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Cartesio - Cogito ergo sum, superstar delle formule

filosofia



Cartesio

-Cogito ergo sum, superstar delle formule-


"Penso, dunque sono", cogito ergo sum. Nessuna massima filosofica ha mai raggiunto tanta celebrità.

Ma qual è il motivo di tanto successo? A nessun filosofo, prima di Cartesio, era mai venuto in mente di dubitare della propria e 454d38e sistenza.

Sino ad allora, lo scopo principale della filosofia, era stato quello di raggiungere la verità. Ma che cos'è la verità, se non si trasforma in certezza? La certezza è qualcosa di più della verità, è una verità che ha superato la prova del dubbio.

Ogni giorno io vedo molte cose che mi circondano, ma chi mi assicura che non si tratti di allucinazioni? A partire da ciò, si arriva a dubitare anche della propria esistenza.

Cartesio fu anche un grande talento matematico e geometrico, e le sue scoperte rivoluzionarono la geometria.


Cartesio era un pensatore solitario

C'è qualcosa di cui non posso dubitare? Questa domanda, è il nuovo punto di partenza.

In Renato Cartesio, è come se la filosofia si svegliasse da torpore, che sino ad allora, le aveva impedito di affrontare questo interrogativo.



In effetti, Cartesio fu tormentato dal dubbio più di qualsiasi altro filosofo.

Ad un tratto, però Cartesio, si decise a distogliere gli occhi dal mondo esterno e lì fissò sul fondo della coscienza. Fu lì che credette di scoprire la verità.

Cartesio, fu educato in un prestigioso collegio di gesuiti, da dove uscì, con l'idea poco gesuita che solo la matematica potesse garantirgli conoscenze sicure.

Grazie all'ozio militare, poté coltivare il suo amore, la matematica. E continuò a farlo, anche quando nel 1618, scoppiò la guerra dei Trent'anni, e dovette arruolarsi nell'esercito bavarese.

Cartesio era l'opposto di Socrate o di Cleante, era un uomo di poche amicizie: gli unici rapporti a cui si assoggettò, furono quelli indispensabili degli intellettuali dell'epoca.


Nell'inferno del dubbio

Tutti i filosofi sono stimolati da alcuni dubbi e cercano di risolverli conquistando delle certezze. Cartesio si distinse dagli altri perché fece del passaggio dal dubbio alla certezza, il metodo professionale, della sua ricerca filosofica. Il suo fu chiamato dubbio metodico.

Per attuarlo, Cartesio non partì dallo sperimentare sulla natura, ma dalla propria coscienza, unico campo di indagine dove l'uomo può sperare di trovare una certezza di base.

Cartesio svolse la sua prima meditazione in vestaglia, di fronte al focolare, con un foglio di carta in mano. In perfetta solitudine si propose di ricostruire tutto dalle fondamenta. Eccolo qui, alle prese con la prima meditazione, con la realizzazione del suo ambizioso progetto, quello di dubitare sistematicamente di tutto ciò di cui non si sente certo. Così Cartesio è precipitato nell'inferno del dubbio, e non si sente più di negare o affermare alcunché. La situazione è disperata: quanto tempo gli occorrerà per tirarsene fuori? Mesi di meditazione? Anni? Macché. La notte porta consiglio, e appena il giorno seguente, Cartesio fa la sua grande scoperta.


Io penso, io esisto: ecco una cosa certa

Il colpo di scena avviene nella seconda meditazione. Dopo i dubbi angosciosi della sera prima, la conquista della certezza arriva in maniera rapida e trionfale: ripugna infatti considerare che ciò che pensa non esista, nello stesso tempo in cui pensa. E questa conoscenza, "io penso, dunque sono", è la prima e la più certa che si presenta. Ma una prima certezza, per quanto fondamentale, non è tutto. Cartesio arriva ad una seconda domanda cruciale: chi sono io? Ho riconosciuto che esistevo, e ora cerco ciò che sono.

E conclude che la cosa che pensa è immateriale: è la nostra mente, che lui chiama spirito, e può avere conoscenza delle cose anche quando mutano il loro aspetto sensibile.

Questa dichiarata superiorità della cosa pensante sulla cosa corporea, non deve far pensare che Cartesio sia stato una spiritualista assoluto in ogni suo atteggiamento.

In soli due giorni di meditazioni filosofiche, Cartesio, riuscì a centrare il nocciolo del problema cruciale della sua filosofia, quello del rapporto fra due tipi di realtà, tanto reciprocamente irriducibili, quanto la cosa pensante e la cosa estesa. Entrambe coesistono in un medesimo individuo, e spesso le indichiamo come il suo spirito e il suo corpo. Come spiegarlo?


Cartesio scopre una ghiandola metafisica

Che ogni individuo possegga un'anima ed un corpo lo avevano detto da millenni le religioni e le filosofie. Cartesio, però, individua in punto debole di questa credenza. Esso consiste nella possibilità di spiegarne la reciproca comunicazione. Quando il mio corpo subisce una ferita, è la mia coscienza che ne sente il dolore: come fa dunque il corpo a comunicare alla coscienza la sua sofferenza?

La risposta di Cartesio, appare in quel momento tanto ridicola, ma i progressi della neurologia la fanno sembrare meno assurda di quanto sembri. Esiste nel cervello una ghiandola, che in termini scientifici si chiama epifisi. Ma già ai tempi di Cartesio, si sospettava che avesse una qualche funzione intermedia tra i meccanismi corporei e quelli della coscienza. Cartesio, sostiene che è questa ghiandola a far da tramite tra la coscienza e le funzioni corporee.

Si pensava, che la mente guidasse il corpo. Invece, nella soluzione cartesiana il legame tra mente e corpo è talmente stretto che, nella ghiandola pineale una parte è mente e un'altra è corpo.

Sta di fatto che, l'ipotesi della ghiandola pineale non fu presa sul serio, e venne perlopiù ridicolizzata. Con ciò restava aperto il problema dei rapporti tra mente e corpo, con cui si cimentarono grandi e piccoli pensatori. I maggiori filosofi a trovare una soluzione in sede divina furono: Leibniz, che immaginò che Dio abbia congegnato mente e corpo come due orologi sincronizzati; il secondo Novecento ha cercato soluzioni più radicali al problema dei rapporti tra mente e corpo, c'è stato chi ha negato senz'altro l'esistenza di una mente separata dal corpo.

Bisogna comunque riconoscere che anche le impostazioni più avanzate di questo problema, hanno la loro matrice nel pensiero di Cartesio. È stato infatti lui a scoprirlo e a indicarlo ai posteri, come uno degli interrogativi essenziali della filosofia.




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