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RAPPRESENTANZA

giurisprudenza



RAPPRESENTANZA


Nel contratto e, più in generale, nel negozio giuridico bisogna distinguere:

PARTE SOSTANZIALE che è il soggetto che ha interesse all'atto e a cui sono imputati gli effetti dello stesso;

PARTE FORMALE che è il soggetto che manifesta la volontà.

Generalmente la parte formale e la parte sostanziale coincidono; quando la parte sostanziale è un sogget 717f56h to diverso dalla parte formale si verifica il fenomeno della RAPPRESENATANZA.



La rappresentanza è quell'istituto giuridico che regola la sostituzione di un soggetto ad un altro nel compimento di un'attività giuridica: il rappresentante è il soggetto che ha il potere di agire in nome e per conto (cioè nell'interesse) di un altro soggetto (parte sostanziale) sul quale ricadranno direttamente gli effetti dell'attività giuridica. Il rappresentante partecipa alla conclusione del contratto con una propria dichiarazione di volontà; il rappresentato subisce gli effetti giuridici della dichiarazione di volontà del rappresentante, acquistando i diritti e assumendo le obbligazioni che dal contratto derivano.

Il potere di rappresentanza può essere conferito dall'interessato (rappresentanza volontaria) oppure derivare dalla legge (rappresentanza legale), come nel caso della rappresentanza legale dei genitori rispetto ai figli minori o del tutore rispetto all'incapace affidato alla sua tutela. Nel caso della rappresentanza volontaria, il conferimento ad altri del potere di rappresentanza è manifestazione di autonomia del soggetto; nel caso della rappresentanza legale, invece, manca un atto di autonomia del rappresentato, in quanto un soggetto è posto, indipendentemente dalla sua volontà, in balia del suo rappresentante.

In entrambi i casi si verifica questo fenomeno: il contratto concluso dal rappresentante  produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato (ART. 1388): se il rappresentante dichiara di voler comprare o vendere, compra o vende il rappresentato. Perché ciò accada è necessaria una preliminare condizione: il rappresentante deve concludere il contratto in nome del rappresentato Sono, però, necessarie altre due condizioni: il rappresentante deve concluderlo nei limiti delle facoltà conferitegli e deve concluderlo nell'interesse del rappresentato.

Quindi, il rappresentante deve contrattare in nome, oltre che per conto, altrui: non basta che egli abbia agito per conto altrui, occorre la cosiddetta spendita del nome: il contratto deve essere concluso in nome del rappresentato, deve essere formato con la menzione del suo nome. Se un soggetto agisce in nome proprio, anche se per conto altrui, omettendo di spendere il nome di colui per conto del quale agisce, il contratto produrrà effetti nei suoi confronti: sarà lui ad acquistare i diritti e ad assumere le obbligazioni che derivano dal contratto, e ciò anche se l'altro contraente sapeva che egli agiva non per contro proprio, ma per conto altrui, e sapeva per conto di chi agiva.

L'effetto rappresentativo si attua solo se il rappresentante è investito del potere di rappresentanza. Nella rappresentanza legale questo potere è inerente ad una qualità del rappresentante, quella di genitore o di tutore del rappresentato; nella rappresentanza volontaria deriva da una dichiarazione di volontà del rappresentato, che è la PROCURA.

La PROCURA, cioè la RAPPRESENTANZA DIRETTA VOLONTARIA, è un ATTO UNILATERALE CON IL QUALE UN SOGGETTO INVESTE UN ALTRO SOGGETTO DEL POTERE DI RAPPRESENTARLO: E' UN ATTO UNILATERALE RECETTIZIO, RIVOLTO CIOE' AD UNA GENERALITA' DI TERZI, DI FRONTE AI QUALI IL RAPPRESENTATO LEGITTIMA IL RAPPRESENTANTE A CONTRATTARE IN SUO NOME. La procura deve essere speciale, cioè riguardare un singolo determinato affare, oppure generale, relativa ad una serie determinata di affari o relativa a tutti gli affari del rappresentato.

