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Livio Andronico e Nevio - La vita

letteratura latina



Livio Andronico e Nevio

La vita

Nato a Taranto nel 284 a.C. ca., Livio Lucio Andronico era un ex schiavo che partecipò alla guerra tra Taranto e Roma al seguito del suo protettore, il senatore Livio Salinatore, il quale lo affrancò e gli concesse il praenomen, dopo avergli affidato l'educazione dei figli , cosicché egli era un grammaticus, ovvero professore di scuola. Nel 240 scrisse la prima opera teatrale latina secondo modelli greci: è da questo momento che tradizionalmente si fa cominciare la storia della letteratura latina. Nel 207 compose un partenio in onore di Giunone, ovvero un carmen propiziatorio cantato in una solenne processione per le vie di Roma, durante la II guerra punica per allontanare la minaccia d 525h79f el cartaginese Asdrubale. Come riconoscimento per il poeta, fu istituita allora una vera e propria associazione professionale, ovvero il collegium scribarum histrionumque, la corporazione di scrittori ed attori, con sede nel tempio di Minerva, sull'Aventino. Livio Andronico, già molto anziano, morì qualche anno dopo, probabilmente nel 204 a.C.

Gneo Nevio nacque tra il 275 e il 270 a .C. a Capua, Campania, città che godeva della cittadinanza romana ma non del diritto di voto: egli è dunque sine iuri suffragio, ovvero senza diritto di voto nelle assemblee di Roma. Nevio partecipò alla prima guerra punica (264-241) e nel 235 rappresentò le sue prime opere. Probabilmente era un plebeo di nascita e questo spiega il fatto delle sue frequenti sortite politiche antinobiliari, sempre mordaci e aggressive: non abbiamo inoltre indizi che si appoggiasse a protettori aristocratici, come invece nel caso dei rapporti tra Livio Andronico e Livio Salinatore. Si sospetta che fosse stato incarcerato per certe allusioni contenute nei suoi drammi, soprattutto contro la potente famiglia dei Metelli: l'ambiguo saturnio "fato Metelli Romae fiunt consules", traducibile sia in "E' destino di Roma che i Metelli siano fatti consoli" che in "E' sventura di Roma.", ci fa capire come il poeta la pensasse in fatto di politica interna; ad esso, i Metelli avrebbero risposto con un saturnio divenuto altrettanto famoso: "dabunt malum Metelli Naevio poetae". Morì probabilmente nel 201 durante l'esilio, forse volontario, a Utica, in Africa (dove ebbe anche occasione di trarre materiale per il suo capolavoro epico).



Le opere

Livio si può giudicare l'iniziatore della letteratura latina; egli si dedicò prevalentemente al genere tragico: di lui, abbiamo 8 titoli di tragedie che rivelano una netta predilezione per gli argomenti del ciclo troiano: Achilles, Aiax mastigophorus (la follia e il suicidio di "Aiace armato di frusta"), Equos troianus ("Il cavallo di Troia"), Aegisthus (adulterio di Critennestra con Egisto e uccisione di Agamennone), Hermiona (Ermione, figlia di Menelao e di Elena: Neottolemo, suo promesso sposo e uccisore di Priamo, è ucciso da Oreste), Andromeda, Tereus e Danae. Scrisse anche una palliata, Gladiolus, ovvero Sciaboletta, una sorta di soldato ammazzatutti,, e un partenio, ovvero un canto per un coro di vergini, di cui però niente ci è pervenuto. Di questa intensa produzione, di cui ci restano solo i titoli e alcuni frammenti, è difficile dire quanto si trattasse di semplici traduzioni, di adattamenti o di riduzioni di opere greche, e quanto fosse invece il contributo della farsa italica.

