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RICERCA DI MATEMATICA: ALGEBRA DIOFANTEA

matematica



RICERCA DI MATEMATICA


ALGEBRA DIOFANTEA



Analisi diofantea Ramo dell'algebra che si occupa della risoluzione delle equazioni diofantee, vale a dire della ricerca di soluzioni intere a equazioni lineari indeterminate. Deve il nome al matematico alessandrino Diofanto, che nel III secolo d.C. dedicò a questo argomento gran parte del suo trattato Arithmetica (termine che nell'antica Grecia indicava la teoria dei numeri); poiché riguarda esclusivamente le equazioni indeterminate, è nota anche con il nome di "analisi indeterminata". L'analisi diofantea rappresenta un capitolo importante della moderna teoria dei numeri.


Diofanto (III secolo d.C.), matematico greco, vissuto ad Alessandria d'Egitto. Ebbe grande influenza sul pensiero algebrico arabo, e può considerarsi il fondatore del ramo dell'analisi che prende il nome di analisi diofantea. Per primo adottò sistematicamente l'uso del segno meno, e i simboli per indicare le incognite e le potenze. Celebre è la sua opera Arithmetica, di cui ci sono pervenuti soltanto i primi sei dei tre 252f52c dici libri che la componevano, e che contiene una raccolta di problemi risolvibili con equazioni di secondo e occasionalmente di terzo grado. Nel 1621 fu pubblicata una traduzione dell'Arithmetica, in margine alla quale Pierre de Fermat annotò l'enunciato del discusso teorema noto come "ultimo teorema di Fermat", del quale è stata trovata la soluzione solo recentemente.




Le equazioni diofantee


Un semplice esempio di problema consiste nel chiedersi in che modo si possono cambiare mille lire in monete da 500 e da 100 lire. Algebricamente il problema si traduce nell'equazione 500x + 100y = 1000. Se si ammettono anche le soluzioni frazionarie, questa equazione ha un numero infinito di soluzioni; ma in tal caso il problema perderebbe significato perché, evidentemente, non ha senso considerare un terzo di una moneta da 100 lire. Con questa restrizione, è evidente che esistono tre e tre sole soluzioni: la prima data da x = 2 e y = 0, la seconda da x = 1 e y = 5 e la terza da x = 0 e y = 10. Alcuni di questi problemi non hanno soluzioni; un esempio è il problema che chiede in quanti modi è possibile cambiare 750 lire in monete da 500 e da 100.

Le equazioni indeterminate di cui si ricercano solo soluzioni intere prendono nome di equazioni diofantee; esse sono oggetto di studio di un'apposita algebra, sviluppata da Diofanto nel III secolo d.C., che prende appunto nome di analisi indeterminata o diofantea. La soluzione di un'equazione diofantea è raramente evidente e immediata come l'esempio sopra mostrato: si deve a Diofanto ed Euclide l'invenzione di un metodo rapido per determinare se un'equazione diofantea ammetta o meno soluzioni. Il procedimento si applica a problemi esprimibili algebricamente sotto forma di un'equazione lineare a due incognite. Dapprima è necessario calcolare il massimo comune divisore dei coefficienti di x e y: nell'equazione dell'esempio precedente, i coefficienti sono 500 e 100, e il loro massimo comune divisore è 100; se il massimo comune divisore trovato divide il termine noto senza resto, (proprio come 100 divide 1000), l'equazione ammette una o più soluzioni intere.Nella realtà delle applicazioni matematiche, la teoria delle equazioni indeterminate presenta notevole complessità: sono numerosi i grandi matematici (si ricorda ad esempio il tedesco Carl Friedrich Gauss) che si impegnarono nella soluzione di equazioni diofantee particolarmente complesse.

Fermat, Pierre de (Beaumont-de-Lomagne 1601 - Castres 1665), matematico francese. Dopo aver studiato giurisprudenza ed essere divenuto consigliere parlamentare a Tolosa, intrattenne contatti con gli esponenti di primo piano della scienza e della filosofia suoi contemporanei. In gioventù, insieme all'amico Blaise Pascal, compì una serie di indagini sulle proprietà dei numeri figurati, ricavandone un metodo per calcolare le probabilità. Fermat non rese pubblico quasi nessun risultato delle sue ricerche matematiche; in Ad locos planos et solidos isagoge (successivo al 1637) elaborò i fondamenti della geometria analitica indipendentemente da Cartesio. È inoltre considerato il padre della moderna teoria dei numeri, ambito in cui compì diverse scoperte. Il suo metodo per individuare le ordinate massime e le minime delle linee curve aprì la strada alle ricerche sull'analisi infinitesimale e venne applicato a ricerche di ottica. A Fermat si devono inoltre diversi teoremi (vedi Teorema di Fermat).

Teorema di Fermat: Celebre teorema che portò a importanti sviluppi in algebra e in analisi, enunciato dal matematico francese Pierre de Fermat come generalizzazione del teorema di Pitagora. Il lavoro di Fermat ebbe origine dallo studio dell'Aritmetica, l'opera del matematico greco Diofanto, in particolare dal capitolo sui numeri pitagorici, cioè su quelle terne di numeri reali a, b, c che soddisfano l'equazione a2 + b2 = c2 (ad esempio 3, 4, 5).

