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LA LEGGE DI OHM

elettrotecnica



LA LEGGE DI OHM



Prima Legge di Ohm

Il rapporto tra la d.d.p. V tra due punti di un conduttore metallico a temperatura costante e l'intensità di corrente che fluisce in esso è costante. R = V/i V = Ri (R = resistenza elettrica). I conduttori che seguono questa legge sono detti ohmici. [u.m.1e (Ohm)= 1V/1A]

Seconda legge di Ohm

A parità di ogni altra condizione, la resistenza R di un conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione (u.m. emm2/m)

Legge di Ohm generalizzata

f = i (R+ri) dove ri è la resistenza interna

La LEGGE DI OHM

Possiamo affermare che in un circuito elettrico se la differenza di potenziale applicata tra due suoi punti è uguale ad 1 volt e la resistenza parziale del tratto compreso tra questi due punti è di 1 Ohm in questo tratto circola la corrente di 1 ampere.



La legge di Ohm stabilisce in maniera molto semplice le relazioni esistenti tra le seguenti tre grandezze elettriche: tensione ( V ), Corrente ( I ) e resistenza (R)

Questa legge e stata enunciata dal famoso fisico tedesco George Simon Ohm ed è sicuramente la più importante fra quelle relative all'elettricità.

L'enunciato suona esattamente così: "L'intensità di corrente in un circuito è direttamente proporzionale alla tensione ad esso applicata ed inversamente proporzionale alla resistenza del circuito stesso". La sua espressione matematica è:

I = V / R


che permette di calcolare la corrente conoscendo la tensione e la resistenza. Da questa formula derivano:

V = I * R e R = V / I

che permettono di determinare la tensione o la resistenza quando siano note le altre due grandezze. Se al circuito è applicata una sola f.e.m. (forza elettromotrice) di valore E, vedremo che la formula della legge di Ohm si trasforma nella seguente:

I = E / (R +r)

dove "r" è la resistenza interna dei generatore. Se consideriamo il circuito con un solo resistore e supponendo che la differenza di potenziale tra i morsetti A e B abbia il valore V, la corrente che circola nella resistenza R sarà:

I = V / R


Considerando invece il circuito con due resistori alimentato da un generatore di f.e.m. E e di resistenza interna r, se R1, ed R2, sono le resistenze esterne o di carico collegate in serie, avremo:


I = E / (R1 + R2 + r)

da cui si ricava E = I(R1 + R2 + r) = I R1 + I R2 + I r.

I prodotti I R1, I R2, ed I r (correnti per resistenze) esprimono rispettivamente le differenze di potenziale esistenti tra i punti (A C) e (C B), nonchè la caduta di tensione interna del generatore.

Possiamo constatare che la f.e.m. E applicata al circuito è uguale alla somma delle differenze di potenziale parziali, che vengono anche denominate "cadute di tensione".

Le cadute di tensione IR1 ed IR2, avvengono nel circuito esterno, e possono produrre un effetto utile. La caduta di tensione Ir avviene invece all'interno del generatore, e non ha nessuna utilità.

Supponiamo ora che l'interruttore sia aperto: nel circuito non circola corrente e, poichè I = 0, la caduta di tensione interna sarà nulla e la d.d.p. tra i due morsetti A e B del generatore sarà uguale alla f.e.m del generatore stesso: VAB = E.

Se invece il circuito viene chiuso e circola una corrente I, avremo tra A e B una differenza di potenziale (d. d. p.)

VAB = E - I * r

Un altro caso nel quale si verifica la condizione VAB = E si ha quando la resistenza interna del generatore è nulla (r = 0).


Anche se la maggior parte di noi conosce e sa correttamente usare la "Legge di Ohm", non dobbiamo dimenticare che ci sono persone alle prime armi che pur conoscendo l'esistenza di questa legge non sanno
utilizzarla nella pratica in modo da ricavarne il maggior vantaggio possibile.
Le formule che riporto potranno servire inoltre come promemoria per risolvere tutti quei piccoli problemi che si presentano giornalmente in campo elettronico.



OHM conoscendo VOLT e AMPER


VOLT conoscendo AMPER e OHM



VOLT conoscendo WATT e AMPER


VOLT conoscendo WATT e OHM



AMPER conoscendo WATT e OHM



AMPER conoscendo VOLT e OHM



OHM conoscendo VOLT e WATT


AMPER conoscendo WATT e VOLT


OHM conoscendo AMPER e WATT


WATT conoscendo VOLT e AMPER


WATT conoscendo VOLT e OHM


WATT conoscendo AMPER e OHM


Corrente elettrica


In un conduttore metallico la corrente è dovuta al moto degli elettroni. Se il conduttore è isolato gli elettroni si muovono in tutte le direzioni di moto caotico dovuto all'eccitazione termica. Se invece colleghiamo un generatore di corrente al conduttore metallico gli elettroni si muoveranno in media tutti nella stessa direzione. In effetti il generatore di corrente è costituito da un polo negativo dove esiste un eccesso di elettroni e un polo positivo dove abbiamo una carenza di elettroni; questa condizione è dovuta a processi interni nel generatore. Se i poli del generatore sono collegati ad un conduttore metallico gli elettroni tenderanno a muoversi all'esterno del generatore dalla zona con eccesso di elettroni verso la zona con mancanza di elettroni e cioè dal polo negativo a quello positivo. L'eccesso e la carenza di elettroni ai poli del generatore possono essere costanti oppure scambiarsi nel tempo: nel primo caso avremo una corrente continua (abbreviato DC, dall'inglese "direct current"), nel secondo una corrente alternata (abbreviato AC, "alternate current"). In queste pagine Web ci occuperemo essenzialmente di corrente continua.

