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LA SUCCESSIONE - TIPI DI SUCCESSIONE

diritto



LA SUCCESSIONE

Si ha successione in un rapporto quando questo, pur restando inalterato nei suoi elementi oggettivi, viene trasmesso da un soggetto ad un altro. La successione comporta pertanto il subingresso di un soggetto ad un altro nella titolarità di uno o più rapporti giuridici: fermo il rapporto, ne muta il titolare.

Colui che trasferisce il diritto prende il nome di dante causa, mentre colui che lo acquista è detto avente causa.


TIPI DI SUCCESSIONE

Nell'ambito del concetto di successione si distinguono tipologie diverse sulla base di criteri differenti:

a)  in relazione all'evento che da origine al trasferimento si distingue tra successione mortis causa (a causa di morte) e successioni intervivos (tra vivi). Si verifica la prima quando il trasferimento consegue alla morte del dante causa e i diritti e gli obblighi gia facenti capo alla persona defunta si trasmettono ad un altro soggetto. Quando il trasferimento avviene indipendentemente dalla morte del dante causa si parla di successione intervivos. La distinzione tra i due tipi si riflette, poi, nel cosiddetto titolo di trasferimento, cioè lo strumento giuridico mediante il quale, tecnicamente avviene il trasferimento del diritto. In caso di successione mortis causa, il titolo può essere rappresentato solo dal testamento o - quando questo manchi - dalle legge, essendo esclusa una successione a causa di morte per contratto, mentre nelle successioni intervivos può realizzarsi mediante qualsivoglia altro strumento, escluso, ovviamente, il testamento;



b)  in relazione all'oggetto del trasferimento, si distingue tra una successione a titolo universale ed una successione a titolo particolare: si verifica la prima quando l'avente causa subentra nella globalità dei rapporti facenti capo al dante causa o in una sua quota ideale. Si verifica, invece la seconda figura, quando oggetto del trasferimento è un singolo determinato diritto.

La successione a causa di morte può essere sia a titolo universale (eredità) che a titolo particolare (legato), mentre in genere la successione inter vivos e sempre a titolo particolare.


L'OGGETTO DELLA SUCCESSIONE


Non ogni diritto ed obbligo è suscettibile di trasferimento, in quanto ve ne sono alcuni così strettamente personali che non possono sopravvivere alla morte del titolare.

La regola è quella per cui si trasferiscono solo i diritti ( e gli obblighi) a contenuto patrimoniale 838g68i , cioè quelli suscettibili di una valutazione in termini economici.

La legge, tuttavia, prevede eccezioni:

a)  sono intrasmissibili i crediti di natura personale, cioè quelli che traggono origine da una particolare condizione del titolare, ad esempio, il credito agli alimenti o quello conseguente separazione personale o divorzio;

b)  altra eccezione al principio di trasmissibilità dei rapporti patrimoniali è quella che riguarda i rapporti strettamente legati alle qualità soggettive di una persona e che, pertanto, non sono suscettibili di trasferimento. (es. un pittore famoso che aveva assunto l'obbligazione di un dipinto)

c)  sono poi intrasmissibili i diritti reali legati alla vita del titolare: l'uso, l'abitazione, l'usufrutto, si estinguono con la morte del titolare e, perciò, non possono trasmettersi al successore.


LE FASI DELLA SUCCESSIONE

La successione a causa di morte è un fenomeno complesso che, anche temporalmente, si svolge attraverso una pluralità di fasi: morte di una persona; apertura della successione; chiamata della successione; accettazione ovvero rinuncia e chiamata dei successibili in sottordine.

Possiamo dire che la successione da luogo ad un procedimento cioè una sequenza di atti concatenati tra loro volti tutti a produrre tutti un effetto finale: è rappresentato dalla sostituzione di un soggetto nella titolarità di diritti già facenti capo al defunto.


APERTURA DELLA SUCESSIONE

La prima fase del procedimento successorio è costituita dall'apertura della successione la successione si apre al momento della morte nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto.

Questa fase segna il momento in cui il patrimonio del defunto rimane privo del titolare.

VOCAZIONE E DELAZIONE

La individuazione dei soggetti che dovranno ricevere l'eredità prende il nome di vocazione che - secondo quanto dispone l'art 457 c.c. - può avvenire per testamento o per legge: sono queste le cosiddette fonti della successione, cioè i titoli da cui dipende l'acquisto del diritto successorio.

