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ANALISI DI BILANCIO PER INDICI - GLI INDICI DI BILANCIO

economia aziendale



A - ANALISI DI BILANCIO PER INDICI


Per effettuare l’analisi di bilancio per indici, è stato necessario svolgere in precedenza:

a) l’analisi e l’interpretazione revisionale del bilancio

b)    la riclassificazione del bilancio

Dopo aver esaurito le suddette operazioni, è possibile procedere effettuando:

c) il calcolo degli indici di bilancio

d)    il coordinamento degli indici costruiti




GLI INDICI DI BILANCIO

Gli indici in esame sono rapporti fra voci contenute nel bilancio riclassificato e si suddividono in 3 tipologie a seconda delle informazioni che forniscono:


gli indici di solidità consentono di valutare la situazione patrimoniale;

gli indici di liquidità consentono di valutare la situazione finanziaria;

gli indici di redditività consentono di valutare la situazione economica.


1 - GLI INDICI DI SOLIDITÀ:

Consentono di analizzare le condizioni del patrimonio dell’impresa, per verificare:


a) se il fabbisogno finanziario è coperto correttamente, allo scopo di valutare se la situazione patrimoniale dell’impresa è equilibrata o meno: esiste equilibrio, quando vi è una correlazione temporale fra investimenti e finanziamenti (per effetto di una corretta copertura del fabbisogno finanziario);


b) il grado di indipendenza finanziaria da terzi, calcolando il grado di indebitamento.


L’esistenza di una correlazione temporale fra investimenti e finanziamenti e la bassa dipendenza finanziaria da terzi causano un giudizio positivo sulla solidità dell’im-presa, intesa come sua capacità di perdurare nel tempo

Poiché la solidità dell’impresa dipende dalla contemporanea presenza delle sopra citate condizioni, gli indici di solidità si suddividono in due categorie:

indici di struttura patrimoniale

indici di indebitamento


1) GLI INDICI DI STRUTTURA PATRIMONIALE:

Per valutare se la struttura del patrimonio è equilibrata o meno si possono determinare due tipologie di indici, che si differenziano per il diverso procedimento di calcolo, ma che sono analoghi dal punto di vista delle informazioni fornite.

Distinguiamo pertanto:

a) gli indici di struttura patrimoniale di composizione

b)    gli indici di struttura patrimoniale di correlazione

Negli indici di composizione vengono indicati al numeratore una parte di una grandezza, mentre al denominatore l’intero valore di quella stessa grandezza. Esprimono, quindi, in che misura (decimale o percentuale) ogni singola parte compone il tutto, o meglio il contributo che ciascuna singola parte fornisce per determinare il tutto a cui appartiene.

Le informazioni cercate si ottengono solo confrontando fra loro gli indici di composizione, perché, in assenza di tale confronto, non è possibile giudicare la struttura del patrimonio dell’impresa.

Viceversa gli indici di correlazione stabiliscono direttamente all’interno di ciascun rapporto matematico una correlazione fra due grandezze aventi fra loro un legame di natura patrimoniale e, quindi, il loro valore esprime immediatamente, senza bisogno di alcun confronto, le informazioni cercate sulla struttura del patrimonio dell’impresa.


INDICI DI COMPOSIZIONE

INDICI DI CORRELAZIONE

a) indici di composizione degli investimenti


Imm.ni

indice di composiz.

Totale attività delle immobilizzaz.


Att.circolante

indice di composiz.

Totale attività dell’att. circolante


b) indici di composizione dei finanziamenti


Cap permanente

indice di compo

Totale passività del cap. permanen.


Passività correnti

indice di compos

Totale passività delle passività

correnti


Ciascuno dei suddetti rapporti assume un valore inferiore ad 1.

Gli indici di composizione degli investimenti, da soli, consentono solo di conoscere la struttura degli investimenti:

- se l’indice di composizione delle immobilizzazioni > 0,5, gli investimenti hanno una struttura prevalentemente rigida

- se l’indice di composizione dell’attivo circolante > 0,5, gli investimenti hanno una struttura prevalentemente elastica.


Analogo discorso viene fatto per gli indici di composizione dei finanziamenti, che, da soli, evidenziano la struttura de finanziamenti:

- se l’indice di composizione del Cap. permanente > 0,5, i finanziamenti hanno una struttura prevalentemente rigida;

- se l’indice di composizione delle passività correnti > 0,5, i finanziamenti hanno una struttura prevalentemente elastica.


