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Il controllo degli aiuti di Stato
Art. 88, par. 3, primo periodo:
«alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti ad istituire o a modificare aiuti».
Come accennato in precedenza, perché un nuovo aiuto istituito da uno Stato membro sia dichiarato compatibile con la normativa comunitaria, si è fatto leva su una procedura volta ad accertare, caso per caso, se l'agevolazione rientri effettivamente nei casi previsti dall'art. 87, par. 1, o se siano applicabili le esenzione di cui all'art. 87, par. 2 o 3. L 'obbligo della notifica è generalizzato, si applica anche agli aiuti di importanza minore1, alle misure agevolative predisposte in favore delle imprese pubbliche, alle agevolazioni non suscettibili di falsare la concorrenza o gli scambi tra Stati membri.
La prima questione da chiarire è la specificazione del significato di «sono comunicati». Allo scopo, non sono considerati sufficienti né la notorietà dell'aiuto, né una comunicazione informale. Lo Stato membro che intenda istituire aiuti è tenuto ad una azione positiva, espressione di quella cooperazione leale tra Stati e Commissione, che è imposta dall'art. 10 del Trattato di Amsterdam : la notificazione.
La notificazione dovrà contenere: uno specifico riferimento all'art.88, par.3; riferimenti necessari alla valutazione dell'aiuto; essere indirizzata al Segretario generale della Commissione, e non al servizio responsabile della Commissione.
L'obbligo della notificazione non vale solamente per l'aiuto, quale era stato inizialmente prefigurato, ma si estende alle modifiche apportate al progetto durante i dibattiti parlamentari o in sede di Governo.
Dato che la disposizione ha carattere rigorosamente preventivo, l'aiuto deve essere notificato quando è ancora allo stadio di progetto.
La notifica deve essere effettuata in tempo utile perché la Commissione raccolga le informazioni necessarie a valutare i progetti tendenti ad istituire o modificare degli aiuti3.
In tal modo l'Esecutivo comunitario viene messo in condizione di suggerire agli Stati interessati la modificazione o la soppressione dei provvedimenti proposti, prima che si manifestino effetti distorsivi sulla concorrenza. Ne consegue che non deve essere notificata la Legge «già perfetta», ma il disegno di Legge quando abbia acquisito una certa probabilità di divenire norma, ad esempio: se ad iniziativa delle Camere, quando sia stato approvato in sede referente da una Commissione parlamentare o da un ramo del Parlamento; se ad iniziativa governativa quando sia stato approvata dal Consiglio dei Ministri; se si tratta di norma regionale quando sia stata approvata dalla Giunta.
Come rilevato da Giuseppe Palmeri, «la ratio della norma, in sostanza è quella di garantire che nessun nuovo aiuto sia introdotto dagli Stati membri prima che sia ritenuto tale da non turbare il regime di concorrenza». Che l'intervento della Commissione debba intervenire in un momento antecedente al perfezionamento della norma, è del tutto congruo. Lo è anche in considerazione del fatto che l'aiuto può essere approvato a determinate condizioni, tali da comportare la riapertura del procedimento normativo.
Il fatto che l'intervento della Commissione si manifesti durante il procedimento di formazione del provvedimento, ad esempio dopo che sia stato approvato da un ramo del Parlamento, ma prima che sia stato esaminato dall'altro, implica che, per una cattiva programmazione dei lavori delle Camere, uno Stato membro può trovarsi, in perfetta buona fede, in condizioni di approvare i provvedimenti che determinano l'aiuto, prima del completamento dell'esame da parte della Commissione. Una situazione di tal genere, in cui la Commissione è legittimata ad attivarsi d'ufficio, in seguito ad una segnalazione del Parlamento europeo o dietro sollecitazione di una impresa concorrente, finisce col comportare conseguenze piuttosto serie: l'aiuto viene considerato come illecitamente istituito e ne potrà essere ordinato il recupero; la Commissione è autorizzata a prendere misure provvisorie; la Commissione potrà adire la Corte ex art. 88, par. 2, secondo periodo, o ex art. 2264, chiedendo che sia accertata la violazione dell'art. 88, par. 3 del Trattato; l'aiuto verrà inoltre esaminato nel quadro degli aiuti illegittimamente istituiti e quindi sottoposto ad una procedura che, in pratica, si è dimostrata «più severa».
Lo Stato membro non può cautelarsi da una simile eventualità limitandosi a non dare luogo all'erogazione. La circostanza per cui si tratta di un aiuto predisposto solo sulla carta è considerata ininfluente. Per la Commissione è determinante che sia stato conferito il potere di concedere gli aiuti. Da rilevare in proposito come, nella prassi tedesca, e di altri Stati membri, sia stato introdotto un accorgimento semplice ma efficace atto ad evitare gli effetti negativi del perfezionamento della norma prima che ne 717g69h sia stato completato l'esame da parte della Commissione: una clausola che sospende l'entrata in vigore dell'aiuto, e quindi la possibilità di effettuare le erogazioni, fino al momento dell'approvazione da parte della Commissione. In questo caso la norma non è "perfetta" fino alla dichiarazione della Commissione e, in sostanza, non si può considerare conferito il potere di concedere gli aiuti. L 'adozione della prassi richiamata è stata recentemente «raccomandata» dalla Commissione.
Un altra ipotesi che merita attenzione è quella verificatasi nella vertenza relativa agli aiuti che il Governo italiano intendeva concedere alle Cartiere del Garda5: in quella circostanza «la Commissione ha ritenuto che il Governo italiano potesse notificare un caso particolare di applicazione» di un regime generale di aiuti istituito senza preventiva autorizzazione. In tale circostanza l'Ente erogante aveva effettivamente interrogato la Commissione sulla compatibilità dell'agevolazione prima che fosse deliberata.
Come specificato nello stesso art. 88, par. 3 del Trattato, oltre che nel periodo antecedente alla notificazione, anche nel periodo di tempo intercorrente tra la notifica e la presa di posizione definitiva della Commissione, gli Stati membri non possono in alcun modo dar attuazione alle misure progettate. La precisazione per cui la presa di posizione deve essere definitiva implica che l'apertura del procedimento di infrazione di cui all'art. 88, par.2, impedisce allo Stato membro di adottare l'aiuto anche dopo lo scadere del termine dei due mesi. Va tenuto conto, infatti, che entro quel periodo la Commissione è tenuta a prendere una Decisione autorizzativa o ad aprire la procedura di cui all'art. 88, par. 2.
La violazione dell'art. 88 par. 3 del Trattato si può dunque concretizzare in quattro distinte fattispecie:
mancata notificazione dell'aiuto;
- adozione delle misure necessarie all'erogazione di una agevolazione nel periodo compreso trai la notificazione della misura progettata ed il termine dei due mesi in cui la Commissione si può pronunciare;
messa in vigore delle norme comportanti la facoltà di erogare aiuti nonostante la Commissione abbia aperto la procedura di cui all'art. 88, par.2 ;
erogazione di aiuti in violazione di una specifica Decisione finale della Commissione.
Ai fini dell'esigenza della notificazione preventiva, ai nuovi aiuti vengono equiparate, in tutto e per tutto, le modifiche ad aiuti già esistenti. Resta il fatto che la modificazione intervenuta deve comportare una modificazione delle disposizioni che lo prevedono, le loro modalità, i loro limiti.
Alla Commissione è stato riconosciuto, in analogia con le disposizioni di cui agli artt. 230 e 2326 un termine di 60 giorni per dichiarare la compatibilità dell'aiuto con il sistema comunitario (decisione positiva) o per aprire la procedura precontenziosa di cui all'art. 88, par. 2, qualora l'esame del progetto di aiuto richieda più tempo, o vi sia motivo di ritenerlo incompatibile con il mercato comune.
La Commissione ha ritenuto di auto ridursi il termine di istruzione a trenta giorni lavorativi, nel caso in cui sia stata notificata una misura pratica di applicazione di un.regime di aiuti generali da essa precedentemente approvato; a venti giorni lavorativi, nel caso degli "aiuti di importanza minore".
La decorrenza dei termini ha, in linea di massima, inizio dal momento in cui la Commissione ha ricevuto la notificazione ma può accadere che, nella notificazione, non siano contenuti tutti gli elementi necessari. In tal caso, il termine decorrerà dal momento in cui la Commissione avrà acquisito le informazioni supplementari e successivamente effettuerà le proprie valutazioni. L'apertura della procedura di infrazione comporta, nell'ipotesi normale, la conferma del divieto di erogare l'aiuto. In seguito all'esame del progetto di aiuto, la Commissione può ritenerlo incompatibile con il sistema previsto dal Trattato. In questo caso, è tenuta ad aprire una procedura in contraddittorio, ai sensi dell'art. 88, par.2.