La vocazione, cioè la chiamata all'eredità, però non è di per se sufficiente ad attuare il trasferimento dei diritti e degli obblighi dal defunto al successore. Ad essa, infatti, deve accompagnarsi l'offerta del patrimonio ereditario al successore, il quale ha, la possibilità di acquisirlo attraverso un atto di accettazione, questa offerta prende il nome di delazione.

Normalmente vocazione e delazione coincidono e si verificano come abbiamo detto all'apertura della successione.


L'ACQUISTO DEI DIRITTI SUCCESSORI

Dopo l'apertura della successione, vi è un soggetto che è chiamato all'eredità. Mentre il legatario acquista il diritto in modo automatico (salva la possibilità di rinunciare), l'erede ha l'onere di accettare. Per poter accettare, però, occorre che il chiamato abbia la cosiddetta capacità di succedere, ossia l'idoneità a subentrare nella titolarità dei rapporti giuridici facenti capo al defunto cioè la capacità giuridica che no va confusa con la capacità d'agire che è necessaria per accettare l'eredità.

L'art 462 c.c stabilisce perciò il principio generale che è capace di succedere chi sia nato nel momento in cui si apre la successione.

Eccezionalmente la legge prevede che possano succedere anche i concepiti e i non concepiti; questi vengono solo vocati all'eredità ma non delati. Ciò significa che ai concepiti e i non concepiti sono riservati diritti derivanti dall'eredità, ma ne sarà possibile l'acquisto solo tramite accettazione, e dunque solo se questi verranno alla luce.

Hanno infine la capacità di succedere ma solo per testamento anche gli enti ( ad eccezione dello Stato che succede in assenza di altri successibili).

Possono succedere eventi che di fatto trasferiscono la delazione dell'eredità da un soggetto ad un altro.


TRASMISSIONE DELLA DELAZIONE : quando il chiamato all'eredità muore prima di aver accettato un eredità a lui devoluta, il diritto di accettare l'eredità si trasferisce come qualsiasi altro diritto, ai suoi eredi.

Il fondamento della disposizione è nell'esigenza che l'eredità trovi sempre una persona che l'acquisti, anche quando, il primo chiamato non possa direttamente succedere al defunto.

Il diritto di accettare l'eredità, pertanto, non viene meno se il chiamato muore, ma entra invece a far parte del suo patrimonio ed insieme con esso si trasferisce ai suoi eredi.


SOSTITUZIONE: Si ha sostituzione testamentaria quando il testatore, dopo aver istituito l'erede o il legatario, dispone che a questo debba subentrare un'altra persona al verificarsi di un determinato evento.

La legge contempla due tipi di sostituzione:

la sostituzione ordinaria si ha quando il testatore, prevedendo il caso che il chiamato non possa o non voglia accettare l'eredità o il legato, designi al suo posto un'altra persona. la sostituzione essendo espressione della volontà del testatore, prevale sulla rappresentazione e sull'accrescimento.

la sostituzione fedecommissaria si ha quando, nel testamento, il testatore impone all'erede o al legatario (definito istituito) l'obbligo di conservare i beni, affinché alla sua morte tali beni possano automaticamente passare ad altra persona (definito sostituito) indicata dal testatore medesimo. La sostituzione fedecommissaria è ammessa solo se istituito è un interdetto e sostituto la persona o l'ente che ne ha avuta cura.

IL DIRITTO DI RAPPRESENTAZIONE : la rappresentazione è l'istituto in forza del quale i discendenti subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato del defunto ( per premorienza, indegnità, rinuncia). La divisione si fa per stirpi cioè si tiene conto del gruppo dei discendenti di ciascun chiamato e nell'ambito di ogni stirpe la divisione si fa per capi.

Il diritto di rappresentazione trova la sua giustificazione nell'intento di assicurare che la successione di un soggetto abbia comunque luogo in favore di parenti quando l'originario chiamato non può o non vuole accettare l'eredità.

Il diritto di rappresentazione è, infatti, previsto solo a favore dei discendenti legittimi o naturali dei:

figli legittimi, legittimati, adottivi e naturali del defunto;

fratelli e sorelle del defunto


IL DIRITTO DI ACCRESCIMENTO: si ha accrescimento quando sono chiamate alla successione (eredità o legato) più persone congiuntamente ed una di esse non possa o non voglia accettare. In tal caso, se riccorrono determinati presupposti, la quota di ciascun chiamato " si accresce" abbracciando anche quella del chiamato che non ha accettato.

