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Luca Giordano - La prima maturità

storia dell arte



Luca Giordano


La prima maturità .


Tra il 1657 e il 1659 Luca Giordano sposò Margherita Dardi ed ebbe importanti commissioni pubbliche.

Tra queste è da ricordare la grande tela con la "Sacra famiglia che ha la visione dei simboli della passione". L'opera è singolare per il tema iconografico che allude al presagio della passione da parte di Gesù Bambino.

Il tema nasce nel clima delle allegorie neo-mistiche della controriforma. In quest' opera i ponti con il passato sono stati recisi: particolare è il colore, nemmeno nelle ombre c'è veramente il nero.


Questa opera ,come molte altre di questo periodo, gli fu commissionata dal vicerè Bracamonte, che giunse a Napoli nel dicembre del 1659.

 Altre opere commissionate dallo stesso vicerè e poi inviate in Spagna furono: la Transverberazione di Santa Teresa e l'Annunciazione. Quest'ultima si ispira all' Annunciazione realizzata precedentemente da Tiziano e nelle tele di questo periodo è anche forte l'influenza di Rubens e del Preti, attestata dalla presenza di una certa eloquenza pittorica che suscitò sgomento e invidia tra i contemporanei che non riuscivano ad eguagliarlo.




Alcune opere degli inizi degli anni 60 si attenuano nel cromatismo muovendo verso un modo elegiaco. Tutto ciò si evince nella " Madonna del Rosario" di San Potito, eseguita al ritorno dal viaggio a Venezia;  in essa l'interesse per la solidità della costruzione plastica della Madonna del Rosario della Solitaria , cede il posto alle trasparenze appena velate del colore, ad una pittura scorrevole di tocco rapidissimo.


 In seguito è possibile osservare un mutamento nel registro espressivo dell'artista, che porta ad una sorta di recupero di una "poetica dell'età perduta" attraverso temi mitologici ed  allegorici.

Tra i dipinti appartenenti a questa fase ricordiamo: Lucrezia e Tarquinio e la Venere dormiente con un satiro, opere caratterizzate da una certa compostezza emotiva.


Nel 1664 Giordano si allontana da Napoli ma indubbia è la destinazione del suo viaggio; secondo alcuni fu prima Firenze e poi a Venezia, per poi essere chiamato con urgenza a Napoli da Filippo IV di Spagna, affinché seguisse ventidue quadri destinati ad ornare una camera dell'Escorial.


Dei modi in cui riviveva il Ribera, ma elaborato in chiave moderna, se ne ha riscontro in  varie opere e in particolare nel "San Michele Arcangelo che abbatte gli angeli ribelli", dove il richiamo all'artista spagnolo è evidente nel diavolo in basso a destra, con i pugni alle tempie, figura ripresa in uno dei satiri dell'"Apollo e Marsia" del museo di San Martino.


Nel soggiorno veneziano Luca si era attirato le simpatie del marchese Fonseca, personaggio che forse fece si che venisse commissionata all'artista l'esecuzione della " Assunzione della Vergine" a Venezia per la chiesa della Salute.

 In questo opera è evidente la ripresa da Tiziano di qualche spunto compositivo e dell'idea degli apostoli in controluce sui bagliori di un'atmosfera che con il Giordano diventa propriamente barocca.


Importanti anche che ormai poco leggibili, sono  gli affreschi raffiguranti "La Gloria in paradiso di San Gregorio Armeno", dove è evidente quanto Luca imitò lo spirito e la grandezza di Lanfranco e l'accordo e la gentilezza del colorito di Pietro da Cortona.


Nel 1677 il Giordano fu occupato con grandi decorazioni ad affresco.

 La prima fu quella della volta della navata della chiesa dell'abbazia di Montecassino, l' opera però fu distrutta durante l'ultima guerra .

 La struttura architettonica della volta a cinque campate nella fastosa ornamentazione di stucchi bianchi e dorati, suddividevano lo spazio in una molteplicità di zone, creando vincoli e notevoli difficoltà al tentativo di dare unità compositiva alla parte pittorica.