Se la Commissione ritiene l'aiuto compatibile con il sistema previsto dal Trattato, approva la misura e ne informa lo Stato proponente anche se non è ritenuta necessaria una Decisione formale ai sensi dell'art. 249 del Trattato. Gli Stati terzi e le imprese concorrenti non beneficiarie dell'aiuto, non possono vantare un vero e proprio diritto ad essere informati.
Fino al luglio '90, era prassi della Commissione inviare agli Stati membri copia tradotta della lettera attraverso la quale aveva informato lo Stato membro interessato della decisione di autorizzare l'aiuto progettato. Da quella data, la Commissione ha iniziato a pubblicare sistematicamente, sul Bollettino Ufficiale delle Comunità europee e sulla Gazzetta Ufficiale, un conciso riassunto di quattro o cinque righe della comunicazione di autorizzazione.
La prassi adottata, come verrà esplicitato nel successivo capitolo relativo ai ricorsi davanti alla Corte di giustizia, non viene considerata dalla dottrina in grado di tutelare sufficientemente gli interessi dei terzi non beneficiari dell'aiuto. Se nel termine di due mesi dall'avvenuta notificazione, o dalla ricezione delle successive informazioni eventualmente richieste, la Commissione omette di avviare il procedimento ex art.88, par.2, si ha un "silenzio assenso" per cui lo Stato membro può liberamente dare esecuzione alla sovvenzione progettata. Per esigenze di certezza del diritto. Lo Stato membro è tenuto ad informare preventivamente la Commissione.
In seguito al controllo operato dalla Commissione, potrà essere ravvisabile.
Con la ricezione della notificazione di un nuovo aiuto, o della modificazione di un aiuto esistente, si apre la fase amichevole o preliminare davanti alla Commissione. Lo scopo della fase preliminare dell'aiuto notificato con il sistema previsto dal Trattato. Nella prassi, la Commissione «accusa ricevimento del progetto di aiuto notificato e informa lo Stato membro che prenderà posizione nel termine di due mesi dalla data della notifica».
Il Segretariato generale tiene il registro di tutti gli aiuti notificati, aiuti classificati come: notificati «N », non notificati «NN »; esistenti «E»; procedimenti per i quali è stata aperta una procedura di infrazione «C».
La registrazione avviene con l'indicazione della lettera di riferimento, del numero seriale, dell'anno solare in cui viene effettuata la registrazione. Successivamente alla registrazione le pratiche vengono inoltrate al servizio competente, generalmente la DG IV - la Direzione Generale competente per la politica di concorrenza - ma possono anche essere inoltrate alle Direzioni competenti per materia: D.G. VI per gli aiuti a!l'agricoltura; D.G. VII per le agevolazioni ai trasporti; D.G. XIV per le misure concernenti la pesca; D.G. XVII per quanto concerne la.politica energetica.
Nel termine di 60 giorni dalla notificazione, la Commissione potrà alternativamente:
- dichiarare la compatibilità dell'aiuto con il sistema comunitario se quest'ultimo risulta, prima facie, compatibile con il mercato comune;
- aprire la procedura precontenziosa, se l'esame del progetto di aiuto richiede maggiori informazioni, una più attenta analisi delle condizioni del mercato vi sia, motivo di ritenere la misura agevolativa incompatibile con il mercato comune;
- dichiarare compatibile con il mercato comune una parte dell'aiuto notificato ed aprire la procedura precontenziosa nei confronti di altra parte dell'aiuto;
- omettere di prendere una specifica posizione.
Va rilevato, al riguardo, che è interesse dello Stato membro notificante fornire tutte le informazioni che possano essere considerate utili alla Commissione, in quanto la decorrenza dei termini ha inizio dal momento in cui la Commissione dispone di tutte le informazioni necessarie, anche di quelle richieste successivamente.
Come chiarito dall'Avvocato generale Tesauro «la procedura preliminare presenta tre caratteristiche. E' opaca. Non è prevista la partecipazione dei terzi. Dovrebbe avere - in principio - breve durata».
La procedura amichevole o preliminare non può essere affatto considerata una «procedura trasparente»: non è prevista alcuna forma di pubblicità delle notificazioni ricevute; i terzi interessati non sono messi in condizione di presentare le proprie osservazioni; le motivazioni per le quali la Commissione non ritiene di dover aprire la procedura di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, non sono sempre «immediatamente individuabili».
La partecipazione dei terzi alla fase preliminare e, in linea dl principio, ammessa. Tuttavia, l'assenza di qualsiasi forma di pubblicità delle misure agevolative notificate rende l'ipotesi improbabile.
La fase amichevole deve essere il più breve possibile. In effetti, il termine di 60 giorni costituisce la data ultima per aprire la procedura precontenziosa: l'art. 88, par. 3, secondo periodo, prescrive, infatti, che la Commissione vi deve fare ricorso «senza indugio».
Si dovrà ricordare alla procedura di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, anche nel caso in cui la Commissione sia venuta a conoscenza, per vie diverse dalla notificazione, dell'esistenza di aiuti irregolarmente istituiti. In questo caso, però, la Commissione non è vincolata da limiti di tempo precisi per assumere una Decisione.
Anche se l'omissione della notificazione non è di per sé sufficiente a determinare l'incompatibilità degli aiuti, va ricordato che effetti di natura sostanziale prenderanno ugualmente consistenza. In particolare l'aiuto verrà considerato "irregolarmente istituito".
È anche opportuno ricordare che, per la durata della fase amichevole, gli Stati membri sono tenuti a non dare esecuzione agli aiuti progettati. Solo eccezionalmente potranno essere autorizzati aiuti al funzionamento durante lo svolgimento della procedura precontenziosa. Per quanto concerne la forma della determinazione positiva da assumere al termine della procedura amichevole, va rilevato che, in base alla giurisprudenza del caso «Lorenz», la Commissione non deve necessariamente adottare una Decisione formale nel senso di un provvedimento di cui all'art. 249 del Trattato1: allo scopo è sufficiente una Decisione informale che assume la veste di una comunicazione ufficiale o di una lettera allo Stato membro di cui generalmente viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (serie C.) un estratto molto succinto.
Il silenzio della Commissione dovrà essere interpretato come silenzio-assenso. Se è vero che la determinazione assunta al termine della fase preliminare non costituisce una Decisione dal punto di vista formale, va rilevato che, come sostenuto da molti, si tratta, dal punto di vista sostanziale, di una Decisione, di un provvedimento che determina effetti vincolanti, come tale, è impugnabile davanti alla Corte di giustizia.
Se la fase preliminare non si conclude con la determinazione che l'aiuto è compatibile con il sistema previsto dal Trattato, la Commissione apre la fase precontenziosa. Il procedimento ha inizio con la "messa in mora"attraverso un invito formale, emesso attraverso una nota ufficiale inviata per via diplomatica allo Stato membro notificante che intende concedere l'aiuto, ed ai terzi interessati, a presentare le proprie osservazioni. La procedura è simile a quella prevista dall'art. 226 del Trattato di Amsterdam1.
Perché la procedura venga aperta, non è necessario che la Commissione abbia acquisito la certezza dell'incompatibilità dell'aiuto notificato con il sistema previsto dal Trattato, è sufficiente che abbia ragionevoli dubbi sulla compatibilità della misura agevolativa, o che lo Stato membro abbia adottato un comportamento renitente. . La «messa in mora» dello Stato membro viene generalmente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale serie C e risponde ad un duplice ordine di esigenze:
- attraverso la pubblicazione, la Commissione dà notizia di aver instaurato il procedimento di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, e ciò esclude esplicitamente che il beneficiario possa invocare il proprio legittimo affidamento sulla norma nazionale la cui compatibilità con il sistema comunitario è quantomeno, sospetta;
- attraverso il contestuale invito agli interessati a presentare le proprie osservazioni, la Commissione si mette in condizione di acquisire le informazioni necessarie per valutare l'aiuto. Va rilevato infatti che, nel settore della vigilanza sugli aiuti di Stato, la Commissione non dispone di un potere di indagine.
L'invito viene rivolto ad una platea di soggetti la più larga possibile: innanzitutto, lo Stato erogatore dell'aiuto, ma anche gli altri Stati in cui si producono beni considerati simili o vi vengono venduti i prodotti oggetto dell'aiuto. Altri destinatari dell'invito sono gli imprenditori beneficiari della misura agevolativa, i loro concorrenti, gli altri enti - quali ad esempio i sindacati, le organizzazioni che mirano a tutelare i consumatori o l'ambiente - che possano avere un interesse giuridicamente rilevante alle sorti dell'aiuto. La richiesta agli interessati di presentare le proprie osservazioni costituisce «una fase essenziale del procedimento, tale che, in sua assenza, il procedimento stesso ne resterebbe viziato» e, come tale, sarebbe annulla bile dalla Corte di giustizia.