L'accrescimento opera quando:

a)  dal testamento non risulti una diversa volontà del testatore

b)  non sussistono i presupposti dell'istituto della rappresentazione


L'ACCETTAZIONE DELL'EREDITA'

La chiamata a succedere diventa efficace solo con l'accettazione, che rappresenta il mezzo tecnico con cui il chiamato acquista l'eredità.

Il diritto di accettare si estingue se non è esercitato entro dieci anni.


La dichiarazione di volontà del chiamato diretta all'acquisto dell'eredità può essere :

pura e semplice. In tal caso produce i seguenti effetti:

q   CONFUSIONE tra il patrimonio del defunto e quello dell'erede per cui diventato un unico patrimonio.

q   RESPONSABILITA' dell'erede per i debiti ed i legati ereditari anche se essi superano il patrimonio ereditario.

con beneficiario d'inventario : ricorre quando l'erede impedisce la confusione tra il suo patrimonio e quello del defunto, per circoscrivere le conseguenze economiche negative di una successione onerosa al solo patrimonio ereditato. In questo caso, infatti, l'erede risponde delle obbligazioni trasmessegli dal defunto solo nei limiti del valore del patrimonio ereditario.

L'accettazione beneficiata è una facoltà per ogni chiamato, nonostante eventuali divieti del testatore, mentre costituisce un obbligo irrinunciabile per alcuni soggetti determinati dalla legge: incapaci assoluti e relativi e persone giuridiche ed enti.



Quanto alla forma l'accettazione può essere:

espressa: quando in atto pubblico o in scrittura privata, il chiamato dichiara di accettare l'eredità ovvero assume il titolo di erede;

tacita: quando il chiamato all'eredità compie uno o più atti che presuppongono necessariamente la sua volontà di accettare e che egli non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede.



La legge richiede una forma solenne in caso di accettazione con beneficio di inventario: occorre una dichiarazione ricevuta da un notaio o dal tribunale più vicino al luogo in cui si è aperta la successione, l'inserzione nel registro delle successioni e la trascrizione presso l'ufficio dei registri immobiliari.


LA RINUNZIA : è un negozio unilaterale con il quale il chiamato dichiara di non voler acquistare l'eredità.

La rinunzia è un atto solenne e, come tale, deve risultare da una dichiarazione resa dal chiamato ad un notaio o al tribunale territorialmente competente ed inserita nel registro delle successioni.

A differenza dell'accettazione la rinunzia è revocabile purché non siano trascorsi dieci anni, termine di prescrizione del diritto di accettare e non vi sia stata accettazione da parte di altri eredi.


IL LEGATO: viene identificato con la successione mortis causa a titolo particolare, per distinguerlo in maniera chiara ed immediata dall'istituzione di erede.

Il legato realizza la successione in uno o più rapporti determinati, che non vengono considerati come quote dell'intero patrimonio ereditario.

Il legatario, succedendo in uno o più rapporti determinati, non è tenuto a pagare i debiti ereditari a meno che il defunto non gli abbia posto a carico il pagamento di qualche debito ma in tal caso il legatario non è vincolato al di là del valore di quanto ha ricevuto.

I soggetti del legato sono:

il disponente: è l'autore del legato il quale deve avere la capacità di fare testamento;

l'onerato : è il soggetto su cui grava il peso dell'adempimento del legato e può essere sia un erede che un legatario;

onorato o legatario: è il soggetto avvantaggiato dal legato, il quale deve avere la capacità di ricevere per testamento.

Distinzione dei legati in relazione al contenuto: il contenuto dei legati può essere il più vario ed in relazione ad esso si distinguono:

legato di specie: ha per oggetto o il diritto di proprietà su un bene determinato (o quota del bene determinato), o altro diritto, gia appartenente al testatore.

legato di genere o quantità: ha per oggetto una cosa che fa parte di un genere. Con il legato di genere il legatario non acquista immediatamente, all'apertura della successione, un diritto reale, ma solo il diritto di credito nei confronti dell'onerato, a che gli venga trasferito un bene di media qualità appartenente al genere indicato dal testatore;

legato obbligatorio: attribuisce al legatario un diritto di credito che nasce dal testamento e che fa sorgere un obbligazione a carico dell'onerato.

legato liberatorio: libera il legatario da un obbligazione.



L'acquisto del legato: il legato a differenza dell'eredità, si acquista senza bisogno di accettazione.

La rinunzia al legato è un atto unilaterale abdicativo perché impedisce l'acquisto del diritto.

Essa opera retroattivamente, cioè è come se l'acquisto non fosse mai avvenuto.