Per verificare l’equilibrio della strut 717d36h tura del patrimonio è necessario confrontare gli indici di composizione degli investimenti con i corrispondenti indici di composizione dei finanziamenti:


se Imm.ni / Tot.Att. > 0,5, l’equilibrio della strut 717d36h tura del patrimonio richiede che anche (Cp+Dl) / Tot.Pass > 0,5, in modo che :

(Cp+Dl) / Tot.Pass > Imm.ni / Tot.Att.


se Att.corr. / Tot.Att > 0,5, è possibile che anche Pass.Corr. / Tot Pass > 0,5

Purché si abbia che:

Att.Corr / Tot Att > Pass.Corr / Tot Pass


Infatti, se gli investimenti sono rigidi, i finanziamenti devono esserlo in misura maggiore.

Mentre, se gli investimenti sono elastici, i finanziamenti possono esserlo in misura minore.

a) quoziente di autocopertura delle im-mobilizzazioni


Capitale proprio

indice di

Immobilizzazioni autocopertura

delle

Imm.ni


Si mettono a rapporto le grandezze, che per differenza consentono di determinare il margine di struttura essenziale (Capitale proprio - Imm.ni).

In una situazione ideale, in cui il capitale proprio da solo finanzia tutte le immobilizzazioni, il margine di struttura essenziale è maggiore di zero, quindi il quoziente di autocopertura delle immobilizzazioni è maggiore di 1.











b) quoziente di copertura delle immobilizzazioni


Capitale permanente

indice di

Immobilizzazioni copertura

delle

Imm.ni


Si mettono a rapporto le grandezze, che per differenza consentono di determinare il margine di struttura globale (Capitale permanente - Imm.ni).

In una situazione ideale, in cui il capitale permanente copre tutte le immobilizzazio-ni, il margine di struttura globale è maggiore di zero e, quindi, il quoziente di co-pertura delle immobilizzazioni è maggiore di 1.


2) GLI INDICI DI INDEBITAMENTO:

Anche in questo caso, per ottenere informazioni sul grado di dipendenza finanziaria dell’impresa analizzata, è possibile calcolare indici di composizione o indici di correlazione:


INDICI DI COMPOSIZIONE

INDICI DI CORRELAZIONE


Capitale proprio

indice di composizione

Totale finanziam.   del capitale proprio


Capitale di terzi

indice di composizione

Totale finanziam. del capitale di terzi


In una situazione ideale, che evidenzia indipendenza finanziaria da terzi, perché il capitale proprio è superiore o uguale al capitale di terzi, si verifica che:


Cap proprio  Cap.terzi

E ----- ----- ------ 0,5

Tot. finanz.   Tot. finanz.


Quindi:


Cap proprio    Cap di terzi

≥ ----- ----- ------------

Tot finanz   Tot finanz


In una situazione accettabile, di moderata dipendenza finanziaria da terzi, perché il capitale di terzi non supera il doppio del capitale proprio, si verifica che:


Cap. Proprio  Cap. terzi

E ----- ----- ----- ≤ 0,67

Tot. finanz.   Tot. finanz.


Quindi:


Cap di terzi   Cap proprio

≤ 2 ----- ----- -------------

Tot finanz Tot finanz


Capitale di terzi

= indice di

Capitale proprio indebitamento


Capitale investito (Cp+Ct)

indice

Capitale proprio leverage

(di leva

finanziaria)

In una situazione ideale, di indipenden-za finanziaria da terzi, si verifica che:


Capitale di terzi

----- ----- ---------------- ≤ 1

Capitale proprio


E


Capitale investito

----- ----- ----------------- ≤ 2

Capitale proprio


In una situazione accettabile, di moderata dipendenza finanziaria da terzi, si verifica che:


Capitale di terzi

----- ----- --------------- ≤ 2

Capitale proprio


E


Capitale investito

----- ----- ----------------- ≤ 3

Capitale proprio

Se gli indici di indebitamento non rispettano i valori indicati sopra come accettabili, l’impresa è sottocapitalizzata e deve ricostituire l’equilibrio fra le proprie fonti di finanziamento, ricapitalizzandosi mediante un aumento reale di capitale sociale e/o il potenziamento dell’autofinanziamento.

L’impresa che evidenzia squilibri negli indici di struttura patrimoniale e/o in quelli di indebitamento si trova in condizioni precarie e di instabilità, non essendo in grado di perdurare nel tempo




2 - GLI INDICI DI LIQUIDITÀ:

Gli indici di liquidità permettono di esprimere un giudizio sulla situazione finanziaria dell’impresa.

