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L'ATOMO

fisica



L'ATOMO




L'ATOMO


Il primo scienziato che intuì l'esistenza dell'atomo fu Democrito di Abdera (470/460-370 a.C.). Egli presenta gli atomi, insieme col vuoto, come la spiegazione del sistema dell'Universo; secondo le sue teorie il movimento degli atomi (particelle solide indivisibili, ma differenti tra loro per forma e dime 242i86c nsioni) dà origine al mondo. Democrito spiega i fenomeni metereologici, geologici e biologici con l'aggregarsi e il dividersi degli atomi tra loro.


In seguito, intorno al 1800, J.Dalton riprende l'antica concezione di atomo enunciando una nuova teoria, la quale afferma che:


la materia è costituita da particelle indivisibili (atomi);

gli atomi dello stesso elemento sono uguali ed hanno la stessa massa;



diversi atomi possono combinarsi tra loro, ma solo atomi interi e non frazioni di atomi;

gli atomi degli elementi, in una combinazione chimica, mantengono la loro identità e non vengono distrutti.


Dalton inoltre determina la massa atomica relativa che è il rapporto tra la massa dell'atomo di ogni elemento e quella dell'atomo d'idrogeno. Nonostante i progressi, tuttavia non era ancora chiarita la distinzione tra concetto di atomo e quella di molecola.


Il concetto di molecola è introdotto da Avogadro e Gay-Lussac: è la più piccola parte di un elemento o composto che presenta tutte le proprietà chimiche e fisiche dell'elemento.


La rappresentazione dell'atomo di Dalton non spiegava però quali fossero le forze che determinavano l'interazione tra gli elementi. La scoperta della pila da parte di A. Volta dimostrò la presenza di un legame tra fenomeni fisici chimici; ma il primo scienziato ad estendere all'atomo le conoscenze sull'elettricità della materia fu G. J. Stoney.


Alla scoperta dell'elettrone e del protone si giunse attraverso esperimenti riguardanti il comportamento di gas rarefatti in tubi a vuoto sottoposti al passaggio di corrente elettrica: il tubo di Crookes. E' un tubo di vetro, contenente gas rarefatto, alle cui estremità sono collocati due elettrodi (il catodo e l'anodo), collegati ad un polo negativo e ad uno positivo. Applicando una differenza di potenziale si verificava l'emissione di raggi luminosi: le radiazioni provenienti dal catodo (polo negativo) furono dette raggi catodici.

Nel 1897 venne annunciato che i raggi catodici sono costituiti da particelle fondamentali dotate di carica negativa presenti negli atomi di tutti gli elementi e furono chiamati elettroni.

La loro scoperta fu attribuita a Thomson, il quale spiega come gli elettroni fossero sistemati nell'atomo: egli rappresenta l'atomo come una sfera carica di elettricità positiva nel cui interno sono immersi gli elettroni.


Nel 1886, utilizzando un catodo munito di fori, si scoprì una radiazione carica positivamente che attraversava i fori del catodo dirigendosi in direzione opposta rispetto all'anodo: raggi positivi o anodici.

In seguito Rutherford, compiendo esperimenti con raggi α, scoprì che la massa dell'atomo era concentrata in un nucleo centrale carico positivamente; si concluse quindi che le particelle che formavano i raggi positivi erano atomi privati degli elettroni, perché colpiti dagli elettroni dei raggi catodici.

La più piccola particella carica positivamente fu definita da Rutherford nel 1914 che la chiamò protone.


Il modello atomico di Rutherford paragona l'atomo ad un piccolo sistema planetario in cui il nucleo rappresenta il sole e gli elettroni sono i pianeti che gli ruotano intorno, seguendo orbite circolari.


Nel 1932 fu verificata l'ipotesi della presenza nell'atomo di un'altra particella, neutra, il neutrone.

Si era osservato che la massa dell'atomo era maggiore di ciò che risultava dalla somma delle masse di elettroni e protoni, e che atomi dello stesso elemento potevano avere masse diverse. Per questo si ipotizzò la presenza di una particella di massa simile a quella del protone ma di carica neutra. Bombardando con particelle α una lamina di berillio, si osservò un'emissione di particelle che non venivano deviate: perciò erano prive di carica elettrica. Queste particelle furono chiamata neutroni.


Alla luce di tali novità, il modello di Rutherford non rispondeva a tutte le domande: non spiegava la stabilità dell'atomo e neanche le righe spettrali che si osservavano negli spettri atomici di emissione e assorbimento di molte sostanze.

(disegno)

Nel 1900 Plank espone l'idea che qualunque forma di energia fosse una struttura discontinua, una successione di "quanti".


E = hυ h: costante di Plank


Il fisico danese N. Bohr, osservando lo spettro di emissione degli atomi, introduce un nuovo modello atomico che risolve alcune lacune di quello di Rutherford: se un atomo emette o assorbe radiazioni luminose con determinate frequenze, per quell'atomo sono possibili solo determinate variazioni di energia.