Quanto alla forma, non vige, per la rinunzia al legato, il formalismo richiesto per la rinunzia all'eredità. Tuttavia quando il legato ha ad oggetto diritti reali su beni immobili, la rinunzia deve farsi, sotto pena di nullità, per iscritto.

Il diritto di rinunziare si prescrive, secondo la regola generale, in dieci anni dall'apertura della successione.

TIPI DI SUCCESSIONE


LA SUCESSIONE LEGITTIMA


La legge consente di disporre liberamente dei propri beni mediante testamento: qualora ciò non avvenga o avvenga solo in parte, trova applicazione la successione legittima, la successione, cioè, per volontà di legge.

Il presupposto per l'apertura della successione legittima è rappresentato dalla mancanza di un testamento; ciò si verifica nei seguenti casi:

quando manca del tutto il testamento;

quando il defunto, pur avendo fatto testamento, non ha disposto di tutti i suoi beni, con la conseguenza che per una parte di essi non si riesce ad individuare il successore;

quando il testamento (o una singola disposizione) sia nullo, annullato, revocato o inefficace.

Nelle successioni legittime le categorie di chiamati ai quali si devolve l'eredità sono: il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, gli altri parenti, i fratelli e le sorelle naturali e lo stato.

Ciascun ordine esclude il successivo (per cui ad esempio se esistono dei discendenti come i figli non succedono i fratelli e le sorelle).

Singole ipotesi di successione legittima:

successione dei discendenti: al padre ed alla madre succedono, innanzitutto, i figli legittimi e naturali (figli nati da genitori non sposati tra loro) in parti uguali. Non vi è distinzione tra figli naturali e legittimi: i figli legittimi hanno però la facoltà di commutazione possono cioè soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la parte spettante ai figli naturali. Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati (sono figli naturali che diventano legittimi in seguito al matrimonio tra i genitori naturali o per provvedimento del giudice quando c'è un ostacolo alla celebrazione del matrimonio) e gli adottivi.

successione dei figli naturali non riconoscibili: ai figli naturali non riconoscibili, invece (categoria che è ora limitata ai figli incestuosi salvo l'ipotesi della buona fede di uno o di entrambi i coniugi e l'ipotesi della dichiarazione di nullità del matrimonio da cui derivava l'affinità, spetta un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di eredità alla quale avrebbero avuto diritto se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.

successione degli ascendenti: se non vi sono discendenti, succedono i genitori, o gli ascendenti legittimi, o gli adottanti con adozione speciale: in tal caso l'ascendente più prossimo esclude i remoti. Di conseguenza se ci sono i genitori non succedono i nonni, se ci sono i nonni non succedono i bisnonni.

se Francesco muore senza lasciare figli né fratelli o sorelle ma solo il padre, questi è l'unico erede anche se il nonno di Francesco è ancora vivo;

successione dei fratelli e delle sorelle: A colui che muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, succedono (459) i fratelli e le sorelle in parti uguali.
I fratelli e le sorelle unilaterali (sono i fratelli che hanno in comune un solo genitore) conseguono però la metà della quota che conseguono i germani.

Se ad esempio Francesco muore lasciando quali suoi unici eredi quattro fratelli di cui due germani e due unilaterali, il suo patrimonio di 120 mila euro va diviso per sei per cui ai fratelli germani andrà la quota di 40 e ai fratelli unilaterali la quota di 20

successione di genitori o ascendenti con fratelli e sorelle se coi genitori o con uno soltanto di essi concorrono fratelli e sorelle germani del defunto, tutti sono ammessi alla successione del medesimo per capi, purché in nessun caso la quota, in cui succedono i genitori o uno di essi, sia minore della metà.
Se vi sono fratelli e sorelle unilaterali, ciascuno di essi consegue la metà della quota che consegue ciascuno dei germani o dei genitori, salva in ogni caso la quota della metà in favore di questi ultimi. Se entrambi i genitori non possono o non vogliono (463, 521) venire alla successione, e vi sono ulteriori ascendenti, a questi ultimi si devolve, nel modo determinato dall'art. 569, la quota che sarebbe spettata a uno dei genitori in mancanza dell'altro.

