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Il controllo degli aiuti di Stato

politica








Il controllo degli aiuti di Stato




1. La notifica.


Art. 88, par. 3, primo periodo:

«alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti ad istituire o a modificare aiuti».

Come accennato in precedenza, perché un nuovo aiuto istituito da uno Stato membro sia dichiarato compatibile con la normativa comuni­taria, si è fatto leva su una procedura volta ad accertare, caso per caso, se l'agevolazione rientri effettivamente nei casi previsti dall'art. 87, par. 1, o se siano applicabili le esenzione di cui all'art. 87, par. 2 o 3. L 'obbligo della notifica è generalizzato, si applica anche agli aiuti di importanza minore1, alle misure agevolative predisposte in favore delle imprese pubbliche, alle agevolazioni non suscettibili di falsare la concorrenza o gli scambi tra Stati membri.

La prima questione da chiarire è la specificazione del significato di «sono comunicati». Allo scopo, non sono considerati sufficienti né la notorietà dell'aiuto, né una comunicazione informale. Lo Stato mem­bro che intenda istituire aiuti è tenuto ad una azione positiva, espres­sione di quella cooperazione leale tra Stati e Commissione, che è im­posta dall'art. 10 del Trattato di Amsterdam : la notificazione.



La notificazione dovrà contenere: uno specifico riferimento all'art.88, par.3; riferimenti necessari alla valutazione dell'aiuto; essere indirizzata al Segretario generale della Commissione, e non al servizio responsabile della Commissione.

L'obbligo della notificazione non vale solamente per l'aiuto, quale era stato inizialmente prefigurato, ma si estende alle modifiche apportate al progetto durante i dibattiti parlamentari o in sede di Governo.

Dato che la disposizione ha carattere rigorosamente preventivo, l'aiuto deve essere notificato quando è ancora allo stadio di progetto.

La notifica deve essere effettuata in tempo utile perché la Commissione raccolga le informazioni necessarie a valutare i progetti tendenti ad isti­tuire o modificare degli aiuti3.

In tal modo l'Esecutivo comunitario vie­ne messo in condizione di suggerire agli Stati interessati la modificazio­ne o la soppressione dei provvedimenti proposti, prima che si manife­stino effetti distorsivi sulla concorrenza. Ne consegue che non deve es­sere notificata la Legge «già perfetta», ma il disegno di Legge quando abbia acquisito una certa probabilità di divenire norma, ad esempio: se ad iniziativa delle Camere, quando sia stato approvato in sede referente da una Commissione parlamentare o da un ramo del Parlamento; se ad iniziativa governativa quando sia stato approvata dal Consiglio dei Mi­nistri; se si tratta di norma regionale quando sia stata approvata dalla Giunta.

Come rilevato da Giuseppe Palmeri, «la ratio della norma, in so­stanza è quella di garantire che nessun nuovo aiuto sia introdotto dagli Stati membri prima che sia ritenuto tale da non turbare il regime di con­correnza». Che l'intervento della Commissione debba intervenire in un momento antecedente al perfezionamento della norma, è del tutto con­gruo. Lo è anche in considerazione del fatto che l'aiuto può essere ap­provato a determinate condizioni, tali da comportare la riapertura del procedimento normativo.

Il fatto che l'intervento della Commissione si manifesti durante il procedimento di formazione del provvedimento, ad esempio dopo che sia stato approvato da un ramo del Parlamento, ma prima che sia stato esaminato dall'altro, implica che, per una cattiva programmazione dei lavori delle Camere, uno Stato membro può trovarsi, in perfetta buona fede, in condizioni di approvare i provvedimenti che determinano l'aiu­to, prima del completamento dell'esame da parte della Commissione. Una situazione di tal genere, in cui la Commissione è legittimata ad attivarsi d'ufficio, in seguito ad una segnalazione del Parlamento euro­peo o dietro sollecitazione di una impresa concorrente, finisce col comportare conseguenze piuttosto serie: l'aiuto viene considerato come illecitamente istituito e ne potrà essere ordinato il recupero; la Com­missione è autorizzata a prendere misure provvisorie; la Commissione potrà adire la Corte ex art. 88, par. 2, secondo periodo, o ex art. 2264, chiedendo che sia accertata la violazione dell'art. 88, par. 3 del Trattato; l'aiuto verrà inoltre esaminato nel quadro degli aiuti illegittimamente istituiti e quindi sottoposto ad una procedura che, in pratica, si è dimostrata «più severa».

Lo Stato membro non può cautelarsi da una simile eventualità limi­tandosi a non dare luogo all'erogazione. La circostanza per cui si tratta di un aiuto predisposto solo sulla carta è considerata ininfluente. Per la Commissione è determinante che sia stato conferito il potere di concedere gli aiuti. Da rilevare in proposito come, nella prassi tedesca, e di altri Stati membri, sia stato introdotto un accorgimento semplice ma efficace atto ad evitare gli effetti negativi del perfezionamento della norma prima che ne 717g69h sia stato completato l'esame da parte della Commissione: una clausola che sospende l'entrata in vigore dell'aiuto, e quindi la possibilità di effettuare le erogazioni, fino al momento dell'approvazione da parte della Commissione. In questo caso la norma non è "perfetta" fino alla dichiarazione della Commissione e, in sostanza, non si può con­siderare conferito il potere di concedere gli aiuti. L 'adozione della prassi richiamata è stata recentemente «raccomandata» dalla Commis­sione.

Un altra ipotesi che merita attenzione è quella verificatasi nella ver­tenza relativa agli aiuti che il Governo italiano intendeva concedere alle Cartiere del Garda5: in quella circostanza «la Commissione ha ritenuto che il Governo italiano potesse notificare un caso particolare di applica­zione» di un regime generale di aiuti istituito senza preventiva autoriz­zazione. In tale circostanza l'Ente erogante aveva effettivamente inter­rogato la Commissione sulla compatibilità dell'agevolazione prima che fosse deliberata.

Come specificato nello stesso art. 88, par. 3 del Trattato, oltre che nel periodo antecedente alla notificazione, anche nel periodo di tempo intercorrente tra la notifica e la presa di posizione definitiva della Com­missione, gli Stati membri non possono in alcun modo dar attuazione al­le misure progettate. La precisazione per cui la presa di posizione deve essere definitiva implica che l'apertura del procedimento di infrazione di cui all'art. 88, par.2, impedisce allo Stato membro di adottare l'aiuto anche dopo lo scadere del termine dei due mesi. Va tenuto conto, infatti, che entro quel periodo la Commissione è tenuta a prendere una Decisio­ne autorizzativa o ad aprire la procedura di cui all'art. 88, par. 2.

La violazione dell'art. 88 par. 3 del Trattato si può dunque concre­tizzare in quattro distinte fattispecie:

mancata notificazione dell'aiuto;

- adozione delle misure necessarie all'erogazione di una agevolazione nel periodo compreso trai la notificazione della misura progettata ed il termine dei due mesi in cui la Commissione si può pronunciare;

messa in vigore delle norme comportanti la facoltà di erogare aiuti no­nostante la Commissione abbia aperto la procedura di cui all'art. 88, par.2 ;

erogazione di aiuti in violazione di una specifica Decisione finale della Commissione.

Ai fini dell'esigenza della notificazione preventiva, ai nuovi aiuti ven­gono equiparate, in tutto e per tutto, le modifiche ad aiuti già esistenti. Re­sta il fatto che la modificazione intervenuta deve comportare una modifica­zione delle disposizioni che lo prevedono, le loro modalità, i loro limiti.

Alla Commissione è stato riconosciuto, in analogia con le disposi­zioni di cui agli artt. 230 e 2326 un termine di 60 giorni per dichiarare la compatibilità dell'aiuto con il sistema comunitario (decisione positiva) o per aprire la procedura precontenziosa di cui all'art. 88, par. 2, qualo­ra l'esame del progetto di aiuto richieda più tempo, o vi sia motivo di ri­tenerlo incompatibile con il mercato comune.

La Commissione ha ritenuto di auto ridursi il termine di istruzione a trenta giorni lavorativi, nel caso in cui sia stata notificata una misura pratica di applicazione di un.regime di aiuti generali da essa precedente­mente approvato; a venti giorni lavorativi, nel caso degli "aiuti di importanza minore".

La decorrenza dei termini ha, in linea di massima, inizio dal momento in cui la Commissione ha ricevuto la notificazione ma può accadere che, nella notificazione, non siano contenuti tutti gli elementi necessari. In tal caso, il termine decorrerà dal momento in cui la Commissione avrà acquisito le informazioni supplementari e successivamente effettuerà le proprie valutazioni. L'apertura della procedura di infrazione comporta, nell'ipotesi nor­male, la conferma del divieto di erogare l'aiuto. In seguito all'esame del progetto di aiuto, la Commissione può ritenerlo incompatibile con il sistema previsto dal Trattato. In questo caso, è tenuta ad aprire una procedura in contraddittorio, ai sensi dell'art. 88, par.2.

Se la Commissione ritiene l'aiuto compatibile con il sistema previsto dal Trattato, approva la misura e ne informa lo Stato proponente anche se non è ritenuta necessaria una Decisione formale ai sensi dell'art. 249 del Trattato. Gli Stati terzi e le imprese concorrenti non beneficiarie dell'aiuto, non possono vantare un vero e proprio diritto ad essere infor­mati.