Ognuna delle scene delle "Storie di San Benedetto" e delle figure allegoriche fu concepita come a sè stante: le cinque scene maggiori nella fascia centrale della volta si inserivano tra le incorniciature a mo' di quadri riportati.

 In questi affreschi si notano comunque influssi cortoneschi temperati da una semplicità formale che sembra ripresa da modelli classicisti.


Per quanto riguarda gli affreschi della cupola di Santa Brigida a Napoli eseguiti nel 1678, questi non sono opere di notevole grandiosità.

Solo nelle quattro figure di eroine bibliche nei pennacchi si nota qualche dignità pittorica. Può essere interessante comunque come l'artista, tenendo a modello la cupola di Lanfranco nella cappella del tesoro a Napoli, risolse il problema degli scorci prospettici delle figure della gloria, problema particolarmente arduo poiché si doveva dare profondità illusoria ad una calotta dal sesto ribassatissimo.


Nel 1679 Giordano ritornerà a lavorare a San Gregorio Armeno, per 14 affreschi con "Storie della vita del santo". L' opera fu completata insieme con "le Storie di San Benedetto" affrescate sulla parete del coro della chiesa .

 Il complesso, come dimostrano i bozzetti pervenutici, nacque da una lunga meditazione. In questi affreschi Giordano infatti sembra sperimentare soluzioni pittoriche di rapida essenzialità, tinteggiate in maniera lanfranchiana .

 Anche in questo caso gli affreschi sono composti come una serie di quadri riportati ed il pittore cercava di non lasciare che la parte pittorica venisse sopraffatta dai ricchi stucchi e dorature, e dalla luce delle finestre .

 Le condizioni strutturali erano simili a quella di Montecassino ; la disposizione di quadri sulle parti consentiva anche una lettura consecutiva delle storie rappresentate.

Da cui nasce una maggiore scioltezza narrativa grazie alla quale le pie leggende non sono più caratterizzate da un tono malinconico.

Le opere risentono degli influssi del Cortona che portano alla delineazione di un racconto ricco di episodi e caratterizzato da un tono disteso.


Tra naturalismo e barocco


Quasi tutte le biografie e le fonti letterarie ricordano gli esordi di Luca Giordano in chiave riberesca. Questo ricordo è in parte vero, ma generico, perché esse non menzionano le opere che l'artista aveva eseguito nei primi anni della sua carriera.

Egli nacque a Napoli nel 1634, figlio di un mediocre pittore, dimostra fin da piccolo una predisposizione al disegno e alla pittura.

 Dall' età di otto anni è allievo nella bottega del Ribera per perfezionarsi  nel disegno, e qui rimane per circa nove anni (tra il 41 e il 50) fino alla morte del maestro nel 1652.

Luca Giordano ripercorre fino al tempo della peste tutte le tappe fondamentali degli ultimi quindici anni dell'attività del pittore spagnolo e della sua cerchia, tappe che vanno da naturalismo al pittoricismo, spingendosi indietro fino alla ripresa dei modelli caravaggeschi.

Le primissime opere del Giordano sono i due affreschi con angioletti in Santa Maria la Nova, che sarebbero stati eseguiti dall'artista alle età di 6-8 anni; essi in realtà valgono solo come testimonianza della sua precoce vocazione.


Nelle prime opere l'autore si ispira notevolmente al Ribera, infatti nel Santo Onofrio è evidente il richiamo ai vari santi vecchi e anacoreti del maestro spagnolo e al naturalismo che affiora nel teschio poggiato sul masso squadrato e sulle carni dove Luca prova a rifare il " tremendo impasto" riberesco allentandolo però subito nel dorso allargato e nel volto, dove manca quello sguardo assorto e triste proprio dei santi del Ribera.


Sono da ricordare le due "  Deposizioni " di Oldenburg e quella di Bologna; esse in linea di massima riprendono lo stile del Ribera. In quella di Bologna sembra che l'influenza si legga nel tenero indugiare della luce sulle vesti della Vergine, sul corpo del Cristo, sul candido sudario e sulla figura patetica della donna ammantata. Si evince in tali opere come egli abbia cercato di individuare negli  esempi ribereschi soprattutto il tono emotivo intenerito e mosso, cercando accenti analoghi in altri pittori .