Associato al moto degli elettroni abbiamo un trasporto di carica.

La rapidità con cui fluisce la carica elettrica in un filo conduttore definisce  l' intensità di corrente.


La corrente elettrica esercita diversi effetti :

effetto termico

effetto chimico

effetto magnetico

Come vedremo meglio tra breve, proprio su questo ultimo effetto si basa la definizione di ampere (A) che è l'unità di misura dell'intensità di corrente:


un ampere è l'intensità di una corrente elettrica che, scorrendo su ciascuno di due conduttori rettilinei paralleli posti nel vuoto ad una distanza di 1 m, provoca una forza di 2 ·10-7 N per metro di conduttore.


Intensità di Corrente


L'intensità di corrente I è definibile come la quantità di carica elettrica che attraversa una sezione di un conduttore nell'unità di tempo.

L'intensità di corrente è una grandezza scalare, l'unità di misura è l'ampere (A) e si misura con l'amperometro, uno strumento che, nella versione classica, sfrutta l'effetto magnetico delle correnti.

Nel 1820 Ampère osservò sperimentalmente che due circuiti percorsi da corrente elettrica esercitano tra loro:

forze attrattive quando le due correnti hanno lo stesso verso;

forze repulsive quando le correnti hanno verso opposto.




Prima Legge di Ohm: Resistenza Elettrica


La resistenza determina l'intensità della corrente che fluisce attraverso il circuito, ai cui capi è applicata una differenza di potenziale.


Con il termine resistenza R si definisce il rapporto fra la tensione agli estremi di un conduttore e l'intensità della corrente I che fluisce al suo interno.


R = V / I


Nel SI l'unità di misura della resistenza è l'ohm (Ω)   quindi    1 Ω = 1 V / 1 A


Un ohm è la resistenza elettrica fra due punti di un conduttore, attraverso il quale passa una corrente di 1 ampere, quando gli viene applicata una differenza di potenziale di 1 volt.




Prima Legge di Ohm


Per molte sostanze, il rapporto V/I rimane costante al variare del potenziale applicato e quindi della corrente che scorre nel materiale. Queste sostanze sono dette ohmiche.

Se R è la resistenza del conduttore,
V la differenza di potenziale nel circuito agli estremi della resistenza,
I l'intensità di corrente,
valgono le segueti relazioni, espresse nella legge di Ohm (a temperatura T costante):


R = V / I V = R·I I = V / R


Prima legge di Ohm: In un conduttore metallico l'intensità di corrente (a temperatura T costante) è direttamente proporzionale alla tensione applicata ai suoi capi e inversamente proporzionale alla resistenza del conduttore.



Possiamo costruire un grafico mettendo in relazione la differenza di potenziale V con la corrente I:

Per i materiali che seguono la legge di Ohm, detti conduttori ohmici, esiste una relazione lineare fra V ed I: la resistenza non dipende dalla corrente I

La legge di Ohm vale sia per un intero circuito metallico che per un pezzo di conduttore metallico. Per i materiali non-ohmici R=V/I non è costante ma dipende dalla corrente I: il grafico V=f(I) non ha un andamento lineare, perché R=f(I).


Elettricità

Esistono due stati opposti di elettricità, convenzionalmente definiti negativo e positivo.

È possibile che due corpi vengano elettrizzati.

Gli stati elettrici si originano perché gli atomi sono formati da elettroni, caricati negativamente, e da protoni caricati positivamente.



La corrente elettrica si gehera quando si ha uno spostamento ordinato di elettroni.

La corrente elettrica viene mantenuta cia una differenza di potenziale.

L0 STATO ELETTRICO DEI CORPI

A tutti è capitato di camminare su un tappeto (o su una moquette) e di sentire una scossa elettrica toccando la maniglia della porta, o di notare pettinandosi in una giornata particolarmente secca, di sentire i capelli scricchiolare e di vedere il pettine (purché non metallico) attirare i capelli che viceversa tendono ad allontanarsi tra loro. Se infine si strofina con un panno di lana una penna o un righello di plastica, entrambi diventano capaci di attirare piccoli pezzetti di carta.

In tutti questi casi ci troviamo davanti a un particolare tipo di fenomeno: un fenomeno elettrico.

Per poter studiare meglio la faccenda, proponiamo una semplice esperienza: utilizzando due bacchette di plastica e una di vetro; strofinando entrambe le bacchette di plastica con un panno di lana e appendone una a un supporto per mezzo di un filo in modo da costruire un piccolo pendolo.
Quando si avvicina al pendolo l'altra bacchetta di plastica si osserva che le due bacchette tendono ad allontanarsi. Si verifica cioè una repulsione.
Strofinando la bacchetta di vetro con la lana e avvicinandola al pendolo di plastica; questa volta si osserverà che le bacchette tendono ad avvicinarsi.

