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Platone, Critone

filosofia



Platone, Critone

Socrate chiuso in carcere attende di essere giustiziato. Un suo discepolo, Critone, ha trovato il metodo per farlo evadere, ma Socrate rifiuta. Il filosofo da un lato non deve temere di dispiacere ai più, senza dall'altro tradire la polis: la sua missione è di essere incardinato nella città, e anche quando questa è ingiusta (come appunto nel caso di Socrate) non deve recarle ingiustizia (come avrebbe fatto Socrate se fosse fuggito). Le leggi stesse si rivolgono a Socrate.

Il tema della condanna di Socrate viene da Platone affrontato nel "Critone", dialogo che prende il nome d 323f51d a Critone, un agiato ateniese coetaneo di Socrate e, come ci dice Senofonte, suo discepolo devotissimo. La scena si svolge una mattina del 399 a.C. nel carcere in cui Socrate deve soggiornare nell'attesa della morte: Critone arriva in carcere al sorgere del sole per avvisare Socrate dell'arrivo della nave da Delo: prima del suo arrivo, infatti, non potevano avvenire le condanne capitali. Critone cerca di persuadere Socrate ad evadere: tenta di convincerlo ricordando che se non fuggirà la gente biasimerà i suoi amici per non averlo aiutato, ma Socrate gli ricorda che le persone più accorte, invece, oltre ad apprezzare i suoi discepoli perchè hanno provato ad aiutarlo, apprezzeranno anche lui perché non ha trasgredito la legge; Critone dice poi che tutte le difficoltà pratiche che la fuga comporta sono superabili (il denaro per corrompere le guardie del carcere non manca e neanche le persone fuori da Atene pronte ad aiutarlo) e che rimanendo in carcere Socrate danneggerà se stesso, i figli (che abbandonerà senza poterli allevare) e gli amici (che gli sono molto affezionati e che se la prenderebbero in ogni caso con Critone che non é stato in grado di farlo evadere). Poi prende la parola Socrate, che si ostina a preferire la permanenza in carcere. A sua difesa dice che la vita di un uomo deve essere coerente con le sue dottrine: la legge non va violata in nessun caso (Socrate l'ha sempre sostenuto nel corso della sua vita). Socrate ha sempre rispettato le leggi e non vuole violarle proprio ora: una legge, anche se ingiusta, non va trasgredita, ma bisogna battersi per farla cambiare in meglio, a vantaggio proprio e degli altri concittadini. Non è lecito, ribadisce Socrate, reagire all'ingiustizia con l'ingiustizia, in nessun caso e per nessun motivo. Socrate, poi, é ormai vecchio e trasgredire le leggi dopo aver condotto una vita corretta, il tutto per vivere solo i pochi anni di vita che gli resterebbero, sarebbe un'assurdità, un'incoerenza: gli conviene morire, ma poter dire di essere sempre stato coerente. Il problema fondamentale è se evadere sia giusto oppure no: per Socrate chiaramente non lo è, e commettere ingiustizia è gravissimo, e più dannoso per chi la commette che non per chi la subisce: per Socrate é addirittura più dannoso il trasgredire le leggi rispetto all'essere uccisi. Critone, però, gli fa notare che la gente comune é favorevole alla sua evasione e che é d'accordo con Critone stesso; ma Socrate dice che non si devono seguire le opinioni di tutti, ma solo di colui che effettivamente sa: lui é convinto di sapere ciò che fa e quindi vuole procedere per la sua strada. Anche vicino alla morte Socrate continua a filosofare e pronuncia una celeberrima frase: non bisogna tenere in massimo conto il vivere come tale, bensì il vivere bene, ed il vivere bene è lo stesso che il vivere con virtù e con giustizia.




Dunque la legge, per Platone, non e' frutto di una semplice convenzione tra cittadini, ma e' uno dei due contraenti. I soggetti del rapporto giuridico non sono i soli individui, ma sono, da un lato, le Leggi stesse, e, dall'altro, i Cittadini. Per questo motivo, Platone fa parlare direttamente le Leggi personificandole nella famosa Prosopopea. Il messaggio che ne risulta e' tra i piu' alti e rivoluzionari di tutto il pensiero e costituisce una di quelle conquiste per il sempre: la violenza non e' mai vittoriosa; la sua vittoria e', in realta', una sconfitta; il vero vincere consiste nel convincere, nel persuadere sulla base del ragionare; e se cio' non avviene a causa della malvagita' degli uomini, bisogna in ogni caso testimoniare la verita', anche a costo della vita.






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