L’impresa in buone condizioni finanziarie non subisce tensioni di liquidità, perché è in grado di far fronte ai debiti, contratti nello svolgimento della gestione, in modo tempestivo alla loro scadenza) ed economicamente conveniente (senza subire perdite)

Così definita, la liquidità coincide con la solvibilità, che dipende da due fattori diversi:

a) gli effetti che la politica di copertura del fabbisogno finanziario seguita dall’impresa ha avuto sulla struttura del patrimonio dell’impresa: in assenza di correlazione fra investimenti e finanziamenti, l’impresa non è in grado di pagare regolarmente i propri debiti a scadenza, perché questi ultimi scadono prima che gli investimenti, che hanno finanziato, siano ritornati in forma liquida. Di conseguenza l’equilibrio della struttura del patrimonio è una condizione indispensabile ad assicurare liquidità all’impresa.


b)    la velocità con cui gli investimenti ritornano in forma liquida nell’arco dell’esercizio: aumentando tale velocità, si accresce il numero di volte in cui gli investimenti vengono disinvestiti nell’arco dell’esercizio e diminuisce l’in-tervallo di tempo che va dall’acquisizione dei fattori produttivi al loro disinvestimento (ciclo monetario), cioè il periodo medio di permanenza degli investimenti stessi. In tali condizioni, diminuisce il fabbisogno finanziario: le risorse interne prodotte dalla gestione, con la riscossione delle vendite, sono in grado di finanziare una porzione crescente degli investimenti d’impresa e diminuisce, conseguentemente, il ricorso a fonti esterne di finanziamento.


Per verificare se l’impresa si trova in condizioni di liquidità, è, pertanto, necessario calcolare due tipologie di indici:


a) indici di struttura patrimoniale, allo scopo di conoscere se la struttura del patrimonio è equilibrata o meno;

b)    indici di rotazione degli investimenti, allo scopo di calcolare il numero di volte in cui il capitale investito, in generale, ed ogni singola categoria di investimento, in particolare, ritornano in forma liquida mediamente nell’arco dell’esercizio.


INDICI DI STRUTTURA PATRIMONIALE

INDICI DI ROTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI

Gli indici di solidità, per verificare l’e-quilibrio della strut 717d36h tura patrimoniale, prendevano in considerazione categorie rigide di investimenti e finanziamenti (immobilizzazioni e capitale per-manente).

Al contrario gli indici di liquidità pren-dono in esame categorie elastiche sia di investimenti che di finanziamenti (le attività e le passività correnti), perché esprimono la liquidità dell’impresa nel breve periodo.

Si calcolano due indici di correlazione:

Att corrente

indice di   

disponibilità Pass corrente


Att. corrente - scorte

indice di  

liquidità Pass corrente


Il primo indice mette a rapporto le grandezze che, per differenza, consentono di calcolare il capitale circolante netto; il secondo, invece, individua il quoziente delle grandezze, che, per differenza, determinano il divario di tesoreria.

Poiché sia il capitale circolante netto che il divario di tesoreria devono essere maggiori di 0, gli indici di liquidità in esame devono in teoria assumere valori maggiori di 1. Tuttavia, l’indice di disponibilità, comprendendo al numeratore anche le scorte di magazzino, è sempre maggiore di quello di liquidità.

Per determinare di quanto è più alto, sono state effettuate indagini pratiche, dalle quali è emerso che le scorte sono mediamente pari a circa la metà dell’attivo corrente. Ciò significa che assumono un valore medio che si aggira intorno alla somma delle liquidità immediate e differite.

Pertanto: l’indice di liquidità deve essere > 1, mentre l’indice di disponibilità deve essere > 2. (Liquidità = 1 e Scorte = 1, con Passività Correnti = 1).

Se l’indice di disponibilità è maggiore di 2, le scorte sono finanziate interamente da capitale permanente.

Tuttavia i valori assunti da tale indice hanno spesso un significato non univoco e vanno letti con attenzione, prima di esprimere un giudizio, positivo o negativo.

Infatti un valore dell’indice di disponibilità maggiore di 2 non è sempre indicatore di buone condizioni finanziarie, così come uno minore di 2 non vuol automaticamente indicare la presenza di tensioni di liquidità

In periodi di congiuntura sfavorevole il sovradimensionamento delle scorte di magazzino, provocato da difficoltà a vendere i prodotti sul mercato di sbocco, e/o l’incremento dei crediti commerciali, provocato da difficoltà a riscuoterli, per insolvenza della clientela, accrescono il valore dell’indice di disponibilità, ma peggiorano le condizioni finanziarie e di liquidità dell’im-presa.

Al contrario nei periodi di congiuntura favorevole, in cui l’aumento della domanda sul mercato di sbocco provoca un abbassamento consistente delle scorte di magazzino, accumulate in precedenza, l’indice di disponibilità si abbassa, ma le condizioni finanziarie dell’impresa tenderanno a migliorare, per effetto della riscossione dei crediti commerciali, se la clientela è solvibile.

L’indice di liquidità, infine, risente di tali fattori congiunturali (che alterano il significato del suo valore) in misura minore, solo nell’ipotesi di difficoltà a riscuotere i crediti verso la clientela, che si trovasse in tensioni di liquidità o fosse insolvente

L’indice di liquidità risulta, quindi, più significativo dell’indice di disponibilità.