Si è verificata cioè un'attrazione. Da questa semplice esperienza si possono trarre alcune importanti conclusioni:

le varie sostanze, per effetto dello strofinio, acquistano una proprietà che prima non avevano: lo stato elettrico;

gli stati elettrici che la materia può assumere sono di due tipi: per convenzione i fisici hanno stabilito di chiamare positivo (+) lo stato elettrico acquistato dal vetro e negativo (-) quello acquistato dalla plastica. Più comunemente si dice che il vetro si è caricato positivamente e la plastica negativamente;

corpi carichi dello stesso segno si respingono e corpi carichi di segno opposto si attraggono.

Ma lo stato elettrico acquistato da un corpo può passare a un altro? E che ne è del panno con il quale si è rispettivamente strofinato la plastica e il vetro?

Prima di rispondere procediamo a un secondo esperimento: si prenda una pallina abbastanza leggera (di sughero o di plastica), si ricopra di carta stagnola e si appenda a mo' di pendolino; con la bacchetta di plastica ancora carica si tocchi la pallina: si noterà che, subito dopo il contatto, la pallina viene respinta.

Questo si spiega pensando che lo stato elettrico negativo della plastica è passato alla pallina e quindi, essendo dello stesso segno, i due corpi si respingono.
Se adesso si avvicina alla pallina il panno di lana che è servito a «caricare» la plastica si osserverà che essi si attirano: questo significa che la pallina, e quindi la plastica, sono cariche, o hanno una carica, di segno opposto alla lana.
Da questa seconda esperienza si possono trarre allora altre importanti conclusioni:

l'elettricità può essere trasferita per contatto;

strofinando tra loro due corpi di materiali diversi essi si caricano di segno opposto.

Quando si manifesta uno stato elettrico, contemporaneamente si manifesta quello di segno opposto.

Attenzione, però! Prima di essere strofinati, gli oggetti dei nostri esperimenti non dimostravano di possedere né elettricità positiva, né elettricità negativa; erano, come si dice, elettricamente neutri.

Allora quale è stata la causa che ha fatto acquistare ad essi elettricità abbandonando lo stato neutro?

L'ipotesi più probabile è che ogni corpo abbia in sé cariche positive e negative in numero uguale, tali quindi da compensarsi a vicenda: per questa ragione un corpo, normalmente, non presenta alcuno stato elettrico.
Lo strofinio sarebbe il sistema con il quale si aggiungono o si tolgono al corpo cariche di un dato segno, alterando l'equilibrio elettrico naturale e facendo prevalere in esso uno dei due stati elettrici, il positivo o il negativo.

L'ELETTRICITÀ E IL MODELLO ATOMICO

Per comprendere la natura dei fenomeni elettrici occorre riprendere il discorso sulla struttura dell'atomo. L'atomo è costituito da cariche elettriche di segno opposto e in uguale quantità in modo che complessivamente abbia carica elettrica nulla, cioè sia neutro.
E stato sperimentalmente dimostrato che ogni atomo è costituito da un nucleo centrale e da un certo numero di elettroni rotanti attorno ad esso. Il nucleo è formato da protoni e neutroni, tenuti assieme da forze di grande intensità ma aventi un brevissimo raggio d'azione. I protoni hanno carica elettrica positiva, i neutroni non hanno carica elettrica; la carica degli elettroni è uguale a quella dei protoni, ma ha segno opposto, è cioè negativa.
Se sull'atomo non agisce alcuna causa esterna, gli elettroni continuano a ruotare intorno al nucleo senza dar luogo ad alcun fenomeno particolare. In tale condizione si dice appunto che l'atomo è elettricamente neutro. Se con mezzi adatti si sottraggono agli atomi di un corpo uno o più elettroni, diciamo che il corpo si è elettrizzato positivamente, perché avendo perduto elettroni prevale in esso la carica positiva dei protoni del nucleo; mentre se si aggiungono agli atomi di un corpo uno o più elettroni, diciamo che si è elettrizzato negativamente, perché ha acquistato un numero maggiore di elettroni.

Il mezzo più semplice per aggiungere o per sottrarre elettroni all'atomo di un corpo è appunto lo strofinio.

L'elettricità è pertanto un fenomeno che dipende dallo stato delle particelle elettricamente cariche, che costituiscono gli atomi.

Ad esempio, strofinando fa plastica con la lana, alcuni elettroni sono passati alla plastica che si è così caricata negativamente, mentre la lana si è caricata positivamente (avendo ora un eccesso di protoni).

Ma le cose possono anche andare diversamente: l'elettrizzazione cioè può avvenire anche senza passaggio di elettroni da un corpo all'altro.

Se un palloncino di gomma elettrizzato negativamente viene posto vicino a un altro palloncino non elettrizzato, le sue cariche negative respingono gli elettroni del secondo palloncino, facendoli allontanare. In tal modo, il secondo palloncino, pur rimanendo nel suo complesso elettricamente neutro, presenta una prevalenza di cariche positive nella regione più vicina al palloncino elettrizzato, di cariche negative nella parte più lontana. Sui due palloncini vengono così a fronteggiarsi cariche di segno opposto; di conseguenza i palloncini si attraggono. Questo tipo di elettrizzazione a distanza tra un corpo carico e uno neutro, che è sempre causa di attrazione mai di repulsione, viene detta elettrizzazione per induzione.