Nell "Estasi di San Francesco d'Assisi" la scena in primo piano è data dalla deposizione del Cristo, il santo è relegato marginalmente. Questo espediente è utilizzato per annullare la tradizionale idea che teneva i personaggi sacri relegati in una sfera inaccostabile. Anche tale opera rimanda allo stile del maestro sia nell'impianto strutturale che nelle singole figure .


Alla medesima fase iniziale risalgono alcune figure di "Filosofi". Quella dei filosofi è stata una tematica variamente trattata da diversi artisti; anche il Ribera ha realizzato ritratti di filosofi ai quali ha conferito un aspetto naturalistico e anti-idealistico, infatti i filosofi sono rappresentati come pezzenti. Giordano invece rappresenta i suoi filosofi come matematici, astrologi, maghi, alchimisti, la qual cosa attesta l'interesse di questa artista per le scienze e l'etica stoica, diffusa negli ambienti culturali napoletani. (Stoicismo: liberazione dalle passioni, il vivere secondo natura).


In seguito Luca intraprende diversi viaggi: adolescente è a Roma dove si dedicò allo studio delle opere di Raffaello e della sua scuola (stanze vaticane e logge) e di Annibale Carracci (galleria farnese) ; da tali cicli Luca trae una serie di disegni, poi venduti con grande successo  ai turisti. Qui risulta determinante  l'incontro con l'opera di Pietro da Cortona che influenzerà in maniera determinante lo sviluppo dell'intera produzione giordanesca, fino alla decisiva svolta del 1663, anno in cui Luca si avvicina in maniera più evidente ai modi di Piero, adottandone le morbidezze cromatiche e formali, infondendo alla sua pittura quella luminosità sensuale e dorata che incarna una delle espressioni della corrente barocca.


 In questa attività di copista e di disegnatore è molto prolifico: egli esegue  infatti un elevato numero di copie da antichi maestri, grazie ai quali inganna perfino un collezionista avveduto come il mercante fiammingo Roomer.


 Altrettanto utile per la formazione giordanesca è lo studio dei veneti (Tiziano e Veronese in particolare e anche del Correggio) importanti per la creazione del "nuovo stile " esportato a Napoli.


Successivamente Giordano fu anche a Parma e Venezia, dove lavora nella Chiesa del Longhena recuperando Tiziano e Tintoretto, ovvero le radici della pittura veneziana che propri artisti a lui contemporanei avevano dimenticato.


Fatto poi ritorno a Napoli procede nella direzione suggeritagli dagli studi veneziani. Un decisivo passo in avanti è compiuto nel San Nicola da Bari che salva il fanciullo, coppiere di Santa Brigida, del 1655, ove il modo pittorico è luminoso è dorato. Il tono dell'opera è tutto neoveneto: vi sono riferimenti ai modelli veronesiani e i tizianeschi (Luca colloca in alto i trombetttieri su una splendida architettura alla maniera del veronese) e vi è anche un preciso richiamo a Pietro da Cortona, e nel caso della donna di spalle con due bambini che rappresenta l'allegoria della giustizia  si nota un riferimento diretto alla volta Barberini realizzata da Cortona..


L'anno dopo la peste del 1656 vi è l'affermazione del barocco, che coincide con una forte volontà di ripresa e con il desiderio di riportare la vita alla normalità . Nel 1657 Giordano realizza la "Madonna del Rosario" per la Solitaria, creando così una composizione tradizionale ma con elementi nuovi. Questo dimostra la capacità camaleontica dell'artista che riesce a  conciliare la forza del proprio linguaggio con la volontà dei committenti. In questo opera gli elementi neoveneti sono inseriti in un impianto rassicurante.


I tempi di Firenze .


La presenza di Giordano a Firenze è testimoniata a partire dal 1682.

La città è  già leggenda perché epicentro della nascita e della diffusione della maniera moderna in Italia.

 L'ambiente fiorentino genera situazioni che saranno poi importanti anche per altre parti d'Italia, per esempio gli affreschi di palazzo Pitti di Pietro da Cortona che precedono la volta Barberini considerata il manifesto della pittura barocca. Committenti fiorentini del Giordano sono la famiglia del Rosso ed i Corsini.