Di Nevio conosciamo invece

  • 2 praetexte: il Romulus, che tratta della mitica fondazione di Roma, e il Clastidium, cioè la celebrazione di Marco Claudio Marcello, vincitore degl'Insubri nella decisiva battaglia omonima, nella guerra di Gallia,; è incerto se abbia scritto una terza pretesta, ovvero Lupus (la Lupa), che trattava delle vicende di Romolo e Remo;
  • 6 tragedie, di cui 4 su argomenti del ciclo troiano: Equos troianus, argomento caro ai romani, Aesiona, altra leggenda relativa alle catastrofi troiane, Hector proficiscens, il commiato di Ettore, Iphigenia, Danae, che scrisse in gara con Livio Andronico, e Lycurgus, una rappresentazione dionisiaca dovuta al diffondersi del culto di Bacco nell'Italia meridionale e nel Lazio durante gli ultimi decenni del III sec.;
  • 34 palliate, con titoli sia greci che latini; le palliate dai titoli greci sono: Acontizomenos, il colpito dal dardo, Agrypnuntes, gli insonni, Glaucoma, la cataratta, Guminasticus, il ginnasta, Technicus, il maestro d'arte, Tribacelus, il tre volte eunuco, Triphallus, l'uomo dai tre membri. Le palliate aventi titolo latino sono invece: Figulus, il vasaio, Agitatoria, la commedia dell'auriga, Paelex, la concubina, Proiectus, colui che è stato esposto alla nascita, ovvero rifiutato dai genitori, Dementes, i pazzi, Quadrigemini, i quattro gemelli. Con Testicularia, la commedia dei testicoli, e Tarentilla, la ragazza di Taranto, ossia il ritratto di una ragazza civettuola, ci troviamo di fronte a vere e proprie commedie dell'amore, perlopiù contenenti salaci implicazioni fescennine. In Personata, la commedia delle maschere, e Ariolus, l'indovino, è fortemente presente l'elemento romano-italico.

Se Livio si cimenta nella tragedia d'argomento e costume greco, la cosiddetta cothurnata, Nevio, al contrario, non solo scrive cothurnate, ma addirittura crea la praetexta, ovvero la tragedia d'argomento e costume romano. I personaggi prediletti da Livio e Nevio nelle proprie cothurnate, sono personaggi del ciclo troiano conosciuti dai romani. Nevio si cimenta soprattutto nella commedia d'argomento e costume greco, mentre è incerto se si sia cimentato nel genere della togata; Livio, invece, scriverà soltanto una commedia. I protagonisti delle commedie dei due autori sono diversi, anche se entrambi cari al pubblico. Il Gladiolus di Livio ha come protagonista il soldato smargiasso, particolarmente caro alla commedia, mentre Nevio nelle proprie palliate conferisce grande importanza al servo furbo, intuendo la notevole libertà di cui avrebbe potuto godere un simile personaggio sulla scena romana. Il servo furbo diventa quasi la rappresentazione scenica dell'autore, simbolo della sua libertà, creatività e arguzia non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista letterario, nel saper riadattare copioni attici alla scena romana.

Ma il capolavoro di Nevio è sicuramente il Carmen belli Poenici, meglio conosciuto come Bellum Poenicum, scritto in saturni, probabilmente durante la vecchiaia, intorno al 209 (nel momento in cui l'Italia era minacciata da Annibale) e comprendente circa 4000/5000 versi, aventi come argomento la prima guerra punica: in origine era un lungo carme (carmen continuum) e solo in seguito (II sec. a.C.) venne diviso in 7 libri da Ottavio Lampadione. Il  poeta non tratta soltanto delle vicende della guerra cartaginese, ma anche della preistoria di Roma: nei primi canti, la cosiddetta archeologia del poema, parla dell'impresa di Enea, fondatore di Roma, e dei suoi amori con la regina Didone, fondatrice di Cartagine, per spiegare la rivalità che opponeva le due città. A questo modo intende mostrare che il fato è dalla parte di Roma, dando così la certezza della vittoria finale ai suoi concittadini.