La fase precontenziosa ha lo scopo di dar modo alla Commissione di:
- approfondire le proprie conoscenze del contesto sul quale andranno ad incidere gli aiuti;
- entrare in possesso di tutte le informazioni necessarie, anche con l'ausilio delle valutazioni dei terzi interessati;
- effettuare un'analisi accurata degli effetti che le agevolazioni avranno sulla concorrenza e sugli scambi intracomunitari.
In questa fase lo Stato membro ed i terzi interessati possono addurre le proprie considerazioni in merito alla compatibilità o all'incompatibilità dell'aiuto. Molto spesso infatti gli effetti di una misura agevolativa concessa in uno Stato si manifestano anche in altri Paesi e l'interesse dei terzi ad essere informati risulta del tutto legittimo. Non esistono limiti di durata precisi per la fase precontenziosa che, generalmente, varia in relazione al comportamento tenuto dagli Stati, o alla complessità degli accertamenti cui la Commissione è tenuta.
Effetti diversi conseguono all'apertura della fase precontenziosa, a seconda che sia disposta nel quadro dell'esame di «nuovi aiuti» o nel caso in cui sia lamentata l'attuazione abusiva di aiuti esistenti:
- quando l'apertura del procedimento di cui all'art. 88, par. 2, primo periodo segua la notificazione di nuovi aiuti, viene consolidato l'obbligo a carico dello Stato membro di non dare esecuzione all'aiuto progettato prima che venga emessa la Decisione formale con cui si conclude la procedura;
- nel caso in cui la procedura precontenziosa venga aperta nei confronti di aiuti attuati in maniera abusiva, cioè in contrasto con i provvedimenti autorizzativi, ne deve conseguire la sospensione della loro erogazione.
Nel primo caso dalla determinazione della Commissione non discendono effetti diretti, mentre tali effetti ricorrono nella seconda ipotesi.
La Commissione, quando ritenga che un aiuto considerato compatibile con il sistema previsto dal Trattato sia stato erogato dallo Stato membro in maniera difforme dalle prescrizioni adottate con la Decisione autorizzativa:
- sarà abilitata a far ricorso, ex art. 88, par. 2, secondo periodo, alla Corte di giustizia, per far dichiarare che lo Stato membro ha violato gli obblighi derivanti dalla Decisione attuata in maniera abusiva;
- potrà considerare la parte di aiuto non autorizzata quale un nuovo aiuto istituito in maniera illegittima.
Dato che lo scopo della fase precontenziosa è di consentire alla Commissione di formarsi un'idea definitiva circa la compatibilità delle misure agevolative con il sistema previsto dal Trattato, la Commissione dovrà raccogliere tutte le informazioni possibili per valutare gli effetti dell'aiuto sulla concorrenza e sugli scambi intracomunitari. In questa fase, vengono generalmente considerate «particolarmente utili» le valutazioni espresse dalle imprese concorrenti: valutazioni che contribuiranno ad orientare la Commissione, la quale dovrà valutare tutti gli elementi in un procedimento «in contraddittorio» con lo Stato membro che intende erogare aiuti. La fase precontenziosa è generalmente aperta a tutti i terzi interessati, i quali possono liberamente esprimere la propria posizione a sostegno o contro l'applicazione della misura agevolativa, nonché agli Stati membri ed agli eventuali beneficiari dell'aiuto.
Come chiarito dalla Corte in diverse sentenze, la fase precontenziosa deve necessariamente concludersi con una Decisione formale della Commissione; Decisione che potrà essere «positiva», se lo Stato membro riesce a fugare i dubbi della Commissione; «positiva condizionata», se la Commissione ritiene ammissibili gli aiuti a determinate condizioni; «negativa» se la Commissione dichiara l'incompatibilità dell'aiuto con il regime comunitario.
La concessione di una deroga ai sensi dell'art. 87, par. 3, costituisce un provvedimento discrezionale che, ove riconosca la sussistenza delle condizioni in esso enunciate, la Commissione può adottare in base a proprie valutazioni di politica economica, anche se - è opportuno ribadirlo - non è tenuta ad assumerle.
È anche possibile che lo Stato, a fronte delle obiezioni avanzate dalla Commissione, rinunci al regime di aiuto che intendeva istituire. In tal caso viene a cessare la materia del contendere.
Nonostante la Sentenza «Lorenz» abbia indicato che la fase precontenziosa debba concludersi con una Decisione formale, va registrato che la prassi della Commissione si è andata sviluppano nel senso di semplificare quanto possibile le procedure. Ne è derivato che, sempre più spesso, delle procedure precontenziose aperte sulla base dell'art.88, par.2, 1° periodo, vengono chiuse con Decisioni informali, che assumono la forma di comunicazione o di lettere allo Stato membro interessato.
Oltrechè al controllo preventivo da parte della Commissione, gli aiuti di Stato sono soggetti al controllo successivo da parte dello stesso organo.
Ai sensi dell'art. 88, par. 1, infatti:
«la Commissione procede con gli Stati Membri all'esame permanente dei regimi di aiuto esistenti in questi Stati.
Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune».
La Commissione è l'organo competente a procedere alla loro valutazione1. La cooperazione con gli Stati membri costituisce la prima e più sostanziale differenza rispetto alla procedura inerente l'esame di nuovi aiuti: procedura per cui, almeno nella fase preliminare, l'Esecutivo CEE agisce in maniera del tutto indipendente. La collaborazione imposta, costituisce il riconoscimento della duplice esigenza di tutelare gli interessi dei singoli Stati membri e, nello stesso tempo, di contemperarli qualora risultino confliggenti.
La ragione per cui si è ritenuto di dover sottoporre gli aiuti, oltrechè ad un controllo iniziale, ad un controllo successivo, risiede in una serie di considerazioni:
- le valutazioni di ordine teorico, aventi per oggetto aiuti ancora da istituire, vanno verificate «sul campo»;
- le situazioni socio-economiche che hanno determinato la concessione dell'aiuto, possono cambiare;
- la Commissione ha spesso ritenuto utile autorizzare in sede di esame preventivo «aiuti generali», riservandosi di valutarne, in un momento successivo, le modalità di attuazione.
- un continuo adeguamento dei regimi di intervento degli Stati rispetto alla politica comunitaria, è dettato dall'evolversi della stessa realtà che costituisce il mercato interno;
- l'Esecutivo CEE può avvalersi di uno strumento più globale dell'esame dei singoli aiuti nel quadro della valutazione preventiva, per cui il giudizio della Commissione finisce col coinvolgere non più il singolo aiuto, considerato isolatamente, ma l'intero sistema, ponendolo «in relazione con tutte le altre misure atte ad influenzare i rapporti di concorrenza tra le imprese di un dato settore economico».
E' importante prima di affrontare gli aspetti procedurali determinare cosa debba intendersi, ai sensi del1' art. 88, par. 1, per aiuto esistente.
L 'espressione è riferita:
- ai sistemi di aiuti già in atto al momento di entrata in vigore del Trattato, o al momento dell'adesione di nuovi Stati membri;
- alle agevolazioni regolarmente istituite in un periodo successivo all'entrata in vigore del Trattato CEE.
Gli aiuti vigenti al momento di entrata in vigore del Trattato, oramai numericamente molto esigui, anche se incompatibili con l'art. 87, par. 1, possono continuare ad essere erogati fino a quando non siano dichiarati incompatibili con il sistema previsto dal Trattato attraverso una Decisione a norma dell'art. 88, par. 2, 1° periodo.
La seconda categoria di aiuti soggetta al controllo permanente della Commissione, è costituita dagli aiuti regolarmente notificati alla Commissione ai sensi dell'art. 88, par. 3, 1° periodo, e da questa approvati in via esplicita od implicita.
In base alla giurisprudenza se la Commissione omette di aprire nel termine di due mesi la procedura precontenziosa ex art. 88, par,. 2, 1° comma, un aiuto regolarmente notificato da uno Stato membro entra automaticamente a far parte del regime di aiuti esistenti. Come chiarito dalla stessa Corte di giustizia, «l'aiuto in questione, messo in vigore dopo la decisione positiva della Commissione, diverrà un "aiuto esistente", soggetto in quanto tale all'esame permanente ai sensi dell'art. 88,n°. l ».
Una parte della dottrina considera «aiuti esistenti» anche quelle agevolazioni concesse dagli Stati in maniera abusiva, senza rispettare la procedura di cui all'art.88. par.3.
Secondo la dottrina dominante , invece, gli aiuti illegittimamente istituiti non possono essere considerati "aiuti esistenti" in base alla normativa prevista dal Trattato.
La tesi in base alla quale gli aiuti illegittimamente istituiti vanno considerati "aiuti esistenti" va respinta in quanto condurrebbe« alla conseguenza inaccettabile che aiuti non notificati fruirebbero di un regime più favorevole di quello riservato agli aiuti notificati». Occorre osservare, inoltre, che la precisazione di cui all'art. 88, par. 3, 2° periodo, per cui la Commissione è tenuta - quando sia portata a ritenere che un aiuto notificatole non sia compatibile con il mercato interno - ad aprire senza indugio la procedura di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, deve essere considerata applicabile anche nel caso della scoperta di nuovi aiuti. L 'apertura della procedura di cui all'art. 88, par. 2, fa sì che la Commissione non possa più proporre agli Stati membri quelle «misure opportune» che, come vedremo, caratterizzano la fase amichevole: fase, necessariamente precedente a quella precontenziosa.
