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IL DIRITTO ALLA SALUTE
[I diritto alla salute, un diritto dell'indiviluo, ma anche della società.
fipologia B: saggio breve \mbito: socio-economico
)ivisione in paragrafi:
l) Il servizio sanitario nazionale !) Il Welfare State
,) Ambiente e prevenzione
_) Il diritto alla salute negato 747d37h
1) L'Organizzazione Mondiale della ;anità (OMS) definisce la salute "uno stato li benessere fisico, mentale e sociale e rap!resenta uno dei diritti fondamentali di ogni _ssere umano". Tra i diritti umani bisogna .}uindi annoverare anche la tutela della salute, che la nostra Costituzione repubblicana garantisce, considerandola come un interes;e della collettività.
In Italia è operante un Servizio sanita'io nazionale, istituito dallo Stato, che offre lssistenza sanitaria a tutti, completamente gratuita ad anziani ed indigenti, in parte in:egrata da modesti tickets per gli altri cittalini. Ma non mancano le polemiche sull' efficacia di questo sistema che più volte è balzato all'attenzione delle cronache televisive e di stampa per disfunzioni, inadempienze, carenze di personale e di attrezzature, casi di corruzione, elevati compensi per le prestazioni sanitarie, tanto che si parla comunemente di "malasanità" nel nostro Paese. Purtroppo bisogna ammettere- che, proprio negli anni in cui la ricerca medica, grazie anclÌe all' ausilio delle biotecnologie, ha
compiuto grandi passi in avanti nella prevenzione e cura di tante malattie, il sistema sanitario italiano sconta ancora un certo ritardo rispetto agli altri Paesi più sviluppati dell 'Europa e del mondo.
2) Bisogna ricordare che, nel corso del secolo scorso, il servizio sanitario pubblico è diventato, un po' in tutti gli Stati democratici, parte integrante del più generale Welfare State, cioè lo Stato sociale, che garantisce ai cittadini servizi essenziali e assistenza. Ecco, pertanto, che nei diritti sociali è stato introdotto il diritto alla salute, di cui, come detto, si è fatto garantelo Stato democratico. Nel nostro Paese, però, alcune forze politiche, di recente, hanno proposto di smantellare il sistema sanitario nazionale, affidandone la competenza alle singole Regioni: in questo modo, ad esempio, un cittadino della Lombardia o dell'Emilia potrebbe essere assistito diversamente da un abitante della Calabria o della Sardegna, affetto dalla stessa malattia. È evidente che tutto ciò contraddirebbe il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione nell' esercizio dei diritti da parte dei cittadini.
3) La tutela della salute passa anche attraverso la prevenzione delle malattie e il rapporto tra salute e ambiente. In riferimento a quest'ultimo punto, la coscienza ambientalista maturata negli ultimi anni ha originato un nuovo diritto, quello di vivere in un ambiente sano, a "misura d'uomo", riducendo al minimo l'impatto dei fattori inquinanti. L'aria che respiriamo, sempre più intrisa di smog, l'inquinamento acustico a cui siamo sottoposti, lo stress che ci assale durante le ore di lavoro o quelle trascorse in auto imbottigliati nel traffico cittadino, il dover risiedere in case talvolta non in linea con gli standards d'igiene, possono alterare l'equilibrio psico-fisico dell'individuo. Talvolta si commette l'errore di trascurare il proprio corpo, conducendo una vita pigra e sedentaria, facendo poco sport e movimento, abusando di cibo, tabacco e alcol, per poi dover ricorrere alle cure mediche quando insorgono malanni e dolori vari. Un ambiente di vita non sano e un'esistenza quotidiana sregolata possono quindi arrecare gravi danni alla salute indipendentemente dall'efficacia del sistema sanitario.