Successione di altri parenti: qualora manchino le suddette categorie successibili, subentrano gli altri parenti fino al sesto grado secondo le regole che il più vicino esclude gli altri.

se Francesco muore senza lasciare figli, ascendenti e fratelli e sorelle ma due zii e un cugino il suo patrimonio va diviso in parti uguali tra due zii mentre il cugino resta escluso; infatti lo zio è parente di terzo grado mentre il cugino è di quarto è quindi più lontano.

successione del coniuge superstite: il coniuge, in particolare, può rivestire la qualifica di :

erede, acquistando l'intera eredità, quando il defunto non lascia figli, ascendenti o fratelli;

coerede, quando concorre con i figli legittimi o naturali del de cuius, con gli ascendenti o con i fratelli del defunto.



Se il coniuge concorre con i figli gli spetta la metà del patrimonio, se concorre con un solo figlio, un terzo se i figli sono più di uno.

successione dello Stato : il presupposto di tale successione è la vacanza dell'eredità, cioè dell'assenza di un successibili appartenente alle categorie indicate innanzi che possa acquistare l'eredità di un defunto cittadino italiano o di un apolide residente in Italia. Il fondamento, invece, risiede nell'interesse generale a che vi sia, in ogni caso, un titolare del patrimonio ereditario, il quale provveda all'amministrazione dei beni del de cuius ed al pagamento dei debiti ereditari, continuando così i rapporti patrimoniali che facevano capo al defunto

successione dei figli, dei genitori e delle sorelle e fratelli naturali: i figli naturali come si è detto sono equiparati ai figli legittimi salva la facoltà di commutazione.

L'art. 578 stabilisce, invece, che i genitori naturali succedono al figlio riconosciuto se questi muore senza lasciare prole né coniuge.

Se però uno dei genitori ha legittimato il figlio e l'altro no, quest'ultimo è escluso dalla successione.


I DIRITTI DEI LEGITTIMARI


Il testatore non è del tutto libero quando decide chi dovrà venire alla successione. Infatti la legge prevede che una quota dell'eredità debba essere necessariamente devoluta in favore di alcuni soggetti detti legittimari, i quali in mancanza, potranno agire in giudizio per far valere il loro diritto.

Questi soggetti sono denominati legittimari in quanto chiamati alla successione su una quota di eredità che si dice legittima.

La loro successione non può essere esclusa dal testatore e ciò spiega perché, in questo caso, si parla di successione necessaria.

A favore dei legittimari la legge non riserva semplicemente una quota di eredità, ma piuttosto una quota di valore che si calcola mediante un'operazione matematica che prende il nome di riunione fittizia.

Il procedimento è il seguente (art. 556 c.c.):

a)  si calcola il valore dei beni esistenti nel patrimonio del defunto al momento dell'apertura della successione;

b)  si sottrae l'ammontare dei debiti contratti dal defunto

c)  si aggiunge il valore delle donazioni effettuate in vita, dalla persona defunta.

Il risultato finale di queste operazioni rappresenta l'asse sul quale determinare le quote dei legittimari.

La successione dei legittimari non va confusa con la successione legittima:

la successione legittima, infatti, e quella che si apre in favore degli eredi legittimi, quando manca il testamento, oppure quando questo è invalido o inefficace, in tutto o in parte;

la successione dei legittimari, invece, si applica sia in presenza di un testamento, sia in sua mancanza, e stabilisce quali sono le persone alle quali deve andare necessariamente attribuita una quota del patrimonio ed in quale misura.

L'istituto della legittima opera a favore del nucleo familiare, inteso in senso rigoroso e stretto. I legittimari quindi sono:

il coniuge superstite;

i figli legittimi (compresi i legittimati e gli adottivi) ed i loro discendenti

i figli naturali (o loro discendenti)

gli ascendenti legittimi.

A seguito della riunione fittizia, si stabiliscono, dunque, le quote che spettano ai legittimari e che nel loro insieme formano la cosiddetta quota legittima (o quota di riserva). La rimanente parte del risultato rappresenta, invece, il valore di cui il testatore può liberamente disporre e che prende il nome di quota disponibile.

La riserva non può assolutamente essere intaccata dal testatore mediante donazioni e lasciti testamentari (che potrebbero impoverire il patrimonio ereditario).

E questo il cosiddetto principio d'intangibilità della legittima, per il quale non è assolutamente consentito al testatore disporre al di la del valore della quota disponibile, sconfinando nella quota di riserva. Per lo stesso motivo non può imporre alcun peso o condizione sulla legittima.


LA TUTELA DEI LEGITTIMARI


Una volta aperta la successione, può accadere che il legittimario abbia conseguito dei beni il cui valore sia inferiore a quanto gli spetterebbe a titolo di legittima o sia stato completamente ignorato dal defunto che ha lasciato per testamento tutti i suoi beni a estranei o ha donato in vita tutti i suoi beni.

