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Lo sviluppo economico degli stati preunitari

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Lo sviluppo economico degli stati preunitari


Nel secolo XVIII, quando matura quel complesso processo di sviluppo che, con una certa forzatura, viene chiamato "rivoluzione industriale", l'Italia è ancora divisa in numerosi Stati indipendenti che, per l'inadeguatezza delle vie di comunicazione interne e per scelte politiche ed economiche, hanno scarsi rapporti commerciali fra di loro. L 212c25c a base della loro economia era agricola, ma le differenze fra le diverse regioni erano notevoli, per le diverse caratteristiche climatiche e geomorfologiche, sia per le differenze nel regime della proprietà e nei sistemi di conduzione dei suoli. Si andava, infatti, dall'agricoltura capitalista del nord, con investimenti fondiari nella pianura padana, alla coltura estensiva del grano negli aridi latifondi meridionali, alle agricolture collinari dell'Italia centro-settentrionale. Le attività industriali e i servizi finanziari che avevano caratterizzato lo sviluppo italiano fra il XII e il XVII secolo erano invece decaduti, l'Italia era ormai, nel secolo XVIII, un paese decisamente arretrato e si presentava sul mercato internazionale come esportatrice di prodotti agricoli, mentre era diventata sempre più dipendente dalle importazioni di manufatti dai paesi più sviluppati d'Europa.



Comunque, le esportazioni agricole riuscirono ad assicurare il sostanziale equilibrio dei conti con l'estero, ma grazie prevalentemente al modesto livello delle importazioni in quanto i consumi pro-capite erano molto bassi e ancor minori erano le importazioni di materie prime, semilavorati e macchinari per le industrie, visto che lo sviluppo industriale non si era ancora avviato. Nonostante la sua modestia, per le elites borghesi italiane, che ne erano il principale beneficiario, questo tipo di sviluppo agrario-mercantile sarebbe assurto al tipo ideale di sviluppo, l'unico percorribile per un'economia poco dotata di risorse minerarie. Infatti esso era basato sul potenziamento, attraverso una politica doganale di libero scambio, delle tradizionali attività agricole e delle industrie leggere collegate all'agricoltura, come le tessili o quelle della lavorazione dei prodotti agricoli. In altre parole, la borghesia che si sta apprestando a compiere la rivoluzione nazionale che porterà, nel 1861, all'unificazione del paese, avendo ricavato il proprio benessere da attività agricole o legate all'agricoltura, si fa portatrice di un modello liberistico di sviluppo economico che è congeniale ai suoi interessi, orientato sul modello di quello inglese, che non aveva più da temere alcuna concorrenza nel settore industriale. Va detto, però, che la scelta liberista italiana fu anche il frutto dell'alleanza politica con la Francia e l'Inghilterra, che avevano sostenuto il Piemonte nelle guerre per l'indipendenza, e della consapevolezza che l'apertura al mercato internazionale era indispensabile per attrarre i capitali esteri, senza il cui contributo sarebbe stato impossibile risanare le finanze statali.






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