La procura deve avere la stessa forma del contratto da concludere (ART. 1392): perciò, la procura a vendere o comprare un immobile deve essere anch'essa redatta per iscritto.

Può accadere che qualcuno contratti come rappresentante altrui senza averne i poteri o eccedendo i limiti dei poteri rappresentativi. In entrambi i  casi si parla di FALSUS PROCURATOR ( = falso rappresentante). Il falso rappresentante ha agito in nome altrui, pertanto il contratto non può produrre effetti nei suoi confronti, non può fargli acquistare i diritti e assumere le obbligazioni che ne derivano. Tanto meno il contratto potrà produrre effetti nei confronti della persona in nome della quale il falso rappresentante ha agito, non avendogli questa conferito il potere di rappresentanza. Si tratta dunque di contratto invalido (ART. 1398) o, come si preferisce qualificarlo, inefficace, del tutto improduttivo di effetti.

La persona in nome della quale il falso procuratore ha contrattato, o gli eredi di essa, possono ratificare il contratto, con una successiva dichiarazione unilaterale di volontà, la RATIFICA, diretta a sanare l'originario difetto di potere rappresentativo di chi ha contrattato. La ratifica può anche essere sollecitata dal terzo contraente e, se dichiarata, ha effetto retroattivo (ART. 1399): il contratto ratificato diventa efficace dalla sua data, non da quella della ratifica,  che dunque assume a posteriori lo stesso valore giuridico di una originaria procura.

L'inefficacia del contratto protegge adeguatamente il cui nome sia stato falsamente speso. Non altrettanto può dirsi del terzo contraente, il quale confidava nell'efficacia del contratto: l'inefficacia del contratto sacrifica il suo interesse. Il rischio di imbattersi in un falso rappresentante è dalla legge addossato al terzo contraente, anziché al soggetto il cui nome sia stato falsamente speso. Il terso contraente può solo rivolgersi al falso rappresentante e pretendere da questo il risarcimento dei danni per avere senza colpa confidato nell'efficacia del contratto. Ma deve avervi confidato senza colpa, cioè senza negligenza da parte sua. La legge gli addossa l'onere, oltre che il diritto, di accertare l'esistenza e l'estensione dei poteri rappresentativi di colui con il quale contratta: se egli poteva, con l'uso dell'ordinaria diligenza, rendersi conto di contrattare con un falso rappresentante, non ha neppure diritto al risarcimento del danno.

La responsabilità del falsus procurator è una responsabilità da fatto illecito che si inquadra nella più generale figura della responsabilità precontrattuale. Il danno risarcibile è il cosiddetto interesse contrattuale negativo: una somma corrispondente alla diminuzione patrimoniale che il terzo contraente non avrebbe subito (danno emergente) e al vantaggio che il terzo contraente avrebbe ottenuto (lucro cessante) se non avesse contrattato con il falsus procurator.

Il rappresentato può sempre revocare la procura e modificarne il contenuto. La REVOCA della procura o la sua modificazione è anch'essa, come la procura, un atto unilaterale, che il rappresentato ha però il difficile onere di portare a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. Altrimenti il contratto concluso dall'ex rappresentante è efficace nei suoi confronti, salva solo la prova che il terzo era a conoscenza della revoca o della modificazione della procura al momento della conclusione del contratto (ART. 1396).

Anche chi agisce in nome altrui nonostante la revoca della procura o eccedendo i limiti posti ai suoi poteri con successiva modificazione della procura, è un falso rappresentante: ma il rischio che colui contratti in nome altrui o che contratti oltre i limiti postigli è addossato al rappresentato. Questi se ne libera solo provando, o che il terzo contraente era a conoscenza della revoca o della modificazione della procura, o che questi, pur non sapendo, poteva sapere usando l'ordinaria diligenza essendo stata data adeguata pubblicità alla revoca o alla modificazione della procura.