Fino al luglio '90, era prassi della Commissione inviare agli Stati membri copia tradotta della lettera attraverso la quale aveva informato lo Stato membro interessato della decisione di autorizzare l'aiuto pro­gettato. Da quella data, la Commissione ha iniziato a pubblicare siste­maticamente, sul Bollettino Ufficiale delle Comunità europee e sulla Gazzetta Ufficiale, un conciso riassunto di quattro o cinque righe della comunica­zione di autorizzazione.

La prassi adottata, come verrà esplicitato nel successivo capitolo relativo ai ricorsi davanti alla Corte di giustizia, non viene considerata dalla dottrina in grado di tutelare sufficientemente gli interessi dei terzi non beneficiari dell'aiuto. Se nel termine di due mesi dall'avvenuta notificazione, o dalla ricezione delle successive informazioni eventualmente richieste, la Commissione omette di avviare il procedimento ex art.88, par.2, si ha un "silenzio assenso" per cui lo Stato membro può liberamente dare esecuzione alla sovvenzione progettata. Per esigenze di certezza del diritto. Lo Stato membro è tenuto ad informare preventivamente la Commissione.

In seguito al controllo operato dalla Commissione, potrà essere rav­visabile.



2. La procedura davanti alla Commissione ex art. 88/2: la fase amichevole.


Con la ricezione della notificazione di un nuovo aiuto, o della mo­dificazione di un aiuto esistente, si apre la fase amichevole o preliminare davanti alla Commissione. Lo scopo della fase preliminare dell'aiuto notificato con il sistema previsto dal Trattato. Nella prassi, la Commissione «accusa ricevimento del progetto di aiuto notifi­cato e informa lo Stato membro che prenderà posizione nel termine di due mesi dalla data della notifica».

Il Segretariato generale tiene il registro di tutti gli aiuti notificati, aiu­ti classificati come: notificati «N », non notificati «NN »; esistenti «E»; procedimenti per i quali è stata aperta una procedura di infrazione «C».

La registrazione avviene con l'indicazione della lettera di riferimento, del numero seriale, dell'anno solare in cui viene effettuata la registrazione. Successivamente alla registrazione le pratiche vengono inoltrate al servizio competente, generalmente la DG IV - la Direzione Generale competente per la politica di concorrenza - ma possono anche essere inoltrate alle Di­rezioni competenti per materia: D.G. VI per gli aiuti a!l'agricoltura; D.G. VII per le agevolazioni ai trasporti; D.G. XIV per le misure concernenti la pesca; D.G. XVII per quanto concerne la.politica energetica.

Nel termine di 60 giorni dalla notificazione, la Commissione potrà alternativamente:

- dichiarare la compatibilità dell'aiuto con il sistema comunitario se quest'ultimo risulta, prima facie, compatibile con il mercato comune;

- aprire la procedura precontenziosa, se l'esame del progetto di aiuto ri­chiede maggiori informazioni, una più attenta analisi delle condizioni del mercato vi sia, motivo di ritenere la misura agevolativa incompa­tibile con il mercato comune;

- dichiarare compatibile con il mercato comune una parte dell'aiuto no­tificato ed aprire la procedura precontenziosa nei confronti di altra parte dell'aiuto;

- omettere di prendere una specifica posizione.

Va rilevato, al riguardo, che è interesse dello Stato membro notifi­cante fornire tutte le informazioni che possano essere considerate utili alla Commissione, in quanto la decorrenza dei termini ha inizio dal mo­mento in cui la Commissione dispone di tutte le informazioni necessarie, anche di quelle richieste successivamente.

Come chiarito dall'Avvocato generale Tesauro «la procedura preli­minare presenta tre caratteristiche. E' opaca. Non è prevista la partecipa­zione dei terzi. Dovrebbe avere - in principio - breve durata».

La procedura amichevole o preliminare non può essere affatto considerata una «procedura trasparente»: non è prevista alcuna forma di pubblicità delle notificazioni ricevute; i terzi interessati non sono messi in condizione di presentare le proprie osservazioni; le motivazioni per le quali la Com­missione non ritiene di dover aprire la procedura di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, non sono sempre «immediatamente individuabili».

La partecipazione dei terzi alla fase preliminare e, in linea dl princi­pio, ammessa. Tuttavia, l'assenza di qualsiasi forma di pubblicità delle misure agevolative notificate rende l'ipotesi improbabile.

La fase amichevole deve essere il più breve possibile. In effetti, il termine di 60 giorni costituisce la data ultima per aprire la procedura precontenziosa: l'art. 88, par. 3, secondo periodo, prescrive, infatti, che la Commissione vi deve fare ricorso «senza indugio».

Si dovrà ricordare alla procedura di cui all'art. 88, par. 2, 1° perio­do, anche nel caso in cui la Commissione sia venuta a conoscenza, per vie diverse dalla notificazione, dell'esistenza di aiuti irregolarmente istituiti. In questo caso, però, la Commissione non è vincolata da limiti di tempo precisi per assumere una Decisione.

Anche se l'omissione della notificazione non è di per sé sufficiente a determinare l'incompatibilità degli aiuti, va ricordato che effetti di natura sostanziale prenderanno ugualmente consistenza. In particolare l'aiuto verrà considerato "irregolarmente istituito".

È anche opportuno ricordare che, per la durata della fase amichevole, gli Stati membri sono tenuti a non dare esecuzione agli aiuti pro­gettati. Solo eccezionalmente potranno essere autorizzati aiuti al fun­zionamento durante lo svolgimento della procedura precontenziosa. Per quanto concerne la forma della determinazione positiva da assu­mere al termine della procedura amichevole, va rilevato che, in base alla giurisprudenza del caso «Lorenz», la Commissione non deve necessaria­mente adottare una Decisione formale nel senso di un provvedimento di cui all'art. 249 del Trattato1: allo scopo è sufficiente una Decisione infor­male che assume la veste di una comunicazione ufficiale o di una lettera al­lo Stato membro di cui generalmente viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (serie C.) un estratto molto succinto.

Il silenzio della Commissione dovrà essere interpretato come silenzio-assenso. Se è vero che la determinazione assunta al termine della fase preliminare non costituisce una Decisione dal punto di vista formale, va rilevato che, come sostenuto da molti, si tratta, dal punto di vista sostanziale, di una Decisione, di un provvedimento che determina effetti vincolanti, come tale, è impugnabile davanti alla Corte di giustizia.




3. La fase precontenziosa.


Se la fase preliminare non si conclude con la determinazione che l'aiuto è compatibile con il sistema previsto dal Trattato, la Commissione apre la fase precontenziosa. Il procedimento ha inizio con la "messa in mora"attraverso un invito formale, emesso attraverso una nota ufficiale inviata per via diplomatica allo Stato membro notificante che intende concedere l'aiuto, ed ai terzi interessati, a presentare le proprie osservazioni. La procedura è simile a quella prevista dall'art. 226 del Trattato di Amsterdam1.

Perché la procedura venga aperta, non è necessario che la Commis­sione abbia acquisito la certezza dell'incompatibilità dell'aiuto notificato con il sistema previsto dal Trattato, è sufficiente che abbia ragionevoli dubbi sulla compatibilità della misura agevolativa, o che lo Stato mem­bro abbia adottato un comportamento renitente. . La «messa in mora» dello Stato membro viene generalmente pubbli­cata sulla Gazzetta Ufficiale serie C e risponde ad un duplice ordine di esigenze:

- attraverso la pubblicazione, la Commissione dà notizia di aver instau­rato il procedimento di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, e ciò esclude esplicitamente che il beneficiario possa invocare il proprio legittimo affidamento sulla norma nazionale la cui compatibilità con il sistema comunitario è quantomeno, sospetta;

- attraverso il contestuale invito agli interessati a presentare le proprie osservazioni, la Commissione si mette in condizione di acquisire le informazioni necessarie per valutare l'aiuto. Va rilevato infatti che, nel settore della vigilanza sugli aiuti di Stato, la Commissione non dispo­ne di un potere di indagine.

L'invito viene rivolto ad una platea di soggetti la più larga possibile: innanzitutto, lo Stato erogatore dell'aiuto, ma anche gli altri Stati in cui si producono beni considerati simili o vi vengono venduti i prodotti oggetto dell'aiuto. Altri destinatari dell'invito sono gli imprenditori bene­ficiari della misura agevolativa, i loro concorrenti, gli altri enti - quali ad esempio i sindacati, le organizzazioni che mirano a tutelare i consu­matori o l'ambiente - che possano avere un interesse giuridicamente ri­levante alle sorti dell'aiuto. La richiesta agli interessati di presentare le proprie osservazioni costituisce «una fase essenziale del procedimento, tale che, in sua assenza, il procedimento stesso ne resterebbe viziato» e, come tale, sarebbe annulla bile dalla Corte di giustizia.

La fase precontenziosa ha lo scopo di dar modo alla Commissione di:

- approfondire le proprie conoscenze del contesto sul quale andranno ad incidere gli aiuti;

- entrare in possesso di tutte le informazioni necessarie, anche con l'ausilio delle valutazioni dei terzi interessati;

- effettuare un'analisi accurata degli effetti che le agevolazioni avranno sulla concorrenza e sugli scambi intracomunitari.

