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Il fascismo al potere: La marcia su Roma - Il fascismo conquista il potere

politica



Il fascismo al potere: La marcia su Roma

La natura del movimento fascista si manifestò nella violenza dello squadrismo che, tollerato dalle autorità governative, agiva impunemente e si sostituiva allo Stato nella repressione antioperaia e antisocialista con intimidazioni e uccisioni. L'ascesa del movimento fu facilitata dal rifiuto dei socialisti di collaborare con il governo e da una nuova scissione interna al partito, da cui nacque il Partito socialista unitario di Giacomo Matteotti (4 ottobre 1922).

In una situazione di scontro aperto, Mussolini, con i capi del partito (il quadrunvirato Balbo, De Vecchi, De Bono, Bianchi), decise un'azione di forza ordinando agli squadristi la marcia su Roma (28 ottobre 1922). Alla presa del potere fascista non fu opposta alcuna resistenza: il re Vittorio Emanuele  III aveva rifiutato di firmare lo stato d'assedio proposto da Facta. Il 29 ottobre Mussolini , capo di un partito di minoranza, riceveva l'incarico di formare un nuovo governo di coalizione, con ampio consenso parlamentare. Ad eccezione dei comunisti, tutti i deputati erano convinti che il fascismo sarebbe rientrato nella legalità.

Il fascismo conquista il potere

Tra il 1922 e il 1925 Mussolini diede avvio alla fascistizzazione dello Stato, con il rafforzamento dell'esecutivo e la persecuzione dell'opposizione fino all'instaurazione del partito unico. Nel dicembre 1922 era stato istituito il Gran consiglio del fascismo, un organo collegiale del partito con funzioni direttive sul governo. Seguì l'istituzionalizzazione dello squadrismo con la formazione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, un corpo paramilitare di partito. La politica economica fu caratterizzata da una linea liberista, tra i vari provvedimenti, con l'abolizione delle leggi giolittiane su titoli di Stato e con l'esonero delle tasse sui capitali esteri per agevolare gli investimenti, favorendo la collaborazione tra grande borghesia industriale e agraria. Per ottenere una maggioranza parlamentare assoluta, Mussolini indisse nuove elezioni dopo aver fatto votare la legge Acerbo (1923), che eliminava il sistema proporzionale e stabiliva per la lista di maggioranza relativa, i due terzi dei seggi. Le elezioni del 1924 furono vinte, con brogli e azioni intimidatorie degli squadristi, dal "listone" fascista, a cui avevano aderito anche i liberali ad eccezione di Giolitti. Il deputato socialista Matteotti, che in un intervento alla Camere aveva denunciato, le illegalità elettorali, fu rapito e assassinato dai fascisti. L'assassinio di Matteotti(10 giugno 1924) provocò in tutto il paese un'ondata di protesta spontanea, che mancò di un'adeguata direzione politica. La coalizione di governo si sciolse e l'opposizione abbandonò il parlamento, attuando la secessione, detta dell'Aventino, mentre il re mantenne in carica Mussolini. Questi, con il discorso alla Camera del 3 gennaio 1925, si assunse la responsabilità dell'assassinio e diede inizio alla costituzione del regime fascista. Dal 1925 iniziarono ad essere varate le leggi "fascistissime", che abolivano di fatto la costituzione liberale, per cui furono sciolti tutti i partiti politici e soppressa la libertà di parola, mentre la stampa veniva censurata e in seguito (1937) sottoposta al ministero della Cultura popolare. Il 24 dicembre 1925 il capo del governo assumeva poteri straordinari tra cui la nomina dei ministri. Nelle amministrazioni comunali i sindaci furono sostituiti dai podestà di nomina governativa; fu restaurata la pena di morte e istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926), che sottrasse alla magistratura ordinaria i giudici per reati politici, affiancato da una polizia politica (ovra) per la vigilanza e la repressione dell'antifascismo. I codici furono rivisti, secondo l'ottica del regime, da Alfredo Rocco che elaborò il nuovo codice(1926), in cui si sanciva la preminenza dello Stato sui cittadini. Con questi mezzi l'opposizione antifascista fu perseguitata: uomini politici come Sturzo, Turati Pertini furono costretti a vivere in esilio, al confino o in carcere, altri che morirono per le percosse subite dagli squadristi.







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