Il rappresentante deve contrattare nell'interesse del rappresentato (ART. 1388): non può utilizzare il potere di rappresentanza che gli è stato conferito  per realizzare, anziché quello del rappresentato, il proprio interesse o l'interesse di un terzo. Il che può accadere quando il rappresentante concluda un contratto in una situazione di CONFLITTO DI INTERESSI con il rappresentato: quando l'interesse dell'uno e dell'altro, cioè, si trovano in concorrenza fra loro, e la realizzazione del primo comporti il sacrificio del secondo. Il rappresentante ha, ad esempio, una procura per comperare, e compera dalla società di cui è socio.

Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato è annullabile su domanda del solo rappresentato (ART. 1394), secondo le norme generali sull'annullabilità del contratto.

La situazione obiettiva del conflitto d'interessi è da sola causa di annullabilità del contratto: basta, per ottenere l'annullamento, la prova dell'esistenza della situazione di conflitto in cui il rappresentante versava al momento della conclusione del contratto; non occorre l'ulteriore prova che il rappresentante ne abbia tratto effettivo profitto, realizzando il proprio e sacrificando l'interesse del rappresentato.

Ipotesi tipica di contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato è quella del CONTRATTO che il rappresentato conclude CON SE STESSO: ha, ad esempio, una procura per vendere e, giovandosi di questa, vende a se stesso. Egli firma due volte lo stesso contratto: una prima volta, come venditore, firma in nome del rappresentato; una seconda volta, come compratore, firma in proprio nome oppure in nome del terzo dal quale ha ricevuto una procura a comperare. Anche in questo caso il contratto è annullabile, sempre su domanda del rappresentato, a meno che il rappresentante non fosse stato espressamente  autorizzato a contrattare con se stesso oppure il contenuto del contratto non fosse determinato in modo tale da escludere la possibilità di un conflitto di interessi (ART. 1395).

Il rappresentante agisce per procura del rappresentato; conclude contratti i cui effetti si producono non nei propri confronti, ma nei confronti del rappresentato. Ciò spiega perché è richiesta la capacità legale di agire per la conclusione del contratto.

Se la procura è stata conferita da persona legalmente incapace di agire, il contratto sarà annullabile, anche se concluso da un rappresentante pienamente capace.

La stessa ragione spiega perché non sia necessaria la capacità legale di agire del rappresentante: questo non dispone dei propri diritti, ma dei diritti altrui, e il contratto è valido anche se il rappresentante è un minorenne, privo della capacità legale di agire. Basta, per la validità del contratto, la capacità naturale di agire, avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto (ART. 1389/1); ed anche un minorenne può, come rappresentante altrui, concludere validamente un contratto.

Il rappresentante è investito dal rappresentato  del potere di determinare, trattando con l'altro contraente, il contenuto del contratto da concludere. Se la procura non pone limiti, questo potere comprende ogni elemento del contratto: scelta della persona dell'altro contraente, determinazione dell'oggetto del contratto, del corrispettivo contrattuale, ecc.

Il rappresentante dichiara, a nome altrui, la propria volontà e ciò produce una conseguenza: i vizi del consenso (errore, dolo, violenza morale) rendono annullabile il contratto solo se sono vizi della volontà del rappresentante (ART. 1390). Ugualmente, gli stati soggettivi, come lo stato di buona o di mala fede, debbono essere considerati con riguardo alla persona del rappresentante (ART. 1391).

Ma può accadere che alcuni degli elementi del contratto siano predeterminati nella procura. In questo caso a determinare il contenuto del contratto concorrono la volontà del rappresentato e la volontà del rappresentante. Il rappresentante, perciò, dichiara una volontà solo in parte sua e da ciò deriva un'importante conseguenza: i vizi del consenso, che riguardino elementi del contratto predeterminati dal rappresentato renderanno annullabile il contratto solo se risulta  viziata la volontà del rappresentato (ART. 1390). Altrettanto vale per gli stati soggettivi: se viene in considerazione la mala fede del contraente, si dovrà valutare la mala fede del rappresentato quando lo stato soggettivo si riferisca ad elementi predeterminati del contratto.