In questi casi, il legittimario, che si suole definire, leso potrà agire in giudizio mediante una speciale azione, detta azione di riduzione, con la quale potrà ottenere dal giudice la dichiarazione di inefficacia delle disposizioni testamentarie e delle donazioni, nella misura in cui sia necessario a fargli conseguire ciò che gli spetta per legge.

La legge richiede due condizioni affinché il legittimario (o i suoi eredi) possa esercitare l'azione :

anzitutto, occorre che il legittimario accetti con beneficio di inventario, al fine di accertare (mediante l'inventario) l'effettiva consistenza del patrimonio ereditario e l'eventuale lesione legittima: tutto ciò a garanzia di tutti quelli che potrebbero subire la riduzione;

il legittimario che agisce in riduzione deve poi calcolare nella propria quota di legittima (in linguaggio tecnico si dice imputare) le donazioni e i legati ricevuti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato.

Una volta accertate le suddette condizioni, il legittimario leso può ottenere tutela mediante l'azione di riduzione.


LA SUCCESSIONE TESTAMENTARIA

La successione ereditaria può essere come abbiamo già più volte detto, legittima o testamentaria a seconda che sia disciplinata dalla legge o dalla volontà del testatore.

La successione testamentaria è la successione mortis causa in cui l'individuazione dei successibili e la determinazione dei loro diritti avviene secondo le volontà espresse dal defunto in un atto, detto testamento.

Il testamento è l'atto revocabile col quale una persona dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.

È un negozio giuridico in quanto è manifestazione di volontà diretta a produrre effetti giuridici che l'ordinamento riconosce e garantisce.

In particolare il testamento è:

un atto personale, nel senso che può essere compiuto solo dal soggetto interessato;

unilaterale, e unipersonale, nel senso che contiene la volontà di una sola persona. Non può esistere un testamento fatto per contratto, perché sappiamo che sono vietati i patti successori.

non recettizio, nel senso che produce effetti senza che la sua esistenza sia comunicata all'interessato.

revocabile, nel senso che il testatore può decidere, in qualsiasi momento, di eliminarlo o cambiarlo.

formale, poiché e richiesta la forma scritta e il rispetto di ulteriori formalità.

Il testamento è valido se posto in essere da un soggetto che abbia la capacità di agire e la capacità d'intendere e di volere.


Sono incapaci di testare :

il minore (chi non ha compiuto 18 anni)

l'interdetto per infermità di mente

colui che al momento della redazione era incapace di intendere e di volere.

Il codice civile distingue i testamenti in : testamenti ordinari che sono il testamento olografo e il testamento per atto di notaio (pubblico o segreto); testamenti speciali che sono forme particolari di testamento riconosciute solo per determinate situazioni o circostanze eccezionali.


IL TESTAMENTO OLOGRAFO: fra le forme di testamento, quella olografa è la più semplice: il testatore scrive personalmente e a mano le disposizioni di ultima volontà, apponendovi la data e la propria firma. Tre sono, dunque, i requisiti del testamento olografo:

Innanzitutto deve essere scritto per intero a mano del testatore ;

occorre, poi, l'apposizione della data, cioè l'indicazione di giorno, mese ed anno in cui il testamento fu scritto, sono ammesse anche forme equivalenti. Questo requisito è importante per vari motivi: per stabilire quale testamento debba prevalere nel caso in cui il soggetto abbia redatto più testamenti.

infine è necessario che il testatore firmi l'atto. Tale prescrizione ha, innanzitutto, la funzione di individuare il testatore, ma serve anche ad attestare che la volontà espressa nello scritto è definitiva.

IL TESTAMENTO PUBBLICO: E' il testamento redatto dal notaio in presenza di testimoni. I vantaggi legati a tale forma sono numerosi: permette la redazione de testamento anche a persone che non sanno o che non possono scrivere; garantisce l'accertamento dell'effettiva volontà del testatore; assicura protezione all'atto, da eventuali sottrazioni o smarrimenti (il testamento pubblico viene infatti, conservato tra gli atti del notaio che lo ha redatto).