Fermat osservò che, riformulando il teorema di Pitagora in modo più generale, e cioè lasciando variare l'esponente n nell'insieme dei numeri naturali in modo che assumesse la forma an + bn = cn, si perveniva a un'equazione che non ammetteva alcuna soluzione intera positiva, per valori di n strettamente maggiori di 2 (n > 2). Ad esempio, non esiste alcuna terna di numeri a, b, e c (esclusa la soluzione banale a = b = c = 0) che soddisfi l'equazione a3 + b3 = c3. A margine della sua copia dell'Aritmetica egli annotò: "Ho scoperto una prova veramente rimarchevole di ciò, ma questo margine è troppo piccolo per contenerla".

Innumerevoli matematici hanno tentato di dimostrare il teorema di Fermat o di trovare un controesempio che lo confutasse; tra i più celebri, Eulero, che lo dimostrò nel caso particolare di n = 3, e Adrien-Marie Legendre (1752-1833), che risolse il caso n = 5. Nel 1908 fu addirittura fissato un compenso di 100.000 marchi dall'Università di Gottinga, in Germania, per chiunque avesse presentato una dimostrazione (non una confutazione) entro il 13 settembre del 2007. Fu solo nel giugno del 1993 che Andrew Wiles, matematico della Princeton University, affermò di aver trovato la soluzione. Nel dicembre successivo fu scoperta un'incompletezza nella dimostrazione del teorema; Wiles riuscì a correggerla l'anno dopo e nel 1998 la sua dimostrazione fu ufficialmente accettata dall'International Mathematical Union (la società che riunisce tutti i matematici a livello mondiale).

TEORIA DEI NUMERI


Introduzione


Teoria dei numeri: Ramo della matematica che ha per oggetto le proprietà dei numeri e le relazioni

che possono essere stabilite tra essi. Secondo questa vasta definizione, la teoria dei numeri includerebbe gran parte di tutta la matematica, in particolare l'analisi matematica; essa invece è generalmente confinata allo studio dei numeri interi e ad altri insiemi numerici con proprietà simili.


Le origini

Lo studio dei numeri come entità astratte fu introdotto dai pitagorici, tuttavia la prima esposizione completa della teoria dei numeri, ossia delle proprietà dei numeri interi e dei rapporti tra numeri interi, è dovuta a Euclide. Nei libri VII, VIII e IX della celebre opera Elementi sono riportate le definizioni di multiplo, di numero perfetto, di numero primo e di numero composto; inoltre, è precisato il criterio per calcolare il massimo comune divisore (M.C.D.) di più interi assegnati ed è dimostrata la proposizione secondo cui la scomposizione in fattori primi di un qualsiasi numero intero è unica.Nel linguaggio della matematica di oggi, queste definizioni possono essere espresse nel modo seguente:

- assegnati tre numeri interi, a, b e c, tali che a = bc, a è detto multiplo di b o di c, e b o c sono detti divisori o fattori di a; inoltre, se c è diverso da ±1, b si dice divisore proprio di a;

- un numero perfetto è un intero positivo che goda della proprietà di essere il risultato della somma di tutti i suoi divisori propri interi e positivi; esempi comuni sono il 6, che è pari a 1 + 2 + 3, e il 28, che è dato da 1 + 2 + 4 + 7 + 14; un numero positivo che non goda di questa proprietà si dice imperfetto per eccesso o per difetto, secondo che la somma dei suoi divisori interi positivi sia maggiore o minore del numero stesso;

- l'insieme dei numeri primi è costituito da tutti gli interi p (con p ≠ ±1) che risultino divisibili esattamente solo da ±1 e da ± p.

- un numero a si dice composto se esistono due numeri b e c tali che a = bc, con la condizione che né bc siano ± 1.

Nel XIX libro degli Elementi, che contiene la parte conclusiva della trattazione sulla teoria dei numeri, è dimostrata la proposizione secondo cui esistono infiniti numeri primi o, in altre parole, secondo cui l'insieme dei numeri primi non ammette massimo. La dimostrazione data da Euclide, ormai divenuta un classico, procede nei seguenti termini: sia p un numero primo e q = 1 × 2 × 3 × . × p + 1, il numero che si ottiene aggiungendo l'unità al prodotto dei primi p numeri; l'intero q è maggiore di p e non è divisibile per nessun intero compreso tra 2 e p, quest'ultimo incluso. Un qualunque suo divisore positivo e diverso da 1, perciò, deve essere maggiore di p. Ne segue che deve esistere necessariamente un numero primo maggiore di p che divida esattamente q.