Può, infine, accadere che tutti gli elementi del contratto da concludere siano stati predeterminati dal rappresentato e che il rappresentante si limiti a dichiarare una volontà in tutto e per tutto altrui. In questo caso siamo fuori dal campo della rappresentanza vera e propria: siamo, piuttosto, nel campo della cosiddetta AMBASCERIA. Chi agisce in nome altrui è qui semplice portavoce della volontà di un altro soggetto: è, secondo un'altra espressione, un messo o, con espressione latina, un NUNCIUS. E' la persona che viene mandata presso la sede dell'altro contraente a sottoscrivere il contratto: di suo, essa non fa se non la firma in calce al contratto.

In questo caso i vizi della volontà e gli stati soggettivi che vengono in considerazione sono sempre e soltanto quelli del rappresentato. E' però rilevante  l'errore ostativo del portavoce, in quanto errore nella dichiarazione: se questi sbaglia nel dichiarare la volontà del rappresentato, il contratto è annullabile, sempre che l'errore sia riconoscibile dall'altro contraente. Diversa da quella del portavoce è la figura della persona o dell'ufficio incaricato solo di trasmettere la dichiarazione: il portavoce è pur sempre parte del contatto, emette in nome altrui una propria dichiarazione, anche se con essa dichiara una volontà in tutto altrui. L'altra non partecipa al contratto: è solo lo strumento mediante il quale una delle parti trasmette all'altra la propria dichiarazione e, perciò, conclude essa stessa il contratto.

Abbiamo visto che la procura è l'atto mediante il quale il rappresentato investe il rappresentante del potere di agire in suo nome. Essa è atto unilaterale del rappresentato, in forza del quale il rappresentante si legittima come tale di fronte ai terzi. Non riguarda l'interno rapporto fra rappresentato e rappresentante: questo interno rapporto è regolato da un contratto, dal quale nasce l'obbligazione del rappresentante di agire in nome e nell'interesse del rappresentato. Fonte di questa obbligazione può essere un contratto di lavoro, un contratto di agenzia, o anche un contratto di mandato.

Il MANDATO è il contratto con il quale un soggetto, il mandatario, si obbliga nei confronti di un altro, il mandante, a compiere uno o più atti giuridici per conto di questo (ART. 1703). Il contratto si presume oneroso: il mandatario, salvo patto contrario, ha diritto a compenso per l'attività svolta (ART. 1709). Mandato e procura svolgono funzioni diverse: in forza del mandato, che può essere espresso o tacito, il mandatario è obbligato ad agire per conto del mandante e questi, a sua volta, è obbligato a corrispondergli il compenso; in virtù della procura, il mandatario è altresì obbligato ad agire, di fronte ai terzi, in nome del mandante (ART. 1704). E' però possibile che un soggetto conferisce ad un altro un mandato e non anche una procura: è l'ipotesi del MANDATO SENZA RAPPRESENTANZA. In questo caso il mandatario agirà per conto del mandante, ma in proprio nome, con la conseguenza che lui, e non il mandante, acquisterà diritti ed assumerà le obbligazioni derivanti dal contratto concluso con il terzo (ART. 1705). L'interno contratto di mandato, che lo lega al mandante, comporterà queste conseguenze: egli è obbligato a ritrasferire al mandante, con un nuovo contratto, i diritti che ha acquistato, ed ha diritto ad essere rimborsato dal mandante per quanto ha dovuto pagare al terzo contraente, essendosi obbligato in proprio nome.

