Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

La società semplice

giurisprudenza



La società semplice


È "semplice" la società che non rappresenta elementi identificazione ulteriori rispetto a quelli previsti dall'art. 2247 per la società in genere. La società e regolata dalle disposizioni sulla società semplice quando non ha per oggetto l'esercizio di un'attività commerciale, e quando le parti non hanno adottato, come è consentito loro anche per l'esercizio di attività non commerciali, le forme di una delle società commerciali.

La società semplice è un'invenzione di codice civile italiano del 1942. Essa presenta una struttura radicalmente diversa dalla società civile: la società civile era nulla di più che un interno vincolo contrattuale fra due o più persone. Di fronte ai terzi di rapporto sociale non aveva alcuna rilevanza. L'obbligazione contratta obbliga soltanto di socio che ha contratto e non gli altri. La condizione giuridica dei beni conferiti in società era, di fronte ai terzi, quella della comunione di diritti reali: mancava un ogni distinzione tra creditori della società e creditori personali dei soci.

Il rapporto di società semplice ha, invece, rilevanza esterna. Ciascun socio amministratore è, per ciò stesso, rappresentante della società. I beni conferiti dei soci, ed i loro successivi incrementi, formano un "patrimonio sociale". Il creditore particolare del socio, per potersi soddisfare sulla quota del socio loro debitore, devono provocare lo scioglimento anticipato del rapporto che lega il loro debitore alla società. È esclusa, inoltre, la compensazione fra il tipico che il terzo ha verso la società e il credito che egli ha verso il socio. Oltre che sul patrimonio sociale, i creditori della società possono agire nei confronti dei singoli soci.



Le società in nome collettivo e in accomandita semplice sono, in larga misura, regolate per rinvio alle norme 818j97i di capo II sulla società semplice. Alle disposizioni sulla società semplice, che non sono derogate dalle specifiche norme sulle società in nome collettivo e in accomandita semplice, si deve guardare come alla disciplina generale sulle società personali; mentre le altre norme del capo II, quelle delle quali è esclusa l'applicazione alle altre società personali, sono le norme che compongono la disciplina specifica del tipo della società semplice.


L'art. 2251 dispone che il contratto di società semplice non è soggetto a forme speciali. Il principio di libertà della forma subisce una riserva per i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili e per i contratti di società con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o a tempo indeterminato.

Il contratto di società può formarsi anche oralmente e tacitamente.


Nella società apparente, detta anche società di fatto, due o più persone si comportano come soci senza che tra di esse sia intervenuto alcun esplicito contratto di società, scritto o orale che sia.

La società occulta può non essere una società di fatto: il contratto di società occulta viene, di solito, stipulato per iscritto: solo che l'esistenza dei contratto non viene esteriorizzata. La mancata esteriorizzazione del rapporto sociale è, però, irrilevante. La società apparente ricorre quando due o più persone, fra loro non legate da alcun contratto di società, si comportano in modo da ingenerare nei terzi l'opinione che essi agiscono come soci. La nostra giurisprudenza lega al socio apparente la possibilità di eccepire al terzo l'inesistenza della società, e lo assoggetta alle medesime conseguenze che sarebbero derivate dalla effettiva esistenza della società.


Conferimenti. L'obbligazione di conferimento è coessenziale al contratto di società. Non è necessario che conferimenti siano espressamente determinati: si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti uguali fra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell'oggetto sociale (art. 2253). Vi è l'obbligo in capo a ogni socio di effettuare, ogni qualvolta se ne ravvisi la necessità, gli esborsi necessari per la gestione dell'impresa sociale. Anche quando manca l'iniziale costituzione di un fondo comune, sono destinati a comporre un fondo comune impegni che il gruppo dei soci acquista la nel corso dell'attività sociale. Il "patrimonio sociale" è sì coessenziale al concetto di società, ma non come presenza effettiva di un iniziale fondo sociale.