Tuttavia, prima di esprimere un giudizio definitivo sulle condizioni finanziarie e di liquidità dell’impresa, è necessario integrare le informazioni fornite dagli indici di struttura patrimoniale sopra scritti con quelli di rotazione degli investimenti, che creano un legame fra il volume degli investimenti e quello delle vendite: tanto maggiore è il volume delle vendite, a parità di investimenti effettuati, quanto più consistente sarà il contributo delle risorse interne, originate dalla riscossione delle vendite, al finanziamento degli investimenti nei fattori produttivi.

Appare quindi evidente che la capacità dell’impresa di far fronte tempestivamente e senza subire perdite al pagamento dei propri debiti dipende in buo-na parte da un fattore squisitamente economico: le vendite

In tal senso gli indici di rotazione creano un legame fra la situazione finanziaria e quella economica dell’impresa esaminata.


Esprimono il numero di volte in cui i vari investimenti ritornano in forma liquida nell’arco dell’esercizio, grazie alla riscossione dei ricavi derivanti dalle vendite tipiche.

I valori di tali indici cambiano, a seconda del settore di appartenenza dell’impresa analizzata (in relazione alla diversa composizione degli investimenti), per cui non è possibile individuare per i tassi di rotazione dei valori ideali, validi per ogni impresa. L’indice di rotazione generale di tutto il capitale investito all’interno dell’impresa, si determina così:

indice di rotazione Vendite

del capitale =----- ----- ---------------

investito Capitale investito


Il valore che assume risente direttamente della struttura degli investimenti:

- se quest’ultima è prevalentemente rigida (nelle imprese industriali pesanti e in quelli di servizi), il valore dell’indice in esame sarà tendenzialmente basso, per effetto del lento e graduale ritorno in forma liquida degli investimenti, in prevalenza (70/80%) immobilizzati.

- se, al contrario la struttura degli investimenti è prevalentemente elastica (nelle imprese commerciali), il valore dell’indice di rotazione del capitale investito è sicuramente maggiore di 1, per effetto di una prevalenza (60/70%) delle attività correnti, che ritornano in forma liquida più volte nell’arco dell’esercizio.


In entrambi i casi, tuttavia, l’impresa deve cercare di accrescere al massimo il valore dell’indice di rotazione del capitale investito, al duplice scopo di:

- da un lato migliorare le sue condizioni di liquidità, per effetto di una più frequente trasformazione in forma liquida degli investimenti in fattori produttivi. Ne deriva, a parità di investimenti, una riduzione del fabbisogno finanziario (diminuisce il ricorso a fonti esterne per l’acquisizione dei fattori produttivi), per l’aumento della liquidità prodotta internamente dalla gestione.

- dall’ altro lato migliorare le sue condizioni reddituali, per effetto, come vedremo,di un aumento della redditività del capitale investito. Vengono, poi, calcolati indici di rotazione particolari di ogni singola categoria di investimento preso in esame:

Vendite

indice di rotazione   

delle immobilizz.ni Immobilizz.ni


È il più basso (<1), a causa del graduale rientro in forma liquida degli investimenti a lungo ciclo di utilizzo, mediante le quote di ammortamento.


indice di rotazione Vendite

delle attività 

correnti Attivo corrente


E’ uno degli indici di rotazione più facilmente manovrabile, insieme a quello delle scorte di magazzino:

Vendite

indice di rotazione

delle scorte  Scorte medie


Entrambe questi ultimi due indici di rotazione assumono valori maggiori ad 1, perché gli investimenti in esame, che si consumano dopo un solo utilizzo, rientrano in forma liquida più volte nell’esercizio, tante quanti sono i cicli monetari realizzati in tale periodo di tempo.

Vengono infine calcolati l’indice di rotazione dei crediti commerciali e quello dei debiti della stessa natura:


indice di rotazione Vendite +IVA

dei crediti = ----- ----- ------------

commerciali Crediti comm.li


indice di rotazione    Acquisti+IVA

dei debiti =----- ----- -------------

commerciali   Debiti comm.li


Questi ultimi due indici servono a calcolare la dilazione media di pagamento concessa alla clientela e quella ottenuta dai fornitori, iscrivendo il valore del tasso di rotazione al denominatore di un rapporto in cui al numeratore viene indicato il numero dei giorni dell’anno:

365

dilazione media

concessa ai tasso di rotazione dei

clienti crediti commerciali


365

dilazione media =----- ----- --------- ----- ----

ottenuta dai   tasso di rotazione dei

fornitori  debiti commerciali


Con lo stesso procedimento si calcolano i giorni di giacenza media in corrispondenza ad ognuno dei sopra indicati indici di rotazione.

365

giacenza media

dell’investimento tasso di rotazione

preso in esame dell’investimento


Rappresenta la durata media, espressa in giorni, dell’investimento considerato.