 A partire da questo momento si entra a far parte di una nuova fase dell'artista. Non c'è più il "Luca fa presto" ma il pittore viene ad intavolare vere e proprie discussioni con il committente in merito alla realizzazione delle opere.

Giordano si trova ora in un ambiente in cui è notevole è il controllo che il committente pretende avere sul pittore, tutto diventa più limitato e si assiste ad una pianificazione dei temi, dei soggetti, delle dimensioni.

 A causa di tale incombenza della figura del committente, nelle opere fiorentine del Giordano si evince un'impostazione  accademica e classicista molto forte, cosa che non si presentava nelle opere nè precedenti nè successive a questo periodo.



Nel 1682 nascono i pensieri per la cupola dei Corsini, ossia tre dipinti che si riferivano a gruppi di santi che fiancheggiavano la gloria di Santa Andrea Corsini, sono prime idee compositive  poi variamente rimaneggiate fino alla reale raffigurazione.

Anche qui sono evidenti riferimenti al Lanfranco al quale si era già ispirato per le cupole di San Gregorio Armeno e di Santa Brigida a Napoli. Qui però le soluzioni coloristiche appaiono più limpide e  trasparenti.


Nello stesso periodo Luca realizza la grande tela con l'"Apparizione della vergine a San Bernardo" dove si nota l'abilità dell'artista nel realizzare una composizione piramidale con arditi scorci.

Forse contemporaneo è un altro lavoro commissionato dai Medici, la grande allegoria della pacificazione tra fiorentini e fiesolani, la tela era destinata a far dal soffitto ad una delle grandi sale di palazzo Pitti .

 L'opera commissionata da Cosimo III ,alludeva ad un evento remoto e mirava ad esaltare la saggezza politica della Casata Medicea in un periodo di grave caduta di prestigio.

 Il gran numero di persone e di episodi rappresentati, non impedisce di realizzare uno sfondo arioso nel quale s'intravede la cupola di Santa Maria del Fiore, verso la figura di Giove che porge le insegne medicee alla Gloria e alle altre Virtù.


Già sul finire del 1682 Giordano aveva cominciato a lavorare alla galleria di palazzo Medici Riccardi, in tale luogo l'artista tenne ben presente quella era stata l'opera di Pietro da Cortona in palazzo Pitti.

 Interessante è l'investimento totale dello spazio, tutto viene progettato prima: dipinti, stucchi, specchiere. La volta è unica, lo spazio non viene diviso, il tema è classico, alle figure camminano lungo il cornicione: è uno schema certamente innovativo. I granduchi posti al centro solo il fulcro, il fuoco della scena.

La struttura della volta è ordinatissima, gli animali sono ripresi chiaramente dal Rubens.

Al centro della volta è posto Giove attorniato da sei membri della casata medicea e da Saturno, Marte e Venere. Sul capo di ognuno è rappresentata una stella e il fine era quello della glorificazione della dinastia medicea


Dagli affreschi fiorentini alla partenza per la Spagna.



Negli anni successivi il periodo fiorentino vediamo il delinearsi di una sorta di dualismo che si evidenzia nella sua produzione. Da un lato permane una visione classichegiante, mentre dall'altro lato si afferma una visione più propriamente barocca che trae spunti da Cortona, dal Rubens e dal Lanfranco.


Subito dopo il primo ritorno da Firenze, intorno al 83-84, il Giordano diede vita alle due versioni della fuga in Egitto, una conservata a Madrid l'altra a Budapest.

 In tali opere si nota un pittoricismo luminoso, ma lo stesso tempo l' artista tende a nascondere una struttura accademica sulla scia di quel neocaraccismo che aveva caratterizzato le opere del decennio precedente fino agli affreschi di Montecassino.

Fecero parte di questo gruppo un classicheggiante "Cristo e la adultera " e " Cristo tentato"; le due opere pur se di gusto classicheggiante non mancano di aspetti originali.