In questa fase lo Stato membro ed i terzi interessati possono addur­re le proprie considerazioni in merito alla compatibilità o all'incompa­tibilità dell'aiuto. Molto spesso infatti gli effetti di una misura agevolati­va concessa in uno Stato si manifestano anche in altri Paesi e l'interesse dei terzi ad essere informati risulta del tutto legittimo. Non esistono limiti di durata precisi per la fase precontenziosa che, generalmente, varia in relazione al comportamento tenuto dagli Stati, o alla complessità degli accertamenti cui la Commissione è tenuta.

Effetti diversi conseguono all'apertura della fase precontenziosa, a seconda che sia disposta nel quadro dell'esame di «nuovi aiuti» o nel ca­so in cui sia lamentata l'attuazione abusiva di aiuti esistenti:

- quando l'apertura del procedimento di cui all'art. 88, par. 2, primo periodo segua la notificazione di nuovi aiuti, viene consolidato l'ob­bligo a carico dello Stato membro di non dare esecuzione all'aiuto progettato prima che venga emessa la Decisione formale con cui si conclude la procedura;

- nel caso in cui la procedura precontenziosa venga aperta nei confronti di aiuti attuati in maniera abusiva, cioè in contrasto con i provvedimenti autorizzativi, ne deve conseguire la sospensione della loro erogazione.

Nel primo caso dalla determinazione della Commissione non discen­dono effetti diretti, mentre tali effetti ricorrono nella seconda ipotesi.

La Commissione, quando ritenga che un aiuto considerato compati­bile con il sistema previsto dal Trattato sia stato erogato dallo Stato membro in maniera difforme dalle prescrizioni adottate con la Decisio­ne autorizzativa:

- sarà abilitata a far ricorso, ex art. 88, par. 2, secondo periodo, alla Corte di giustizia, per far dichiarare che lo Stato membro ha violato gli obblighi derivanti dalla Decisione attuata in maniera abusiva;

- potrà considerare la parte di aiuto non autorizzata quale un nuovo aiuto istituito in maniera illegittima.

Dato che lo scopo della fase precontenziosa è di consentire alla Commissione di formarsi un'idea definitiva circa la compatibilità delle misure agevolative con il sistema previsto dal Trattato, la Commissione dovrà raccogliere tutte le informazioni possibili per valutare gli effetti dell'aiuto sulla concorrenza e sugli scambi intracomunitari. In questa fa­se, vengono generalmente considerate «particolarmente utili» le valuta­zioni espresse dalle imprese concorrenti: valutazioni che contribuiranno ad orientare la Commissione, la quale dovrà valutare tutti gli elementi in un procedimento «in contraddittorio» con lo Stato membro che intende erogare aiuti. La fase precontenziosa è generalmente aperta a tutti i terzi interessati, i quali possono liberamente esprimere la propria posizione a sostegno o contro l'applicazione della misura agevolativa, nonché agli Stati membri ed agli eventuali beneficiari dell'aiuto.

Come chiarito dalla Corte in diverse sentenze, la fase precon­tenziosa deve necessariamente concludersi con una Decisione formale della Commissione; Decisione che potrà essere «positiva», se lo Stato membro riesce a fugare i dubbi della Commissione; «positiva condizio­nata», se la Commissione ritiene ammissibili gli aiuti a determinate condizioni; «negativa» se la Commissione dichiara l'incompatibilità dell'aiuto con il regime comunitario.

La concessione di una deroga ai sensi dell'art. 87, par. 3, costitui­sce un provvedimento discrezionale che, ove riconosca la sussistenza delle condizioni in esso enunciate, la Commissione può adottare in ba­se a proprie valutazioni di politica economica, anche se - è opportuno ribadirlo - non è tenuta ad assumerle.

È anche possibile che lo Stato, a fronte delle obiezioni avanzate dalla Commissione, rinunci al regime di aiuto che intendeva istituire. In tal caso viene a cessare la materia del contendere.

Nonostante la Sentenza «Lorenz» abbia indicato che la fase pre­contenziosa debba concludersi con una Decisione formale, va registrato che la prassi della Commissione si è andata sviluppano nel senso di semplificare quanto possibile le procedure. Ne è derivato che, sempre più spesso, delle procedure precontenziose aperte sulla base dell'art.88, par.2, 1° periodo, vengono chiuse con Decisioni informali, che assumono la forma di comunicazione o di lettere allo Stato membro interessato.




4. La vigilanza sugli aiuti esistenti.


Oltrechè al controllo preventivo da parte della Commissione, gli aiuti di Stato sono soggetti al controllo successivo da parte dello stesso organo.

Ai sensi dell'art. 88, par. 1, infatti:

«la Commissione procede con gli Stati Membri all'esame permanente dei regimi di aiuto esistenti in questi Stati.

Essa propone a questi ulti­mi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzio­namento del mercato comune».

La Commissione è l'organo competente a procedere alla loro valu­tazione1. La cooperazione con gli Stati membri costituisce la prima e più sostanziale differenza rispetto alla procedura inerente l'esame di nuovi aiuti: procedura per cui, almeno nella fase preliminare, l'Esecutivo CEE agisce in maniera del tutto indipendente. La collaborazione imposta, costituisce il riconoscimento della duplice esigenza di tutelare gli inte­ressi dei singoli Stati membri e, nello stesso tempo, di contemperarli qualora risultino confliggenti.

La ragione per cui si è ritenuto di dover sottoporre gli aiuti, oltrechè ad un controllo iniziale, ad un controllo successivo, risiede in una serie di considerazioni:

- le valutazioni di ordine teorico, aventi per oggetto aiuti ancora da isti­tuire, vanno verificate «sul campo»;

- le situazioni socio-economiche che hanno determinato la concessione dell'aiuto, possono cambiare;

- la Commissione ha spesso ritenuto utile autorizzare in sede di esame preventivo «aiuti generali», riservandosi di valutarne, in un momento successivo, le modalità di attuazione.

- un continuo adeguamento dei regimi di intervento degli Stati rispetto alla politica comunitaria, è dettato dall'evolversi della stessa realtà che costituisce il mercato interno;

- l'Esecutivo CEE può avvalersi di uno strumento più globale dell'esa­me dei singoli aiuti nel quadro della valutazione preventiva, per cui il giudizio della Commissione finisce col coinvolgere non più il singolo aiuto, considerato isolatamente, ma l'intero sistema, ponendolo «in relazione con tutte le altre misure atte ad influenzare i rapporti di con­correnza tra le imprese di un dato settore economico».

E' importante prima di affrontare gli aspetti procedurali determinare cosa debba intendersi, ai sensi del1' art. 88, par. 1, per aiuto esistente.

L 'espressione è riferita:

- ai sistemi di aiuti già in atto al momento di entrata in vigore del Trat­tato, o al momento dell'adesione di nuovi Stati membri;

- alle agevolazioni regolarmente istituite in un periodo successivo all'entrata in vigore del Trattato CEE.

Gli aiuti vigenti al momento di entrata in vigore del Trattato, ora­mai numericamente molto esigui, anche se incompatibili con l'art. 87, par. 1, possono continuare ad essere erogati fino a quando non siano dichiarati incompatibili con il sistema previsto dal Trattato attraverso una Decisione a norma dell'art. 88, par. 2, 1° periodo.

La seconda categoria di aiuti soggetta al controllo permanente della Commissione, è costituita dagli aiuti regolarmente notificati alla Com­missione ai sensi dell'art. 88, par. 3, 1° periodo, e da questa approvati in via esplicita od implicita.

In base alla giurisprudenza se la Commissione omette di aprire nel termine di due mesi la procedura precontenziosa ex art. 88, par,. 2, 1° comma, un aiuto regolarmente notificato da uno Stato membro entra automaticamente a far parte del regime di aiuti esistenti. Come chiarito dalla stessa Corte di giustizia, «l'aiuto in questione, messo in vigore dopo la decisione positiva della Commissione, diverrà un "aiuto esistente", soggetto in quanto tale all'esame permanente ai sensi dell'art. 88,n°. l ».

Una parte della dottrina considera «aiuti esistenti» anche quelle age­volazioni concesse dagli Stati in maniera abusiva, senza rispettare la procedura di cui all'art.88. par.3.

Secondo la dottrina dominante , invece, gli aiuti illegittimamente istituiti non possono essere considerati "aiuti esistenti" in base alla normativa prevista dal Trattato.

La tesi in base alla quale gli aiuti illegittimamente istituiti vanno considerati "aiuti esistenti" va respinta in quanto condurrebbe« alla conseguenza inaccettabile che aiuti non notificati fruirebbero di un regime più favorevole di quello riservato agli aiuti notificati». Occorre osservare, inoltre, che la precisazione di cui all'art. 88, par. 3, 2° periodo, per cui la Commissione è tenuta - quando sia portata a ritenere che un aiuto notificatole non sia compatibile con il mercato interno - ad aprire senza indugio la procedura di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, deve essere considerata applicabile anche nel caso della sco­perta di nuovi aiuti. L 'apertura della procedura di cui all'art. 88, par. 2, fa sì che la Commissione non possa più proporre agli Stati membri quel­le «misure opportune» che, come vedremo, caratterizzano la fase ami­chevole: fase, necessariamente precedente a quella precontenziosa.