ELETTRICITÀ IN MOVIMENTO

Torniamo un istante all'esperienza descritta un partenza: una volta che sia elettrizzata la pallina ricoperta di carta stagnola, si provi a toccarla con le mani; avvicinando poi ad essa la bacchetta di plastica si osserverà che la pallina resta immobile mostrando di aver perduto la sua carica.

Questo non accade invece né al vetro né alla plastica: vetro e plastica conservano a lungo il loro stato elettrico. Tutti i materiali (in particolare i metalli e lo stesso corpo umano), che si comportano come la pallina coperta di stagnola si dicono conduttori; si chiamano invece isolanti quelli che si comportano come il vetro e la plastica.

Gli elettroni che ricoprivano la superficie della pallina passano attraverso il corpo e si disperdono a terra, proprio per la loro capacità di muoversi liberamente sia attraverso la pallina sia attraverso il corpo umano.

Ciò non avviene invece per la plastica e il vetro: solo le cariche a diretto contatto con le dita possono passare attraverso il corpo e disperdersi a terra, le altre restano «intrappolate» e impossibilitate a muoversi.

Tutte le volte che abbiamo a che fare con elettricità in movimento parleremo di corrente elettrica e poiché essa può stabilirsi, con vari meccanismi, attraverso la materia in tutti i suoi diversi stati di aggregazione, e cioè nei solidi, nei liquidi e nei gas, è utile chiarire che cosa causa il movimento delle cariche elettriche, cioè che cos'è la differenza di potenziale.

Si dice che un conduttore, preventivamente caricato, si trova a un certo potenziale quando le cariche elettriche depositate su di esso lo possono abbandonare non appena il corpo venga collegato al suolo ("a terra") tramite un altro conduttore: tanto più il corpo è carico tanto più è elevato il suo potenziale.

Analogamente si dice che tra due corpi esiste una differenza di potenziale quando ciascuno di essi si trova a potenziale diverso.

La differenza di potenziale elettrico può essere paragonata alla differenza di livello di un liquido contenuto in recipienti diversi.

Se i due corpi vengono posti a contatto per mezzo di un conduttore, si stabilirà tra di essi una corrente che si estinguerà non appena la carica sia divenuta uguale su ciascun corpo.

Esistono dei corpi conduttori capaci di mantenere ai loro estremi una differenza di potenziale anche quando tali estremi sono collegati da un conduttore: questi corpi vengono detti generatori.

Supponiamo di stabilire una differenza di potenziale tra due lastre, o meglio tra due elettrodi di metallo, e di interporre tra essi un conduttore (i conduttori hanno la caratteristica che quasi tutti i loro atomi hanno almeno un elettrone molto poco «legato» al nucleo e quindi praticamente libero di muoversi verso l'elettrodo positivo. Si avrà così un passaggio di corrente.

Se tra gli elettrodi si interpone invece un isolante, come il vetro, la porcellana ecc., non vi sarà passaggio di corrente ma un fenomeno, chiamato polarizzazione: gli atomi si «tendono» come elastici ma gli elettroni non riescono ad abbandonare il nucleo.

Anche un liquido può condurre la corrente. Per provarlo immergiamo gli elettrodi in una bacinella contenente acqua salata. Ricordiamo che le molecole di sale sono composte da un atomo di sodio che ha perso un elettrone (ione positivo) e da uno di cloro, che invece ha un elettrone in più (ione negativo).

Quando il sale entra in soluzione nell'acqua, gli ioni di sodio e di cloro si separano e, poiché sono carichi, migrano verso gli elettrodi di segno opposto al loro, determinando passaggio di corrente elettrica.

LA PILA E IL CIRCUITO ELETTRICO

Fino quasi alla fine del 1700 l'unica forma di elettricità che si sapeva ottenere era l'elettricità statica, cioè quella che veniva generata per strofinio. Non si era in grado cioè di produrre correnti elettriche durevoli.

Fu Luigi Galvani (1737-1798), professore di anatomia all'università di Bologna, ad osservare per primo, durante i suoi studi sulla propagazione degli impulsi nervosi, che quando si toccavano i nervi scoperti di una rana con due metalli diversi - rame e argento oppure zinco e rame - si produceva una piccola scarica che faceva contrarre i muscoli dell'animale.

Quest'effetto (detto elettricità animale) venne subito messo in relazione con i diversi metalli impiegati e sfruttato da Alessandro Volta per realizzare uno strumento di grande utilità per gli studi successivi, la pila, per mezzo della quale era possibile produrre una scarica di notevole durata.

Nella pila di Volta vi erano un disco di rame e un disco di zinco, separati da un disco di panno imbevuto in una soluzione acquosa di acido solforico: questi tre dischi ne formavano un elemento. La pila era formata da parecchi di questi elementi appoggiati uno sopra l'altro. Alle sue estremità, o poli, vi era da una parte un disco di rame (polo positivo o anodo, +) e dall'altra un disco di zinco (polo negativo o catodo, -).

Il contatto tra i due poli era stabilito mediante due fili di rame attaccati rispettivamente uno allo zinco all'estremità inferiore della pila e l'altro al rame all'estremità superiore.
Quando il circuito veniva "chiuso", si aveva il passaggio continuo di elettricità.
Si determinava cioè la comparsa di una corrente elettrica, che circolava dal polo positivo al polo negativo per ritornare al polo positivo di partenza, dopo avere attraversato l'interno della pila.
Mettendo dunque a contatto due metalli diversi si origina elettricità: la pila di Volta era il primo generatore di corrente.