Bisogna comunque considerare che anche quella parte della dottrina per la quale le agevolazioni istituite illegittimamente vanno considerate «aiuti esistenti», non giunge a sostenere che tra le due fattispecie vi sia un'identità di conseguenze giuridiche. In effetti, è univoco che gli aiuti illegittimamente istituiti non vengono comunque considerati leciti. Alla loro valutazione vengono connessi effetti giuridici profondamente diversi. In particolare la Commissione, constatata l'infrazione da parte degli Stati membri, può:
- aprire direttamente la procedura di cui all'art. 87 par. 3, implicante il divieto di dare ulteriore esecuzione alle agevolazioni disposte;
- imporre allo Stato di recuperare quanto erogato;
- consentire alle imprese, concorrenti, danneggiate dall'aiuto, di adire il giudice nazionale per il risarcimento dei danni subiti.
Nel caso di aiuti esistenti, l'apertura della procedura precontenziosa non comporta il divieto di continuare l'erogazione degli aiuti.
Gli Stati membri potranno dunque continuare liberamente ad erogare gli aiuti, almeno sino alla chiusura della procedura.
In seguito al controllo operato dalla Commissione, potrà essere ravvisabile una incompatibilità dell'aiuto con il sistema comunitario tale da comportare la sospensione dell'erogazione, nei modi e nei tempi che saranno convenuti; non sarà tuttavia configurabile un'infrazione a carico degli Stati membri, né la Commissione potrà ordinare la ripetizione degli aiuti già erogati (a meno che gli aiuti notificati siano stati attuati in maniera abusiva). Gli aiuti in atto sono infatti legittimati da una precedente pronuncia della Commissione, pronuncia che può essere modificata soltanto da un successivo atto, dotato della medesima efficacia vincolante, che non può avere efficacia retro attiva ma sarà operante ex nunc.
L'esame permanente è attivato dall'iniziativa della Commissione o degli Stati membri.
Il controllo verte sia sulla verifica della compatibilità del regime di aiuti con i parametri stabiliti dall'art. 88, sia sulle modalità di attuazione dell'aiuto autorizzato.
Il controllo operato dalla Commissione, considerato in una prima fase «amichevole», si svolge in collaborazione con gli Stati interessati, ed in contraddittorio con gli Stati controinteressati.
La ragion d'essere di questa fase è consentire alla Commissione di «completare la conoscenza del regime o della misura in questione, della sua utilità e dei suoi effetti». In questa fase, la Commissione non può che limitarsi a confermare la compatibilità della misura agevolativa o, nel caso ritenga l'aiuto non più compatibile, a proporre l'adozione delle misure necessarie al progressivo sviluppo del mercato comune.
Sul piano giuridico, queste proposte possono essere assimilate alle Raccomandazioni, atto normativo a portata non vincolante previsto dall'art. 249 del Trattato di Amsterdam1.
Attraverso le proprie proposte, la Commissione può chiedere agli Stati membri di adottare tutte quelle misure che contribuiscano alla realizzazione del mercato interno, siano esse tese alla modificazione, alla riduzione, alla delimitazione in ambito territoriale o temporale, alla soppressione, o all'impegno di non rinnovare gli aiuti esistenti.
La proposta è condizione necessaria per la prosecuzione della procedura mirante alla soppressione dell'aiuto.
Se lo Stato membro non si adegua alle Raccomandazioni della Commissione, questa è tenuta ad aprire la procedura precontenziosa ai sensi dell'art. 88 par. 2, 1° periodo, pubblicando sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, una comunicazione attraverso la quale gli Stati membri ed i terzi interessati vengono invitati a presentare le proprie osservazioni.
La fase precontenziosa svolta nel quadro dell'esame permanente degli aiuti esistenti, è del tutto simile a quella svolta nell'ambito della valutazione delle misure agevolative nuove.
La procedura ha inizio con la pubblicazione della comunicazione con cui gli Stati membri ed i terzi interessati vengono invitati a presentare le proprie osservazioni e si svolge secondo le regole procedimentali di un esame preventivo, con l'unica differenza che l'erogazione della misura agevolativa non viene sospesa. La legittimità dell'aiuto riposa su una precisa presa di posizione della Commissione da cui derivano, per le imprese, effetti economici rilevanti. In base ad un elementare principio di equità ed in osservanza delle esigenze di «certezza del diritto», la modifica di queste situazioni deve avvenire in maniera graduale, contemperando le esigenze dell' imprese con quelle inerenti la preservazione di una concorrenza non falsata sul piano comunitario.
L 'eventuale obbligo di sospendere l'aiuto può venir disposto sola mente attraverso la Decisione finale, a meno che non venga ordinato attraverso specifici provvedimenti provvisori e d'urgenza.La sospensione non ha efficacia retro attiva.
Oltrechè con la rinuncia da parte dello Stato membro al regime agevolativo, la procedura di cui all' art. 88, par. 2, si può concludere con un atto vincolante che può consistere:
- in una Decisione motivata, attraverso la quale l'aiuto viene dichiarato incompatibile con il sistema previsto dal Trattato, in tal caso con la Decisione viene fissato il termine entro il quale lo Stato membro è tenuto ad eliminarlo, termine variabile a seconda delle difficoltà che, derivanti dalla soppressione, graveranno sui beneficiari e sul settore produttivo;
- in una Decisione motivata, attraverso la quale l'aiuto viene dichiarato incompatibile con il sistema previsto dal Trattato e ne vengono contestualmente imposte alcune modificazioni;
- in una Decisione, attraverso la quale viene confermata la compatibilità della misura agevolativa con il mercato interno.
L 'ipotesi di uno Stato membro che si rifiuti di conformarsi al comportamento suggerito dalla Commissione nel quadro dell'esame permanente degli aiuti di Stato, ha preso consistenza quando la Repubblica Federale di Germania ha rifiutato di uniformarsi alla «disciplina comunitaria degli aiuti di Stato all'industria automobilistica». Per costringere lo Stato renitente ad adottare il comportamento raccomandato attraverso la «disciplina», la Commissione ha provveduto ad aprire il procedimento precontenzioso ex art. 88, par. 2, 1° periodo, «nei confronti di tutti i regimi di aiuto autorizzati e in atto nella Repubblica Federale di Germania dei quali potrebbe beneficiare l'industria automobilistica ». Il procedimento si è concluso con la Decisione del 21 febbraio 1990, attraverso la quale la Commissione ha imposto alla Germania l'adempimento degli obblighi previsti dalla «disciplina».
Il fatto che la Commissione abbia dovuto far ricorso ad una Decisione - per ottenere che la Germania si uniformasse alle disposizioni adottate al termine dell'esame degli aiuti esistenti - conferma che le determinazioni assunte da essa, insieme agli Stati membri al termine dell'esame di un aiuto esistente, non hanno «in se» forza vincolante. La Corte di giustizia ha avuto tuttavia modo di precisare che tali determinazioni assumono efficacia vincolante con l'accettazione da parte degli Stati membri destinatari.
Per imporre il rispetto della Decisione precedentemente emanata, o per verificare che l'aiuto autorizzato sia stato erogato nei termini previsti dalla Decisione autorizzativa, la Commissione è dotata di uno specifico strumento giuridico: può adire, direttamente, la Corte di giustizia in forza del quanto disposto dell' art. 88, par. 2, secondo periodo, del Trattato di Amsterdam.
La Corte provvederà ad accertare la compatibilità del comportamento tenuto dallo Stato membro con quanto disposto nella Decisione. La procedura di cui all'art. 88, par. 2, secondo periodo, è più agevole di quella prevista dagli artt. 226 e 227del Trattato1.
La principale agevolazione di cui la Commissione può avvalersi consiste nell'evitare la «messa in mora» dello Stato membro, formalità, invece, prescritta per i ricorsi ex art. 226 e 227 del Trattato: ai sensi dell' art. 88, par. 2, secondo periodo, infatti, «qualora lo Stato in causa non si conformi a tale Decisione [alla Decisione della Commissione] entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia, in deroga agli articoli 226 e 227».
La disposizione di deroga è stata prevista per accelerare le procedure eliminando in toto la fase in cui solitamente è tenuta a richiedere le osservazioni e ad emettere pareri. Come osservato da Ennio Triggiani, «tale maggiore agilità procedurale è d' altronde pienamente giustificata dalla circostanza che , nella fase precedente l'adozione della Decisione, gli interessati hanno già avuto modo di presentare le proprie osservazioni e che l'orientamento della Commissione si è concretato, con contenuti presumibilmente più precisi che in un parere, in un atto giuridico vincolante».