Bisogna comunque considerare che anche quella parte della dottrina per la quale le agevolazioni istituite illegittimamente vanno considerate «aiuti esistenti», non giunge a sostenere che tra le due fattispecie vi sia un'identità di conseguenze giuridiche. In effetti, è univoco che gli aiu­ti illegittimamente istituiti non vengono comunque considerati leciti. Alla loro valutazione vengono connessi effetti giuridici profondamente diversi. In particolare la Commissione, constatata l'infrazione da parte degli Stati membri, può:

- aprire direttamente la procedura di cui all'art. 87 par. 3, implicante il divieto di dare ulteriore esecuzione alle agevolazioni disposte;

- imporre allo Stato di recuperare quanto erogato;

- consentire alle imprese, concorrenti, danneggiate dall'aiuto, di adire il giudice nazionale per il risarcimento dei danni subiti.

Nel caso di aiuti esistenti, l'apertura della procedura precontenziosa non comporta il divieto di continuare l'erogazione degli aiuti.

Gli Stati membri potranno dunque continuare liberamente ad erogare gli aiuti, al­meno sino alla chiusura della procedura.

In seguito al controllo operato dalla Commissione, potrà essere rav­visabile una incompatibilità dell'aiuto con il sistema comunitario tale da comportare la sospensione dell'erogazione, nei modi e nei tempi che sa­ranno convenuti; non sarà tuttavia configurabile un'infrazione a cari­co degli Stati membri, né la Commissione potrà ordinare la ripetizione degli aiuti già erogati (a meno che gli aiuti notificati siano stati attuati in maniera abusiva). Gli aiuti in atto sono infatti legittimati da una prece­dente pronuncia della Commissione, pronuncia che può essere modifi­cata soltanto da un successivo atto, dotato della medesima efficacia vin­colante, che non può avere efficacia retro attiva ma sarà operante ex nunc.

L'esame permanente è attivato dall'iniziativa della Commissione o degli Stati membri.

Il controllo verte sia sulla verifica della compatibilità del regime di aiuti con i parametri stabiliti dall'art. 88, sia sulle modalità di attuazione dell'aiuto autorizzato.

Il controllo operato dalla Commissione, considerato in una prima fase «amichevole», si svolge in collaborazione con gli Stati interessati, ed in contraddittorio con gli Stati controinteressati.

La ragion d'essere di questa fase è consentire alla Commissione di «completare la conoscenza del regime o della misura in questione, della sua utilità e dei suoi effet­ti». In questa fase, la Commissione non può che limitarsi a confermare la compatibilità della misura agevolativa o, nel caso ritenga l'aiuto non più compatibile, a proporre l'adozione delle misure necessarie al pro­gressivo sviluppo del mercato comune.

Sul piano giuridico, queste proposte possono essere assimilate alle Raccomandazioni, atto normativo a portata non vincolante previsto dall'art. 249 del Trattato di Amsterdam1.

Attraverso le proprie proposte, la Commissione può chiedere agli Stati membri di adottare tutte quelle misure che contribuiscano alla rea­lizzazione del mercato interno, siano esse tese alla modificazione, alla riduzione, alla delimitazione in ambito territoriale o temporale, alla soppressione, o all'impegno di non rinnovare gli aiuti esistenti.

La proposta è condizione necessaria per la prosecuzione della pro­cedura mirante alla soppressione dell'aiuto.

Se lo Stato membro non si adegua alle Raccomandazioni della Commissione, questa è tenuta ad aprire la procedura precontenziosa ai sensi dell'art. 88 par. 2, 1° periodo, pubblicando sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, una comunicazione attraverso la quale gli Stati membri ed i terzi interessati vengono invitati a presentare le proprie osservazioni.

La fase precontenziosa svolta nel quadro dell'esame permanente de­gli aiuti esistenti, è del tutto simile a quella svolta nell'ambito della valu­tazione delle misure agevolative nuove.

La procedura ha inizio con la pubblicazione della comunicazione con cui gli Stati membri ed i terzi interessati vengono invitati a presenta­re le proprie osservazioni e si svolge secondo le regole procedimentali di un esame preventivo, con l'unica differenza che l'erogazione della misu­ra agevolativa non viene sospesa. La legittimità dell'aiuto riposa su una precisa presa di posizione della Commissione da cui derivano, per le im­prese, effetti economici rilevanti. In base ad un elementare principio di equità ed in osservanza delle esigenze di «certezza del diritto», la modi­fica di queste situazioni deve avvenire in maniera graduale, contemperando le esigenze dell' imprese con quelle inerenti la preservazione di una concorrenza non falsata sul piano comunitario.

L 'eventuale obbligo di sospendere l'aiuto può venir disposto sola­ mente attraverso la Decisione finale, a meno che non venga ordinato at­traverso specifici provvedimenti provvisori e d'urgenza.La sospensio­ne non ha efficacia retro attiva.

Oltrechè con la rinuncia da parte dello Stato membro al regime age­volativo, la procedura di cui all' art. 88, par. 2, si può concludere con un atto vincolante che può consistere:

- in una Decisione motivata, attraverso la quale l'aiuto viene dichiarato incompatibile con il sistema previsto dal Trattato, in tal caso con la Decisione viene fissato il termine entro il quale lo Stato membro è te­nuto ad eliminarlo, termine variabile a seconda delle difficoltà che, de­rivanti dalla soppressione, graveranno sui beneficiari e sul settore pro­duttivo;

- in una Decisione motivata, attraverso la quale l'aiuto viene dichiarato incompatibile con il sistema previsto dal Trattato e ne vengono conte­stualmente imposte alcune modificazioni;

- in una Decisione, attraverso la quale viene confermata la compatibilità della misura agevolativa con il mercato interno.

L 'ipotesi di uno Stato membro che si rifiuti di conformarsi al com­portamento suggerito dalla Commissione nel quadro dell'esame perma­nente degli aiuti di Stato, ha preso consistenza quando la Repubblica Fe­derale di Germania ha rifiutato di uniformarsi alla «disciplina comuni­taria degli aiuti di Stato all'industria automobilistica». Per costringere lo Stato renitente ad adottare il comportamento raccomandato attraver­so la «disciplina», la Commissione ha provveduto ad aprire il procedi­mento precontenzioso ex art. 88, par. 2, 1° periodo, «nei confronti di tutti i regimi di aiuto autorizzati e in atto nella Repubblica Federale di Germania dei quali potrebbe beneficiare l'industria automobilistica ». Il procedimento si è concluso con la Decisione del 21 febbraio 1990, at­traverso la quale la Commissione ha imposto alla Germania l'adempi­mento degli obblighi previsti dalla «disciplina».

Il fatto che la Commissione abbia dovuto far ricorso ad una Deci­sione - per ottenere che la Germania si uniformasse alle disposizioni adottate al termine dell'esame degli aiuti esistenti - conferma che le de­terminazioni assunte da essa, insieme agli Stati membri al termine dell'esame di un aiuto esistente, non hanno «in se» forza vincolante. La Corte di giustizia ha avuto tuttavia modo di precisare che tali determinazioni assumono efficacia vincolante con l'accettazione da parte degli Stati membri destinatari.



5. La procedura contenziosa davanti alla Corte di Giustizia: art. 88/2 secondo periodo.


Per imporre il rispetto della Decisione precedentemente emanata, o per verificare che l'aiuto autorizzato sia stato erogato nei termini previ­sti dalla Decisione autorizzativa, la Commissione è dotata di uno speci­fico strumento giuridico: può adire, direttamente, la Corte di giustizia in forza del quanto disposto dell' art. 88, par. 2, secondo periodo, del Trat­tato di Amsterdam.

La Corte provvederà ad accertare la compatibilità del comporta­mento tenuto dallo Stato membro con quanto disposto nella Decisione. La procedura di cui all'art. 88, par. 2, secondo periodo, è più agevole di quella prevista dagli artt. 226 e 227del Trattato1.

La principale agevolazione di cui la Commissione può avvalersi con­siste nell'evitare la «messa in mora» dello Stato membro, formalità, invece, prescritta per i ricorsi ex art. 226 e 227 del Trattato: ai sensi dell' art. 88, par. 2, secondo periodo, infatti, «qualora lo Stato in causa non si conformi a tale Decisione [alla Decisione della Commissione] entro il ter­mine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia, in deroga agli articoli 226 e 227».

La di­sposizione di deroga è stata prevista per accelerare le procedure eliminan­do in toto la fase in cui solitamente è tenuta a richiedere le osservazioni e ad emettere pareri. Come osservato da Ennio Triggiani, «tale maggiore agi­lità procedurale è d' altronde pienamente giustificata dalla circostanza che , nella fase precedente l'adozione della Decisione, gli interessati hanno già avuto modo di presentare le proprie osservazioni e che l'orientamento della Commissione si è concretato, con contenuti presumibilmente più precisi che in un parere, in un atto giuridico vincolante».