Quando sia stato pattuito un iniziale conferimento di beni, questo può essere un conferimento in proprietà o un conferimento in godimento: nel primo caso la società acquista, sul bene conferito dal socio, tutte le facoltà che ineriscono al diritto di proprietà; nel secondo caso il socio resta proprietario del bene che ha conferito, mentre la società acquista su di esso solo un diritto di godimento. La garanzia per il godimento e regolata dalle norme sulla locazione, mentre si fa riferimento alle norme sulla vendita per ciò che attiene alla garanzia dovuta dal socio per le cose conferite in proprietà. Il rischio economico di chi conferisce in proprietà è, ovviamente, maggiore. Chi conferisce in godimento non è esposto, invece, ad altro rischio economico, se non a quello di aver perso, per tutta la durata della società, la rendita del bene.

Per le cose conferite in proprietà il passaggio dei rischi è regolato dalle norme sulla vendita. Al contrario, il rischio delle cose conferite in godimento, resta a carico del socio che le ha conferite.

Il socio che ha conferito un credito risponde dell'insolvenza del debitore. Il conferimento può, inoltre, avere per oggetto è un'attività lavorativa del socio : è il caso dei conferimento di servizi, o di conferimento della "propria opera".

In epoca pre-capitalistica i beni i conferiti dal socio capitalista diventavano patrimonio comune a lui e al socio d'opera. Nel medioevo, il principio dell' inattitudine del lavoro a trasformarsi in proprietà si afferma: il contratto di società non può più valere come modo di acquisto della proprietà altrui. A questo principio si con forma tuttora in codice civile: solo l'eventuale eccedenza è ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni.

Nella società capitale-lavoro di socio capitalista ha diritto all'integrale rimborso del suo conferimento, e il socio lavoratore partecipa solo alla ripartizione dell'eventuale eccedenza attiva.

C'è, però, la partecipazione del lavoratore all'amministrazione della società. Il lavoratore corre i rischi dell'impresa: se questa non produce utili, egli avrà lavorato invano; se la gestione è in perdita, egli dovrà contribuire di tasca propria.


Le modificazioni dei contratto sociale. A norma dell'art. 2252 il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente. Le modificazioni possono avere carattere soggettivo, e consistere nell'ammissione di nuovi soci nella società, oppure possono avere carattere oggettivo, e riguardare il regolamento contrattuale voluto dai soci al momento della costituzione della società. Sono da equiparare alle modificazioni delle pattuizioni originarie le deroghe alle norme dispositive di legge regolatrici della società. Non si tratta di formare un nuovo contratto di società; permane, nonostante il suo mercato contenuto, l'originario rapporto sociale. Per modificare il contratto sociale o occorre l'unanimità dei consensi.

Diverso principio vige nelle società di capitali: la il contratto sociale è per legge modificabile a maggioranza.


Uso personale dei beni sociali. L'art. 2256 dispone che il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società.

Si ammette, è da sottolineare, la possibilità di un non imprenditoriale del patrimonio sociale: si ammette, addirittura, è questo possa, per volontà di tutti i soci, essere utilizzato da un singolo socio alla stessa stregua di un patrimonio oggetto di mera comunione di godimento.


Invalidità del contratto di società di persone. Il contratto di società è nullo o annullabile negli stessi casi in cui è nullo o annullabile ogni altro contratto. I problemi sorgono per ciò che attiene agli effetti dell'invalidità.

Per le società di capitali vige una norma che trasforma le cause di nullità del contratto sociale in altrettante cause di scioglimento della società (art. 2332). Ma la giurisprudenza non ha applicato il suddetto art., decidendo che contratto di società nullo non produce effetti di sorta. L'art. 2332 non può essere trasportato nel diverso contesto normativo delle società di persone.


Simulazione. L'opinione tradizionale era del sesso dell'inammissibilità dell'azione di simulazione dei contratto di società. Di questa tradizionale opinione resta qualche traccia nella giurisprudenza sulla società di capitali.

Per le società di persone si è, invece, a un'occasione di decidere che esse possono essere simulate, e chi ha interesse può esercitare la relativa azione. La simulazione è in ottoni Bill e da parte dei soci ai creditori sociali.


