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L'individuazione degli obiettivi di politica economica secondo i nuovi indirizzi dell'economia del benessere

economia politica



L'individuazione degli obiettivi di politica economica secondo i nuovi indirizzi dell'economia del benessere (cap. IV°)


La nuova economia del benessere intende studiare la possibilità di costruire una funzione di benessere sociale, partendo dall'imposizione di alcuni assiomi (criteri di minima) e successivamente stabilendo se, nel rispetto di tali assiomi, la funzione di benessere sociale possa esistere e quali caratteristiche possegga.

La teoria di Arrow si basa sulla relazione R (almeno tanto preferito socialmente quanto), che assomma in se i casi di indifferenza e di stretta preferenza. Gli assiomi di Arrow sono:

Dominio universale: la società deve potersi esprimere su ogni configurazione possibile;

Completezza: per ogni alternativa deve sempre essere possibile esprimere un giudizio sociale;



Transitività: se xRy e yRz => xRz;

Rispondenza al principio di Pareto: se ognuno ritiene che x sia almeno tanto preferito quanto y (xRiy), allora anche per la società deve valere che x sia almeno tanto preferito quanto y (xRy);

Indipendenza dalle alternative irrilevanti: l'ordinamento sociale in merito ad un sottoinsieme di alternative non deve variare se alcuni soggetti mutano le loro scelte in riferimento ad alternative non comprese nel sottoinsieme preso in considerazione;

Non-dittatorialità: non deve esistere un individuo che, per il solo fatto che egli ritenga "xRiy", allora questo implichi che la società debba ritenere "xRy".

Arrow dimostra nel Teorema di impossibilità che non esiste alcuna funzione di benessere sociale in grado di soddisfare simultaneamente i sei assiomi appena elencati. Il teorema può essere enunciato anche in un altro modo, ovvero se la funzione di scelta sociale è completa, transitiva, rispondente al principio di Pareto, indipendente dalle alternative irrilevanti, allora necessariamente deve esistere un dittatore. Se vogliamo che non esista alcun dittatore bisogna rinunciare ad uno dei precedenti postulati, ad esempio: transitività della relazione oppure al principio di Pareto.

Il paradosso dell'amante di Lady Chatterly

Consideriamo uno stato formato da due individui:

xL (un libertino), 

xP (un puritano).

Sono possibili tre opzioni:

- O (nessuno legge il libro),

- P (solo il puritano legge il libro),

- L (solo il libertino legge il libro).

Le scelte sono:

xP (O oppure P),

xL (P oppure O).

Secondo, il liberalismo di minima (per ogni individuo debba esistere almeno un'alternativa sulla quale la preferenza personale implichi la medesima preferenza sociale) si avrà:

Nella scelta tra le opzioni O e L, la società sceglie ciò che è preferito da xL;

Nella scelta tra le opzioni O e P, la società sceglie ciò che è preferito da xP.

Quindi, secondo il principio della transitività: LRO e ORP => LRP il che è in contrasto con il principio della Pareto-rispondenza (da qui il conflitto tra principio della Pareto-rispondenza e principio di liberalismo di minima), dato che nel sistema di preferenze individuali di entrambi gli individui vale invece il contrario.

Le scelte pubbliche, basate su una funzione di benessere sociale rispondenti alle preferenze individuali, non possono non esprimere l'ideologia di un dittatore (o di un'oligarchia).

La Teoria delle votazioni

Tale Teoria intende individuare la scelta collettiva da una valutazione nella quale ciascun individuo è chiamato ad esprimere le proprie preferenze. Il problema sorge nell'individuare i criteri per stabilire la scelta sociale, sulla base del risultato della votazione. I criteri più importanti sono quello dell'unanimità e della maggioranza:

o L'unanimità: se si decide di far uso della regola dell'unanimità una scelta sarà attuata socialmente quando tutti saranno d'accordo. Quindi la scelta verrà attuata se e solo se questa rappresenta un miglioramento paretiano. Di contro se la collettività si trova già in una situazione Pareto-efficiente, non potrà più cambiare posizione, perché un qualunque movimento implica che almeno un individuo peggiorerà la sua situazione, e quindi non voterà a favore di un tale cambiamento. A tal proposito si parla di dittatura dello status quo.