Le comuni pile sono altrettanti generatori di corrente. Esse sono contrassegnate con i segni «più» e «meno» in corrispondenza di due zone, chiamate poli, nelle quali l'equilibrio elettrico è stato turbato.

Più precisamente, si sono costretti elettroni a spostarsi da un polo all'altro, così che dove risultano in eccesso prevale la carica negativa, dove ne mancano prevale la carica positiva: i poli hanno potenziale elettrico diverso.

Quando si collegano i poli di una pila con un conduttore, si genera in questo un flusso di elettroni, cioè una corrente elettrica

L'insieme costituito dal generatore, cioè dalla pila, e dal filo conduttore collegato ai suoi poli si chiama circuito elettrico.

Come in un circuito idraulico l'energia dell'acqua è sfruttata per mettere in moto le pale di un mulino o di una turbina, così in un circuito elettrico l'energia degli elettroni in movimento è sfruttata dai cosiddetti apparecchi utilizzatori quali: le comuni lampadine da illuminazione, gli apparecchi riscaldatori, alcuni tipi di motori, gli elettrodomestici.

Opportuni dispositivi, detti interruttori, consentono o meno il passaggio della corrente nel circuito a seconda della necessità di una sua utilizzazione.
La presenza degli interruttori fa sì che nel circuito si vengano a determinare due possibili situazioni:

l'interruttore è inserito: i due fili collegano i due poli della pila con le due parti metalliche della lampadina; nel circuito passa la corrente, come viene rivelato dall'accensione della lampadina. In questo caso il circuito si dice chiuso;

l'interruttore è disinserito: il collegamento tra pila e lampadina è interrotto; non passa corrente e la lampadina è spenta. In questo caso il circuito si dice aperto.

EFFETTI DELLA CORRENTE ELETTRICA E SUA MISURA

Abbiamo già osservato il meccanismo di conduzione della corrente nei liquidi a proposito del sale da cucina (NaCl). Ora vogliamo vedere il fenomeno sotto un altro aspetto. Quando lo ione Cl arriva all'elettrodo positivo, cede il suo elettrone in più all'elettrodo stesso, diventando neutro. Così succede per lo ione Na che, una volta arrivato all'elettrodo negativo, riacquista l'elettrone che gli mancava diventando anch'esso neutro.

Cloro e sodio rimangono dunque depositati intorno al rispettivo elettrodo. Qual è il risultato del passaggio di corrente?

E molto semplice: la molecola di sale NaCI è stata scomposta nei suoi due componenti sodio e cloro che possono essere recuperati agli elettrodi.

L'effetto chimico del passaggio di corrente consiste appunto in questo fenomeno, chiamato elettrolisi.

Un altro effetto della corrente elettrica di notevole importanza per le sue numerose e utili applicazioni è l'effetto termico, che consiste nel riscaldamento di un conduttore quando questo viene attraversata dalla corrente.

Infatti gli elettroni in movimento che formano la corrente urtano continuamente gli atomi del conduttore incontrando una resistenza durante il loro moto.

La resistenza elettrica è paragonabile all'attrito che si manifesta nella zona di contatto tra due corpi in moto reciproco: come una parte dell'energia posseduta dai due corpi viene inevitabilmente dissipata in calore per vincere l'attrito, così una parte dell'energia elettrica che percorre un conduttore viene trasformata in calore.

Spesso, è utile inserire una resistenza in un circuito elettrico, proprio per sfruttare l'energia che gli elettroni, ostacolati nel loro fluire, sono costretti a cedere agli atomi in quel tratto di circuito.

La più comune applicazione di questo effetto è la lampadina a incandescenza, nella quale il riscaldamento prodotto nel filamento a causa del passaggio di corrente è tale da portare il filamento stesso all'incandescenza, così che possa emettere luce.

Le applicazioni dell'effetto termico della corrente sono tantissime. Il ferro da stiro, che viene normalmente utilizzato nelle nostre case, si riscalda grazie a delle resistenze che appunto sfruttano tale effetto. Lo stesso principio viene utilizzato dall' asciugacapelli, dal tostapane e dalla stufa elettrica.

L'ultimo effetto della corrente elettrica è quello magnetico: un conduttore percorso da corrente è in grado di influenzare l'ago di una bussola posta nelle sue vicinanze.

Naturalmente è importante poter misurare l'intensità di una corrente elettrica, cioè il numero di cariche elettriche (quantità di elettricità) che nell'unità di tempo (in un secondo) passano attraverso la sezione di un conduttore.
L'unità di misura dell'intensità di corrente è
l'ampere (A). Un ampere è uguale a 6,25 x 1018 elettroni al secondo.

Come si è appreso, in una pila elettrica vi è un accumulo di elettroni in corrispondenza di uno dei due poli.
Evidentemente per determinare questo accumulo è stato compiuto del lavoro: ne consegue che gli elettroni hanno acquistato energia potenziale e il polo ove si trovano è descritto come una zona ad alto potenziale (+).
Viceversa l'altro polo che non ha accumulato elettroni, è descritto come una zona di basso potenziale (-).