Invalidità del vincolo di un socio. Se la nullità, oppure l'annullabilità colpisce il vincolo relativo a uno dei soci, troveranno applicazione i principi generali sul contratto plurilaterale e, in particolare, dell'art. 1420, ai sensi del quale, la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa alla nullità dei contratto, salvo che la partecipazione di essa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.

Principi corrispondenti sono formulati per l'ipotesi di risoluzione dei contratto plurilaterale per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta della prestazione. Questi ulteriori principi non trovano applicazione alle società di persone, essendo sostituiti dalle norme degli art.  2286-87 sull'esclusione del socio dalla società.


L'amministrazione della società: i sistemi di amministrazione disgiuntiva e congiuntiva. L'amministrazione è l'attività di esecuzione contratto sociale, diretta a realizzare l'interesse per il quale il contratto sociale è stato concluso. Il potere di amministrare si presenta, nelle società di persone, come una attributo inerente alla qualità di socio.

Ciascuno socio è, in quanto tale, amministratore della società. Ma tale principio vale solo per i soci illimitatamente responsabili: non vale, nella società semplice, per i soci che godono del patto di limitazione della responsabilità; non vale (art. 2318) per i soci accomandanti di società in accomandita semplice.

Ciascun socio può intraprendere e concludere da solo ogni operazione che rientri nell'oggetto della società, senza essere tenuto a richiedere l'approvazione degli altri soci. A ciascuno degli altri soci è, tuttavia, concesso di opporsi all'operazione che egli voglia compiere "prima che sia compiuta". L'opposizione assolve la funzione di arrestare l'iniziativa del singolo e di sottoporla al giudizio del gruppo.

Questo sistema, detto di "amministrazione disgiuntiva", non ha carattere imperativo. Vi è, infatti, la possibilità di pattuire una forma di " amministrazione congiuntiva", in cui è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento delle operazioni sociali. Oppure il contratto di società prevedere che sia sufficiente il consenso della maggioranza di questi.

Una deliberazione del gruppo dei soci assume, in regime di amministrazione disgiuntiva, carattere solo eventuale.

Le deliberazione sociali, perfino quelle che modificano l'atto costitutivo, possono formarsi in modo tacito, ossia desumersi dal comportamento concludente dei soci.

Sull'opposizione decide la maggioranza dei soci. L'art. 2257, tuttavia, non richiede necessariamente una deliberazione del gruppo di soci. Nel caso di una società con due soci, ad esempio, la posizione dovrà considerarsi preclusiva dell'operazione. Non ci sarà, inoltre, alcuna deliberazione di gruppo quando uno dei soci goda della maggior parte degli utili: questi potrà, con la propria opposizione, impedire agli altri soci il compimento delle operazioni sociali; e potrà compiere ogni operazione sociale nonostante l'opposizione degli altri soci.


Amministrazione affidata a uno o più soci soltanto; la figura del socio amministratore. L'atto costitutivo può riservare l'amministrazione ad uno o più soci: è l'ipotesi dell'amministratore nominato con il contratto sociale (art. 2259).

La facoltà di amministrare è riferita ad un rapporto giuridico diverso dal rapporto sociale. Ai soci amministratori si riconosce la "condizione di imprenditori capi dell'impresa sociale". Tra i soci non amministratori, che si considerano anch'essi imprenditori, e gli amministratori vi è la differenza che gli amministratori sono i veri capi dell'impresa.

Il socio amministratore non è un mandatario degli altri soci: il mandatario agisce secondo le istruzioni del mandante, mentre i soci amministratori sono sottratti all'opposizione degli altri soci. A questi è preclusa ogni possibilità di ingerirsi nella amministrazione diretta della società.

I soci nomina non è amministratori e possono in ogni tempo revocarli (art. 2259), di un ma, fino a quando non siano stati revocati, gli amministratori e esercitano con piena autonomia le loro funzioni. I soci potranno controllarne l'operato, sindacarne la politica di bilancio, agire in responsabilità nei loro confronti.