Aumentando il tasso di rotazione, diminuiscono i giorni di giacenza media e migliorano le condizioni finanziarie e di liquidità dell’impresa.



Dopo aver calcolato entrambe le categorie di indici di liquidità, l’analista deve confrontare i valori assunti dagli indici di struttura patrimoniale con quelli di rotazione:

se gli indici di struttura patrimoniale assumono valori maggiori o uguali a quelli ideali, prima si esprimere un giudizio positivo sulla liquidità dell’im-presa esaminata bisogna verificare che anche gli indici di rotazione siano adeguatamente elevati, in relazione al settore di appartenenza.

Se sono, invece, inferiori a quelli medi del settore è necessario risalire alla causa:

un calo delle vendite, se il tasso di rotazione delle scorte di magazzino è basso;

difficoltà finanziarie della clientela affidata, che ci costringe a dilatare le dilazioni di pagamento concesse o addirittura l’insolvenza della clientela stessa, se il tasso di rotazione dei crediti commerciali è inferiore a quello medio.

Entrambe le descritte situazioni sono rischiose e da tenere sotto controllo, sperando che siano di breve durata; in caso contrario rischiano di travolgere l’impresa esaminata in una crisi non solo finanziaria, ma soprattutto economica.


se l’indice di disponibilità risulta sostanzialmente inferiore al suo valore ideale (= 2), prima di concludere che la situazione è squilibrata, perché le scorte sono parzialmente (se l’indice ha un valore maggiore di 1) o totalmente (se l’indice ha un valore uguale o inferiore ad 1) coperte da passività correnti, è necessario verificare il valore assunto dal tasso di rotazione delle scorte e dei crediti commerciali


se il tasso di rotazione delle scorte è basso, in relazione al valore che mediamente assume in un’impresa-tipo dello stesso settore produttivo, l’investi-mento in scorte si rinnova nell’impresa in esame di meno, evidentemente a causa di un calo delle vendite e il giudizio sulle condizioni finanziarie e di liquidità non può essere positivo.

È, poi, opportuno risalire alle cause del descritto calo, per stabilire se sono temporanee (in tal caso le tensioni di liquidità si prevedono di breve durata) o permanenti.

In tale ipotesi l’impresa presenta difficoltà finanziarie dovute sia ad una scorretta politica di copertura del fabbisogno finanziario, sia ad una bassa rotazione degli investimenti, dovuta a problemi economici di vendita dei prodotti.


se, invece, il tasso di rotazione delle scorte è alto, in confronto al suo valore medio all’interno del settore di appartenenza, significa che l’impresa sta attraversando un periodo di congiuntura favorevole, a causa dell’incremento della domanda del mercato e, per farvi fronte, è costretta a consumare le scorte di magazzino in misura superiore alla norma. La conseguente bassa consistenza delle scorte stesse ha provocato un valore inferiore all’ideale dell’indice di disponibilità.

In tale ipotesi l’impresa non evidenzia difficoltà finanziarie, perché la riscossione delle vendite fornirà le risorse necessarie al rimborso dei debiti contratti, per coprire i maggiori investimenti effettuati per fronteggiare l’aumento della domanda.


lo stesso discorso si può fare per il tasso di rotazione dei crediti commerciali: non deve scendere al di sotto del livello medio del settore, altrimenti segnala la presenza di difficoltà finanziarie nei clienti, che rischiano di ripercuotersi negativamente sull’impresa analizzata e sulla sua solvibilità.


se è l’indice di liquidità ad assumere un valore sostanzialmente inferiore al suo valore ideale (= 1), bisogna verificare l’entità della dilazione media concessa ai clienti:


se la dilazione in esame, calcolata con l’indice di giacenza media dei crediti commerciali, è molto più alta di quella praticata dalle imprese del settore di appartenenza, può significare che , per vendere, l’impresa in esame è costretta a concedere alla clientela dilazioni troppo alte (tanto da rischiare di provocarle tensioni di liquidità) o che una parte più o meno consistente della clientela affidata risulta insolvente. Ciò rischia di trascinare in analoga situazione di insolvenza l’impresa analizzata ed il giudizio sulle condizioni finanziarie e di liquidità non è positivo.


se, invece, la dilazione in esame risulta nella norma, il basso valore dell’indice di liquidità può essere provocato da un incremento del volume delle vendite, in un momento di congiuntura favorevole, che ha indotto l’impresa ad accrescere l’indebitamento nel breve periodo, per finanziare i maggiori investimenti necessari per fronteggiare l’incremento della domanda.

Se il tasso di rotazione delle scorte e degli altri investimenti sono aumentati, i maggiori debiti possono essere rimborsati con le risorse interne provenienti dalla riscossione delle vendite ed il giudizio sulle condizioni finanziarie e di liquidità non è negativo.


