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KANT

filosofia



KANT

Giudicare significa pensare il particolare come contenuto dell'universale. Ciò può avvenire in 2 modi : o assoggettando il particolare ad una legge universale (Giudizio determinante) o muovendo da un dato particolare alla ricerca dell'universale (Giudizio riflettente).Nel determinate si applica l'universale al particolare , mentre nel riflettente si esercita una riflessione a partire dall'oggetto determinato. Il Giudizio Riflettente considera il mondo naturale come se esso fosse organizzato secondo un fine. Questo giudizio serve come guida per considerare la natura nella sua armonia.

Nel Giudizio Riflettente , si esprime una facoltà che Kant colloca come intermediaria tra conoscenza e volontà: il sentimento. Il sentimento non può determinare né la conoscenza scientifica(governata dall'intelletto), né la legge morale (posta dalla ragione).Esso tuttavia è una facoltà specifica che consente di rapportare la forma degli oggetti al sentire del soggetto. Si può valutare una rappresentazione qualsiasi, di un'opera d'arte o di un fenomeno naturale , in rapporto al sentimento di piacere o di dispiacere che le si accompagna. Il piacere è sempre legato alla rappresentazione di un oggetto dal punto di vista della finalità :il conseguimento di un qualunque scopo è accompagnato da un sentimento di piacere. 545c22f Il piacere che si prova dinanzi ad un'opera d'arte, ad un paesaggio, o nella scoperta della concordanza di un insieme di leggi empiriche, rivela che ci si pone di fronte a tali oggetti in rapporto alla loro finalità, ovvero all'unità della loro forma.



Due sono , secondo Kant, i modi di rappresentarsi la finalità di un oggetto : il modo estetico ed il modo logico.

Di fronte, per esempio, ad un cielo stellato, potrò dire di esso che è bello .mettendone in rapporto la forma esclusivamente col mio sentimento soggettivo del piacere: avrò un Giudizio Riflettente Estetico. Oppure potrò ricercare in quel cielo l'espressione di una finalità oggettiva , una modalità di organizzazione della natura stessa in vista di un fine : avrò un Giudizio Riflettente Teleologico.

Cosa si richiede affinché un oggetto si possa chiamare bello?? Per rispondere, Kant analizza i giudizi di gusto. Il gusto è la facoltà di giudicare il bello: il bello, dunque , non appartiene alle cose , ma è posto nel giudizio che valuta il rapporto tra una rappresentazione e il sentimento di piacere o dispiacere. Tale valutazione esclude qualsiasi interesse per l'esistenza dell'oggetto : a differenza del piacevole(in cui vi è un interesse immediato per l'oggetto) , dell'utile (in cui una cosa piace soltanto come "mezzo") e del buono (in cui l'approvazione da parte della ragione richiede una conoscenza concettuale dell'azione), il bello è l'oggetto di un piacere legato alla pura rappresentazione.

Il giudizio di gusto è sempre soggettivo. Ciò non vuol dire che il gusto sia abbandonato all'arbitrio individuale. Al contrario: se di un oggetto affermo che "mi piace" , non faccio altro che esprimere una sensazione; se dico che "è bello", invece, formulo un giudizio , connetto la rappresentazione dell'oggetto al mio sentimento di piacere in modo universale, valido quindi non solo per il soggetto che apprende questa forma ,ma per ogni soggetto giudicante in generale.

Bello è ciò che piace universalmente e necessariamente, "senza concetto": chi dice che una cosa è bella esige da tutti gli altri l'ennesimo giudizio, ma senza poter pretendere di dimostrare questa necessità attraverso concetti (in quel caso sarebbe giudizio logico e non estetico).

Questa necessità non è dunque apodittica[1], perché non può venire dimostrata; né può derivare da un accordo intersoggettivo a posteriori , sulla base dell'esperienza. Essa deve dunque derivare da una modalità trascendentale di apprensione dell'oggetto nell'esperienza estetica: deve esservi un principio soggettivo, che solo mediante il sentimento, e non mediante concetti, ma universalmente, determini ciò che piace e ciò che dispiace. Questa universalità soggettiva del giudizio di gusto è ravvisata da Kant nella sua comunicabilità generale. Tutte le conoscenze sono comunicabili: quando si ha a che fare con concetti la comunicabilità è garantita appunto dalle forme trascendentali che fondano l'universalità dell'esperienza. Nel giudizio estetico, ove non intervengono concetti, la comunicabilità è garantita riferendosi all'esistenza in ogni uomo di un sensus communis , di un'identica disposizione a giudicare. Occorre supporre che vi sia una affinità profonda, in tutti i soggetti, nel realizzare quel libero gioco delle facoltà conoscitive -immaginazione e intelletto- che fa pronunciare il giudizio di gusto . L'accordo dell'immaginazione (fantasia) e dell'intelletto nella contemplazione della finalità formale dell'oggetto, cioè dell'ordine e dell'armonia che noi cogliamo nel rapporto tra le parti dell'oggetto, è all'origine del sentimento di piacere che nel tempo stesso è chiamato universalmente valido nel giudizio di gusto. L'esperienza estetica presuppone dunque una condizione di comunicabilità dello stato d'animo in cui si trovano i diversi soggetti: nel dire "bello" di qualche cosa non si enuncia una disposizione esclusivamente soggettiva, ma si parla in forza di una voce universale che si sente dentro di sé come affine a quella di ogni altro; ci si pone quindi in un punto di vista universale. Questa universalità non rende tuttavia possibile una conoscenza dell'oggetto: l'esperienza estetica rivela la finalità solo come accordo delle rappresentazioni interne al soggetto.