Ogni deliberazione dei soci, la quale integri un'ingerenza nell'amministrazione, dovrà considerarsi inefficace.

In una sola ipotesi e concesso ai soci non amministratori di deliberare sull'amministrazione della società: quando, in regime di amministrazione disgiuntiva, la maggioranza dei soci e chiamata decidere sull'opposizione di un amministratore all'operazione intrapresa da un altro amministratore.

Sotto il nome di "mandatario" nella società di persone è regolata una figura giuridica diversa. Il socio amministratore non è, infatti, un semplice institore. È ben vero, tuttavia, che a norma del art. 2260 "i diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato". In realtà le norme sul mandato hanno scarse possibilità di applicazione: si potrà applicarle in quanto non contrastanti con la disciplina di fondo.

Chi concepisce la figura dell'amministratore alla stessa stregua di un mandatario o di un institore della società è indotto a pronunciarsi per l'ammissibilità di amministratori non soci. Per ritenere ammissibili amministratori non soci si dovrebbe dimostrare che la stessa direzione dell'impresa sia trasferibili ad estranei, cosa di per se impossibile.

Il non socio al quale sia stata affidata la gestione dell'impresa sociale, anche se qualificato dalle parti come "amministratore" non potrà essere considerato come un amministratore in senso tecnico: egli sarà un semplice mandatario o institore della società.


L'organizzazione della società

In ambito di nomina e revoca degli amministratori, molti elementi fanno ritenere che la regola sia quella dell'unanimità dei consensi, salvo che contratto sociale non abbia espressamente adottato il principio di maggioranza.

Perciò riguarda l'amministratore nominato con atto separato, nelle società semplice ed in nome collettivo, il consenso di tutti i soci è necessario sia per la revoca che per la nomina. Questa conclusione trovo ulteriore conferma nell'art. 2319, che richiede anche per la nomina degli amministratori di accomandita semplice il consenso di tutti accomandatari.

Nel caso di amministratore nominato con il contratto sociale, la revoca non ha effetto se non ricorre una giusta causa. È altresì necessario, qualora il contratto non abbia introdotto il principio di maggioranza per le sue modificazioni, il consenso unanime dei soci.

È "giusta causa" di revoca non solo la violazione, da parte dell'amministratore, dei propri doveri, ma ogni evento, anche non imputabile all'amministratore, che renda impossibile l'assorbimento dei compiti che 2 amministrazione comporta. La revoca dell'amministratore per giusta causa può in ogni caso essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.

Il consenso dei soci è, nella società di persone, richiesto anche per materie che non comportano modificazione del contratto sociale. A ciascuno dei soci e riconosciuto un diritto di veto, che viene meno per i soci che non siano illimitatamente responsabili.

Al di fuori dell'amministrazione disgiuntiva vale la regola rigorosa dell'unanimità dei consensi, salvo diversa pattuizione del contratto sociale. Se i soci non trova nel modo di accordarsi e sorge fra essi un insanabile dissidio, non c'è altra alternativa se non lo scioglimento della società per sopravvenuta impossibilità di conseguire l'oggetto sociale.


Controllo dei soci non amministratori. I soci che non partecipano all'amministrazione hanno il diritto di avere dalle amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all'amministrazione e di ottenere il rendiconto. A ciascun socio non amministratore è riconosciuto un duplice diritto: un diritto di informazione, che egli può esercitare in qualsiasi momento, e un diritto al rendiconto, che il socio acquista al termine di ogni anno.

Dall'articolo 2262 si desume che il rendiconto è un vero e proprio bilancio. Salvo patto contrario, ciascun socio a diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto. Questo consiste in un quadro generale della situazione patrimoniale della società, che permette e un raffronto fra la situazione iniziale e quella relativa al momento cui il conto si riferisce.

Gli amministratori debbono redigere annualmente il bilancio della società. In caso di omissione, ciascun socio non amministratore può agire in giudizio per ottenere la condanna degli amministratori a rendere conto della loro gestione.