Come rilevato dal Gilmour, la fase contenziosa che si apre attraverso il ricorso ex art. 88, par. 2, secondo periodo, non è molto diversa da quella di cui all'art. 226.
In pratica l'ipotesi di ricorso diretto alla Corte di giustizia sussiste in quattro distinte fattispecie, ricorrenti quando lo Stato:
- non sospenda, nei termini stabiliti, l'erogazione degli aiuti dichiarati illegittimi attraverso una Decisione definitiva;
- non adotti i provvedimenti di attuazione della Decisione definitiva;
- non provveda al recupero degli aiuti illegittimamente concessi, anche se vi sia condannato con Decisione definitiva;.
- non sospenda l'erogazione degli aiuti dopo che sia stata aperta la procedura precontenziosa ex art. 88, par; 2, 1° par., nei confronti di agevolazioni concessi in violazione dell'obbligo di notifica, nonostante l'ingiunzione della Commissione formalizzata attraverso una Decisione provvisoria.
Con riferimento alla prima ipotesi, non emergono difficoltà interpretative nel caso in cui lo Stato membro, in violazione della Decisione della Commissione, continui ad erogare gli aiuti illegittimamente concessi. .Non emergono difficoltà d'interpretazione, in quanto si tratta di una violazione aperta e palese che legittima pienamente il ricorso alla Corte di giustizia ex art. 88, par. 2, secondo comma.
Un caso particolare di inadempimento, per il quale è proponibile il ricorso ex art.88, par.2, secondo periodo, si ha quando lo Stato membro che vi sia stato condannato, non provveda a recuperare le agevolazioni illegittimamente concesse.
L'applicabilità della procedura prevista dall'art.88, par.2, secondo periodo, non ha aperto particolari problemi giuridici.
Come chiarito dalla Corte di giustizia, il ricorso contemplato dall' art. 88, par. 2, secondo periodo, «non può avere ad oggetto altro che l'omissione, da parte di uno Stato membro, di conformarsi ad una Decisione della Commissione che gli imponga di sopprimere o modificare un aiuto»; «di conseguenza, il comportamento di uno Stato membro contro il quale sia proposto un ricorso di questo genere dev' esser valutato unicamente sotto il profilo degli obblighi impostigli dalla Decisione della Commissione».
Ne deriva che, durante il procedimento ex art. 88, par. 2, secondo periodo, lo Stato membro destinatario della Decisione non può più contestare la legittimità della Decisione ne eccepirne l'impossibilità' di esecuzione. Come precisato dalla Corte nella Sentenza «Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio», ove lo Stato membro ritenga che la Decisione della Commissione sia viziata, o di essere impossibilitato a conformarvisi, può presentare ricorso nel termine di due mesi alla Corte di giustizia chiedendo l'annullamento della Decisione ex art. 2302. Scaduti i termini per il ricorso, la Decisione diviene definitiva e non può più essere rimessa in discussione né durante un ricorso proposto dalla Commissione attraverso il quale si mira ad accertare l'inadempimento alla Decisione; né durante un ricorso dinanzi ai giudici nazionali contro i provvedimenti presi dalle autorità nazionali in esecuzione della Decisione.
L'art. 88, par. 2, secondo periodo, fornisce il principale, ma non l'unico strumento attraverso il quale può essere imposto il rispetto di una Decisione della Commissione in tema di aiuti di Stato.
Altro strumento cui vi si può far ricorso per ottenere una pronuncia della Corte di giustizia in materia di aiuti di Stato, è dato dai ricorsi per inadempimento previsti dagli artt. 226 e 2273.
Ai sensi dell'art. 226, quando la Commissione ritenga che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti, e segnatamente all'obbligo di adempire le prescrizioni contenute in una Decisione, deve metterlo in condizione di presentare le proprie osservazioni. Se queste non risultano tali da convincere l'Esecutivo comunitario sul fatto che lo Stato membro ha effettivamente adempito gli obblighi prescritti, emette un Parere motivato. Nel caso in cui lo Stato in causa non si conformi nel termine fissato al Parere espresso dalla Commissione, questa potrà adire la Corte di giustizia chiedendo che sia accertato l'inadempimento.
Ai sensi dell'art. 227 la Corte di giustizia può essere adita da ciascuno degli altri Stati membri quando ritengano che un altro Stato membro ha mancato a uno degli obblighi al quale era tenuto.
La procedura prevista dall' art. 227 implica che lo Stato membro, il quale intenda proporre ricorso contro un altro Stato membro contestando la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi comunitari, deve rivolgersi alla Commissione. Investita della controversia, la Commissione deve mettere gli Stati interessati in condizione di presentare, in contraddittorio, le proprie osservazioni scritte ed orali. Dopo di che, è tenuta ad emettere un Parere motivato. Soltanto a questo punto, la Corte può essere investita della questione.
Accertato che, nell'ambito della normativa sugli aiuti di Stato, è ipotizzabile il ricorso della Commissione, o di un altro Stato membro, alla Corte di giustizia sulla base degli artt.226 e 227, si deve precisare che, nella pratica, tali strumenti non assumono grande rilievo poiché la Commissione preferisce perseguire gli stessi obiettivi attraverso il più agile strumento definito dall'art.88, par.2, secondo periodo e gli Stati sono restii a promuovere l'azione per inadempimento nei confronti di altri Stati.
Se la Corte di giustizia accerta, con Sentenza, "che un Stato membro ha mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del presente Trattato, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della Sentenza della Corte di giustizia importa". La pronuncia della Corte attraverso la quale viene dichiarata la violazione, non può prescrivere le misure che lo Stato dovrà prendere. Nessuna sanzione o censura sarà applicabile allo Stato membro.
Resta il fatto che la Sentenza impone, a carico dello Stato membro, un ulteriore obbligo giuridico la cui violazione legittima l'apertura di un nuovo procedimento attraverso il quale non viene verificato se lo Stato membro abbia eliminato o meno la violazione già accertata, ma se abbia eseguito l'obbligo derivante dalla Sentenza. E' così che la Corte verrà a pronunciarsi sull'inadempimento degli obblighi derivanti dal proprio giudicato.
Con l'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, la pronuncia di una Sentenza attraverso la quale viene accertato l'inadempimento agli obblighi derivanti dal giudicato di una precedente pronuncia, consente alla Corte di condannare lo Stato membro inadempiente al pagamento di una sanzione pecuniaria.
Contro una Decisione della Commissione adottata ai sensi dell'art.88, par. 2, 1°comma, è esperibile, nel termine di due mesi, il ricorso davanti alla Corte di giustizia per ottenerne l'annullamento totale o parziale. La Corte, che ha il compito di assicurare il rispetto del diritto comunitario, è tra l'altro competente, ai sensi dell' art. 2301 del Trattato di Amsterdam ad esercitare «un controllo di legittimità sugli atti del Consiglio e del Commissione che non siano Raccomandazioni o Pareri». Con la disposizione richiamata, che a dire il vero è «poco limpida», si è inteso sottoporre al giudizio di legittimità della Corte «gli atti delle istituzioni comunitarie emanati nell'esercizio del potere d'imperio a queste attribuito e produttivi di effetti obbligatori a carico dei loro destinatari».
Anche se «appare del tutto irrilevante la forma con cui l'atto si presenta esternamente: ciò che deve interessare sono unicamente il contenuto e gli effetti dell'atto», è opportuno ricordare che rientrano nel novero degli atti impugnabili ex art. 230: i Regolamenti; le Direttive; le Decisioni; gli altri atti che producano effetti giuridici quali le deliberazioni della Commissione concernenti l'apertura o la chiusura della procedura di infrazione all'art. 87.
Legittimati a presentare ricorso sono gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione.
Ai sensi dell'art.230, anche le persone fisiche o giuridiche possono ricorrere contro le Decisioni, ma solamente a condizione che queste le riguardino direttamente ed individualmente Per quanto concerne le Decisioni della Commissione relative agli aiuti di Stato, va rilevato che si tratta di atti indirizzati allo Stato membro, non al beneficiario. In linea di principio, dunque, il potenziale beneficiario dell'aiuto non potrebbe presentare ricorso contro una Decisione della Commissione che ne abbia disposto il divieto. Bisogna considerare tuttavia che la Decisione investe in maniera diretta ed individua (nel senso dell'art. 230, secondo comma) sia lo Stato Membro cui esplicitamente destinata, sia il mancato beneficiario. Se ne può dunque dedurre che la Decisione avente per oggetto il divieto di un aiuto di Stato è impugnabile sia dallo Stato membro sia dal destinatario dell'aiuto denegato, se non la Decisione non si presenti come un provvedimento «di portata generale che si applica a situazioni determinate obiettivamente ed implica effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in modo generale ed astratto».