Come rilevato dal Gilmour, la fase contenziosa che si apre attraver­so il ricorso ex art. 88, par. 2, secondo periodo, non è molto diversa da quella di cui all'art. 226.

In pratica l'ipotesi di ricorso diretto alla Corte di giustizia sussiste in quattro distinte fattispecie, ricorrenti quando lo Stato:

- non sospenda, nei termini stabiliti, l'erogazione degli aiuti dichiarati illegittimi attraverso una Decisione definitiva;

- non adotti i provvedimenti di attuazione della Decisione definitiva;

- non provveda al recupero degli aiuti illegittimamente concessi, anche se vi sia condannato con Decisione definitiva;.

- non sospenda l'erogazione degli aiuti dopo che sia stata aperta la procedura precontenziosa ex art. 88, par; 2, 1° par., nei confronti di agevolazioni concessi in violazione dell'obbligo di notifica, nonostante l'ingiunzione della Commissione formalizzata attraverso una Decisio­ne provvisoria.

Con riferimento alla prima ipotesi, non emergono difficoltà inter­pretative nel caso in cui lo Stato membro, in violazione della Decisione della Commissione, continui ad erogare gli aiuti illegittimamente con­cessi. .Non emergono difficoltà d'interpretazione, in quanto si tratta di una violazione aperta e palese che legittima pienamente il ricorso alla Corte di giustizia ex art. 88, par. 2, secondo comma.

Un caso particolare di inadempimento, per il quale è proponibile il ricorso ex art.88, par.2, secondo periodo, si ha quando lo Stato membro che vi sia stato condannato, non provveda a recuperare le agevolazioni illegittimamente concesse.

L'applicabilità della procedura prevista dall'art.88, par.2, secondo periodo, non ha aperto particolari problemi giuridici.

Come chiarito dalla Corte di giustizia, il ricorso contemplato dall' art. 88, par. 2, secondo periodo, «non può avere ad oggetto altro che l'omissione, da parte di uno Stato membro, di conformarsi ad una Decisione della Commissione che gli imponga di sopprimere o modificare un aiuto»; «di conseguenza, il comportamento di uno Stato membro contro il quale sia proposto un ricorso di questo genere dev' esser valutato unicamente sotto il profilo degli obblighi impostigli dalla Decisione della Commissione».

Ne deriva che, durante il procedimento ex art. 88, par. 2, secondo periodo, lo Stato membro destinatario della Decisione non può più con­testare la legittimità della Decisione ne eccepirne l'impossibilità' di ese­cuzione. Come precisato dalla Corte nella Sentenza «Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio», ove lo Stato membro ri­tenga che la Decisione della Commissione sia viziata, o di essere impos­sibilitato a conformarvisi, può presentare ricorso nel termine di due me­si alla Corte di giustizia chiedendo l'annullamento della Decisione ex art. 2302. Scaduti i termini per il ricorso, la Decisione diviene definitiva e non può più essere rimessa in discussione né durante un ricorso pro­posto dalla Commissione attraverso il quale si mira ad accertare l'ina­dempimento alla Decisione; né durante un ricorso dinanzi ai giudici nazionali contro i provvedimenti presi dalle autorità nazionali in esecu­zione della Decisione.

L'art. 88, par. 2, secondo periodo, fornisce il principale, ma non l'unico strumento attraverso il quale può essere imposto il rispetto di una Decisione della Commissione in tema di aiuti di Stato.

Altro strumento cui vi si può far ricorso per ottenere una pronuncia della Corte di giustizia in materia di aiuti di Stato, è dato dai ricorsi per inadempimento previsti dagli artt. 226 e 2273.

Ai sensi dell'art. 226, quando la Commissione ritenga che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti, e segnatamente all'obbligo di adempire le prescrizioni contenute in una Decisione, deve metterlo in condizione di presentare le proprie osservazioni. Se queste non risultano tali da convincere l'Esecutivo comunitario sul fatto che lo Stato membro ha effettivamente adempito gli obblighi prescritti, emette un Parere motivato. Nel caso in cui lo Stato in causa non si conformi nel termine fissato al Parere espresso dalla Commissio­ne, questa potrà adire la Corte di giustizia chiedendo che sia accertato l'inadempimento.

Ai sensi dell'art. 227 la Corte di giustizia può essere adita da cia­scuno degli altri Stati membri quando ritengano che un altro Stato mem­bro ha mancato a uno degli obblighi al quale era tenuto.

La procedura prevista dall' art. 227 implica che lo Stato membro, il quale intenda proporre ricorso contro un altro Stato membro contestan­do la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi comunitari, deve ri­volgersi alla Commissione. Investita della controversia, la Commissione deve mettere gli Stati interessati in condizione di presentare, in contrad­dittorio, le proprie osservazioni scritte ed orali. Dopo di che, è tenuta ad emettere un Parere motivato. Soltanto a questo punto, la Corte può es­sere investita della questione.

Accertato che, nell'ambito della normativa sugli aiuti di Stato, è ipotizzabile il ricorso della Commissione, o di un altro Stato membro, alla Corte di giustizia sulla base degli artt.226 e 227, si deve precisare che, nella pratica, tali strumenti non assumono grande rilievo poiché la Commissione preferisce perseguire gli stessi obiettivi attraverso il più agile strumento definito dall'art.88, par.2, secondo periodo e gli Stati sono restii a promuovere l'azione per inadempimento nei confronti di altri Stati.

Se la Corte di giustizia accerta, con Sentenza, "che un Stato membro ha mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del presente Trattato, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della Sentenza della Corte di giustizia importa". La pronuncia della Corte attraverso la quale viene dichiarata la violazione, non può prescrivere le misure che lo Stato dovrà prendere. Nessuna sanzione o censura sarà applicabile allo Stato membro.

Resta il fatto che la Sentenza impone, a carico dello Stato membro, un ulteriore obbligo giuridico la cui violazione legittima l'apertura di un nuovo procedimento attraverso il quale non viene verificato se lo Stato membro abbia eliminato o meno la violazione già accertata, ma se abbia eseguito l'obbligo derivante dalla Sentenza. E' così che la Corte verrà a pronunciarsi sull'inadempimento degli obblighi derivanti dal proprio giudicato.

Con l'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, la pronuncia di una Sentenza attraverso la quale viene accertato l'inadempimento agli obblighi derivanti dal giudicato di una precedente pronuncia, consente alla Corte di condannare lo Stato membro inadempiente al pagamento di una sanzione pecuniaria.




6. Il ricorso di legittimità contro le Decisioni della Commissione (art.230).


Contro una Decisione della Commissione adottata ai sensi dell'art.88, par. 2, 1°comma, è esperibile, nel termine di due mesi, il ricorso davanti alla Corte di giustizia per ottenerne l'annullamento totale o parziale. La Corte, che ha il compito di assicurare il rispetto del diritto comunitario, è tra l'altro competente, ai sensi dell' art. 2301 del Trattato di Amsterdam ad esercitare «un controllo di legittimità sugli atti del Consiglio e del Commissione che non siano Raccomandazioni o Pareri». Con la disposizione richiamata, che a dire il vero è «poco limpida», si è inteso sotto­porre al giudizio di legittimità della Corte «gli atti delle istituzioni co­munitarie emanati nell'esercizio del potere d'imperio a queste attribuito e produttivi di effetti obbligatori a carico dei loro destinatari».

Anche se «appare del tutto irrilevante la forma con cui l'atto si pre­senta esternamente: ciò che deve interessare sono unicamente il contenuto e gli effetti dell'atto», è opportuno ricordare che rientrano nel novero degli atti impugnabili ex art. 230: i Regolamenti; le Direttive; le Deci­sioni; gli altri atti che producano effetti giuridici quali le deliberazioni della Commissione concernenti l'aper­tura o la chiusura della procedura di infrazione all'art. 87.

Legittimati a presentare ricorso sono gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione.

Ai sensi dell'art.230, anche le persone fisiche o giuridiche possono ricorrere contro le Decisioni, ma solamente a condizione che queste le riguardino direttamente ed individualmente Per quanto concerne le Decisioni della Commissione relative agli aiuti di Stato, va rilevato che si tratta di atti indirizzati allo Stato membro, non al beneficiario. In linea di principio, dunque, il potenziale beneficiario dell'aiuto non potrebbe presentare ricorso contro una Decisione della Commissione che ne abbia disposto il divieto. Bisogna considerare tuttavia che la Decisione investe in maniera diretta ed individua (nel senso dell'art. 230, secondo comma) sia lo Stato Membro cui esplicitamente destinata, sia il mancato beneficiario. Se ne può dunque dedurre che la Decisione avente per oggetto il divieto di un aiuto di Stato è impugnabile sia dallo Stato membro sia dal destinatario dell'aiuto denegato, se non la Decisione non si presenti come un provvedimento «di portata generale che si applica a situazioni determinate obiettivamente ed implica effetti giuridici nei confronti di una categoria di per­sone considerate in modo generale ed astratto».

La Decisione deve essere, ovviamente, incondizionata e sufficiente­mente precisa. Ne deriva che la determinazione attraverso la quale si autorizza uno Stato membro a predisporre un regime generale di aiuti la cui applicazione resta sottoposta ad un nuovo controllo della Commis­sione, non è impugnabile.