Ciò che gli amministratori redigono è solo un progetto di bilancio: solo con l'approvazione dei soci tale progetto si trasformerà in un atto giuridicamente vincolante.

Il bilancio va approvato all'unanimità: i soci amministratori lo propongono e ciascuno degli altri soci potrà approvarlo oppure disapprovarlo.


Formazione delle deliberazioni. Nelle norme sulla società di persone non c'è traccia del metodo assembleare, in quanto in queste società manca quel particolare organo sociale che è l'assemblea dei soci. Quando si deve deliberare maggioranza, non occorre neppure consultare tutti i soci: basta consultarne tanti quanti occorrono per formare la maggioranza richiesta. Le deliberazioni possono essere presa dalla maggioranza  anche all'insaputa della minoranza. La volontà dei soci può essere dichiarata anche tacitamente.

Fuori del campo dell'amministrazione vale la regola dell'unanimità dei consensi. La figura della proroga tacita della società (art. 2273) depone a favore della superfluità del metodo assembleare. Ci troviamo, in questo caso, di fronte a una modifica del contratto sociale che interviene senza che si possa considerare la volontà di tutti soci. I soci possono, tuttavia, con apposita clausola del contratto sociale, introdurre il metodo assembleare per tutte o per determinate loro deliberazioni.


Responsabilità degli amministratori. I soci non amministratori possono giudicare la condotta degli amministratori e prendere i conseguenti provvedimenti, come la loro riconferma alla scadenza della carica o la loro mancata riconferma, o come la revoca immediata, prima della scadenza, o infine come l'azione di responsabilità nei loro confronti a norma dell'art. 2260.

Presupposti di questa azione sono l'inadempimento, da parte degli amministratori, degli obblighi ad essi imposti dalla legge o dal contratto sociale e, inoltre, il danno che la società abbia subito come conseguenza del loro inadempimento.

L'azione può essere esercitata dai nuovi amministratori oppure da ciascun socio. Essa è diretta ad ottenere la condanna degli amministratori a risarcire il danno cagionato alla società e tende alla restaurazione del patrimonio sociale. Di conseguenza, il socio agente non potrà trattenere, neppure per la sua quota, le somme versate dagli amministratori articolo di risarcimento.

La responsabilità investe, solidamente, tutti gli amministratori, anche se essi amministrano disgiuntamente: a ciascuno di essi è imposto il dovere di vigilare sull'operato degli altri. È però ammessa la prova, da parte del singolo amministratore, di essere esente da colpa.


La ripartizione dei guadagni e delle perdite

Ciascun socio, salvo patto contrario, ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto.

Vi è una profonda differenza fra società di persone che società di capitali: nelle prime ciascun socio ha, a norma dell'articolo 2262, un preciso diritto alla divisione annuale degli utili, ed un diritto alla loro integrale divisione; per le seconde vale la regola secondo la quale l'assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci.

Le esigenze di espansione economica sono poste, nella società di persone, in secondo piano: prevale l'interesse del socio alla ripartizione immediata dell'utile realizzato attraverso l'impresa sociale. L'art. 2263 stabilisce che le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti, salvo patto diverso fra i soci. Se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, esse si presumono uguali.

La libertà di pattuire delle parti trova il limite che il cosiddetto divieto del patto leonino. È nullo, infatti, il patto con cui uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite. L'autore e ritiene preferibile l'opinione secondo la quale il patto nullo viene automaticamente sostituito con i criteri legali fissati dall'articolo 2263.

La ripartizione degli utili ha luogo ogni anno dopo l'approvazione del rendiconto. Manca, invece, una norma corrispondente riguardo alla ripartizione delle perdite. Nel caso in cui creditori siano stati soddisfatti da uno o più soci illimitatamente responsabili, questi ultimi avranno azione di regresso nei confronti degli altri soci, in proporzione della partecipazione di ciascuno nelle perdite. L'azione è esercitata idea non appena è socio abbia adempiuto l'obbligazione sociale nelle mani del terzo creditore.


