé, l'insegnamento fondamentale di Aristotele è la necessità di tutto ciò che esiste; il mondo è necessario perché creato da Dio che è perfetto. In quanto creato da Dio che è eterno, il mondo non ha avuto un inizio nel tempo, ma è eterno come Dio.La sua creazione non è stata un atto libero ma una necessità perché il mondo è una necessaria manifestazione di Dio.

Inoltre per la sua necessità, l'ordine del mondo non può essere assolutamente modificato : questo principio nei secoli successivi stimolò la ricerca scientifica perché si pensava di poter scoprire in tutti i fatti naturali, un ordine necessario.

La necessità dell'essere e l'eternità del mondo sono due delle dottrine tipiche dell'averroismo; la terza è la dottrina dell'intelletto.

I precedenti filosofi avevano separato l'intelletto attivo, attribuendolo a Dio, dall'intelletto potenziale che veniva attribuito all'uomo; Averroé separa dall'uomo anche l'intelletto potenziale perché se questo può trasformarsi in intelletto attivo, deve averne la stessa natura e quindi deve appartenere a Dio. L'uomo non fa che partecipare all'intelletto divino e ne apprende i concetti e le forme per poter ragionare : l'intelletto è quindi unico e separato dall'anima.

Le due teorie dell'eternità del mondo (che esclude la creazione libera) e della separazione dell'intelletto dall'anima ( che esclude l'immortalità dell'anima) erano in contrasto sia con la religione islamica che con quella cristiana. Averroé affermava che la fede religiosa del filosofo è la sua attività di pensiero e che le credenze religiose sono un sostituto di questa attività.

Dagli scolastici cristiani, questa teoria fu interpretata come dottrina della doppia verità: esiste una verità di ragione cui l'uomo giunge con la filosofia ed una verità di fede che è rivelata dalla Chiesa.


  1. LA FILOSOFIA EBRAICA

La filosofia ebraica del IX secolo è rappresentata, da un lato, dalla Cabala , una dottrina tramandata prima oralmente e poi trascritta da alcuni rabbini e che è simile a quella dei neoplatonici o neopitagorici, dall'altro da interpretazioni personali della dottrina platonica - aristotelica.

Avicebron, nato a Malaga in Spagna, fu famoso, oltre che come filosofo anche come poeta. Il suo principio fondamentale è che tutto ciò che esiste è composto di materia e forma. A differenza di Aristotele, egli pensa che tutte le materie formano un'unica materia e tutte un' unica forma. La materia e la forma tendono ad unirsi l'una all'altra: questo desiderio reciproco è comunicato loro da Dio.


  1. MAIMONIDE

Maimonide fu il maggiore dei filosofi ebrei; nacque a Cordoba e fu famoso anche come medico. La sua opera fondamentale fu la Guida dei perplessi, indirizzata a tutti quelli che respingono sia la mancanza di religiosità che la fede cieca.

Maimonide ritiene che la tesi dell'eternità e della necessità del mondo non siano state dimostrate, anzi esistono maggiori ragioni a favore della tesi della contingenza e dell'inizio nel tempo del mondo.

Come si spiega, infatti, la grande varietà di esseri che esistono nel mondo naturale? I filosofi arabi l'attribuivano all'azione delle sfere celesti. Ma quest'azione è uniforme di modo che la varietà non può dipendere che dalla volontà di Dio. Essa agisce liberamente e se crea in un modo le cose, nulla esclude che potrebbe crearle diversamente.








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