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Le Lesioni Tendinee - Lesioni tendinee atraumatiche - Tendinopatie da sport

medicina



Le Lesioni Tendinee

I tendini sono formazioni anatomiche di colorito madreperlaceo, consistenza fibro-elastica interposte tra ossa e muscoli attraverso la giunzione osteotendinea (entesi) e la giunzione muscolo-tendinea.
Possono presentare in alcuni casi (ad es. nella mano) delle strutture satellitari (guaine tendinee, pulegge di riflessione) che ne coadiuvano l'azione.
Dal punto di vista ultrastutturale il tendine appare costituito da una modesta componente cellulare differenziata (tenociti) circondata da abbondante matrice extracellulare formata da fibre collagene di tipo I, proteoglicani ed elastina.
Dal punto di vista fisiologico il tendine ha la funzione di trasmettere gli impulsi meccanici derivanti dalla contrazione muscolare alle leve scheletriche.
Dal punto di vista classificativo le lesioni tendinee possono essere raggruppate,a seconda della loro eziologia, atraumatiche e traumatiche.

Lesioni tendinee atraumatiche

Tra le lesioni tendinee atraumatiche distinguiamo quelle secondarie a patologie di natura dismetabolica e quelle secondarie a patologie infiammatorie croniche o iatrogene.
Nei pazienti affetti da insufficenza renale cronica (soprattutto se aggravata da un quadro di acidosi metabolica ed iperparatiroidismo) possiamo riscontrare con una certa frequenza lesioni tendinee da aumentato riassorbimento osseo e conseguente ipecalcemia cronica. Tale condizione dismetabolica può provocare nel tendine, col tempo, degenerazione ialina, mucoide, grassa e calcifica che ne aumentano la possibilità di rottura traumatica.
Altre condizioni dismetaboliche frequentemente associate a lesioni tendinee sono il diabete mellito e la gotta.
Le lesioni tendinee secondarie a patologie infiammatorie croniche si riscontrano più frequentemente in ambito 545b13f reumatologico nei pazienti affetti da Artrite reumatoide e LES.
Tali malattie sistemiche infatti possono determinare attraverso processi infiammatori cronici o per uso cronico di farmaci lesivi per il tessuto tendineo (glicocorticoidi per via sistemica o infiltrativa locale) vari gradi di degenerazione tissutale fino a alla completa alterazione ultrastrutturale del tendine e sua conseguente distruzione.
La flogosi cronica infatti comporta localmente la liberazione di enzini proteolitici ed edema con conseguente danno sia a livello tissutale che del suo microcircolo (ischemia).
La sede anatomica di gran lunga più colpita è la mano, seguita in ordine di frequenza dal tendine di Achille e dal tendine del capo lungo del bicipite brachiale.
Nei tendini muniti di guaina sinoviale, nei punti in cui essi decorrono in tunnel osteo-fibrosi o al di sotto di bendelette fibrose, il processo infiammatorio provoca il tipico quadro clinico della tenosinovite stenosante. Caratteristica clinica comune è la difficoltà allo scorrimento del tendine nella propria guaina che all'inizio causa esclusivamente dolore ma che nel tempo può dare luogo a fenomeni di scatto fino al completo blocco articolare.
Da ricordare tra le più comuni forme di tenosinoviti stenosanti quella a carico dell'estensore breve e dell'abduttore lungo del pollice (Malattia di De Quervaine) e la tenosinovite stenosante dei flessori delle dita della mano (dito a scatto).