Socio d'opera. La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è determinato dal contratto, e fissato dal giudice secondo equità. Il metro elastico dell'equità giudiziale può permettere l'estensione socio d'opera dei principi propri del lavoro subordinato. Tale elasticità non è sufficiente, però, ad escludere la partecipazione del socio d'opera alle perdite.


La rappresentanza della società

Un diritto acquistato da un socio, o l'obbligazione da questo assunta, può essere qualificato come diritto o come obbligazione sociale quando è stato acquistato o l'obbligazione è stata assunta da un socio che ha della rappresentanza della società; ossia da un socio che sia investito del potere di agire in nome e nell'interesse della società.

Amministrazione e rappresentanza. In mancanza di diversa disposizione del contratto, la rappresentanza spetta a ciascun socio amministratore. Essa spetta ai soci amministratori ciascuno disgiuntamente dagli altri: il diritto acquistato o l'obbligazione assunta e definibile come diritto o come obbligazione sociale anche se il diritto è stato acquistato o l'obbligazione è stata assunta da un solo socio, salvo sia stato stabilito il sistema di amministrazione congiuntiva.

La rappresentanza comprende anche gli atti di straordinaria amministrazione.

È, al tempo stesso, rappresentanza negoziale e rappresentanza processuale.

Il contratto può dissociare il potere di rappresentanza dal potere di amministrazione; può, inoltre, stabilire che la rappresentanza spetta i soci amministratori congiuntamente, anziché disgiuntamente;, infine, limitare il potere di rappresentanza del singolo socio amministratore.

Incombe sulla società l'onere di portare a conoscenza dei terzi con mezzi idonei le modificazioni e l'estinzione dei poteri di rappresentanza, altrimenti non sono opponibili.


La responsabilità della società e dei soci

Per le obbligazioni sociali vi è innanzitutto la responsabilità della società. Il creditori possono agire sul "patrimonio sociale", sempre che questo esista, visto che la sua costituzione non è obbligatoria. Poi vi è la responsabilità dei soci, caratteristica della società di persone.

1) salvo patto contrario, tutti soci sono illimitatamente e solidamente responsabili per obbligazioni sociali.

Preventiva escussione. Il creditore sociale può direttamente agire nei confronti dei soci, senza doversi preventivamente rivolgere alla società e senza l'onere di dimostrare l'insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le sue ragioni. Il socio a cui è richiesto il pagamento dei debiti sociali può domandare, anche se la società è in liquidazione, la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi (art. 2268).

Deve trattarsi di beni sui quali questi possa agevolmente soddisfarsi, ovvero beni di pronta e facile convertibilità in una somma di danaro.

Socio nuovo. Chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio (art. 2269). Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento (art. 2290).

Concetto di obbligazione sociale. "Obbligazione sociale" sono le obbligazioni assunte dalla società per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza. Queste possono sorgere, oltre che dal contratto, anche da fatto illecito o da ogni altro fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico. Può essere "obbligazione sociale" anche qualsiasi altra obbligazione extra contrattuale, come ad esempio il debito di imposta. La riforma tributaria del 1971 stabilisce che "i redditi conseguiti da società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice sono imputati ai soci proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili"

è ammesso il patto sociale di limitazione della responsabilità o di esclusione della solidarietà. Esso deve essere portato conoscenza dei terzi con mezzi idonei.

il patto di limitazione della responsabilità o di esclusione della solidarietà non vale per i soci che hanno agito in nome e per conto della società, il quali restano illimitatamente e solidamente responsabili delle obbligazioni sociali.


Il creditore particolare del socio di fronte alla società

Il creditore particolare del socio non può agire sul patrimonio sociale. Egli può:

I) far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;

II) compiere atti conservati vi sulla potrà spettante al socio suo debitore nella liquidazione;

III) chiedere, sugli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, la liquidazione della quota, che la società deve attuare entro tre mesi dalla domanda.