In ogni caso, il giudizio sulle condizioni finanziarie e di liquidità è fortemente influenzato dall’economicità della gestione e, quindi, dall’aspetto reddituale: un’im-presa, che, per fronteggiare un improvviso aumento del volume delle vendite, sia costretta ad effettuare investimenti non programmati, si troverà facilmente a dover affrontare nel breve periodo temporanee tensioni di liquidità. Tuttavia in un intervallo di tempo medio-lungo, le difficoltà finanziarie dovrebbero essere superate, grazie alla riscossione dei crediti commerciali.

Al contrario, anche le situazioni patrimoniali più floride ed equilibrate non durerebbero a lungo, in presenza di condizioni economiche e reddituali sfavorevoli.

3 - GLI INDICI DI REDDITIVITÀ

Gli indici di redditività consentono di valutare la situazione economica dell’impresa, intesa come capacità di produrre un reddito che remuneri il capitale investito, in modo da giustificarne l’impiego all’interno dell’impresa esaminata.

Qualsiasi tipo di investimento comporta un certo grado di rischio, inteso come eventualità di perdere il capitale originario.

Quanto maggiore è il rischio, tanto maggiore deve essere il rendimento offerto dall’investimento preso in considerazione.

In particolare il rendimento offerto sul mercato dei capitali da investimenti a basso rischio (depositi bancari e titoli di Stato) rappresenta il minimo al di sotto del quale non vi è convenienza ad impiegare un capitale in attività imprenditoriale.

Quanto maggiore è il grado di rischio connesso all’attività dell’impresa esaminata rispetto agli investimenti a basso rischio, tanto maggiore deve essere il rendimento offerto da tale impresa rispetto a quello degli investimenti in depositi ban-cari o titoli di Stato

Gli indici di redditività si preoccupano, appunto, di stabilire se la redditività offerta al capitale investito è adeguata al grado di rischio che caratterizza il settore di appartenenza dell’impresa.

Poiché ogni attività imprenditoriale presenta un grado di rischio che la differenzia da tutte le altre, non è possibile stabilire per la redditività un valore ideale valido per ogni tipo di impresa.

Per stabilire se il grado di economicità della gestione dell’impresa esaminata è adeguato al grado di rischio e, pertanto, giustifica l’impiego di capitale al suo interno, è necessario procedere in uno dei seguenti due modi:


a) confrontarlo con il rendimento offerto da investimenti a basso rischio e, dopo aver quantificato il maggior grado di rischio dell’investimento esaminato, aumentare il rendimento dei depositi bancari o titoli di Stato in modo proporzionale a tale maggior rischio;

b)    confrontarlo con il rendimento offerto da un’impresa-tipo appartenente allo stesso settore dell’impresa esaminata, allo scopo di verificare che il rendimento di tale impresa non scenda al di sotto di quello dell’impresa-modello, preso come punto di riferimento.


Il secondo procedimento è preferito al primo, perché di più agevole attuazione, vista la estrema complessità di una quantificazione del maggior grado di rischio dell’im-presa esaminata rispetto agli investimenti a basso rischio.

Gli indici di redditività sono valori relativi (decimali o percentuali), che creano un rapporto matematico fra una configurazione di reddito ad una di capitale, sulla base del legame economico esistente fra loro:


L’indice di redditività del CAPITALE INVESTITO:

(ROI = Return On Investment)

Crea un rapporto fra il reddito operativo della gestione caratteristica e tutto il capitale investito:

REDDITO OPERATIVO

ROI = -------- ----- ------ -----

CAPITALE INVESTITO


Rappresenta un indice di produttività del capitale investito, perché individua la quantità di reddito operativo prodotta da 1 o 100€ (se il quoziente è moltiplicato per 100) di capitale investito.

Poiché il capitale proprio e il capitale di terzi rappresentano le due fonti di finanziamento a cui l’impresa attinge per effettuare gli investimenti, è necessario calcolare la remuneratività di ciascuno di essi, cioè il compenso (decimale o percentuale ) spettante ai finanziatori a titolo di capitale proprio e di terzi.

Si calcolano, pertanto, due distinti indici di redditività:


INDICE DI REDDITIVITÀ DEL CAPITALE PROPRIO (ROE

INDICE DI ONEROSITÀ DEL CAPITALE DI TERZI (ROD


REDDITO NETTO

ROE =-------- ----- ------ -

CAPITALE PROPRIO


È la sigla di “return on enquity” e rappresenta la remunerazione o compenso spettante a 1 o 100€ di capitale proprio.

Rappresenta un indice di remuneratività, perché esprime la quantità di reddito assorbita o consumata da 1 o 100€ di capitale proprio.


INTERESSI PASSIVI

ROD =-------- ----- ------ ---

CAPITALE DI TERZI


È la sigla di “return on debts e rappresenta la remunerazione o compenso spettante a 1 o 100€ di capitale di terzi.