Capolavoro di Livio è invece la traduzione, in lingua latina e versi saturni, dell'Odissea di Omero, Odusia. L'Odissea rappresentava un testo fondamentale della cultura greca, più popolare, grazie alla sua atmosfera avventurosa, dell'Iliade, troppo legata alla storia della Grecia arcaica. Ulisse, che si diceva fosse arrivato in Italia, era sicuramente un personaggio più interessante e affascinante di Achille, più vicino al gusto dei Romani, che vedevano nell'eroe un "richiamo" ad Enea, con i suoi viaggi e il suo lungo peregrinare. Proprio per questo, l'Odusia rimase in uso come testo scolastico fino alla stesura dell'Eneide di Virgilio.

Nell'affrontare la traduzione di un'opera di così grande importanza, e soprattutto nell'essere il primo a farlo, senza avere una tradizione epica alle spalle, Livio si ritrovò davanti ad una serie di problemi riguardanti la resa latina del poema. Egli si preoccupò in primo luogo di interpretare correttamente il significato dei termini omerici, e poi, per dare solennità e intensità al suo linguaggio letterario, cercò di imitare, nella traduzione, l'antica lingua dei carmina latini in modo da rimanere fedele agli arcaismi utilizzati da Omero nell'Odissea. Cercò poi di attualizzare la propria opera, approfondendo lo studio sia dei testi greci che degli antichi prodotti della cultura romana delle origini. Come forma metrica scelse il saturnio, quando Omero aveva utilizzato l'esametro greco; tipica della sua poesia è anche la ricerca del pathos, ovvero della tensione drammatica, della solennità: sentimenti e passioni sono particolarmente accentuati.

Nevio, nonostante mantenga un'ispirazione nazionale di fondo al poema, non s'allontana tanto dalla tradizione letteraria greca: nel suo poema si intrecciano infatti, proprio come nell'Odissea e nell'Iliade, una storia di viaggi e una storia di guerra.

Mentre l'Odusia di Livio si ispirava in un certo senso alla tradizione italica, il Bellum Poenicum è maggiormente romano: le circostanze storiche, Roma in lotta per la sua stessa esistenza, provocano un accesso di nazionalismo, che porta l'autore ad esaltare gli eroi nazionali. Non a caso è anche il momento in cui si forma la tragedia praetexta, simbolo quasi di una nuova orgogliosa consapevolezza della propria identità nazionale.

Se Livio ricerca uno stile alto e solenne, in grado di eguagliare quello originale del poema, accentuando sentimenti ed emozioni, al contrario Nevio, nella narrazione storica, ricorre ad uno stile semplice e severo, anche se vi sono dei brani con un tono più solenne, di maggiore tensione stilistica ed emotiva. La parte mitologica è caratterizzata da un frequente utilizzo dell'aggettivazione esornativa, scarsamente utilizzata nella parte storica, che ricorre anche in Omero, così come l'uso dei composti. Certi aspetti, come le figure di suono, presuppongono un'originale mescolanza di cultura romana e greca nel testo. Anche in Nevio, così come in Livio Andronico e dunque in Omero, è frequente l'uso di arcaismi. Tipico ed esclusivo di Nevio è invece lo stile a ripresa, consistente nel riprendere una frase finita con alcuni termini contenuti nella frase precedente.

Quali furono i meriti dei due autori? Merito di Livio non fu tanto quello di introdurre a Roma la letteratura greca, quanto quello d'aver inaugurato una letteratura latina sul modello dell'originale greca, nobilitando al tempo stesso la lingua e la metrica latine. Nel poema di Nevio invece la storia recente diventa materia per un'opera nuova, ma non per questo rozza o primitiva, che attinge, nel suo codice epico, alla tradizione di un popolo, quello romano, per cui ha grande importanza il sacrificio, visto come un dovere indiscutibile nei confronti della comunità, e dove l'elemento mitico-religioso ha notevole importanza.

Con Nevio, dunque, il processo di romanizzazione del contenuto, avviato da Livio Andronico, raggiunge il suo massimo compimento.







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