Il creditore particolare non potrà agire direttamente sui beni della società: egli otterrà solamente una somma di danaro corrispondente al valore della quota del socio debitore. Fino a quando vi sia capienza nel patrimonio particolare del socio, anche se la realizzazione del credito non possa attuarsi agevolmente, la liquidazione della quota sociale non potrà essere chiesta.

Compensazione. Non è ammessa compensazione fra il debito che un terzo ha verso società e il credito che gli ha verso un socio (art. 2271). Nell'ipotesi diversa, quando il terzo è creditore della società e debitore del socio, la compensazione è esclusa quando si tratta di socio a responsabilità limitata; e ammessa quando si tratta di socio a responsabilità illimitata.

Scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio. La morte o il recesso o l'esclusione del socio non determina, di regola, lo scioglimento della società: essa determina solo lo scioglimento del rapporto sociale relativo al socio defunto o ceduto o escluso, mentre la società prosegue con i soci superstiti.

Morte del socio. In caso di morte di uno dei soci gli altri devono liquidare la quota agli eredi, ossia versare loro una somma di danaro corrispondente al valore della quota (art. 2289). A questa norma sono previste due eccezioni: i soci superstiti possono preferire di sciogliere la società oppure il continuarla con gli eredi stessi, sempre che questi vi acconsentano.

Un si conoscono tre tipi fondamentali di clausole che ricorrono spesso nella pratica della società di persone:

1) clausola di continuazione facoltativa: il contratto sociale impone ai soci di continuare la società con gli eredi del socio defunto, il quali conservano la facoltà di aderire o no al contratto sociale;

2) clausola di continuazione obbligatoria: il contratto sociale impone anche gli eredi, e non soltanto i soci, l'obbligo di continuare la società;

3) clausola di successione: l'accettazione dell'eredità comporta, per l'erede del socio defunto, l'assunzione automatica della qualità di socio.

La validità di queste due ultime clausole e molto dubbia.

Recesso. Il socio può recedere dalla società solo quando questa sia contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci (art. 2285). Può recedere, se la società e contratta a tempo determinato, solo quando sussista una giusta causa o quando ricorra un caso previsto dal contratto sociale come possibile causa di recesso. Il concetto di giusta causa si ricollega sempre al altrui violazione di obblighi contrattuali o di doveri di fedeltà, di lealtà, di diligenza o di correttezza che incidono sulla natura fiduciaria del rapporto.

Nel caso del recesso ad nutum (primo comma art. 2285) la dichiarazione di recesso è subordinata al solo onere di preavviso di almeno tre mesi.

Esclusione. L'art. 2286 subordina l'esclusione del socio, ossia la sua estromissione dalla società per volontà degli altri soci, alla ricorrenza di determinate cause di esclusione impedendo così un'esclusione del socio arbitraria e immotivata.

Sono cause di esclusione del socio:

le gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale: non rileva soltanto l'obbligazione di conferimento: assume rilievo ogni altra obbligazione, anche di origine legale.

Viene considerazione il cosiddetto obbligo di collaborazione del socio alla società. La violazione di quest'obbligo si ha quando una parte ostacola con la propria condotta l'esercizio in comune dell'attività economica, ad esempio votando contro in maniera sistematica e immotivata, o disapprovando per capriccio.

l'interdizione, l'inabilitazione del socio o la sua condanna ad una pena che importi interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici.

la sopravvenuta in idoneità del socio a svolgere lo parà conferita, o il perimento della cosa conferita in godimento non imputabile agli amministratori, o il perimento della cosa conferita in proprietà e non ancora acquistata dalla società.

L'esclusione e deliberata dalla maggioranza dei soci, e non è computato nel numero di questi di socio da escludere. La deliberazione di esclusione produce effetto decorsi trenta giorni dal momento in cui viene comunicata all'interessato. Entro trenta giorni il socio escluso può fare opposizione davanti al tribunale, il quale può sospendere l'esecuzione.