 È da notare come sull'antica predilezione per un'ambientazione e per una costruzione della scena ancora neocarracesca si innestino qualità moderne, come la nuova monumentalità delle figure e un luminismo intenso che si avvale di una stesura luministica rapida e sommaria.

 Il senso di una natura finta e quasi simbolica, resa con tratti da fondale scenico, già esprime quella nuova sensibilità antinaturalistica che si esplicherà successivamente con Sebastiano Ricci.


Ad uno spirito maggiormente barocco  si ispira la Cacciata dei mercanti dal tempio del 1684, dove Luca immagina la scena come un groviglio di forme che si snoda dal centro verso i lati in basso: una vorticosa massa in movimento.

Lo sfondo luminiscente di tipo Veronesiano è tipico di Giordano, qui la luce ha carattere spaziale e si riversa sui primi piani illuminando le figure.

La forma irregolare della pareti  finisce con lo spezzettare il movimento in una serie di episodi belli e singolari.


Nel gruppo di tele più barocche di questi anni , nelle quali il Giordano si libera da remore accademiche, introducendo nuovo senso di luce entro la materia pittorica, si inseriscono opere che maggiormente risentono dell'influsso berniniano.

 Tra esse è da menzionare la " Vocazione e dei Santi Pietro e Andrea" e "Sant'Anna che presentano la Vergine all'Eterno".

 Dal Bernini l'artista deriva l'idea di concepire la pala come uno spazio forato e delle forme individuate in contro luce come un diaframma che si pone tra lo spettatore e la sorgente di luce .


Mentre in alcune opere avanza il gusto per l'arte del Bernini, in altre appartenenti allo stesso periodo, si fa sentire il peso della civiltà francese. Lo stile francese è rilevabile in alcune opere del Giordano stesso, come le due "Adorazioni" su cristallo .

 Queste due opere rivelano l'acquisizione delle tematiche classiche come emerge dalla composizione studiata, dalla definizione esatta dei volumi , dalla tipologia stessa delle figure .


Nell'adorazione dei pastori sono raffigurati figure di pastori dai capelli lanosi e acconciati come in una scultura antica , nell'adorazione dei Magi invece si nota una grande minuzia nel rendere i particolari dei loro abiti, studiati appaiono inoltre le loro pose e l'effetto di controluce.


Gli anni della Spagna.


Nel 1692 il pittore, ormai all'apice della sua carriera fu chiamato in Spagna dal re Carlo II per realizzare grandi cicli decorativi per l'Escorial.

L' Escorial era il tempio sacro della monarchia, costruito da Filippo II di Spagna come voto in onore  di San Lorenzo (in tale giorno ci fu la vittoria di S.Quintino ).


Il programma iconografico esalta la funzione dell' Escorial e della monarchia spagnola nel disegno divino. L'ambizione di Carlo II di lasciare un segno tangibile del suo passaggio in questo sacrario era comprensibile  e l'invito del Giordano era legato alla soddisfazione di questa sua volontà.

Per la decorazione non esisteva un programma prestabilito, bensì esso veniva  improvvisato e realizzato con la collaborazione del re, del pittore e dei teologi.

Il pittore deve aver contribuito in maniera decisiva alla definizione del programma che infatti riflette la sua fantasia e il suo estro.


Le disposizioni del re furono quelle che il Giordano iniziasse la sua opera affrescando l' Escalera, forse questa fu una sorta di prova, di esperimento. L'opera piacque molto al sovrano che così gli affidò l'incarico di affrescare il "cielo" della Chiesa di San Lorenzo. Tutti lavori furono però sempre provati con bozzetti che passavano sotto la supervisione di Carlo II che approvava le opere dell'artista sempre di buon grado.


Nella decorazione della volta Giordano rispettò, senza sopraffarli, gli elementi architettonici sovrastanti le finestre, addossando ad essi una folla di figure dalla quale si innalza la gloria degli angeli.

Considerando poi la sala angusta rispetto alla sua altezza, pensò alla volta come ad uno spazio perforato e profondo che  prolungasse all'infinito la verticalità dell'ambiente.

Costruisce lo spazio non in ragione di una scala prospettica, come accade con Pietro da Cortona, bensì in ragione della luce.