L 'ipotesi del ricorso contro una Decisione della Commissione pre­sentato a una impresa e non da uno Stato membro, si è concretizzata, per la prima volta, nel corso dello svolgimento della causa «Philip Mor­ris» : in particolare, fu proprio il produttore di sigarette ad impugnare la Decisione della Commissione con la quale veniva vietato un aiuto che i Paesi Bassi si erano dichiarati pronti ad erogare in suo favore. In quella circostanza, senza trincerarsi dietro rigidi formalismi, fu proprio la Commissione ad evidenziare la posizione di favore nei confronti dell'ammissibilità dell'impugnazione proposta dal potenziale beneficia­rio dell'aiuto.

Da notare però che l'interesse del potenziale beneficiario deve essere diretto ed individuale: la Corte con giurisprudenza costan­te ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato da associazioni di im­prese nella veste di rappresentanti dei potenziali beneficiari.

Più complessa si presenta la situazione in cui, a fronte di una Decisione attraverso la quale la Commissione autorizza l'erogazione di un aiuto, un'impresa concorrente che non possa beneficiarne agisca di fron­te alla Corte per l'annullamento della Decisione autorizzativa lamentan­do di subire un danno.

L'ipotesi ha preso consistenza nella vertenza "COFAZ"3: lamentando che il sistema di tariffe differenziate applicato nella somministrazione di gas metano nei Paesi Bassi costituiva un aiuto di Stato a determinate aziende, un'associazione di imprese francesi ha adito la Corte di giustizia chiedendo l'annullamento della Decisione at­traverso la quale la Commissione aveva chiuso la fase precontenziosa.

La questione più delicata che la Corte ha dovuto risolvere è consistita nel determinare se il terzo «non beneficiario» può essere considerato in­vestito dalla decisione in maniera diretta ed individuale.

Come precisato dall'Avvocato generale Verloren Van Themaat, quando alcune imprese risultino favorite da un aiuto di Stato in maniera tale da distorcere la concorrenza, «per definizione le imprese favorite e i loro concorrenti sono riguardati nella stessa misura. Gli svantaggi per i concorrenti corrispondono in questo caso ai vantaggi per le imprese favo­rite. Sotto questo aspetto non vi è alcun motivo di considerare i concor­renti meno direttamente o individualmente riguardati da una Decisione della Commissione positiva o negativa delle imprese favorite dalla sovvenzione». La Corte ha finito col seguire le conclusioni del proprio Avvocato generale nel dichiarare il ricorso ricevibile e, citando la pro­pria giurisprudenza «Timex»4, «ha ammesso come elementi che dimo­strano che l'atto riguarda l'impresa ai sensi dell'art. 230, secondo com­ma, del Trattato, il fatto che l'impresa stessa sia stata all'origine del recla­mo che ha dato luogo alle indagini, che le sue osservazioni siano state sentite e che lo svolgimento del procedimento sia stato ampiamente de­terminato dalle sue osservazioni». Resta da precisare però «che la sem­plice circostanza che un atto possa influire sui rapporti di concorrenza nel mercato di cui trattasi non è sufficiente a far ritenere che qualsiasi opera­tore economico, il quale si trovi in qualche modo in concorrenza col de­stinatario dell'atto, sia direttamente ed individualmente toccato da que­st'ultimo». È infatti da ritenere che il pregiudizio che il concorrente ri­schia di subire non deve essere generico, ma, preciso e in qualche mo­do quantificabile.

Appare opportuno precisare che, recentemente, il Tribunale di primo grado ha acquisito buone competenze in materia di aiuti di Stato.

In seguito alla Decisione del Consiglio 93/350, il Tribunale di primo grado è stato abilitato ad esercitare «in primo grado le attribuzioni demandate alla Corte di Giustizia dai Trattati che istituiscono le Comunità nonchè dagli atti adottati per la loro esecuzione [...] per i ricorsi promossi da per­sone fisiche o giuridiche in forza dell'articolo 173, secondo comma, dell'articolo 175, terzo comma e degli articoli 178 e 181 del Trattato CEE».

Le Sentenze del Tribunale, come precisato all' art. 2255 del Tratta­to, sono impugnabili, per i soli motivi di legittimità, davanti alla Corte di giustizia.

Ne deriva che - in conformità con un principio generalmen­te riconosciuto negli Ordinamenti degli Stati membri dell'Unione euro­pea - anche con riferimento alla legittimità delle Decisioni concernenti gli aiuti di Stato, è stato previsto un vero e proprio doppio grado dì giu­risdizione. Come chiarito dal Consiglio, il meccanismo è, in particolare, volto a tutelare i diritti dei singoli nelle «controversie che esigono un esame approfondito di fatti complessi».

Come precisato all'art. 225 - e ribadito all' art. 1 della Decisione 93/350 il Tribunale è abilitato a conoscere solamente dei ricorsi pre­sentati da persone fisiche o giuridiche. Ne deriva che l'organo compe­tente a pronunciarsi sulla legittimità delle Decisioni della Commissione è diverso a seconda che il ricorrente sia: una persona fisica o giuridica; uno Stato membro. In questo secondo caso la giurisdizione spetta - in unico grado - alla Corte di giustizia.

Precisato che il ricorso presentato contro una Decisione formale della Commissione attraverso la quale venga autorizzato o vietato un aiuto di Stato, è ammissibile sia nel caso venga presentato dal mancato beneficiario, sia quando venga proposto dal terzo leso un'altra puntualizzazione è necessaria: stabilire se rientrino o meno nel sistema previsto dal Trattato i ricorsi contro i provvedimenti autorizzativi della Commissione adottati al termine della fase amichevole o precontenziosa, e dunque senza bisogno di una Decisione formale. Nel caso in esame, l'impresa lesa dall'aiuto di Stato non ha avuto modo di esternare la propria posizione in merito all'aiuto: non è stata data ai terzi comunicazione della ricevuta notifica, ne si è proceduto alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'invito al­le imprese a presentare le proprie osservazioni.

In effetti, la Commissione non è tenuta a pubblicare in Gazzetta Uffi­ciale alcuna comunicazione relativa all'aiuto autorizzato, anche se è sua prassi fornire talune informazioni relative agli aiuti approvati tramite il Bollettino Ufficiale o le relazioni annuali sulla politica di concorrenza. La questione della ricevibiltà del ricorso contro le determinazione adottate senza avvalersi della fase precontenziosa, va risolta sulla base di criteri pragmatici, verificandone gli effetti. La Corte infatti, ai sensi all'art.230, «esercita un controllo di legittimità.sugli atti del Consiglio e della Commissione che non siano Raccomandazioni o Pareri». Ciò comporta che non solo gli atti definitivi ma anche quelli preparatori «possono essere oggetto di autonoma considera­zione se, prescindere dal loro inserimento nel procedimento di forma­zione dell'atto definitivo, costituiscono di per se un provvedimento obbli­gatorio».

La Corte di giustizia ha successivamente avuto modo di precisare, nella Sentenza «AETS»6, che possono essere oggetto di ricorso tutti gli atti che comportino effetti giuridici. Per quanto concerne invece gli atti aventi natura meramente preparatoria, i loro vizi possono essere fatti vale­re esclusivamente nel ricorso diretto contro l'atto definitivo. Resta da determinare se l'apertura della procedura precontenziosa, o la delibera­zione di non aprirla, costituiscono atti che determinano effetti vincolanti.

L'ipotesi di ricorso alla Corte di giustizia contro la determinazione di apertura della procedura precontenziosa ex art. 88, par. 2, 1° periodo, ha preso consistenza nella causa «Italgrani - ricevibilità»7. Secondo la Corte, le situazioni che si possono presentare sono ri­conducibili a due distinte fattispecie: quella in cui venga aperta la proce­dura ex art. 88, par. 2, 1° periodo, nei confronti di un nuovo aiuto; quella in cui la procedura precontenziosa sia stata aperta per verificare gli effetti di un aiuto esistente. Dalle due ipotesi discendono effetti giuri­dici diversi.

Al fine di verificare gli effetti dell'apertura della procedura pre­contenziosa, va rilevato che, nel caso di nuovi aiuti, conseguenza neces­saria è il divieto di erogare le misure agevolative mentre; tale effetto non si verifica nella seconda ipotesi.

Con riferimento al caso di specie, il punto controverso era proprio se la misura agevolativa costituisse un aiuto nuovo o, costituendo applicazione di una misura agevolativa precedentemente autorizzata, fosse qualificabile quale aiuto esistente.

Fatta questa premessa, si è facilitati nel tracciare una distinzione di fondo tra le due fattispecie:

- nel caso di «nuovi aiuti», dalla deliberazione della Commissione di aprire la procedura precontenziosa non emerge alcun effetto giuridi­co, tenuto conto che il divieto di erogare aiuti è regolato da una speci­fica norma del Trattato, direttamente operativa; v'è da aggiungere che il controllo della Commissione ha natura preventiva, ne consegue che con la decisione di aprire la procedura precontenziosa, si ribadisce semplicemente un obbligo già operante e che dalla determinazione della Commissione non derivano autonomi effetti giuridici;

- nel caso di aiuti esistenti, va rilevato che la situazione è radicalmente diversa: gli aiuti in atto sono legittimati da una precedente pronuncia della Commissione e possono essere liberamente erogati. Dato che con l'apertura della procedura precontenziosa ai sensi dell'art. 88, par. 2, la Commissione, qualificando l'aiuto quale nuovo, ha disposto il divieto di continuarne la somministrazione, dall'apertura della pro­cedura sono conseguiti effetti giuridici ed è del tutto naturale che la Corte abbia ritenuto ammissibile l'impugnazione.