La Decisione deve essere, ovviamente, incondizionata e sufficientemente precisa. Ne deriva che la determinazione attraverso la quale si autorizza uno Stato membro a predisporre un regime generale di aiuti la cui applicazione resta sottoposta ad un nuovo controllo della Commissione, non è impugnabile.
L 'ipotesi del ricorso contro una Decisione della Commissione presentato a una impresa e non da uno Stato membro, si è concretizzata, per la prima volta, nel corso dello svolgimento della causa «Philip Morris» : in particolare, fu proprio il produttore di sigarette ad impugnare la Decisione della Commissione con la quale veniva vietato un aiuto che i Paesi Bassi si erano dichiarati pronti ad erogare in suo favore. In quella circostanza, senza trincerarsi dietro rigidi formalismi, fu proprio la Commissione ad evidenziare la posizione di favore nei confronti dell'ammissibilità dell'impugnazione proposta dal potenziale beneficiario dell'aiuto.
Da notare però che l'interesse del potenziale beneficiario deve essere diretto ed individuale: la Corte con giurisprudenza costante ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato da associazioni di imprese nella veste di rappresentanti dei potenziali beneficiari.
Più complessa si presenta la situazione in cui, a fronte di una Decisione attraverso la quale la Commissione autorizza l'erogazione di un aiuto, un'impresa concorrente che non possa beneficiarne agisca di fronte alla Corte per l'annullamento della Decisione autorizzativa lamentando di subire un danno.
L'ipotesi ha preso consistenza nella vertenza "COFAZ"3: lamentando che il sistema di tariffe differenziate applicato nella somministrazione di gas metano nei Paesi Bassi costituiva un aiuto di Stato a determinate aziende, un'associazione di imprese francesi ha adito la Corte di giustizia chiedendo l'annullamento della Decisione attraverso la quale la Commissione aveva chiuso la fase precontenziosa.
La questione più delicata che la Corte ha dovuto risolvere è consistita nel determinare se il terzo «non beneficiario» può essere considerato investito dalla decisione in maniera diretta ed individuale.
Come precisato dall'Avvocato generale Verloren Van Themaat, quando alcune imprese risultino favorite da un aiuto di Stato in maniera tale da distorcere la concorrenza, «per definizione le imprese favorite e i loro concorrenti sono riguardati nella stessa misura. Gli svantaggi per i concorrenti corrispondono in questo caso ai vantaggi per le imprese favorite. Sotto questo aspetto non vi è alcun motivo di considerare i concorrenti meno direttamente o individualmente riguardati da una Decisione della Commissione positiva o negativa delle imprese favorite dalla sovvenzione». La Corte ha finito col seguire le conclusioni del proprio Avvocato generale nel dichiarare il ricorso ricevibile e, citando la propria giurisprudenza «Timex»4, «ha ammesso come elementi che dimostrano che l'atto riguarda l'impresa ai sensi dell'art. 230, secondo comma, del Trattato, il fatto che l'impresa stessa sia stata all'origine del reclamo che ha dato luogo alle indagini, che le sue osservazioni siano state sentite e che lo svolgimento del procedimento sia stato ampiamente determinato dalle sue osservazioni». Resta da precisare però «che la semplice circostanza che un atto possa influire sui rapporti di concorrenza nel mercato di cui trattasi non è sufficiente a far ritenere che qualsiasi operatore economico, il quale si trovi in qualche modo in concorrenza col destinatario dell'atto, sia direttamente ed individualmente toccato da quest'ultimo». È infatti da ritenere che il pregiudizio che il concorrente rischia di subire non deve essere generico, ma, preciso e in qualche modo quantificabile.
Appare opportuno precisare che, recentemente, il Tribunale di primo grado ha acquisito buone competenze in materia di aiuti di Stato.
In seguito alla Decisione del Consiglio 93/350, il Tribunale di primo grado è stato abilitato ad esercitare «in primo grado le attribuzioni demandate alla Corte di Giustizia dai Trattati che istituiscono le Comunità nonchè dagli atti adottati per la loro esecuzione [...] per i ricorsi promossi da persone fisiche o giuridiche in forza dell'articolo 173, secondo comma, dell'articolo 175, terzo comma e degli articoli 178 e 181 del Trattato CEE».
Le Sentenze del Tribunale, come precisato all' art. 2255 del Trattato, sono impugnabili, per i soli motivi di legittimità, davanti alla Corte di giustizia.
Ne deriva che - in conformità con un principio generalmente riconosciuto negli Ordinamenti degli Stati membri dell'Unione europea - anche con riferimento alla legittimità delle Decisioni concernenti gli aiuti di Stato, è stato previsto un vero e proprio doppio grado dì giurisdizione. Come chiarito dal Consiglio, il meccanismo è, in particolare, volto a tutelare i diritti dei singoli nelle «controversie che esigono un esame approfondito di fatti complessi».
Come precisato all'art. 225 - e ribadito all' art. 1 della Decisione 93/350 il Tribunale è abilitato a conoscere solamente dei ricorsi presentati da persone fisiche o giuridiche. Ne deriva che l'organo competente a pronunciarsi sulla legittimità delle Decisioni della Commissione è diverso a seconda che il ricorrente sia: una persona fisica o giuridica; uno Stato membro. In questo secondo caso la giurisdizione spetta - in unico grado - alla Corte di giustizia.
Precisato che il ricorso presentato contro una Decisione formale della Commissione attraverso la quale venga autorizzato o vietato un aiuto di Stato, è ammissibile sia nel caso venga presentato dal mancato beneficiario, sia quando venga proposto dal terzo leso un'altra puntualizzazione è necessaria: stabilire se rientrino o meno nel sistema previsto dal Trattato i ricorsi contro i provvedimenti autorizzativi della Commissione adottati al termine della fase amichevole o precontenziosa, e dunque senza bisogno di una Decisione formale. Nel caso in esame, l'impresa lesa dall'aiuto di Stato non ha avuto modo di esternare la propria posizione in merito all'aiuto: non è stata data ai terzi comunicazione della ricevuta notifica, ne si è proceduto alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'invito alle imprese a presentare le proprie osservazioni.
In effetti, la Commissione non è tenuta a pubblicare in Gazzetta Ufficiale alcuna comunicazione relativa all'aiuto autorizzato, anche se è sua prassi fornire talune informazioni relative agli aiuti approvati tramite il Bollettino Ufficiale o le relazioni annuali sulla politica di concorrenza. La questione della ricevibiltà del ricorso contro le determinazione adottate senza avvalersi della fase precontenziosa, va risolta sulla base di criteri pragmatici, verificandone gli effetti. La Corte infatti, ai sensi all'art.230, «esercita un controllo di legittimità.sugli atti del Consiglio e della Commissione che non siano Raccomandazioni o Pareri». Ciò comporta che non solo gli atti definitivi ma anche quelli preparatori «possono essere oggetto di autonoma considerazione se, prescindere dal loro inserimento nel procedimento di formazione dell'atto definitivo, costituiscono di per se un provvedimento obbligatorio».
La Corte di giustizia ha successivamente avuto modo di precisare, nella Sentenza «AETS»6, che possono essere oggetto di ricorso tutti gli atti che comportino effetti giuridici. Per quanto concerne invece gli atti aventi natura meramente preparatoria, i loro vizi possono essere fatti valere esclusivamente nel ricorso diretto contro l'atto definitivo. Resta da determinare se l'apertura della procedura precontenziosa, o la deliberazione di non aprirla, costituiscono atti che determinano effetti vincolanti.
L'ipotesi di ricorso alla Corte di giustizia contro la determinazione di apertura della procedura precontenziosa ex art. 88, par. 2, 1° periodo, ha preso consistenza nella causa «Italgrani - ricevibilità»7. Secondo la Corte, le situazioni che si possono presentare sono riconducibili a due distinte fattispecie: quella in cui venga aperta la procedura ex art. 88, par. 2, 1° periodo, nei confronti di un nuovo aiuto; quella in cui la procedura precontenziosa sia stata aperta per verificare gli effetti di un aiuto esistente. Dalle due ipotesi discendono effetti giuridici diversi.
Al fine di verificare gli effetti dell'apertura della procedura precontenziosa, va rilevato che, nel caso di nuovi aiuti, conseguenza necessaria è il divieto di erogare le misure agevolative mentre; tale effetto non si verifica nella seconda ipotesi.
Con riferimento al caso di specie, il punto controverso era proprio se la misura agevolativa costituisse un aiuto nuovo o, costituendo applicazione di una misura agevolativa precedentemente autorizzata, fosse qualificabile quale aiuto esistente.