La redazione di questa forma di testamento, però, è più complicata rispetto a quella della forma olografa; infatti;

il testatore manifesta oralmente la sua volontà al notaio;

la manifestazione di volontà deve avvenire in presenza di testimoni, i quali devono garantire che il notaio non influenzi, in alcun modo, la volontà del testatore;

il notaio provvede a redigere materialmente l'atto; si limita, cioè, a scrivere sotto dettatura. È autorizzato ad intervenire solo nei casi in cui le volontà espresse dal testatore non siano conformi alle disposizioni di legge;

una volta scritto, il notaio legge il testamento ad alta voce, in modo che i testimoni ed il testatore stesso abbiano la certezza che le volontà siano state fedelmente riportate.

L'atto, poi, deve essere firmato dal testatore, dai testimoni e dal notaio; nonché contenere, oltre alla data, anche l'ora.

IL TESTAMENTO SEGRETO: consiste nella consegna, in presenza di testimoni, di una scheda, in busta chiusa, contenente le disposizioni testamentarie, al notaio che la riceve e la conserva nei suoi atti.

Questa forma testamentaria risponde a due esigenze. La prima è quella di consentire al testatore di non rendere noto a nessuno il contenuto dell'atto; la seconda è quella della certezza che la scheda testamentaria non venga sottratta, alterata o distrutta.

Il testamento segreto si distingue da quello pubblico perché non è il notaio a redigere l'atto, il quale, anzi, non è nemmeno a conoscenza del contenuto. Il notaio ha soltanto il compito di custodirlo fino alla morte del testatore.

I TESTAMENTI SPECIALI: sono testamenti pubblici che, in presenza di particolari circostanze, possono essere ricevuti e conservati da soggetti diversi dal notaio.

Tali sono:

il testamento in occasione di malattie contagiose o calamità pubbliche, che può essere ricevuto dal sindaco o dal giudice di pace del luogo.

Il testamento a bordo di nave o di aereo, che può essere ricevuto dal comandante;

Il testamento dei militari in guerra che può essere ricevuto da un ufficiale o da un cappellano militare.

Questo tipo di testamento deve essere sempre consegnato davanti a testimoni e, in ogni caso, perde efficacia quando siano trascorsi tre mesi dalla cessazione della circostanza eccezionale e il testatore sia ancora in grado di redigerne uno in forma ordinaria.   


L'INVALIDITA' DELLE DISPOSIZIONI TESTAMENTARIE

Può accadere che l'intero testamento, o una singola disposizione, non sia valido per la mancanza dei requisiti richiesti dalla legge.

Il testamento è nullo in caso di gravi vizi di forma tali da mettere in dubbio la sua autenticità (ad esempio mancanza dell'autografia o della firma nel testamento olografo; mancanza della firma del notaio e dei testimoni nel testamento pubblico).

Vi sono ipotesi in cui la nullità colpisce la singola disposizione e non l'intero atto, con la conseguenza che, laddove sia possibile eliminare invalida, il testamento, per la rimanente parte conserva la sua efficacia.

Il testamento e altresì annullabile nel caso di :

vizi di forma non gravi (ad esempio, mancanza della data nel testamento olografo)

incapacità di testare (ad esempio, il testamento scritto da un minore, un interdetto)

vizi della volontà (errore, violenza e dolo)

relativamente ai vizi di volontà nel testamento:

l'errore sussiste, ad esempio, nel caso in cui il testatore indichi come eredi o legatari o soggetti diversi da quelli voluti, oppure descriva in modo inesatto la cosa oggetto della disposizione: in questi casi il giudice può correggere l'errore solo se riesce ad interpretare con precisione l'effettiva volontà del testatore;

la violenza (in questo caso s'intende la violenza morale, psicologica; la violenza fisica, infatti rende nullo e non annullabile il negozio) ricorre quando il testatore sia stato indotto, mediante pressioni o minacce, a disporre le sue sostanze in un determinato modo;

il dolo, infine, consiste in una serie di artifizi o raggiri posti in essere da una persona (non necessariamente la stessa che ne trae beneficio) per fuorviare la volontà del testatore.



COMUNIONE E DIVISIONE DELL'EREDITA'

Si ha comunione ereditaria quando al defunto succedono più eredi i quali diventano contitolari dei beni che fanno parte dell'eredità.

Alla comunione ereditaria si applicano le regole stabilite in generale per la comunione ordinaria.

Ricordiamo però che mentre nella comunione ordinaria ciascun partecipante può liberamente vendere la propria quota, in quella ereditaria vige un regime particolare.

Il legislatore, infatti, si è preoccupato di evitare che persone estranee entrino a far parte della comunione, generando contrasti tra i coeredi.

L'art. 732 c.c. prevede un istituto che va sotto il nome di retratto successorio: nell'ipotesi in cui uno dei coeredi intenda cedere la propria quota, deve notificare l'intenzione agli altri coeredi, indicandone il prezzo.