Non si è trattato infatti, come invece sostenuto dalla Commissione, di un atto preparatorio che, come tale, non può essere impugnato sulla base dell'art. 230, ma di un atto comportante la revoca, per le imprese beneficiarie, di agevolazioni già ritenute compatibili con il sistema co­munitario.

V'è da aggiungere che l'organo competente ad accertare la compati­bilità di una disposizione nazionale con una Decisione CEE, è la Corte di giustizia. Nel caso, quindi, debba esser accertato se un aiuto erogato nel quadro di un regime di aiuti generali precedentemente approvato dalla Commissione costituisca un aiuto nuovo, deve esser fatto ricorso all'organo giurisdizionale.

Chiariti i casi in cui l'impresa beneficiaria di un aiuto può presenta­re ricorso contro la deliberazione di aprire la procedura di infrazione, resta da determinare se, e a quali condizioni, un'impresa terza possa pre­sentare ricorso contro le determinazioni assunte dalla Commissione sen­za avvalersi della procedura precontenziosa.

La considerazione preliminare, da sviluppare agli effetti della valu­tazione se siano da considerare ammissibili o meno i ricorsi presentati dall'impresa concorrente non beneficiaria dell'aiuto contro la determi­nazione assunta dalla Commissione di autorizzare l'agevolazione notifi­cata, va ancorata ad una premessa: se le deliberazioni autorizzative prese al termine della fase amichevole non fossero impugnabili, ne risulterebbe compressa la possibilità di difesa del concorrente.

Cercando di risolvere la questione dell'ammissibilità dei ricorsi con­tro determinazioni adottate al termine della fase amichevole sulla base della motivazione data nel caso «COFAZ», si può arrivare a conclusioni negative: nella circostanza, è stato considerato essenziale agli effetti della legittimazione dell'azione dell'impresa terza, il ruolo svolto dall'impresa ricorrente nella procedura preliminare. È stato considerato determinante «il fatto che l'impresa stessa sia stata all'origine del reclamo che ha dato luogo alle indagini». Da queste premesse poteva dedursi che, nel caso in cui l'impresa concorrente non ha partecipato alla procedura preconten­ziosa perchè non a conoscenza dell'esistenza degli aiuti notificati, il suc­cessivo ricorso avverso la decisione di non aprire la procedura precon­tenziosa ex art. 88, par. 2, 1° comma, è da ritenersi irricevibile. Va rile­vato tuttavia che la motivazione della Sentenza «COFAZ» era sottesa al­la risoluzione del caso di specie e non si è tradotta nell'enunciazione di criteri di ordine generale.

In base al principio generale, sono impugnabili gli atti della Commissione dai quali scaturiscono effetti giuridici vincolanti. Ne risulta del tutto conseguente che, con riferimento alla determinazione di non aprire la procedura di infrazione, la Corte ha valutato di non essere in presenza di una semplice misura preparatoria, ma di un atto suscettibile di effetti giuridici definitivi e, quindi, da considerare impugnabile.

Inoltre bisogna aggiungere che quando la Commissione, basandosi su poteri conferiteli dal par.3 dello stesso articolo constata, senza aprire la procedura precontenziosa, che un aiuto è compatibile con il mercato comune, la determinazione autorizzativa è impugnabile davanti alla Corte da quanti, ai sen­si dell' art. 88, par. 2, avrebbero avuto diritto a presentare osservazioni. La Corte di giustizia ha infatti precisato che solo attraverso il ricorso di cui all'art. 230 possono essere tutelati i diritti assicurati dalla procedura precontenziosa. Proprio in funzione dell'esigenza di tutelare i diritti garantiti dalla procedura di cui all' art. 88, par. 2, 1° periodo, deve essere letta la precisazione, profondamente innovativa, per cui vanno consi­derate legittimate a presentare ricorso contro la determinazione autoriz­zativa assunta al termine della procedura amichevole, le persone legitti­mate a proporre osservazioni nella fase precontenziosa, cioè le imprese concorrenti e le organizzazioni professionali.

L'ultimo punto da precisare è che, come specificato nella Sentenza «COFAZ» e poi richiamato dagli avvocati generali Tesauro e Van Ger­ven, perchè una impresa concorrente possa presentare ricorso, occorre che i propri interessi siano minacciati in maniera sostanziale. Ciò signi­fica che imprese interessate in misura marginale alla Decisione della Commissione non saranno legittimate a presentare ricorso.

Se in base all'art.230 può essere presentato un ricorso sulla legittimità degli atti comunitari, va precisato che, essendo il controllo sul merito limitato ai sensi dell'art.2298 ai casi in cui siano applicate sanzioni, la distinzione tra vizi di legittimità e vizi di merito, propria del nostro ordinamento non è ripresa negli stessi termini dal diritto degli Stati membri il che [...] determina altresì una diversità di formulazione dei Trattati».

«La giurisdizione di legittimità, se non esclude l'esame dei fatti: limita tuttavia l'attività della Corte al controllo sulla conformità al diritto dell'atto impugnato e, d'altro canto, preclude ad ogni altro prov­vedimento che non sia l'annullamento».

I difetti di legittimità impugnabili ex art. 230 sono: incompetenza; violazione delle forme sostanziali; violazione del Trattato «o di qual­siasi regola di diritto relativa alla sua applicazione»; sviamento di po­tere.

Ai fini del ricorso contro una Decisione di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, generalmente è proprio il controllo delle forme sostanziali ad assumere rilievo.

«Vigendo nell'ordinamento comunitario il principio della libertà delle forme, tale vizio non va inteso in senso letterale, ma ri­ferito piuttosto a dati requisiti dell'atto». Tra i «vizi di forma che concer­nono direttamente l'atto appaiono in primo piano quelli che risultano dall'obbligo di motivazione» dato che l' art. 2539 prescrive, quale forma sostanziale, che le Decisioni della Commissione siano motivate. In altri termini, il controllo delle forme sostanziali comprende anche la verifica della motivazione degli atti comunitari.

La motivazione, che è «strumento essenziale per la garanzia dei soggetti comunitari», ha la funzione di «consentire il controllo giurisdizionale sugli atti comunitari».

Bisogna aggiungere che, nel caso in cui la Commissione adotti determinazioni agendo nella sfera della propria discrezionalità, la motivazione dell'atto adottato assume importanza ancora maggiore.

In particolare, la motivazione deve essere coerente e sufficiente a giustificare l'adozione dell'atto. Come correttamente rilevato in dottrina, «se la motivazione è equivoca o ambivalente essa non permette di discernere i presupposti del provvedimento, oppure di sua funzione e va dunque considerata come insufficiente».

Un discorso analogo può essere fatto in caso di motivazione contraddittoria.

Il termine per proporre un ricorso ai sensi dell'art.230 è di due mesi: termine che decorre, «secondo i casi, dalla pubblicazione dell'atto, dalla sua notifica al ricorrente ovvero, in mancanza di pubblicazione o di notifica, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza». Pendente il ricorso davanti alla Corte di giustizia, non vengono meno gli obblighi dello Stato membro di sospendere l'erogazione dell'aiuto e, delle imprese beneficiarie, di rispettarlo.

Come chiarito dalla Commissione, il ricorso ex art.230 non ha l'effetto di sospendere l'efficacia dell'atto impugnato: «il fatto che (uno Stato membro) abbia proposto un ricorso in annullamento, a norma dell'art.230 del Trattato, contro la Decisione della Commissione non conferisce il diritto di rifiutarsi di conformarsi alla Decisione entro il termine impartitole». In effetti, l'art.242 del Trattato, statuisce in maniera inequivocabile che «i ricorsi proposti dalla Corte di giustizia non hanno effetto sospensivo». Con giurisprudenza costante la Corte di giustizia ha puntualizzato che, «se il rispetto del principio della legittimità comunitaria comporta il diritto di contestare in sede giurisdizionale la validità degli atti comunitari, detto principio implica anche, per tutti i soggetti di diritto comunitario, l'obbligo di riconoscere la piena efficacia di detti atti finchè non ne sia stata dichiarata l'invalidità». Ne deriva che una Decisione gode anche se irregolare di una presunzione di validità sino a quando non sia stata annullata o ritualmente revocata dall'istituzione da cui emana.

Resta la possibilità che la Corte quando reputi che le circostanze lo richiedano possa ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, sulla base dell'art 242, secondo periodo.



7. Il regolamento n°659/1999 recante modalità di applicazione dell'art.88.

Salvo disposizione contraria dei regolamenti adottati a norma dell'art. 891 del Trattato o di altre pertinenti disposizioni dello stesso, ogni progetto di concessione di un nuovo aiuto deve essere notificato tempestivamente alla Commissione dallo Stato membro interessato, il quale ha anche l'obbligo di fornire tutte le informazioni atte a consentire alla Commissione di adottare una decisione. Se ritiene che le informazioni fornite dallo Stato membro siano incomplete, la Commissione potrà chiedere tutte le informazioni complementari di cui ha bisogno.