Rappresenta, anch’esso un’indice di remuneratività, perché esprime la quantità di reddito assorbita o consumata da 1 o 100€ di capitale di terzi.


Si ipotizza che:

Reddito Netto = Reddito Operativo – Interessi Passivi

Il reddito operativo viene prodotto dal capitale investito e serve a remunerare sia il capitale proprio che il capitale di terzi:

a) gli interessi passivi rappresentano la parte di reddito operativo consumata o assorbita dal capitale i terzi e che rappresentano la sua remunerazione;

b)    il reddito netto rappresenta la parte di reddito operativo consumata o assorbita dal capitale proprio e che rappresenta la sua remunerazione.

Il reddito operativo viene destinato a remunerare entrambe le categorie di finanziamenti che hanno concorso a realizzarlo: la parte di reddito operativo che non è consumata da capitale di terzi, sotto forma di interessi passivi, è destinata a remunerare il capitale proprio

Il reddito operativo, pur essendo prodotto contemporaneamente dalla somma del capitale proprio e del capitale investito, viene idealmente suddiviso in due parti:

la porzione di reddito operativo prodotta dal capitale proprio;

la porzione di reddito operativo prodotta dal capitale di terzi.

Successivamente si confronta la porzione di reddito operativo prodotta da ciascuna configurazione di capitale con la remunerazione loro spettante, allo scopo di individuare la fonte di finanziamento economicamente più conveniente.


Reddito operativo Reddito operativo prodotto Reddito operativo prodotto

(RO) dal capitale proprio dal capitale di terzi

RO

poiché ROI = --------, il reddito operativo si ottiene moltiplicando ROI * CI

CI

Il reddito operativo prodotto da ciascuna singola categoria di finanziamento si ottiene, poi, moltiplicando il ROI per il loro valore.

Sostituendo, avremo che l’espressione sopra scritta diventa:


Reddito Operativo ROI Capitale Proprio ROI Capitale di Terzi


Il reddito netto è ottenuto togliendo gli interessi passivi dal reddito operativo e gli interessi passivi si calcolano moltiplicando il capitale di terzi per il tasso di onerosità del capitale di terzi (ROD). Pertanto:


Reddito Netto ROI Cap. Proprio ROI Cap. Terzi ROD Cap. Terzi


Raccogliendo il capitale di terzi, si ottiene che:


Reddito Netto ROI Cap.Proprio Cap. Terzi (ROI ROD)


L’eguaglianza sopra scritta ci dice che:

a) se la redditività del capitale investito è maggiore del tasso di onerosità del capitale di terzi (ROI > ROD), il reddito netto, che è la parte di reddito operativo consumata dal capitale proprio, è superiore alla parte di reddito operativo da lui prodotta, perché la grandezza:

Cap. terzi * (ROI-ROD) > 0.

In tale ipotesi il capitale proprio assorbe più reddito di quello che ha prodotto, perché il capitale di terzi ne lascia una parte al capitale proprio: si dice che il capitale di terzi lavora per remunerare il capitale proprio e ci si trova in condizioni di LEVA FINANZIARIA POSITIVA: la fonte di finanziamento economicamente più conveniente è il capitale di terzi, perché accresce il reddito netto. Quindi è conviene indebitarsi.


b)    se la redditività del capitale investito è minore del tasso di onerosità del capitale di terzi (ROI < ROD), il reddito netto è inferiore alla parte di reddito operativo prodotta dal capitale proprio, perché la grandezza

Capitale terzi * (ROI-ROD) < 0.

In tale ipotesi il capitale di terzi assorbe più reddito di quello che ha prodotto e il capitale proprio ne consuma di meno: si dice che il capitale proprio lavora per remunerare il capitale di terzi e ci si trova in condizioni di LEVA FINANZIARIA NEGATIVA: la fonte di finanziamento economicamente più conveniente è il capitale proprio, allo scopo di minimizzare l’abbattimento del reddito netto che si verifica a causa del maggior importo degli interessi passivi rispetto al reddito prodotto dal capitale di terzi. Non conviene indebitarsi, ma bisogna cercare di ridurre al minimo il grado di indebitamento.


Esemplificazioni in condizioni di LEVA FINANZIARIA POSITIVA:


Si ipotizza una situazione in cui: 200

ROI = 15% grado di indebitamento =-------=

ROD = 12%

Capitale investito = 1000 di cui : - 800 capitale proprio

- 200 capitale di terzi


Ci troviamo in condizioni di leva finanziaria positiva, perché ROI > ROD:


Reddito operativo = 1000* 15% = 150

Reddito netto = 800 * 15% + 200 (15-12)%

= 120 + 6 Reddito operativo prodotto dal

Reddito operativo prodotto capitale di terzi ma consumato

dal Capitale proprio dal capitale proprio


Il reddito netto, che remunera il capitale proprio è pari a 126 ed è superiore al reddito prodotto dal capitale proprio (120), perché il capitale di terzi produce un reddito superiore di 6 a quello che consuma:


Reddito operativo = 150 126 consumato da capitale proprio

24 consumato da capitale di terzi


Il reddito prodotto dal capitale di terzi è 30 ( 200 * 15%), mentre quello consumato sotto forma di interessi passivi è 24.