Questi entro due mesi, possono acquistare la quota al prezzo indicato, altrimenti il coerede sarà libero di cedere il diritto a terzi estranei.

La legge prevede a favore dei coeredi una prelazione legale (il diritto di essere preferiti, a parità di condizioni, rispetto ad altri eventuali acquirenti. Infatti, se il coerede cede la propria quota a terzi senza notificarlo preventivamente ai coeredi questi hanno diritto di riscattare dall'acquirente la quota venduta.

La comunione cessa con la divisione: operazione che attua lo scioglimento della comunione ereditaria mediante l'attribuzione a ciascun coerede di una porzione determinata dei beni ereditari, corrispondente al valore della quota spettante ad ognuno.

Ogni coerede può in qualsiasi momento, domandare la divisione del patrimonio ereditario. In particolare la divisione può essere:

amichevole o contrattuale, che si realizza attraverso un apposito contratto con cui le parti, ossia i coeredi si dividono i beni (o parte dei beni) che formano la comunione ereditaria;

giudiziale operata dal giudice quanto manca l'unanimità dei consensi tra i coeredi per effettuare la divisione contrattuale. La domanda per iniziare l'azione di divisione può essere propostala ciascuno dei coeredi, chiamando in giudizio gli altri;

testamentaria, operata personalmente dal testatore, il quale può dividere i suoi beni tra gli eredi.

Naturalmente, questa divisione sarà nulla se il testatore non ha compreso qualcuno dei legittimari che, in caso di lesione, potrà esercitare l'azione di riduzione contro gli altri coeredi.



LA DONAZIONE: art. 769 c.c. definisce la donazione come il contratto col quale una parte (donante), per spirito di liberalità, arricchisce l'altra (donatario), senza ricavarne un corrispettivo.

La donazione è quindi un atto inter vivos (tra vivi) tuttavia con la donazione si effettua una specie di attribuzione mortis causa anticipata.

La donazione è, come detto, caratterizzata dalla presenza dello spirito di liberalità del donante (animus donandi) che consiste nella coscienza di compiere un atto che arricchisce gratuitamente il donatario senza esservi tenuto a compiere un atto che arricchisce gratuitamente il donatario senza esservi tenuto, nemmeno in adempimento di un dovere morale e sociale.

Caratteristica della donazione e anche l'arricchimento del donatario (cioè l'incremento del suo patrimonio) che può realizzarsi sia disponendo a suo favore di un diritto (donazione reale) che assumendo verso di lui un'obbligazione (donazione obbligatoria).

Il donatario a sempre l'obbligo di fornire gli alimenti al donante che in seguito venga ad averne bisogno, purché non si tratti di donazione rimuneratoria (che è quella fatta in segno di riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario e alla quale il donante non è tenuto né per legge ne per costume sociale) o di donazione obnuziale ( fatta cioè in vista del futuro matrimonio).

Oggetto della donazione può essere qualunque bene che si trova nel patrimonio del donante: non può essere un bene altrui, né un bene futuro.

La donazione deve essere fatta per atto scritto e in particolare per atto pubblico, a pena di nullità, qualunque sia l'oggetto (mobile o immobile) della liberalità.

Se la donazione ha per oggetto cose mobili di modico valore (da valutare anche in rapporto alle condizioni economiche del donante), l'atto pubblico non è necessario, ma occorre l'effettiva consegna della cosa. In tal caso la donazione (detta donazione manuale) è un contratto reale.

La legge prevede che la donazione possa revocarsi in presenza di due gravi ragioni:

ingratitudine del donatario:la donazione può essere revocata quando il donatario compie gravi atti nei confronti del donante come l'omicidio, l'ingiuria, la calunnia;

sopravvivenza dei figli : la donazione fatta da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione può essere revocata per la sopravvivenza di un figlio o la venuta a conoscenza della esistenza di un figlio legittimo. può essere revocata anche per il riconoscimento di un figlio naturale di cui il donante ignorava l'esistenza. La revoca è, quindi, giustificata da motivi di ordine etico-sociale.

La sentenza che pronuncia la revoca condanna il donatario alla restituzione dei beni; non pregiudica, però, i terzi che hanno acquistato diritti anteriormente alla domanda di revoca, salvi gli effetti della trascrizione.

Se il donatario ha alienato i beni, deve restituirne il valore (quello che il bene aveva al tempo della domanda).

















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