La differenza di potenziale fra i due elettrodi si chiama voltaggio (o tensione). Il voltaggio è una misura dell'energia disponibile per muovere le cariche di un circuito: il voltaggio si misura in volt (V).



E il voltaggio che fa scorrere le cariche in un circuito: più alto è il voltaggio, maggiore è il numero d'elettroni che può scorrere in un conduttore. Il numero di elettroni che può scorrere in un conduttore può essere paragonato alla quantità d'acqua che può scorrere in una tubazione; il voltaggio del conduttore si può paragonare alla pressione dell'acqua nella tubazione.

La quantità d'acqua che può fluire in una tubazione dipende dalla pressione dell'acqua. In simil modo, il numero di elettroni che può fluire in un conduttore dipende dal voltaggio.

Il numero di elettroni che può scorrere in un conduttore dipende anche dalla resistenza. L'unità di misura della resistenza è l'ohm. Parecchi sono i fattori che influenzano la resistenza di un conduttore:

la temperatura: quando la temperatura di un conduttore aumenta, aumenta anche là sua resistenza;

il diametro de/conduttore: quando il diametro del conduttore è maggiore, la sua resistenza diminuisce, proprio come un tubo per l'acqua di ampie dimensioni consente un flusso maggiore d'acqua rispetto a un tubo di diametro più stretto;

la lunghezza: maggiore è la lunghezza del conduttore, maggiore è la sua resistenza. Questa maggiore resistenza può essere paragonata all'acqua che scorre attraverso un lungo tubo. L'acqua scorre con maggiore difficoltà attraverso un tubo lungo che attraverso un tubo corto;

la natura del conduttore: gli elettroni scorrono più facilmente attraverso i materiali conduttori che attraverso gli isolanti.

Non tutti i conduttori trasportano la stessa quantità di corrente elettrica. Per esempio, un filo collegato a una stufa elettrica trasporta maggior quantità di corrente di uno collegato a una lampadina.

L'intensità della corrente e la resistenza sono due grandezze inversamente proporzionali.

Di quanto è maggiore l'una, di tanto l'altra è minore e viceversa.
La relazione tra voltaggio (tensione), intensità di corrente e resistenza si esprime con la legge di Ohm secondo la quale: ad una tensione maggiore corrisponde un'intensità di corrente maggiore; ad una resistenza maggiore corrisponde una intensità di corrente minore.
Questa legge è molto importante poiché consente di determinare una delle tre grandezze, quando sono note le altre due.

Se indichiamo con V la tensione, con I l'intensità e con R la resistenza, si ha la formula

I = V / R

Da essa si possono ricavare le altre due formule:

V = I x R

R= V / I

I GENERATORI DI CORRENTE ELETTRICA

I principali generatori di corrente elettrica sono: le pile, gli accumulatori, le dinamo e gli alterrnatori.

Pile e accumulatori sono generatori chimici: producono energia elettrica, a partire da quella chimica, in base a un processo simile a quello dell' elettrolisi.

Le pile sono utilizzate per far funzionare radioline, giradischi, registratori, orologi elettrici, cineprese e, in generale, tutti gli apparecchi portatili, che funzionano indipendentemente dall'allacciamento alla rete elettrica, e che non richiedono tensioni troppo elevate.

Negli accumulatori a piombo alcune lastre di piombo, alternate a lastre di biossido di piombo, sono immerse in acido solforico diluito con acqua distillata.

Nella fase di scarica l'accumulatore eroga energia elettrica ottenuta dalla trasformazione di energia chimica: le lastre di piombo liberano elettroni che sono acquisiti dalle lastre di biossido. In questo processo l'acido solforico si combina con il biossido di piombo dando solfato di piombo; quando tutto l'acido solforico si è trasformato, l'accumulatore smette di funzionare; si deve allora procedere alla sua carica, fornendo energia elettrica alle piastre (il processo chimico allora s'inverte).

Nella pila, due elettrodi di metallo diverso sono immersi in una soluzione elettrolitica; l'anodo è costituito da un metallo che tende a sovraccaricarsi di elettroni mentre il catodo è l'elettrodo che tende a perdere elettroni; lo spostamento di elettroni dal catodo all'anodo genera la corrente elettrica.

Nelle pile in uso si è sostituita la soluzione (corrosiva e difficilmente trasportabile) con una sostanza gelatinosa resa compatta.

Le pile in uso sono costituite da un catodo di carbone, posto al centro dell'impasto gelatinoso, circondato da un involucro di zinco che funziona da anodo; il tutto è rivestito da un involucro isolante e protettivo da cui escono solo le piastrine per il collegamento.

Con il tempo l'anodo di zinco si ossida diventando inutilizzabile: ecco perché le pile sono generatori limitati nel tempo (devono essere sostituite di frequente).

Sono attualmente in commercio anche pile (pile al cadmio-nichel) che funzionano come accumulatori di piccole dimensioni, perché possono essere ricaricate.

POTENZA ELETTRICA

L'energia elettrica si trasforma in altra forma di energia: luminosa (nelle lampadine), termica (nelle stufe), sonora (negli stereo).

Non tutti i dispositivi elettrici usano la medesima quantità di energia. Supponiamo di voler riscaldare una stanza usando l'energia elettrica: allo scopo userai una stufa elettrica che emette una maggiore quantità di calore di un asciugacapelli e che consumerà anche più corrente dell'asciugacapelli funzionando per lo stesso periodo di tempo.