Seguendo la regola dell'unanimità l'allocazione finale che si viene a creare, dipende dall'ordine in cui le varie opzioni alternative vengono messe in votazione. Inoltre la regola della unanimità può aprire la strada a votazioni insincere. Quindi le decisioni assunte con il criterio dell'unanimità godono di tre sgradevoli proprietà: 1) la dipendenza dal sentiero seguito; 2) tirannia dello status quo (una volta raggiunta una posizione pareto-efficiente è impossibile allontanarsi da essa); 3) manipolabilità dell'esito, sia da parte di chi decide l'ordine delle votazioni, sia da parte dei votanti.

Inoltre, l'unanimità richiede processi decisionali lunghi e spesso condanna all'immobilità.

o La maggioranza: la regola della maggioranza , invece, è sicuramente meno costosa, ma anche meno rispettosa della volontà di ogni singolo individuo.

Tale criterio richiede che venga stabilito un quorum di voti da raggiungere affinché un'opzione sia approvata. Ovviamente nella scelta del quorum bisogna tenere in considerazione il fatto che quanto più elevato è il quorum richiesto per l'approvazione sociale di un'opzione, tanto più costosi sono gli sforzi per raggiungerlo; dall'altra parte tanto minore sarà la disutilità legata ai casi di dissenso individuale.

A volte può essere richiesta una maggioranza qualificata, che può consistere nella necessità di giungere ad una percentuale di voti favorevoli maggiori al 50% o richiedere che sia a favore il 50% non solo dei voti espressi, ma di aggregati più ampi.

Tra gli aspetti favorevoli: va citato il contenuto della regola di May: la regola di maggioranza rispetta contemporaneamente i seguenti requisiti: 1) dominio universale; 2) anonimità; 3) neutralità (invertendo le preferenze di ogni individuo risulta invertita anche la preferenza sociale raggiunta col voto a maggioranza); 4) risposta positiva alle preferenze individuali. Infine consente di minimizzare il valore della probabilità che la preferenza individuale sia in dissenso con la decisione presa.

Tra gli aspetti negativi: possiamo menzionare i seguenti: 1) l'ordinamento di preferenza sociale non è transitivo; 2) se è consentito pronunciarsi solo sull'alternativa preferita e le alternative sono più di due, può risultare vincente la proposta ritenuta peggiore dal maggior numero di persone; 3) se gli ordinamenti individuali rispondono ad alcune caratteristiche, allora risulterà decisiva la preferenza di uno specifico elettore.

La scuola della political economy

La Teoria tradizionale della politica economica rappresenta i policy-maker come soggetti "astratti", che istituzionalmente rappresentano una comunità e ne perseguono i fini, in modo da rispettare le preferenze individuali.

Le premesse logiche di questa impostazione sono state messe in discussione dalla "public choice", la quale sostiene che coloro i quali rappresentano una comunità perseguono di fatto obiettivi propri, che spesso hanno poco a che vedere con gli obiettivi individuali dei membri costituenti la cominità.

Tali idee, a partire dagli anni '80, sono state riprese dalla scuola della political economy. Secondo questa corrente di pensiero all'interno della categoria dei policy-maker, vi sono almeno due macro-gruppi: i politici (che devono indicare le linee generali dell'intervento della politica economica) e la burocrazia (che deve mettere in atto misure concrete al fine di realizzare quanto indicato dai politici.

Certamente nella realtà, ognuno di questi soggetti, oltre all'obiettivo istituzionale, ne ha uno proprio, che spesso è anche quello prioritario.

Infine nei modelli di political economy, i comportamenti degli individui, dei politici e dei burocrati sono caratterizzati dalla presenza di interazione strategica.





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