La rottura dei tendini dell'estensore lungo del III°, IV° e V° dito della mano di solito vanno incontro a rotture simultanee dovute generalmente alla sublussazione dorsale dell'estremità distale dell'ulna.
L' estensore del II° dito della mano invece subisce invece delle rotture a livello del legamento trasverso del carpo, mentre il tendine estensore lungo del pollice si rompe generalmente a livello del tubercolo di Lister.
La diagnosi clinica in questi pazienti talvolta può essere molto difficoltosa per la gravità del quadro e per la scarsità dei sintomi e segni ma va comunque sempre sospettata di fronte ad una deformità delle dita (dita a martello, ad asola, a dbottoniere) o del polso (ulnarizzazione , dorsalizzazione del carpo).
La tecnica riparativa della rottura dei tendini estensori di una mano artritica varia a seconda se la diagnosi viene fatta pochi giorni dopo il trauma (sutura diretta) o più tardivamente. In questo caso il curante può scegliere tra varie tecniche di trattamento ( innesto segmentario, trasposizione tendinea, sutura latero-laterale tra tendine leso e tendine integro adiacente etc.).
La rottura dei tendini flessori nei pazienti reumatoidi non è così comune come quella dei tendini estensori ma è senza dubbio più difficile da trattare chirurgicamente.
La rottura può verificarsi all'interno di un dito, come conseguenza di una tenosinovite infiltrante o a livello del polso a causa dell'usura tendinea provocata dall'osso specialmente a carico del tendine flessore lungo del pollice.
La rottura di una bandelletta del tendine superficiale può causare un dito a scatto; la rottura del tendine profondo o del superficiale possono causare, se non diagnosticate, delle rigidità articolari secondarie difficilmente trattabili in seconda istanza se non con una chirurgia di salvataggio (artrodesi).
Generalmente si preferisce non usare la tecnica degli innesti tendinei (ad eccezione del polso dove possono essere usati in casi selezionati degli innesti segmentari) per la scarsità di risultati ottenibili nella mano reumatoide ma si opta per l'artrodesi interfalangea.

Tendinopatie da sport


Definite anche lesioni da sovraccarico si intendono classificare con questo termine tutte quelle lesioni tendinee dovute ad atti motori specifici od eccessivamente ripetuti od attuati con una intensità tale da determinare in genere nell'individuo praticante attività sportiva un'azione meccano-traumatica.
Rappresentano il 30-50% di tutte le lesioni da sport e sono dovute a fattori intrinseci del soggetto (difetti torsionali od angolari degli arti, dismetrie, squilibri muscolari tra agonisti e antagonisti etc.) ed estrinseci (errori di allenamento, anomale risposte elastiche da parte di attrezzature e/o attrezzi sportivi etc.).
Dal punto di vista clinico il sintomo comune è il dolore locale ad insorgenza acuta o cronica esacerbato per lo più dai movimenti del tendine all'interno della guaina infiammata, l'edema peritendineo e, in casi ormai cronici, dalla modificazione delle caratteristiche fisiche del tendine (dimensioni, forma, consistenza etc.).
A seconda del grado anatomo-patologico d'interessamento del processo infiammatorio e degenerativo, distinguiamo tra:
- Peritendinite
- Tenosinovite associata a tendinosi

Colpisce i tendini ricoperti dal peritenonio, il foglietto tissutale differenziato che riveste il tendine (formato dall' endotenonio e dall' epitenonio) e dal paratenonio che consente al tendine di muoversi liberamente nei confronti dei tessuti circostanti.
Dolore rapidamente ingravescente, edema ed ipertermia locale, impotenza funzionale sono i tipici segni clinici di questo stato infiammatorio. Caratteristicamente al controllo ecografico il tendine comunque appare ancora sano dal punto di vista ultrastrutturale .
Le peritendiniti in genere regrediscono dopo alcuni giorni con la sospensione dell'attività sportiva, riposo relativo, ghiaccio locale e somministrazione sistemica di FANS. Può inoltre risultare utile associare un ciclo di fisioterapia mediante ionoforesi con farmaci antiinfiammatori e correnti antalgiche.
Una volta superata la fase acuta, è opportuno iniziare un programma di riabilitazione (allungamento e potenziamento muscolare, esercizi propiocettivi) che ha il duplice scopo di stimolare ulteriormente i processi di guarigione e di prevenire eventuali recidive. La terapia deve essere tempestiva ed efficace così da evitare possibili cronicizzazioni del processo infiammatorio (tendinosi). Il tendine più colpito dalla peritendinite è sicuramente il Tendine di Achille.

Tendinosi

Col tempo se trascurati i quadri clinici tenosinovitici fanno posto a veri e propri quadri anatomopatologici di tendinosi. In essi il tessuto tendineo appare ormai degenerato ed alterato nelle sue caratteristiche istologiche ed ultrastrutturali presentando aree più o meno estese di degenerazione ialina e grassa, focolai di metaplasia condroide e calcifica nonchè piccole aree di necrosi fibrinoide che intaccano e sovvertono le qualità di resistenza meccanica del ventre tendineo.
Clinicamente il profilo tendineo appare chiaramente modificato ed irregolare ma caratteristicamente la sintomatologia dolorosa è modesta presentando periodicamente ed in modo del tutto anarchico delle fasi di acuzie a risoluzione più o meno rapida.
In questi casi il programma terapeutico, fermi restando i principi generali della riabilitazione, prevede l'uso di applicazioni locali di ultrasuonoterapia pulsata alla potenza do 0.75 Watt per la durata di 10 minuti o ultimamente l'uso di Laserterapia.
Nei casi, fortunatamente non frequenti, di completo insuccesso della terapia conservativa verrà intrapresa l'ipotesi del trattamento chirurgico allo scopo da un lato di eliminare i tessuti degenerati, ev. calcificazioni o borsiti sierose e dall'altro di stimolare una rivascolarizzazione del tessuto danneggiato tenendo comunque sempre presente l'impossibilità di una completa restitutio ad integrum.