Fatta questa premessa, si è facilitati nel tracciare una distinzione di fondo tra le due fattispecie:
- nel caso di «nuovi aiuti», dalla deliberazione della Commissione di aprire la procedura precontenziosa non emerge alcun effetto giuridico, tenuto conto che il divieto di erogare aiuti è regolato da una specifica norma del Trattato, direttamente operativa; v'è da aggiungere che il controllo della Commissione ha natura preventiva, ne consegue che con la decisione di aprire la procedura precontenziosa, si ribadisce semplicemente un obbligo già operante e che dalla determinazione della Commissione non derivano autonomi effetti giuridici;
- nel caso di aiuti esistenti, va rilevato che la situazione è radicalmente diversa: gli aiuti in atto sono legittimati da una precedente pronuncia della Commissione e possono essere liberamente erogati. Dato che con l'apertura della procedura precontenziosa ai sensi dell'art. 88, par. 2, la Commissione, qualificando l'aiuto quale nuovo, ha disposto il divieto di continuarne la somministrazione, dall'apertura della procedura sono conseguiti effetti giuridici ed è del tutto naturale che la Corte abbia ritenuto ammissibile l'impugnazione.
Non si è trattato infatti, come invece sostenuto dalla Commissione, di un atto preparatorio che, come tale, non può essere impugnato sulla base dell'art. 230, ma di un atto comportante la revoca, per le imprese beneficiarie, di agevolazioni già ritenute compatibili con il sistema comunitario.
V'è da aggiungere che l'organo competente ad accertare la compatibilità di una disposizione nazionale con una Decisione CEE, è la Corte di giustizia. Nel caso, quindi, debba esser accertato se un aiuto erogato nel quadro di un regime di aiuti generali precedentemente approvato dalla Commissione costituisca un aiuto nuovo, deve esser fatto ricorso all'organo giurisdizionale.
Chiariti i casi in cui l'impresa beneficiaria di un aiuto può presentare ricorso contro la deliberazione di aprire la procedura di infrazione, resta da determinare se, e a quali condizioni, un'impresa terza possa presentare ricorso contro le determinazioni assunte dalla Commissione senza avvalersi della procedura precontenziosa.
La considerazione preliminare, da sviluppare agli effetti della valutazione se siano da considerare ammissibili o meno i ricorsi presentati dall'impresa concorrente non beneficiaria dell'aiuto contro la determinazione assunta dalla Commissione di autorizzare l'agevolazione notificata, va ancorata ad una premessa: se le deliberazioni autorizzative prese al termine della fase amichevole non fossero impugnabili, ne risulterebbe compressa la possibilità di difesa del concorrente.
Cercando di risolvere la questione dell'ammissibilità dei ricorsi contro determinazioni adottate al termine della fase amichevole sulla base della motivazione data nel caso «COFAZ», si può arrivare a conclusioni negative: nella circostanza, è stato considerato essenziale agli effetti della legittimazione dell'azione dell'impresa terza, il ruolo svolto dall'impresa ricorrente nella procedura preliminare. È stato considerato determinante «il fatto che l'impresa stessa sia stata all'origine del reclamo che ha dato luogo alle indagini». Da queste premesse poteva dedursi che, nel caso in cui l'impresa concorrente non ha partecipato alla procedura precontenziosa perchè non a conoscenza dell'esistenza degli aiuti notificati, il successivo ricorso avverso la decisione di non aprire la procedura precontenziosa ex art. 88, par. 2, 1° comma, è da ritenersi irricevibile. Va rilevato tuttavia che la motivazione della Sentenza «COFAZ» era sottesa alla risoluzione del caso di specie e non si è tradotta nell'enunciazione di criteri di ordine generale.
In base al principio generale, sono impugnabili gli atti della Commissione dai quali scaturiscono effetti giuridici vincolanti. Ne risulta del tutto conseguente che, con riferimento alla determinazione di non aprire la procedura di infrazione, la Corte ha valutato di non essere in presenza di una semplice misura preparatoria, ma di un atto suscettibile di effetti giuridici definitivi e, quindi, da considerare impugnabile.
Inoltre bisogna aggiungere che quando la Commissione, basandosi su poteri conferiteli dal par.3 dello stesso articolo constata, senza aprire la procedura precontenziosa, che un aiuto è compatibile con il mercato comune, la determinazione autorizzativa è impugnabile davanti alla Corte da quanti, ai sensi dell' art. 88, par. 2, avrebbero avuto diritto a presentare osservazioni. La Corte di giustizia ha infatti precisato che solo attraverso il ricorso di cui all'art. 230 possono essere tutelati i diritti assicurati dalla procedura precontenziosa. Proprio in funzione dell'esigenza di tutelare i diritti garantiti dalla procedura di cui all' art. 88, par. 2, 1° periodo, deve essere letta la precisazione, profondamente innovativa, per cui vanno considerate legittimate a presentare ricorso contro la determinazione autorizzativa assunta al termine della procedura amichevole, le persone legittimate a proporre osservazioni nella fase precontenziosa, cioè le imprese concorrenti e le organizzazioni professionali.
L'ultimo punto da precisare è che, come specificato nella Sentenza «COFAZ» e poi richiamato dagli avvocati generali Tesauro e Van Gerven, perchè una impresa concorrente possa presentare ricorso, occorre che i propri interessi siano minacciati in maniera sostanziale. Ciò significa che imprese interessate in misura marginale alla Decisione della Commissione non saranno legittimate a presentare ricorso.
Se in base all'art.230 può essere presentato un ricorso sulla legittimità degli atti comunitari, va precisato che, essendo il controllo sul merito limitato ai sensi dell'art.2298 ai casi in cui siano applicate sanzioni, la distinzione tra vizi di legittimità e vizi di merito, propria del nostro ordinamento non è ripresa negli stessi termini dal diritto degli Stati membri il che [...] determina altresì una diversità di formulazione dei Trattati».
«La giurisdizione di legittimità, se non esclude l'esame dei fatti: limita tuttavia l'attività della Corte al controllo sulla conformità al diritto dell'atto impugnato e, d'altro canto, preclude ad ogni altro provvedimento che non sia l'annullamento».
I difetti di legittimità impugnabili ex art. 230 sono: incompetenza; violazione delle forme sostanziali; violazione del Trattato «o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione»; sviamento di potere.
Ai fini del ricorso contro una Decisione di cui all'art. 88, par. 2, 1° periodo, generalmente è proprio il controllo delle forme sostanziali ad assumere rilievo.
«Vigendo nell'ordinamento comunitario il principio della libertà delle forme, tale vizio non va inteso in senso letterale, ma riferito piuttosto a dati requisiti dell'atto». Tra i «vizi di forma che concernono direttamente l'atto appaiono in primo piano quelli che risultano dall'obbligo di motivazione» dato che l' art. 2539 prescrive, quale forma sostanziale, che le Decisioni della Commissione siano motivate. In altri termini, il controllo delle forme sostanziali comprende anche la verifica della motivazione degli atti comunitari.
La motivazione, che è «strumento essenziale per la garanzia dei soggetti comunitari», ha la funzione di «consentire il controllo giurisdizionale sugli atti comunitari».
Bisogna aggiungere che, nel caso in cui la Commissione adotti determinazioni agendo nella sfera della propria discrezionalità, la motivazione dell'atto adottato assume importanza ancora maggiore.
In particolare, la motivazione deve essere coerente e sufficiente a giustificare l'adozione dell'atto. Come correttamente rilevato in dottrina, «se la motivazione è equivoca o ambivalente essa non permette di discernere i presupposti del provvedimento, oppure di sua funzione e va dunque considerata come insufficiente».
Un discorso analogo può essere fatto in caso di motivazione contraddittoria.
Il termine per proporre un ricorso ai sensi dell'art.230 è di due mesi: termine che decorre, «secondo i casi, dalla pubblicazione dell'atto, dalla sua notifica al ricorrente ovvero, in mancanza di pubblicazione o di notifica, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza». Pendente il ricorso davanti alla Corte di giustizia, non vengono meno gli obblighi dello Stato membro di sospendere l'erogazione dell'aiuto e, delle imprese beneficiarie, di rispettarlo.
Come chiarito dalla Commissione, il ricorso ex art.230 non ha l'effetto di sospendere l'efficacia dell'atto impugnato: «il fatto che (uno Stato membro) abbia proposto un ricorso in annullamento, a norma dell'art.230 del Trattato, contro la Decisione della Commissione non conferisce il diritto di rifiutarsi di conformarsi alla Decisione entro il termine impartitole». In effetti, l'art.242 del Trattato, statuisce in maniera inequivocabile che «i ricorsi proposti dalla Corte di giustizia non hanno effetto sospensivo». Con giurisprudenza costante la Corte di giustizia ha puntualizzato che, «se il rispetto del principio della legittimità comunitaria comporta il diritto di contestare in sede giurisdizionale la validità degli atti comunitari, detto principio implica anche, per tutti i soggetti di diritto comunitario, l'obbligo di riconoscere la piena efficacia di detti atti finchè non ne sia stata dichiarata l'invalidità». Ne deriva che una Decisione gode anche se irregolare di una presunzione di validità sino a quando non sia stata annullata o ritualmente revocata dall'istituzione da cui emana.