Ogni aiuto soggetto all'obbligo di notifica è messo in atto soltanto se la Commissione ha preso o si ritiene che abbia preso una decisione che l'autorizzi (clausola di sospensione).

Se, in esito a un esame preliminare, constata che il provvedimento notificato suscita dubbi quanto alla compatibilità col mercato comune, la Commissione avvia il procedimento formale di esame, di cui all'articolo 88, paragrafo 2 del Trattato. Nella decisione con cui dà avvio al procedimento la Commissione esporrà sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, effettuerà una valutazione preliminare del provvedimento notificatole ed esporrà i motivi che la inducono a nutrire dubbi circa la sua compatibilità col mercato comune. Lo Stato membro interessato - e le altre parti interessate - possono presentare osservazioni entro il termine massimo di un mese, che può comunque essere prorogato dalla Commissione.

Il procedimento formale di indagine si chiude mediante decisione con la quale la Commissione può dichiarare:

- che il provvedimento notificato non costituisce un aiuto;

- che i dubbi circa la compatibilità del provvedimento notificato con le norme del mercato comune sono dissipati e che l'aiuto è compatibile con il mercato comune, nel qual caso si ha una "decisione positiva"; la decisione positiva può talora essere subordinata a condizioni che consentano di considerare l'aiuto compatibile con il mercato comune accompagnata da obblighi che consentano di controllare l'osservanza della decisione stessa (in tal caso si parla di "decisione condizionale");

- che il provvedimento notificato è incompatibile con il mercato comune e non può essere messo in atto ("decisione negativa").

Se lo Stato membro interessato non si conforma alla decisione condizionale o negativa la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia.

Prima che la Commissione prenda una decisione definitiva lo Stato membro interessato può ritirare la notifica dell'aiuto.

La Commissione può revocare la propria decisione qualora sia basata su elementi inesatti.

La Commissione esamina senza indugio le informazioni di cui sia eventualmente in possesso, in merito a possibili aiuti illegali, da qualsiasi fonti essi provengano. Può inoltre chiedere allo Stato membro interessato di fornirle precise informazioni in merito.

Dopo aver dato allo Stato membro interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione adotta una decisione con la quale ordina di sospendere l'erogazione di ogni aiuto concesso illegalmente (ingiunzione di sospensione), ovvero adotta una decisione con la quale ordina allo Stato membro di recuperare a titolo provvisorio qualsiasi aiuto concesso illegalmente fino al momento in cui avrà deciso in merito alla compatibilità dell'aiuto con il mercato comune (ingiunzione di recupero), a condizione che ricorrano tutti i seguenti presupposti:

- in base a una pratica consolidata non sussistono dubbi circa il carattere di aiuto della misura in questione;

- occorre affrontare una situazione di emergenza;

- esiste un grave rischio di danno consistente e irreparabile ad un concorrente.

La Commissione può autorizzare lo Stato membro ad abbinare il recupero dell'aiuto alla corresponsione di un aiuto di emergenza all'impresa in questione.

Se lo Stato membro non si conforma ad una delle ingiunzioni di cui sopra, la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia per chiederle di dichiarare che il mancato rispetto della decisione costituisce una violazione del trattato.

In caso di decisione negativa su aiuti illegali, la Commissione deciderà di imporre allo Stato membro interessato di prendere tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario (decisione di recupero). La Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. I poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un termine di prescrizione di 10 anni.

La Commissione ottiene dallo Stato membro interessato tutte le informazioni necessarie alla revisione, in collaborazione con lo Stato membro, dei regimi di aiuti esistenti a norma dell'articolo 88, paragrafo 1 del Trattato. Se ritiene che un regime di aiuti non sia o non sia più compatibile con il mercato comune, la Commissione rivolge allo Stato interessato una raccomandazione proponendo di adottare misure adeguate. In particolare, la raccomandazione può avere lo scopo di:

- apportare modifiche sostanziali al regime di aiuti in questione

- introdurre alcuni obblighi procedurali

- sopprimere il regime.

Ogni terzo interessato può presentare osservazioni in seguito ad una decisione della Commissione di dare inizio al procedimento d'indagine, così come può informare la Commissione di ogni presunto aiuto illegale e di ogni presunta attuazione abusiva di aiuti.

Gli Stati membri devono presentare alla Commissione relazioni annuali su tutti i regimi di aiuti esistenti per i quali non sussiste un obbligo specifico di presentazione disposto da una decisione condizionale.

Qualora la Commissione nutra forti dubbi sul rispetto, da parte di uno Stato membro, di una decisione di non sollevare obiezioni, di una decisione positiva o di una decisione condizionale per quanto riguarda gli aiuti individuali, detto Stato membro deve consentirle di effettuare ispezioni in loco. Per verificare l'osservanza della decisione in questione, gli agenti autorizzati dalla Commissione dispongono dei seguenti poteri:

- accedere a tutti i locali e terreni dell'impresa interessata

- chiedere spiegazioni orali sul posto

- controllare i registri e gli altri documenti aziendali nonché eseguire o chiedere copie degli stessi.

Possono assistere all'ispezione agenti autorizzati dallo Stato membro nel cui territorio deve essere effettuata l'ispezione.

La Commissione è assistita da un Comitato consultivo in materia di aiuti di Stato, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.
La Commissione consulta il comitato prima di adottare qualsiasi disposizione di attuazione riguardante la forma, il contenuto e le altre modalità della notificazione o delle relazioni annuali.

Quando un'impresa si oppone allo svolgimento di un'ispezione disposta con una decisione della Commissione, lo Stato membro interessato presta agli agenti ed agli esperti autorizzati dalla Commissione l'assistenza necessaria per consentire lo svolgimento dei controlli. A tal fine, gli Stati membri adottano le misure necessarie entro il 16 novembre 2000.




La Commissione ha evidenziato nella comunicazione «notifica di regimi di aiuti di importanza minore» (pubblicata in G.U.C.E. n. C 40, del 20/2/90, p. 2), che: «in linea di principio la Commissione non opporrà obiezioni a regimi di importanza minore, notificati ai sensi dell'articolo 93, paragrafo 3 [. ..]» affermando così, anche se in maniera implicita, l'esigenza della loro notifica.

ex art.5 del Trattato CEE.

Come precisato dalla Corte nella già citata Sentenza «Lorenz», in causa 120/73, punto 3 della motivazione, p. 1480, «gli autori del Trattato, disponendo che la Commis­sione deve essere informata dei progetti diretti ad istituire o modificare aiuti 'in tempo utile perchè possa presentare le sue osservazioni, hanno inteso far sì che questa istituzione potesse disporre di un periodo adeguato per studiare i progetti e documentarsi onde poter dare un primo giudizio di compatibilità parziale o totale dei progetti stessi col Trattato».


ex art.169 del Trattato CEE.

Vertenza conclusasi con la Decisione della Commissione n. 93/564/CEE, del 22 luglio 1993, «relativa agli aiuti che il Governo italiano intende concedere alle Cartiere del Garda» (in G.U.C.E. n. L 273, de1S/11/93, p. 51).


ex artt.173 e 175 del Trattato CEE.

Nella già citata Sentenza "Lorenz», in causa 120/73, la Corte ha avuto modo di precisare che: "la Commissione, se al termine dell'esame preliminare è giunta alla conclu­sione che il programma d'aiuti è conforme al Trattato [...] non è [...] tenuta a concludere il procedimento con una Decisione, ai sensi dell'art. 189 del Trattato».


ex art.169 del Trattato CEE.

La competenza della Commissione è stata prevista, come nel caso della vigilanza sugli aiuti nuovi, in relazione alla generale funzione di vigilanza sull'applicazione delle disposizioni del Trattato previste alI'art. 211 del Trattato di Amsterdam( ex art.155 del Trattato CEE).


Così il punto 12 della motivazione della Sentenza" Repubblica Federale di Germania contro Commissione delle Comunità", in causa 84/82.

ex art.189 Trattato CEE.

Così la Commissione nella Decisione n. 90/381/CEE, del 21 febbraio 1990, «inte­sa alla modifica del regime tedesco di aiuto all'industria automobilistica» (in G.U.C.E.n. L 188, del 20 luglio 1990)


ex artt.169 e 170 del Trattato CEE.

ex art.173 del Trattato CEE.

ex artt. 169 e 170 del Trattato CEE.

ex art.173 del Trattato CEE.

Sentenza " Philip Morris", in causa 730/79.

Chiusasi con Sentenza del 28 gennaio 1986, in causa 169/84.

Sentenza 20 marzo 1985, " Timex Coorporation contro Consiglio e Commissione delle Comunità Europee", in causa 264/82.

ex art.168 A del TratTato CEE.

Nella Sentenza del 31 marzo 1971, " La Commissione delle Comunità europee contro Consiglio delle Comunità europee, in causa 22/70,"AETS".

In causa C- 47/91.

ex art 172 del Trattato CEE.

ex art. 190 del Trattato CEE.

ex art. 185 del Trattato CEE.

ex art.94 del Trattato CEE.




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