Quanta più corrente usa un apparecchio elettrico, tanto maggiore è l'energia elettrica che consuma. La quantità di energia elettrica consumata nell'unità di tempo (secondo) si chiama potenza elettrica.
La potenza della stufa elettrica è maggiore di quella dell'asciugacapelli poiché la stufa utilizza una quantità maggiore di energia elettrica al secondo rispetto all' asciugacapelli

La potenza si misura in watt (W). La potenza è il lavoro che si compie in rapporto al tempo che si impiega a compierlo; poiché il lavoro è energia, possiamo considerare la potenza come l'energia trasformata nell'unità di tempo.

Perciò se una lampadina "consuma' energia elettrica in ragione di 60 Joules al secondo, trasforma ad ogni secondo 60 Joules di energia elettrica in energia luminosa e in energia termica: ha quindi una potenza di 60W.

Più alto è il numero di watt, più intensa è la luce emessa dalla lampadina e maggiore è l'energia che consuma. Un'unità di potenza superiore al watt è il kilowatt (kW).
Un kilowatt è un'unità di potenza uguale a 1000 watt, ossia 1000 joule al secondo.



Verifica sperimentale della

Legge di OHM


Obiettivi

Esercitarsi nella saldatura di resistenze su basette preforate

Esercitarsi nell'uso del tester

Verificare che la corrente (I) è direttamente proporzionale al valore della tensione (V)

Verificare che la corrente (I) è inversamente proporzionale al valore della resistenza (R)

Esercitarsi nei calcoli della corrente

Dimostrare il comportamento lineare della corrente

Introduzione

La tensione è la FORZA DI NATURA ELETTRICA che è in grado di determinare lo scorrimento della corrente. Se la forza aumenta, aumenta anche la corrente, se la forza diminuisce, diminuisce anche la corrente.

La resistenza è la FORZA DI NATURA FISICA  presente (ove più, ove meno) in tutti i materiali e che si oppone   allo scorrimento della corrente.
Se questa opposizione aumenta (cioè se aumenta la resistenza), diminuisce la quantità di corrente che può circolare nel circuito; se questa opposizione diminuisce (cioè se diminuisce la resistenza), aumenta la corrente.

La corrente è lo scorrere (il fluire) ordinato degli elettroni.

La corrente, la tensione e la resistenza sono direttamente legate tra loro dalla formula della legge di Ohm secondo la quale I = V/R

Procedimento

L'esperimento sarà diviso in due parti.

Nella prima parte si verificherà che la corrente è direttamente proporzionale alla tensione collegando ad una resistenza da 1 KOhm un generatore di tensione continua il cui valore sarà variato per verificare come varia la corrente.

Nella seconda parte si verificherà che la corrente è inversamente proporzionale alla resistenza, collegando ad un generatore di tensione continua con uscita a 10 V, resistenze di diverso valore per verificare come varia la corrente al variare della resistenza.

Parte prima

VERIFICA DELLA PROPORZIONALITA' DIRETTA TRA TENSIONE E CORRENTE

Schema elettrico

Realizzare il circuito secondo lo schema elettrico, saldando su una basetta preforata adatta, una resistenza da 1KOhm e i fili per collegare in serie l'amperometro e per collegarsi poi all' alimentatore. Ricordarsi che la punta del saldatore e tutte le parti da saldare debbono essere pulite.

Misurare con un tester (usato come ohmetro) il valore della resistenza

                       R
mis

Collegare un tester, usato come amperometro, in serie alla resistenza ed un tester usato come voltmetro in parallelo alla resistenza stessa. Ricordarsi di tenere conto della giusta polarità nel collegare gli strumenti e di iniziare la misura dalla partata più grande.

Si effettueranno 5 misure di correnti per 5 differenti valori di tensioni, iniziando con V =0, cioè con alimentatore spento. Calcolare preventivamente i valori di corrente, tenendo conto del valore misurato della resistenza e dei seguenti valori di tensioni: V =0 ; V = 5V ; V = 10V ; V = 15V ; V = 20V e riportarne i valori nella tabella sottostante. Quindi, cioè:

I = V /R = . . . . . . . . . . ;

I = V /R = . . . . . . . . . . ;

I = V /R = . . . . . . . . . . ;

I = V /R = . . . . . . . . . . ;

I = V /R = . . . . . . . . . . ;

Ricordarsi di segnare sempre l'unità di misura a fianco di ogni valore.

Misurare la corrente e la tensione prima di accendere l'alimentatore (V =0) e riportare il valore nella tab. 1.

Accendere l'alimentatore e regolarne l'uscita sui seguenti valori: 5V; 10V; 15V; 20V; leggere corrispondentemente la corrente che circola nel circuito e riportare i valori nella tab. 1.



Tab. 1

V1

V2

V3

V4

V5

Tensione di alimentaz.

0 V

5 V

10 V

15 V

20 V

Corrente calcolata






Corrente misurata






Resistenza costante R= . . . . . . .

Tra i valori calcolati e quelli misurati della corrente ci possono essere piccole differenze. Se le differenze sono notevoli è segno di errore o nei calcoli o nelle misure; eventualmente ricontrollare i calcoli o rifare le misure. Analizzando laTab. 1 si nota che la corrente che circola nel resistore è direttamente proporzionale al valore della tensione.