Del mandato senza rappresentanza si suole parlare anche come RAPPRESENTANZA INDIRETTA, alludendo al fatto che, indirettamente, si perviene ad un risultato corrispondente a quello della rappresentanza. Si parla anche di INTERPOSIZIONE REALE DI PERSONA per distinguere questa ipotesi da quella della simulazione per interposizione fittizia di persona. L'interposizione è qui reale, perché il mandatario senza rappresentanza è un reale contraente e non, come nell'interposizione fittizia, un contraente simulato. In entrambi i casi si crea un'interposizione: un soggetto (mandante o contraente interponente) frappone tra sé e i terzi un altro soggetto (mandatario senza rappresentanza o contraente interposto). Lo scopo è lo stesso: il mandante si avvale del mandatario senza rappresentanza come prestanome, per lo svolgimento di attività che, per legge o per contratto, gli sono vietate, oppure è un imprenditore che vuole sottrarre il proprio patrimonio ai rischi derivanti da un'attività commerciale, al quale fa sottoscrivere i contratti relativi all'attività commerciale.

Il terzo contraente non può, in nessun caso, agire nei confronti del mandante e pretendere da lui l'adempimento del contratto concluso dal mandatario senza rappresentanza, neppure se ha avuto conoscenza del mandato (ART. 1705).

Per le cose mobili acquistate dal mandatario senza rappresentanza non occorre neppure un contratto di ritrasferimento: il mandante può direttamente rivendicarle come proprie anche nei confronti dei terzi, salvi naturalmente i diritti del terzo possessore di buona fede (ART. 1706/1). Al mandante è inoltre concesso di esigere direttamente i crediti derivanti dal contratto concluso dal mandatario senza rappresentanza (ART. 1705/2). Il diritto del mandante sui beni mobili acquistati per suo conto dal mandatario senza rappresentanza è, infine, protetto contro le pretese dei creditori del mandatario, i quali non possono agire su di essi, se il mandato risulta da scrittura avente data certa anteriore al pignoramento (ART. 1707).

Per immobili e mobili registrati non vale neppure la norma che, all'ART. 1707, sottrae le cose mobili all'azione esecutiva dei creditori del mandatario: se per le cose mobili la norma si spiega per la considerazione che esse non sono nel patrimonio del mandatario, per gli immobili e i mobili registrati è coerente l'ulteriore norma dell'ART. 1707, che sottrae le cose all'azione dei creditori del mandatario solo per l'epoca successiva alla trascrizione dell'atto di trasferimento o della relativa domanda giudiziale.



















IL CONTRATTO PER CONTO DI CHI SPETTA



Il contratto per conto di chi spetta o per conto dell'avente diritto è il CONTRATTO STIPULATO IN RAPPRESENTANZA DI CHI RISULTERA' TITOLARE DI UNA DATA SITUAZIONE GIURIDICA.

Detto contratto è espressamente menzionato dalla legge nell'ipotesi di verifica giudiziale dei difetti della cosa venduta. Su istanza della parte interessata, il giudice può ordinare il deposito o il sequestro della cosa e, se ciò appare giustificato, può anche ordinare la vendita per conto di chi spetta. Analogamente il vettore, in caso di controversia fra più destinatari, può fare depositare le cose trasportate e, se soggette a rapido deterioramento, può farle vendere per conto dell'avente diritto secondo le norme sulla vendita in danno.

Il potere di stipulare il contratto per conto di chi spetta può essere conferito dagli stessi interessati o può inerire all'ufficio privato ricoperto dallo stipulante. Lo stipulante non stipula per sé e come tale non assume la posizione di parte sostanziale del contratto.

Il contratto per conto di chi spetta, rientra quindi nello schema della rappresentanza. A far dubitare di questo schema non vale sottolineare l'eventualità che lo stipulante e il rappresentato vengano a coincidere nella stessa persona. Questa eventualità riguarda una vicenda successiva alla stipulazione del contratto, che è comunque concluso dallo stipulante in posizione di estraneità rispetto al contratto.





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