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L'ANTICO REGNO

storia dell arte




Nàrmer, oltre che unificatore del regno, è anche il costruttore di una nuova grande città all'inizio del delta, che i Greci chiamarono Menfi

Dalla III alla VI dinastia (2650-2150) Menfi è la nuova capitale.Da questo momento ha inizio il periodo dinastico denominato Antico Regno, si tratta di un lungo periodo di eccezionale prosperità, dovuta soprattutto allo sviluppo del sistema di canalizzazione delle acque.

Della grandezza di Menfi, oggi non restano che macerie.Ma a Saqqara, la vicina necropoli, sorge la prima grande piramide in pietra, fatta costruire come sepolcro, da Zòser, fondatore della III dinastia.



E' attraverso le necropoli che si può comprendere la mentalità, la cultura, la religiosità dell'antico Egitto.

Per gli egizi la tomba è il luogo dove prosegue eternamente la vita di colui che vi è stato deposto.La sua mummia e le statue garantivano al Ka la sopravvivenza.Il Ka,il "doppio" del defunto, entrava e usciva da una falsa porta, dove riceveva le offerte fresche recate sulla soglia per permettere il suo sostentamento.

Le tombe si trovano sulla riva occidentale del Nilo, là dove si spegne la luce del sole, come si spegne la nostra vita, mentre la città dei vivi si trovava sulla riva orientale, dove rinasce ogni mattina il sole, come l'uomo che si rigenera perennemente di padre in figlio.

La sepoltura utilizzata da re e nobili durante la I e la II dinastia fu la mastaba; un monumento formato da una cripta rettangolare di una decina di metri di lunghezza e altrettanti di altezza sulla cui terrazza superiore si apriva un pozzo.Quest'ultimo dava accesso mediante una scala alla camera mortuaria che veniva riempita di detriti; a fianco della cripta era posto un luogo di culto.

La piramide di Zòser è la trasformazione delle mastabe.Al mattone si sostituisce la pietra.A una prima mastaba se ne sovrapposero altre fino a raggiungere 60 metri di altezza.Al centro della costruzione vi era il sepolcro reale.

Si pensa che la piramide sia opera dell'architetto Imhòtep,visir del re,gran sacerdote e medico.

Nel serdab, una specie di camera chiusa, era la statua di Zòser, che, attraverso due fori praticati nella parete, poteva vedere la stella polare e le costellazioni intramontabili; meta del suo viaggio nell'aldilà.Oggi la statua ha perduto il colore originario, ha perduto la protesi degli occhi in cristallo di rocca, ma conserva la sua maestà.E' il primo esempio di scultura reale a tuttotondo.Il sovrano è seduto sul trono in maniera indissolubile, così da costituire un'unica base a parallelepipedo, dalla quale si erge il busto, rigidamente frontale, l'occhio vigile e acuto, una mano sul petto, l'altra in riposo sulle gambe: pochi volumi squadrati che rendono il senso della potenza sovrana.

Il progetto della piramide raggiunse la sua forma "classica" durante la IV dinastia.Si deve al figlio di Snèfru, fondatore della IV dinastia, Chèope (2551-2528) e ai suoi successori Chèfren (2520-2494) e Micerino (2490-2472), l'erezione delle grandi piramidi di Ghiza, quelle piramidi che sono state oggetto  di stupore fin dai più antichi visitatori e che tuttora sono quasi il simbolo dell'egitto antico.

La prima, quella di Chèope, la più antica e la più grande, è il prototipo.Essa presenta l'assoluta perfezione geometrica.

La forma delle piramidi è simile a quella dei raggi del sole, infatti essa è il simbolo del sole, il grande dio Ra, il cui culto divenne preminente a partire dalla IV dinastia.

I testi delle piramidi parlano della trasformazione nel sole del re defunto: il re-Hòrus veniva pertanto associato a Ra, il cui culto principale era nella città che i greci chiamarono Eliòpoli (città del sole), dove esisteva una raffigurazione dell'astro formata da una fenice posata su una base piramidale.

Meno grandi ma altrettanto perfette, le altre due piramidi, quella di Chèfren e quella di Micerino.

Ciascuna di esse ha le facce orientate secondo i quattro punti cardinali per indicare che il Ka del sovrano può dirigersi verso ogni parte del mondo.

Ai piedi della piramide di Chèope, sul lato sud, è stata scoperta una grande barca.E' probabilmente la cosiddetta "barca solare" che doveva servire al re per il suo viaggio ultraterreno.

Il complesso di Ghiza, simbolo dell'Egitto faraonico, ha come guardiano la Sfinge, una creatura formata da una testa umana e un corpo leonico accosciato; simbolo della forza sovrana.

Il termine Sfinge probabilmente deriva dalle parole egizie "shese ankh", che significano "immagine vivente"; sembra, infatti, che il suo volto rappresenti il faraone Chèfren.Egli è posto a guardia perenne della propria tomba. La massa pietrosa, alta 20 metri e lunga 73, con le zampe parallele adagiate orizzontalmente come due avancorpi, le superfici levigate, il volto tondeggiante dai grandi occhi fissi verso il sorgere del sole, esprimono la certezza dell'eterno.

Come i sovrani, anche gli alti dignitari dello Stato perpetuano nella propria tomba lo status della vita, ricercando l'eternità.

Anch'essi si fanno riprodurre ieraticamente, seduti immobili, gli occhi rivolti verso la divinità; ma in queste statue c'è qualcosa di più umano.Ad esempio, il gruppo di Rahòtep e Nèfert.Ambedue rigidamente seduti, con il braccio destro disteso sul busto, pur immobilizzati, mostrano una straordinaria vivezza negli occhi, ma anche nella modulazione plastica dei corpi.

E' interessante notare il colore ocra del corpo di Rahòtep e quello chiaro di Nèfert.Caratteristici di quasi tutte le pitture delle civiltà antiche, i due colori indicano la realtà: gli uomini, che passavano la maggior parte della giornata all'aperto, esposti ai raggi solari, erano certamente abbronzati, mentre le donne, che vivevano nel chiuso delle case, conservavano un incarnato pallido.

Anche la pittura è vivace.La realtà tuttavia, in ossequio alla tradizione artistico-religiosa egizia, è rappresentata bidimensionalmente, scegliendo il profilo per gli animali e la scomposizione e ricomposizione delle varie parti del corpo per gli uomini, con un sistema proporzionale basato sulla divisione dell'intra superfice in un reticolo che organizza e coordina ogni componente.

Gli artisti erano particolarmente educati a questo tipo di rappresentazione e di proporzioni dalle scuole cui partecipavano e che permettevano loro di raggiungere una posizione sociale elevata.L'unità dell'insegnamento giustifica anche l'apparente uniformità dell'arte egizia secondo canoni ripetuti nel tramandarsi la professione di padre in figlio.







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