Resta la possibilità che la Corte quando reputi che le circostanze lo richiedano possa ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, sulla base dell'art 242, secondo periodo.
Salvo disposizione contraria dei regolamenti adottati a norma dell'art. 891 del Trattato o di altre pertinenti disposizioni dello stesso, ogni progetto di concessione di un nuovo aiuto deve essere notificato tempestivamente alla Commissione dallo Stato membro interessato, il quale ha anche l'obbligo di fornire tutte le informazioni atte a consentire alla Commissione di adottare una decisione. Se ritiene che le informazioni fornite dallo Stato membro siano incomplete, la Commissione potrà chiedere tutte le informazioni complementari di cui ha bisogno.
Ogni aiuto soggetto all'obbligo di notifica è messo in atto soltanto se la Commissione ha preso o si ritiene che abbia preso una decisione che l'autorizzi (clausola di sospensione).
Se, in esito a un esame preliminare, constata che il provvedimento notificato suscita dubbi quanto alla compatibilità col mercato comune, la Commissione avvia il procedimento formale di esame, di cui all'articolo 88, paragrafo 2 del Trattato. Nella decisione con cui dà avvio al procedimento la Commissione esporrà sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, effettuerà una valutazione preliminare del provvedimento notificatole ed esporrà i motivi che la inducono a nutrire dubbi circa la sua compatibilità col mercato comune. Lo Stato membro interessato - e le altre parti interessate - possono presentare osservazioni entro il termine massimo di un mese, che può comunque essere prorogato dalla Commissione.
Il procedimento formale di indagine si chiude mediante decisione con la quale la Commissione può dichiarare:
- che il provvedimento notificato non costituisce un aiuto;
- che i dubbi circa la compatibilità del provvedimento notificato con le norme del mercato comune sono dissipati e che l'aiuto è compatibile con il mercato comune, nel qual caso si ha una "decisione positiva"; la decisione positiva può talora essere subordinata a condizioni che consentano di considerare l'aiuto compatibile con il mercato comune accompagnata da obblighi che consentano di controllare l'osservanza della decisione stessa (in tal caso si parla di "decisione condizionale");
- che il provvedimento notificato è incompatibile con il mercato comune e non può essere messo in atto ("decisione negativa").
Se lo Stato membro interessato non si conforma alla decisione condizionale o negativa la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia.
Prima che la Commissione prenda una decisione definitiva lo Stato membro interessato può ritirare la notifica dell'aiuto.
La Commissione può revocare la propria decisione qualora sia basata su elementi inesatti.
La Commissione esamina senza indugio le informazioni di cui sia eventualmente in possesso, in merito a possibili aiuti illegali, da qualsiasi fonti essi provengano. Può inoltre chiedere allo Stato membro interessato di fornirle precise informazioni in merito.
Dopo aver dato allo Stato membro interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione adotta una decisione con la quale ordina di sospendere l'erogazione di ogni aiuto concesso illegalmente (ingiunzione di sospensione), ovvero adotta una decisione con la quale ordina allo Stato membro di recuperare a titolo provvisorio qualsiasi aiuto concesso illegalmente fino al momento in cui avrà deciso in merito alla compatibilità dell'aiuto con il mercato comune (ingiunzione di recupero), a condizione che ricorrano tutti i seguenti presupposti:
- in base a una pratica consolidata non sussistono dubbi circa il carattere di aiuto della misura in questione;
- occorre affrontare una situazione di emergenza;
- esiste un grave rischio di danno consistente e irreparabile ad un concorrente.
La Commissione può autorizzare lo Stato membro ad abbinare il recupero dell'aiuto alla corresponsione di un aiuto di emergenza all'impresa in questione.
Se lo Stato membro non si conforma ad una delle ingiunzioni di cui sopra, la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia per chiederle di dichiarare che il mancato rispetto della decisione costituisce una violazione del trattato.
In caso di decisione negativa su aiuti illegali, la Commissione deciderà di imporre allo Stato membro interessato di prendere tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario (decisione di recupero). La Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. I poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un termine di prescrizione di 10 anni.
La Commissione ottiene dallo Stato membro interessato tutte le informazioni necessarie alla revisione, in collaborazione con lo Stato membro, dei regimi di aiuti esistenti a norma dell'articolo 88, paragrafo 1 del Trattato. Se ritiene che un regime di aiuti non sia o non sia più compatibile con il mercato comune, la Commissione rivolge allo Stato interessato una raccomandazione proponendo di adottare misure adeguate. In particolare, la raccomandazione può avere lo scopo di:
- apportare modifiche sostanziali al regime di aiuti in questione
- introdurre alcuni obblighi procedurali
- sopprimere il regime.
Ogni terzo interessato può presentare osservazioni in seguito ad una decisione della Commissione di dare inizio al procedimento d'indagine, così come può informare la Commissione di ogni presunto aiuto illegale e di ogni presunta attuazione abusiva di aiuti.
Gli Stati membri devono presentare alla Commissione relazioni annuali su tutti i regimi di aiuti esistenti per i quali non sussiste un obbligo specifico di presentazione disposto da una decisione condizionale.
Qualora la Commissione nutra forti dubbi sul rispetto, da parte di uno Stato membro, di una decisione di non sollevare obiezioni, di una decisione positiva o di una decisione condizionale per quanto riguarda gli aiuti individuali, detto Stato membro deve consentirle di effettuare ispezioni in loco. Per verificare l'osservanza della decisione in questione, gli agenti autorizzati dalla Commissione dispongono dei seguenti poteri:
- accedere a tutti i locali e terreni dell'impresa interessata
- chiedere spiegazioni orali sul posto
- controllare i registri e gli altri documenti aziendali nonché eseguire o chiedere copie degli stessi.
Possono assistere all'ispezione agenti autorizzati dallo Stato membro nel cui territorio deve essere effettuata l'ispezione.
La
Commissione è assistita da un Comitato consultivo in materia di aiuti di Stato,
composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante
della Commissione.
La Commissione consulta il comitato prima di adottare qualsiasi disposizione di
attuazione riguardante la forma, il contenuto e le altre modalità della
notificazione o delle relazioni annuali.
Quando un'impresa si oppone allo svolgimento di un'ispezione disposta con una decisione della Commissione, lo Stato membro interessato presta agli agenti ed agli esperti autorizzati dalla Commissione l'assistenza necessaria per consentire lo svolgimento dei controlli. A tal fine, gli Stati membri adottano le misure necessarie entro il 16 novembre 2000.
La Commissione ha evidenziato nella comunicazione «notifica di regimi di aiuti di importanza minore» (pubblicata in G.U.C.E. n. C 40, del 20/2/90, p. 2), che: «in linea di principio la Commissione non opporrà obiezioni a regimi di importanza minore, notificati ai sensi dell'articolo 93, paragrafo 3 [. ..]» affermando così, anche se in maniera implicita, l'esigenza della loro notifica.
Come precisato dalla Corte nella già citata Sentenza «Lorenz», in causa 120/73, punto 3 della motivazione, p. 1480, «gli autori del Trattato, disponendo che la Commissione deve essere informata dei progetti diretti ad istituire o modificare aiuti 'in tempo utile perchè possa presentare le sue osservazioni, hanno inteso far sì che questa istituzione potesse disporre di un periodo adeguato per studiare i progetti e documentarsi onde poter dare un primo giudizio di compatibilità parziale o totale dei progetti stessi col Trattato».
Vertenza conclusasi con la Decisione della Commissione n. 93/564/CEE, del 22 luglio 1993, «relativa agli aiuti che il Governo italiano intende concedere alle Cartiere del Garda» (in G.U.C.E. n. L 273, de1S/11/93, p. 51).
Nella già citata Sentenza "Lorenz», in causa 120/73, la Corte ha avuto modo di precisare che: "la Commissione, se al termine dell'esame preliminare è giunta alla conclusione che il programma d'aiuti è conforme al Trattato [...] non è [...] tenuta a concludere il procedimento con una Decisione, ai sensi dell'art. 189 del Trattato».
La competenza della Commissione è stata prevista, come nel caso della vigilanza sugli aiuti nuovi, in relazione alla generale funzione di vigilanza sull'applicazione delle disposizioni del Trattato previste alI'art. 211 del Trattato di Amsterdam( ex art.155 del Trattato CEE).
Così il punto 12 della motivazione della Sentenza" Repubblica Federale di Germania contro Commissione delle Comunità", in causa 84/82.
Così la Commissione nella Decisione n. 90/381/CEE, del 21 febbraio 1990, «intesa alla modifica del regime tedesco di aiuto all'industria automobilistica» (in G.U.C.E.n. L 188, del 20 luglio 1990)
Sentenza 20 marzo 1985, " Timex Coorporation contro Consiglio e Commissione delle Comunità Europee", in causa 264/82.
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