Entesopatie o tendinopatie inserzionali

Affezioni della giunzione osteo-tendinea che si manifestano clinicamente con dolore a livello dell'area giunzionale interessata ed impotenza funzionale del segmento scheletrico colpito, ipotrofia da disuso del gruppo muscolare interessato, fino a quadri di vera e propria rottura traumatica dell'entesi.
Alcune localizzazioni sono molto frequenti (extrarotatori della spalla o capsulite adesiva della cuffia dei rotatori, adduttori della coscia o pubalgia, tendinopatia del rotuleo, estensori della mano o epicondilite, dell'Achilleo o Tallodinia), altre molto rare.
Il trattamento prevede per lo più un approccio conservativo(FKT) ed in casi altamente selezionati e al massimo 2-3 volte una terapia infiltrativa locale(Depomedrol 5mg nelle piccole articolazioni e 15-40mg nelle grandi articolazioni).

Tenosinoviti ipertrofico-essudative

Interessano i tendini rivestiti di guaine sinoviali (tenovaginiti, tenovaginaliti) e possono essere causate da fattori meccanici, idiopatici o infiammatori cronici (LES, Artrite reumatoide, tubercolosi, sarcoidosi) o acuti (tenosinoviti settiche).
Le localizzazioni più frequenti, oltre alla mano, interessano i peronei, gli estensori delle dita del piede, del tibiale anteriore e posteriore, del bicipite brachiale.
Clinicamente sono caratterizzate da tumefazione locale, dolore evocabile alle manovre di contrazione muscolare attiva contro resistenza e, nelle forme fibrinose, da crepitio locale.

Lesioni traumatiche dei tendini

Sono dovute a traumi occasionali (per lo più durante attività sportiva) in tendini comunque già sofferenti e malacici per cause microtrumatiche o iatrogene oppure lesioni dirette (da taglio etc.).
Le lesioni tendinee più frequenti colpiscono gli arti ed in particolare i tendini flessori ed estensori della mano, il tendine rotuleo(per rotture traumatiche della rotula) ed il tendine di Achille.

Lesione dei tendini flessori della mano

Si verifica per lo più a carico dei tendini flessori profondi in corrispondenza dell'inserzione del tendine, prevalentemente nel sesso maschile ed in un'età compresa tra i 30-40aa.
Clinicamente di fronte ad un trauma della mano in cui vi sia il sospetto di una lesione tendinea è indispensabile una completa ed attenta anamnesi e valutazione delle condizioni vascolo-nervose dell'arto superiore. Inoltre attraverso delle semplici manovre semeiologiche potremo discernere se è stato danneggiato soltanto il tendine flessore superficiale o solo quello profondo od entrambi:
- se l'interfalangea distale (IFD) si può flettere attivamente mentre si mantiene bloccata l'interfalangea prossimale (IFP) il tendine flessore profondo non è stato leso
- se l'interfalangea prossimale si flette attivamente mentre le altre dita sono mantenute completamente in estensione, il tendine superficiale non è stato leso.
Attualmente molti Autori hanno riferito risultati sovrapponibili tra le suture primarie in urgenza (prime 48h) e le suture primarie differite( dopo le 48h). I vantaggi del trattamento differito sono rappresentati dal fatto che si può sottoporre il paziente ad un'accurata pulizia dell'area interessata. Viene usato per lo più in presenza di gravi fratture multiple della mano o delle dita, di contaminazione della ferita da parte di materiale potenzialmente infetto, di ampia perdita di sostanza cutanea.
Controindicazioni relative alla sutura primaria diretta sono le fratture e la presenza di concomitanti deficit vascolari e/o nervosi.