4) Ma dove il diritto alla salute viene purtroppo sistematicamente ed evidentemente negato è nei Paesi del Terzo Mondo, dove la miseria, l'arretratezza tecnologica e la carenza delle più elementari condizioni igienico-sanitarie favoriscono la diffusione di malattie ed epidemie tra le popolazioni. Il dramma dell' Aids in tante aree del continente africano è sotto gli occhi di tutti: milioni di adulti e bambini ne sono colpiti. A rendere ancora più complicata la situazione sono gli interminabili conflitti interetnici, spesso "dimenticati" dai mezzi di comunicazione di massa. Proprio queste guerre rendono tutto più complicato, facilitando il contagio e distruggendo l'economia già gracile e le infrastrutture già fragili di tanti Paesi poveri. Ma il diritto alla salute, nelle aree della povertà, è soprattutto negato per il crescente divario economico rispetto ai Paesi industrializzati del Nord ricco del mondo. È un "gap" che cresce a dismisura, alimentato dalla sviluppo delle nuove tecnologie, violando princìpi fondamentali come la libertà, l'uguaglianza, l'equità, la giustizia, la vita stessa.
IL LAVORO MINORILE
Un'autentica e perdurante piaga sociale è lo sfruttamento del lavoro dei minori, costretti addirittura ad odiose forme di schiavitù in alcuni Paesi del Terzo Mondo.
Tipologia B: saggio breve Ambito: socio-economico
Divisione in paragrafi:
I) l dati dell' ONU rivelano che 250 milioni di bambini sono costretti a lavorare in Paesi del Terzo Mondo
2) Il lavoro minorile in alcuni Paesi indu
strializzati
3) l provvedimenti da adottare
l) Siamo ormai in pieno ventunesimo secolo, eppure una piaga sociale gravissima continua ad esistere, sempre più preoccupante: è l'intollerabile sfruttamento di milioni di bambÌ!li, soprattutto nei Paesi poveri del Terzo Mondo, ma anche in alcune aree del ricco e industrializzato Occidente.
I continui allarmi, lanciati dall'ONU e in particolare dall 'Ufficio Internazionale del Lavoro (I.L.O.) di Ginevra, rivelano una situazione sconcertante: oggi sono ben 250 milioni i bambini tra i 5 e i 14 armi costretti a lavorare nel mondo, ma, quel che è più grave, la cifra tende ad aumentare. Purtroppo, come detto, la piaga del lavoro minorile non è circoscritta ai Paesi più poveri di Asia, Africa e America Latina, dove, per :juanto inaccettabile, appare legata alle difficoltà di sopravvivenza di larghi strati di :juelle popolazioni piegate dalla miseria e dal sottosviluppo. È noto infatti come il la voro minorile sia esercitato in forma claniestina anche in molti Paesi industrializzati, fra cui l'Italia. Insomma, l'onta dello sfruttamento del lavoro minorile continua in :J.uesto XXI secolo a pesare sulla coscienza iell'opinione pubblica.
È risaputo che il lavoro minorile è uno iegli aspetti più sconcertanti della povertà e ;he molti anni di sforzi e di programmaziole dello sviluppo economico saranno neces;ari per sanare completamente questa piaga. _el frattempo perdurano alcune forme di lavoro minorile che sono intollerabili da qualunque punto di vista le si consideri: autenti;he forme di schiavitù che devono essere iniividuate, denunciate e sradicate senza ulteiore indugio.
Si tratta di decine di milioni di babynanovali: piccoli braccianti, bambine che liutano nei lavori domestici, fmanche ra_azzini costretti a imbracciare un'arma e a 'are anzitempo il mestiere del soldato, per 10n parlare dei tanti minori che sono obbli_ati a prostituirsi. Di tutti questi bambini, al;uni milioni sarebbero quelli ridotti in ;chiavitù: per la maggior parte lavorano in o\sia, dove si calcola che i lavoratori bambini siano oltre 150 milioni, mentre in Africa ;arebbero circa 80 milioni e oltre 17 milioni luelli in America Latina.
Davvero raccapricciante è il caso di luei bambini, purtroppo tantissÌn1i, il cui lavoro viene svolto in stato di schiavitù, senza la benché minima retribuzione: soprattutto n Africa è in uso prestare o offrire uno dei Jiccoli della famiglia, quasi sempre povera _ numerosa, per estinguere un debito, per ingraziare di un favore, per tenere fede a un Jbbligo sociale o religioso. Numerosi ed indegni sono pure i casi di vendita vera e propria. Il bambino diventa cosÌ proprietà del padrone che ne dispone a suo piacimento, molto spesso in forma illegale, sia per il tipo di lavoro da svolgere sia per i modi in cui viene svolto.