La volta dell' Escalera non ha precedenti nell'opera del Giordano in quanto in questa non si rievoca il Lanfranco, ma anche le cupole del Correggio.

Gli angeli , le figure matronali delle allegorie e le nubi perdono l'aspetto di forme plastiche: sono luci che si rapprendono contro il cielo intenso, ombre scure pronte a divenire luminescenti.

L'immagine non è più astrazione, ma frammento pulsante di vita. Giordano così rivolgendosi allo stile di Velaszquez, caratterizzato dalla pennellata libera e leggera e da uno schizzo improvvisato all'istante.


Agli inizi dell'aprile del 1693 Giordano terminò di affrescare la volta dell'Escalera e così iniziò a concordare per la decorazione della volta della chiesa di San Lorenzo, tale impresa si svolse in più tappe e questa volta senza titubanze da parte del re.

Data l' immensità del progetto il re fece affrescare prima le quattro volte laterali e dopo fece completare l'impresa.


Il Giordano continuò a svincolare la decorazione pittorica dall' architettura inserendo nella muratura le sue volte dipinte.

 Nelle cupolette sovrastanti le cappelle affresca giri vorticosi di forme con un ciel aperto al centro, tentando di creare , pur entro spazi così limitati, una continuità di rappresentazione che nasca dall'immersione delle figure nella medesima atmosfera e non da un loro semplice accostamento.

Con il procedere del lavori le figure si accendono sempre più di luce, le cose si vanno smaterializzando, sciogliendosi in un  tenero romanticismo.

Con il giudizio universale la volta è finalmente liberata e si stabilisce la gamma dei colori chiari: è il capolavoro spagnolo della artista.


Il ritorno a Napoli e le ultime opere.


Nel 1702 Giordano torna a Napoli dove, nonostante l'avanzata età, continua dipingere e si dedica anche a progetti  in grande.

Se da un lato l' artista continuava a svolgere un felice e fantasioso racconto, da all'altro inaugurava anche una pittura austera di colore, improvvisata nell'esecuzione , di tono energico e a tratti violento.

Nel 1692, prima della partenza per la Spagna, Luca si era momentaneamente allontanato dai modi chiari utilizzando l'illuminazioni improvvise su fondi scuri.

Negli anni spagnoli dovendo celebrare la monarchia dovette ricorrere ai "modi chiari". Ma tornato dalla Spagna quella maniera seria di tono e concitata nello stile prese il sopravvento

 Certamente il ritorno a Napoli aveva intuito su tale cambiamento artistico del Giordano e non bisogna dimenticare che in questo periodo egli realizzò un sodalizio artistico con il giovane Solimena.

 Era stata infatti la visione dell' opera solimenesca a spingere il Giordano verso una pittura neopretiana, di gusto più tetro ma ardita nell'accensione luministica che nell'atteggiamento drammatico.

 Luca a differenza del Solimena, aveva spinto il suo particolare tenebrismo verso una libera e esplicazione di contenuti fantastici.

Giordano però riportava la narrazione su di un tono severo e usava la luce per liberarsi dall'accademismo.


Nella sagrestia del tesoro di San Martino, il Giordano realizza "Il Trionfo di Giuditta", la sua ultima opera è  forse anche il migliore di tutti i suoi affreschi. L'idea della circolarità del racconto da svolgere lungo il margine della scodella discende direttamente dai pensieri dell' Escorial; Giordano aveva sempre cercato di sviluppare un racconto continuò su tre o quattro lati.

Egli inizia con l'operare una correzione dell'elemento architettonico, portando la forma originaria della superficie, che era quadrata, in proiezione cilindrica.

Così divide la scodella in una zona centrale rotonda, quasi una cupola, e quattro zone marginali a mò di vele.

 Sempre con finzione immagina uno zoccolo artificiale davanti al quale stanno quattro personaggi femminili del Vecchio Testamento; al di là in una scena continua, Oloferne ucciso, Giuditta trionfante e gli Israeliti che fanno strage degli amalachiti; al centro in un anello superiore pone degli angeli che fanno da corona all'Eterno.




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