Dal punto di vista anatomo-patologico e riabilitativo Bunnel ha distinto la superfice palmare della mano in 5 differenti zone topografiche:
Zona I: si estende dalla zona distale d'inserzione del tendine flessore superficiale fino alla zona d'inserzione del tendine flessore profondo. In questa zona si preferisce la reinserzione del tendine flessore profondo alla base della falange e l'excisione del troncone tendineo superficiale
Zona II: detta anche no man's land, si estende tra la plica palmare distale e l'inserzione del flessore superficiale. Tale zona contiene le guaine tendinee per cui non si deve mai effettuare delle suture termino-terminali ma delle libere plastiche tendinee.
Zona III: è compresa tra il margine distale del legamento trasverso del carpo e l'inizio della zona critica delle pulegge. In questa zona le lesioni del tendine flessore superficiale non vengono suturate mentre in caso di lesioni del tendine flessore profondo è indicata l'anastomosi termino-terminale con escissione del troncone tendineo superficiale.
Zona IV: è rappresentata dall'area ricoperta dal legamento trasverso del carpo. La sutura primaria termino terminale non provoca problemi.
Zona V: è posta prossimalmente al legamento trasverso del carpo. Anche in questo caso può essere effettuata la sutura termino terminale primaria diretta.

Nelle lesioni inveterate (l diagnosi è stata posta dopo alcuni mesi dall'evento traumatico), se il moncone prossimale è meno di 1cm rispetto al distale, si può effettuare un avanzamento tendineo, se > di 1cm si può effettuare un innesto tendineo.

Lesione tendini estensori della mano

Le lesioni da strappamento del tendine estensore nella falange distale di un dito rappresenta in genere una lesione chiusa provocata da un trauma sul dito flesso sulla falange distale o a livello osseo o direttamente all'attaccatura del tendine.

Rottura traumatica del Tendine di Achille

Essa rappresenta l'episodio terminale di un processo degenerativo che, decorrendo in modo quasi del tutto asintomatico, coinvolge in maniera più o meno estesa la compagine tendinea.
Il quadro clinico è abbastanza caratteristico: dolore acuto, sensazione di strappo nella regione posteriore del collo del piede, impossibilità immediata alla deambulazione ed al carico.
All'esame obiettivo si riscontra una modificazione del profilo cutaneo con la presenza di un avvallamento in sede di rottura mentre alla palpazione è possibile individuare la presenza di una vera e propria soluzione di continuità nel decorso del tendine di Achille. A distanza di qualche ora si assiste alla comparsa di una discreta tumefazione locale secondaria allo stravaso ematico e all'edema che rende più difficile il riscontro obiettivo della lesione.
In questi casi il Test di Thompson ( in posizione prona con i piedi sporgenti dal lettino, la compressione del tricipite evoca la flessione plantare del piede) appare negativo.
La diagnosi clinica può essere confermata strumentalmente dalla valutazione ecografica che se positiva mostrerà un'area di "vuoto acustico" in corrispondenza della diastasi tendinea.
Il trattamento della rottura sottocutanea del tendine di Achille è chirurgico e consiste nella sutura termino-terminale del tendine associata (a seconda dell'estensione del danno tendineo e alle condizioni istopatologiche del tendine) ad una plastica di rinforzo utilizzando il tendine del plantare gracile.
Solo nei casi in cui la rottura non sia completa può essere presa in considerazione l'eventualità di un trattamento conservativo.
Lo stivaletto gessato dovrà comunque in entrambi i casi essere confezionato in equino e mantenuto per almeno 30 giorni. Tale fase dovrà poi essere seguita da un'accurata rieducazione funzionale comprendente esercizi di mobilizzazione articolare e potenziamento della muscolatura posteriore della coscia nonchè di ricondizionamento propiocettivo della tibiotarsica.


Bibliografia

Le lesioni muscolari e tendinee nella traumatologia dello Sport.
G. Santilli, S. Dragoni.
Documenta Geigy, 1995.


Incomplete rupture of the tendon of triceps brachii.
C.F.A. Bos, R.G.H.H. Nelissen, J.L. Bloem.
International Orthopaedics (1994) 18: 273-275.


Flexor Tendon Injures: I. Foundations of Treatment.
J. W. Strickland.
Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons. Vol 3., 1, 44-54, 1995.


Flexor Tendon Injures: II. Operative Technique.
J. W. Strickland.
Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons. Vol 3., 1, 55-62, 1995.






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