Rappresentare graficamente i risultati dell'esperimento segnando sull'asse orizzontale di un diagramma cartesiano i valori delle tensioni e sull'asse verticale i corrispondenti valori delle correnti. Congiungendo i punti di intersezione si dovrà ottenere una linea retta, ciò a dimostrazione che laresistenza è un componente con comportamento lineare.

Area per realizzare il grafico di I=f (V)


Parte seconda

VERIFICA DELLA PROPORZIONALITA' INVERSA TRA RESISTENZA E CORRENTE

Schema elettrico

Realizzare il circuito seguendo le indicazioni del punto 1) usando una resistenza di 100 Ohm e
misurare il valore con l'ohmetro.

Calcolare il valore della corrente tenendo conto che la tensione di alimentazione è di 10 V e
che il valore di resistenza è quello misurato, e riportarne il valore nella Tab. 2.

. Leggere sull'amperometro il valore della corrente e riportarlo nella tabella 2.

. Ripetere i punti 8, 9, 10 per ognuno dei seguenti valori di resistenze: 220 OHm, 1 KOhm, 2,2 KOhm,
  10 KOhm. Ricordarsi di tenere sempre pulita la punta del saldatore e tutte le parti da saldare

Tab. 2

R1

R2

R3

R4

R5

Resistenza

100 Ohm

220 Ohm

1 KOhm

2,2 KOhm

10 KOhm

Corrente calcolata






Corrente misurata






Tensione costante V= 10 V

Anche in questo caso ci possono essere, per la corrente, lievi differenze tra i valori calcolati e quelli misurati.

Analizzando la Tab. 2 si nota come la corrente che circola nel circuito diminuisce all'aumentare della resistenza e quindi si può affermare che lacorrente è inversamente proporzionale alla resistenza.






Intensità e resistenza: la Legge di Ohm

L'intensità di una corrente elettrica si indica con I, un'unità di misura detta Ampere, e risulta essere quella quantità costante di elettricità che percorre il conduttore in un'unità di tempo.

Per riprendere il paragone idraulico, abbiamo visto che, tanto più in alto è posta la cisterna, tanto più velocemente l'acqua scende; di conseguenza diviene anche maggiore la quantità di acqua che scende in una determinata unità di tempo.
Se però lungo il tubo si trovano dei restringimenti oppure degli ingorghi, l'acqua in quei punti farà più fatica a passare; il liquido, incontrando queste resistenze, scenderà con una velocità minore, e anche la quantità di acqua che scorre nell'unità di tempo sarà tanto minore quanto maggiore è l'impedimento incontrato.

Nel circuito elettrico, per analogia, troviamo che quanto più alta è la tensione (V) applicata al conduttore, tanto maggiore risulterà la corrente (I) che vi fluisce, attenuata però dalle resistenze attraversate.

La resistenza, in elettrotecnica, è una proprietà che i corpi manifestano nel momento in cui vengono attraversati da una corrente elettrica, ovvero presentano al suo passaggio una specie di attrito che dipende dalla loro qualità e dalle dimensioni. Le resistenze possono essere rappresentate, per esempio, dal filamento di una lampadina. La resistenza elettrica si indica con R e per essa è stata stabilita un'unità di misura, l'ohm, che corrisponde al simbolo .
E' stato stabilito per convenzione che l'ohm è quella resistenza manifestata da una colonnina di mercurio di 1 mmq di sezione e di 106,3 cm di lunghezza, posta alla temperatura di 0°.
Anche la resistenza elettrica può essere misurata direttamente dal circuito tramite un apparecchio detto ohmetro. Teniamo presente però che tutte le grandezze elettriche vengono oggi rilevate grazie ad un unico apparecchio tester sul quale si possono selezionare le diverse funzioni.



la Legge di Ohm


Quanto detto finora costituisce la spiegazione della formula matematica detta Legge di Ohm, dal nome del suo teorizzatore.
La Legge di ohm può considerarsi come la pietra miliare dell'elettrotecnica; esprime che, in un circuito elettrico, l'intensità I della corrente è direttamente proporzionale alla tensione V applicata, mentre si dimostra inversamente proporzionale alla resistenza R incontrata:

I = V/R ovvero A = V/

Da cui si ricava la formula derivata:

R = V/I

Oppure ancora:

V = I R

Questa espressione della legge di ohm denota che il Volt è quella differenza di potenziale che si rileva agli estremi di una resistenza di 1 ohm percorsa dalla corrente di 1 ampere.


RESISTIVITA'


La resistenza R, espressa in , di un elemento specifico, dipende dalle sue qualità di conducibilità, ma anche dalla sua massa e dalle dimensioni, perciò si rivela utile determinare la resistenza specifica di ciascun materiale indipendentemente da una data lunghezza e da una data sezione.

Resistività

Il valore di resistenza specifica o resistività si indica con la lettera greca (ro greca) e viene calcolata in rapporto alla resistenza in ohm per metro di lunghezza e mmq di sezione:

resistenza complessiva = resistività x lunghezza in metri
_____ _______ ______ _____________
sezione in mmq


ovvero: R = m. / S mmq

da cui si ricava:

l = R S/ ;    S = l /R;    = R S/ l







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