Sviluppi successivi

Gli sviluppi successivi della teoria dei numeri sono legati all'evoluzione dell'aritmetica che, inizialmente legata alla geometria, cominciò a essere trattata in modo indipendente solo nel periodo alessandrino. Nell'opera Introductio arithmeticae del matematico Nicomaco sono discusse e generalizzate alcune affermazioni di stampo pitagorico (ad esempio quelle riguardanti i numeri triangolari, e cioè quei numeri che possono essere rappresentati da punti disposti in modo da formare un triangolo) e sono dimostrate numerose proposizioni sulle progressioni. Nicomaco mostra che, scritti tutti i numeri dispari, 1, 3, 5, 7, ., il primo è il cubo di 1, la somma dei due numeri successivi è il cubo di 2, la somma dei tre successivi è il cubo di tre e così via; inoltre riporta la dimostrazione del celebre Crivello di Eratostene, che fornisce un metodo per determinare velocemente tutti i numeri primi: dopo aver scritto tutti i numeri dispari a partire da tre, si cancellano tutti i multipli di tre, vale a dire i numeri che occupano ogni terzo posto dopo il tre; in modo simile si eliminano tutti i multipli di cinque, di sette e così via, tenendo conto che nessun numero già eliminato deve essere considerato il punto di partenza per una nuova cancellazione; aggiungendo il numero due ai numeri rimasti si ottengono tutti e solo i numeri primi.La teoria dei numeri primi presenta ancora interessanti spunti di ricerca e di studio. Ad esempio, detti gemelli due numeri primi che differiscono di 2 unità (ad esempio, 5 e 7, 17 e 19, 101 e 103), non è ancora stato chiarito dai matematici se le coppie di gemelli siano finite o infinite. Un'altra congettura è che ogni numero pari maggiore di 2 si possa esprimere come somma di due numeri primi, come si verifica per 4 = 2 + 2; 6 = 3 + 3; 8 = 3 + 5; 10 = 5 + 5; 20 = 3 + 17; 100 = 3 + 97; comunque, ancora manca una dimostrazione generale di questa presunta proprietà.

ALGEBRA ARABA


Fibonacci, Leonardo (Pisa 1170 ca. - 1240 ca.), matematico italiano, noto anche come Leonardo da Pisa. Estese e integrò le conoscenze matematiche delle culture europea, araba e indiana e che contribuì notevolmente ai campi dell'algebra e della teoria dei numeri. Apprese nella città natale i rudimenti del calcolo; all'età di circa vent'anni si recò in Algeria, dove cominciò ad appropriarsi del sistema di numerazione indiano e dei metodi di calcolo arabi, conoscenze che incrementò nel corso di lunghi viaggi nel bacino del Mediterraneo. Utilizzò queste esperienze per migliorare le tecniche del calcolo commerciale che già conosceva e per estendere le ricerche dei matematici classici, tra i quali i greci Diofanto ed Euclide.


Di Fibonacci ci sono pervenute poche opere (la più nota, il Liber abbaci, è del 1202). Scrisse di teoria dei numeri, di problemi pratici di matematica finanziaria e di agrimensura, di problemi di algebra di elevata difficoltà e di enigmistica. I suoi indovinelli matematici, che venivano spesso presentati sotto forma di una storia, divennero classici già nel XIII secolo: questi problemi utilizzavano spesso la cosiddetta serie di Fibonacci, successione di numeri naturali definita dalla formula ricorsiva kn = kn-1 + kn-2 , in cui ogni termine della serie - somma dei due numeri che lo precedono - è detto "numero di Fibonacci". Quale riconoscimento dell'importanza dei suoi studi e del contributo all'amministrazione cittadina, nel 1240 gli venne assegnato un vitalizio da parte della Repubblica di Pisa.


Successione di Fibonacci: Successione numerica in cui ogni termine è dato dalla somma dei due che lo precedono; in formule, an = an-2 + an-1. I primi termini della successione sono quindi 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21 e così via. Scoperta dal matematico italiano Leonardo Fibonacci, gode di interessanti proprietà ed è ricorrente in diversi campi della matematica. Alcuni schemi e disegni che si trovano in natura, come la crescita a spirale delle foglie di talune specie vegetali, sono regolati dalla successione di Fibonacci.

Euclide (Alessandria d'Egitto, attivo nel 300 ca. a.C.), matematico greco. Formatosi probabilmente ad Atene presso l'Accademia platonica, Euclide insegnò geometria ad Alessandria d'Egitto, dove fondò una scuola di matematica. Il suo capolavoro, gli Elementi (in greco Stoicheia), è un trattato di matematica composto di tredici libri concernenti la geometria piana, le proporzioni, le proprietà dei numeri (vedi Teoria dei numeri), le grandezze incommensurabili e la geometria dei solidi. Frutto dell'applicazione sistematica del metodo deduttivo, gli Elementi di Euclide sono stati utilizzati per duemila anni come manuale didattico: persino oggi una versione rivista dei suoi primi libri costituisce la base della didattica della geometria piana nelle scuole superiori.A Euclide sono stati attribuiti anche i Dati, raccolta di teoremi in 95 proposizioni; i Fenomeni, una descrizione geometrica delle sfere celesti; l'Ottica, un trattato di ottica geometrica e Delle divisioni, una trattazione matematica della musica: la maggior parte degli storici ritiene tuttavia che alcune opere - eccezion fatta per gli Elementi - gli siano state attribuite erroneamente.






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