126

L’indice di redditività del capitale proprio (ROE) = --------- * 100 =

800

Quando la leva finanziaria è positiva, la conseguenza è che il ROE > ROI e, per aumentare il divario positivo fra l’indice di redditività del capitale proprio e quello del capitale investito, conviene aumentare il grado di indebitamento

Se, infatti, il capitale proprio fosse 200 ed il capitale di terzi 800 con un grado di indebitamento pari a 4 (800/200):

Reddito netto = 200 * 15% + 800 (15-12)%

= 30 + 24 = 54 ----- ROE = 27% (54/200)

Esemplificazioni in condizioni di LEVA FINANZIARIA NEGATIVA:

Si ipotizza una situazione in cui : 200

ROI = 12% grado di indebitamento = -------=

ROD = 15% 800

Capitale investito = 1000 di cui : - 800 capitale proprio

- 200 capitale di terzi


Ci troviamo in condizioni di leva finanziaria negativa, perché ROI< ROD:


Reddito operativo = 1000 * 12% = 120

Reddito netto = 800 * 12% + 200 * (12-15)%

= 96 Reddito operativo prodotto dal

Reddito operativo prodotto capitale di proprio ma consumato

dal Capitale proprio dal capitale terzi


Il reddito netto, che remunera il capitale proprio, è pari a 90 ed è inferiore al reddito operativo prodotto dal capitale proprio (96), perché il capitale di terzi consuma, sotto forma di interessi passivi ,più reddito di quello che produce:


Reddito operativo 120 90 consumato da capitale proprio

30 consumato da capitale di terzi


Il reddito operativo prodotto dal capitale di terzi è 24 (200 * 12%), mentre quello da lui consumato, sotto forma di interessi passivi è 30 (200 *15%).

90

L’indice di redditività del capitale proprio (ROE) = -------- *

800


Quando la leva finanziaria è negativa, la conseguenza è che il ROE < ROI e, per ridurre il divario negativo fra l’indice di redditività del capitale proprio e quello del capitale investito, conviene ridurre il grado d’indebitamento

Se, infatti, il capitale proprio fosse 200 ed il capitale di terzi 800 con un grado di indebitamento pari a 4:

Reddito netto = 200 * 12 % + 800 (12-15)%

= 24 - 24

Reddito netto = 0 ROE = 0


Le considerazioni fatte mostrano che, a parità di redditività del capitale investito e di capitale investito, è possibile agire sul grado d’indebitamento per alzare la redditività del capitale proprio:

se siamo in condizioni di leva finanziaria positiva (ROI > ROD), bisogna aumentare il grado d’indebitamento: quanto maggiore è l’incidenza del capitale di terzi sul capitale proprio, tanto più elevato sarà il divario positivo fra ROE e ROI (ROE-ROI > 0);

se siamo in condizioni di leva finanziaria negativa (ROI < ROD), bisogna diminuire il grado d’indebitamento: quanto minore è l’incidenza del capitale di terzi sul capitale proprio, tanto meno elevato sarà il divario negativo fra ROE e ROI (ROE –ROI < 0)


L’eccessivo incremento del grado d’indebitamento, in condizioni di leva finanziaria positiva, pregiudica tuttavia le condizioni di solidità dell’impresa, perché crea un’ec-cessiva dipendenza finanziaria da terzi.

Inoltre, se l’incidenza del capitale di terzi è eccessiva rispetto ai valori massimi ormai conosciuti, i finanziatori dell’impresa sono spinti ad alzare il tasso d’interesse richiesto all’impresa finanziata: l’incremento conseguente del ROD rischierebbe di invertire il segno della leva finanziaria che aveva reso vantaggioso l’indebitamento: da una situazione di leva finanziaria positiva (ROI > ROD) ad una di leva finanziaria negativa ( ROI < ROD).

Infatti il tasso di onerosità del capitale di terzi non può essere considerato un dato fisso, in quanto varia al variare del grado d’indebitamento.


In conclusione, prima di aumentare il grado d’indebitamento, in condizioni di le-va finanziaria positiva, è necessario verificare che tale incremento non provochi:


a)    un’eccessiva dipendenza finanziaria da terzi, che compromette la solidità dell’impresa;

b)    un incremento del tasso di onerosità del capitale di terzi (ROD), tale da ribaltare il segno della leva finanziaria: da positiva a negativa.





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