Esclusione di diritto. Lo scioglimento del rapporto sociale relativo a d'un socio si determina in modo automatico in due ipotesi: a)  dichiarazione di fallimento del socio; b) liquidazione della quota del socio suo domanda del suo creditore particolare.

Il socio uscente o il suoi eredi non hanno diritto alla restituzione natura dei beni conferiti; essi non possono pretendere di sottrarre beni sociali alla destinazione produttiva. Se socio uscente aveva conferito in proprietà un immobile, egli lo perderà definitivamente.

La quota deve essere liquidata entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.

Il socio uscente, per evitare di rispondere anche delle obbligazioni sorte successivamente, dovrà portare conoscenza dei terzi la cessazione della qualità di socio.


Scioglimento della società

Il verificarsi di una causa di scioglimento dà luogo ad un'ulteriore fase di esecuzione del contratto: la liquidazione del patrimonio sociale. Solo al termine di questa alla società potrà dirsi estinta. In base all'art. 2272 sono cause di scioglimento:

1) il decorso del termine, sempre che soci non abbiano deliberato la proroga della società (che può essere espressa o tacita). La società è tacitamente prorogata quando i soci continuano a compiere le operazioni sociali, essendo già decorso il tempo per cui fu contratta.

2) il conseguimento dell'oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, che può essere determinata dal sopraggiungere di eventi esterni alla società, oppure interni.

3) la volontà di tutti soci (mutuo consenso).

4) il venire a mancare della pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita. La giurisprudenza è orientata nel senso che il socio uscente o gli eredi del socio defunto non hanno altro diritto se non quello di ottenere la liquidazione della quota: essi non possono invocare lo scioglimento della società e partecipare alla ripartizione dell'attivo sociale a norma dell'art. 2282.

5) altre cause previste dal contratto sociale (ad esempio la clausola secondo la quale la società si scioglie per morte del singolo socio).


Liquidazione. il verificarsi di una causa di scioglimento produce in modo automatico l'effetto di porre la società in liquidazione. I beni sociali continuano a formare un patrimonio sociale autonomo, sul quale i creditori sociali verranno soddisfatti con esclusione dei creditori personali dei soci. Avvenuto scioglimento della società, i soci amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari urgenti.

Sorge un preciso diritto del socio: il diritto alla rimborso dei conferimenti e alla ripartizione del residuo attivo.

Se il contratto sociale non prevede specificamente un procedimento di liquidazione, si applicano le norme del codice civile (artt. 2275-83).

Secondo il procedimento legale i soci nominano, all'unanimità, uno o più liquidatori. Ai liquidatori gli amministratori dovranno consegnare i beni sociali e i documenti della società, oltre che presentare loro il conto della gestione relativo al periodo successivo all'ultimo rendiconto; amministratori e liquidatori devono redigere insieme l'inventario della società, dal quale risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale. Il potere dei liquidatori sono limitati agli atti necessari per la liquidazione: hanno anche il potere di rappresentanza della società, che non è più in capo ai soci amministratori.

I liquidatori rispondono del loro operato nei confronti della società: i soci possono revocarli in ogni tempo all'unanimità, che ciascun socio può chiedere al tribunale la revoca per giusta causa.

I liquidatori possono ripartire tra i soci i beni sociali solo dopo aver pagato i creditori della società, o dopo aver accantonato le somme necessarie per pagarli.

Essi debbono trasformare in danaro, qualora sia necessario, i beni sociali: se i fondi risultano ancora insufficienti essi chiederanno i soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote. Chiederanno, infine, ai soci i limitatamente responsabili, in proporzione della loro quota, le somme ancora necessarie per estinguere le passività sociali.

Solo quando tutti i creditori sociali siano stati soddisfatti la società potrà dirsi estinta. L'attivo residuo dovrà innanzitutto essere destinato alla rimborso dei conferimenti. L'eventuale eccedenza sarà ripartita tra i soci in proporzione della parte spettante ciascuno nei guadagni.




Privacy




Articolo informazione


Hits: 3130
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024