Il modello di Bohr si basa sui seguenti criteri:


in un atomo in condizioni stazionarie gli elettroni non irradiano energia e possono muoversi solo in orbite circolari, stazionarie;

a ognuna di esse corrisponde un livello energetico "quantizzato";

un elettrone può variare energia solo passando da un livello all'altro.



Ei - Ef = ΔE = h



Le orbite permesse all'elettrone sono quelle date da:


mvr = n∙h∕2π mvr: momento angolare; n: numero quantico principale.


I valori dell'energia sono:


En = -K∕n2 (Joule)    per n=1 si ha il minimo valore dell'energia, lo stato fondamentale ;

i valori superiori di n sono gli stati eccitati.







Il raggio dell'atomo dipende da:


rn = costante∙n2 (metri) per n=1 si ha il raggio dell'atomo allo stato fondamentale.


Il numero massimo di livelli energetici possibili è 7, (K,L,M,N,O,P,Q), da n=1 a n=7; inoltre Bohr stabilì il numero massimo di elettroni per orbitale:

numero max di elettroni = 2n2


(disegno)


Il modello di Bohr fu poi perfezionato: nel 1915 il fisico Sommerfeld fu indotto ad ammettere la presenza di orbite ellittiche, oltre che circolari e si dovette aggiungere un numero quantico secondario: l.

Successivamente si introdusse il nomero quantico magnetico m, perché le orbite possono essere anche inclinate.

Nel 1924 il fisico tedesco W. Pauli, poiché l'elettrone ruota intorno al proprio asse, introdusse il numero quantico di spin, ms.

Questi è noto per il principio di esclusione di Pauli secondo cui in ciascun orbitale possono al massimo essere presenti due elettroni con spin opposto.


Venne poi introdotto il concetto di dualismo onda-corpuscolo poiché le radiazioni sono caratterizzate da due aspetti: alcuni fenomeni ammettono la natura corpuscolare della radiazione, ma altri richiedono che la radiazione si comporti in modo ondulatorio.

De Broglie associò ad ogni corpuscolo un'onda la cui lunghezza d'onda è data dalla relazione: λ = h∕mv.


Questo concetto doveva adattarsi anche all'atomo di Bohr:

a ciascuna orbita è associato un certo valore di energia corrispondente a quello dell'onda stazionaria: perché l'onda sia permanente deve essere stazionaria e l'orbita deve contenere un numero intero di lunghezze d'onda.


2πr = nλ


Di conseguenza il fisico austriaco E. Shrodinger cercò un'equazione con la quale fosse possibile calcolare la probabilità di trovare l'elettrone in una parte o in un'altra dello spazio. Secondo il fisico infatti l'atomo non è più caratterizzato dalle orbite circolari o ellittiche dove ruotano elettroni puntiformi: il sistema è descritto dalla funzione ψ (psi), detta funzione d'onda.


Ψ2 = densità di probabilità di trovare l'elettrone nello spazio intorno al nucleo, in base alla  sua energia.

L'orbitale è la regione nello spazio in cui è massima la densità di probabilità di trovare l'elettrone; l'elettrone occupa intorno al nucleo uno spazio tridimensionale.

(Grafico)


Il principio di indeterminazione di W. Heisenberg, formulato nel 1927, smentisce le certezze della fisica classica riguardo la precisione delle misurazioni. Secondo questo principio è impossibile conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità di un particella subatomica: l'incertezza della determinazione della posizione, Δx, e della quantità di moto, Δp, dipendono dalla relazione:


Δx ∙ Δp > h∕4π


I NUMERI QUANTICI


Numero quantico principale: n. Definisce il livello di energia dell'elettrone e la dimensione degli orbitali; assume valori interi positivi da 1 a 7.


Numero quantico secondario: l. Definisce la forma e il tipo degli orbitali; assume valori interi positivi compresi tra 0 e n-1.


Numero quantico magnetico: m. Descrive l'orientazione nello spazio dell'orbitale rispetto all'altro; assume valori interi compresi tra -l e +l, incluso lo zero.


Numero quantico di spin: ms. Si basa sull'ipotesi che un elettrone ruoti su se stesso e crei un campo magnetico che può assumere due valori: ms=+1∕2, ms=-1∕2.




n

l

m

e-



























FORME DEGLI ORBITALI


Orbitali s. Si anno per l=0: gli elettroni sono disposti intorno al nucleo con una configurazione sferica. Le dimensioni dell'orbitale dipendono dal numero quantico principale: orbitale 1s, 2s, 3s, ecc.


Orbitali p. Si anno per l=1 e compaiono a partire da n=2. Sono tre, tutti con la stessa energia, ognuno formato da due lobi contrapposti, sono disposti a 90° tra loro, nelle direzioni dei tre assi cartesiani.


Orbitali d. Si anno per l=3 e compaiono a partire da n=3. Sono cinque, tutti con la stessa energia. Quattro di essi sono formati da quattro lobi con gli assi disposti perpendicolarmente tra di essi; il quinto è formato da due lobi lungo l'asse verticale con un anello di carica intorno al nucleo.


















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