Tristemente nota è poi la diffusione della prostituzione minorile, soprattutto nei Paesi dell' Asia sud-orientale.
Lavori particolarmente diffusi tra i minori sono il "mestiere" del soldato, soprattutto in Africa, quello del minatore in America Latina, del bracciante e del muratore un po' dappertutto.
2) Purtroppo, come detto, questa piaga non risparmia nemmeno l'opulento Occidente, dove tanti bambini al di sotto dei 1314 anni sono impiegati in lavori, sÌ, meno umilianti e massacranti che nel Terzo Mondo, ma sono pur sempre sfruttati.
In Italia, recenti stime sindacali hanno calcolato in circa 350mila i bambini lavoratori. È una piaga che, nel nostro Paese, sopravvive in alcune aree di degrado sociale, specialmente del Mezzogiorno, e purtroppo anche, sia pure in misura minore, nell'opulenta Lombardia. Purtroppo il fenomeno èstrettamente connesso all'evasione dell'obbligo scolastico, per cui la violenza che viene arrecata al minore è duplice: alla violenza dello sfruttamento si aggiunge infatti quella non meno deprecabile, e tale da lasciare un segno duraturo sul ragazzo, della mancata formazione.
3) Molto più complesso è invece il problema del lavoro minorile nei Paesi del Terzo Mondo: il triste fenomeno è anche una conseguenza della liberalizzazione del commercio mondiale, che induce molti Paesi
poveri ad abbassare i prezzi dei loro manufatti, ricorrendo a manodopera pagata poco o quasi niente nel tentativo di essere più competitivi.
Ecco allora che, per rimuovere questa situazione che vede bambini costretti a lavorare in condizioni disumane, è necessario pervenire a sistemi di coordinamento internazionale, capaci di snidare, dovunque siano, queste pratiche aberranti di sfruttamento.
Certo, risulta difficile far emergere situazioni vergognose e colpime i responsabili: talvolta i bambini vengono venduti a saldo di debiti che le loro famiglie non possono pagare. Di questi piccoli addirittura spesso si perdono le tracce, costretti come sono a lavorare a tempo pieno e, in tanti casi, per impedirne la fuga, addirittura legati al posto di lavoro con una catena.
Le organizzazioni dell'ONU, in particolar modo il già ricordato Ufficio Internazionale del Lavoro di Ginevra, propongono a tutti i Governi, in sede di accordo internazionale, parallelamente alle intese sulla liberalizzazione del commercio mondiale, i cosiddetti "Iabour-standards", consistenti nel definire delle regole minime, da osservare in tutti i Paesi, per quanto riguarda l'eliminazione del lavoro minorile.
Propongono altresì la libertà di associazione sindacale proprio lì dove l'assenza di sindacati permette abusi di ogni sorta e non solo sui minori, il diritto di negoziare condizioni minime di lavoro e l'eliminazione dei lavori forzati per i carcerati.
Alcune organizzazioni umanitarie del nostro Paese e anche i sindacati dei lavoratori suggeriscono di adottare validi strumenti che possano scoraggiare anche quelle im prese, il più delle volte non piccole, che, fuori dai confini nazionali, se ne infischiano delle norme contro lo sfruttamento dei minori e violano tutte le convenzioni internazionali che prevedono la loro tutela.
È necessario quindi che, d'accordo con i governi degli altri Paesi dell'Unione Europea e, perché no, anche degli altri Paesi industrializzati dell'Occidente, si chiedano dei marchi di garanzia alle merci provenienti dai Paesi del Terzo Mondo, quasi sempre da stabilimenti di proprietà di grandi società multinazionali, che attestano che quelle merci sono state prodotte nel rispetto delle convenzioni internazionali e senza ricorrere al lavoro di minori.
È un impegno di civiltà quello di stare sul fronte della difesa dei minori da ogni sfruttamento, che deve, però, tradursi in impegni e iniziative concrete, non in qualcosa di formale che si limiti a lamentele o pubbliche denunce.
In tal modo sarà possibile non solo sanare la piaga del lavoro minorile, ma anche ripristinare condizioni di parità nella competizione economica, in un'epoca di "globalizzazione" dei mercati e di liberalizzazione del lavoro.
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