Il bello e il sublime hanno in comune, per Kant, alcuni aspetti ( il piacere disinteressato, il carattere riflessivo del giudizio) ma divergono per altri importanti elementi: in particolare, mentre il bello risiede nella contemplazione della forma dell'oggetto, quindi nella sua limitatezza, il sentimento del sublime si ha proprio dinanzi all'informe , all'illimitato . Si rompe dunque , di fronte alla grandezza ( sublime  matematico) e alla potenza (sublime dinamico) della natura , quell'armonico gioco di sensibilità e intelletto che costituisce la radice del piacere del bello. Il sublime è proprio quel sentimento contraddittorio di attrazione-repulsione , di "momentaneo impedimento" seguito da una più forte effusione del tono vitale, che nasce con la coscienza della inadeguatezza dei nostri mezzi concettuali a comprendere l'assolutamente grande , sia in estensione sia in forza.

Il piacere del sublime è dunque  indiretto poiché il gioco in esso, non è più dell'accordarsi di immaginazione e intelletto , ma dell'armonico contrasto fra immaginazione e ragione: da un lato vi è il dispiacere che nasce dalla insufficienza dell'immaginazione nella valutazione estetica delle grandezze per cui essa , dinanzi a ciò che la trascende, è posta come di fronte a un abisso, in cui teme di perdere se stessa; dall'altro lato vi è il piacere che sorge proprio nella consapevolezza della pochezza della nostra sensibilità, poiché questo esalta il naturale tendere della ragione all'assoluto , alla totalità .In altri termini, proprio il senso della nostra piccolezza di fronte alla natura produce un più forte sentimento della nostra destinazione soprasensibile, cioè della grandezza dell'uomo cui solo appartiene una ragione pura autonoma. Attraverso il sentimento del sublime l'uomo perviene alla coscienza dell'altezza della propria personalità morale e della propria libertà, in una parola della propria destinazione morale, che trascende la sfera della sensibilità : sublime è ciò che , per il fatto di poterlo anche solo pensare , attesta una facoltà dell'animo superiore a ogni misura dei sensi.


CONCETTO = Il concetto è un prodotto specifico dell'attività intellettiva , risultante dalla sintesi del molteplice intuìto . I concetti sono empirici se comprensivi del materiale ricavato dall'esperienza, puri se considerati come le funzioni a priori dell'intelletto ( categorie ) o della ragione ( idee ) .

CONOSCENZA = E' la rappresentazione mediante concetti dell'oggetto intuito. Richiede sia l'intuizione sia il concetto ed è rigorosamente circoscritta nell'ambito della conoscenza .

ESPERIENZA = Usato da Kant in 2 sensi: 1) in relazione alle fonti della conoscenza, come insieme dei dati della sensibilità; 2)come risultato dell'attività sintetica della sensibilità e dell'intelletto.

GUSTO = La facoltà di giudicare il bello attraverso il sentimento di piacere connesso alla rappresentazione dell'oggetto. Non opera mediante concetti: la sua universalità è data dalla comunicabilità del sentimento.

IMMAGINAZIONE = La facoltà di rappresentare un oggetto anche senza la sua presenza, nell'intuizione.

INTELLETTO = E' la facoltà del pensare, unificando mediante le categorie (concetti puri) il molteplice dell'intuizione sensibile. Compito specifico dell'intelletto è la formulazione dei giudizi.

INTUIZIONE = E' la conoscenza che si rapporta in modo immediato agli oggetti della sensazione. Se comprensiva dell'oggetto che è materia della conoscenza è intuizione empirica ; se considerata come forma è intuizione pura . Lo spazio e il tempo sono le forme pure dell'intuizione.

SENSAZIONE = E' l'effetto di un oggetto sulla capacità rappresentativa del soggetto, cioè è il modo in cui siamo affetti dagli oggetti dell'esperienza sensibile. La sensazione, che è passiva, fornisce il contenuto dell'intuizione che è una attività del soggetto.

SENSO COMUNE = E' il principio soggettivo che determina universalmente, ma non concettualmente, ciò che piace e ciò che dispiace, cioè la condizione di possibilità del giudizio di gusto.

SENTIMENTO = Kant inserisce il sentimento in posizione intermedia fra intelletto e ragione. Il sentimento è il lato soggettivo di ogni rappresentazione e come tale non può assolutamente costituire una rappresentazione di un oggetto .Tuttavia, in quanto facoltà autonoma, esso è alla base di una classe particolare del Giudizio , il Giudizio riflettente , che muove dal sentimento di piacere o di dispiacere connesso a una rappresentazione. Kant esclude che il sentimento possa favorire conoscenze o norme morali; ammette , come unico "sentimento morale" il rispetto che accompagna l'osservanza della legge morale, ma non è un movente.

SOPRASENSIBILE = Ciò che non può essere oggetto di intuizione e si trova quindi al di sopra e al di là di ogni possibile esperienza .Non può essere conosciuto, ma è oggetto di "fede razionale" nel dominio della vita morale.



Apodittico=che è evidente di per sé e non ha bisogno di dimostrazione.




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