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GLI INIZI DELLA STORIOGRAFIA

letteratura latina



GLI INIZI DELLA STORIOGRAFIA


Quinto Fabio Pittore, Cincio Alimento e Marco Porcio Catone detto il Censore sono i primi storiografi. Sono una novità, perché scrivono di storia in prosa. Anche Nevio aveva scritto di s 333h79d toria, ma l'aveva fatto in poesia.


Quinto Fabio Pittore

Vive nel III secolo a.C. ed è attivo ai tempi della seconda guerra punica. Nel 216 fu inviato in Grecia per consultare l'oracolo di Apollo per sapere come sarebbe proseguita la guerra dopo la sconfitta di Canne.


È uno storico annalistico, cioè racconta i fatti procedendo di anno in anno. Non rimane nulla della sua opera, gli Annales, ma ne siamo a conoscenza perché viene citata dagli autori successivi.

È scritta in greco: il suo pubblico era costituito dalle persone che conoscevano il greco, inoltre voleva illustrare le ragioni dei romani a un pubblico non romano perché fino a quel momento era sempre stato rappresentato il punto di vista non romano, infine il greco era la lingua internazionale del tempo.

Esiste anche una versione in latino dell'opera: probabilmente altri scrittori l'hanno tradotta.




È un'opra documentata: lo scrittore si è documentato prima di scrivere.

Egli cerca le cause dei fatti, sul modello della storiografia ellenistica.


Quinto Fabio Pittore cerca di vivacizzare il racconto inserendo riflessioni personali, aneddoti e prodigi.


Cincio Alimento

Non è rimasto niente della sua opera, gli Annales.

Era scritta in greco e raccontava la storia di Roma dalle origini alla II guerra punica.


CATONE IL CENSORE


È qualcosa di più di uno storico: è un letterato a tutto tondo, un uomo politico e un rappresentante della mentalità conservatrice e antiellenica. 


Vita e azione politica e moralistica di Catone

Catone visse 85 anni, dal 234 al 149 a.C. Combatté la II guerra punica e visse fino agli inizi della III guerra punica.

Nasce a Muscolo da una famiglia della piccola nobiltà terriera. Trascorre i primi anni della sua vita in Sabina, una regione del Lazio nota per il suo tradizionalismo. Questo gli lascia l'attaccamento per la terra, il lavoro dei campi e i valori tradizionali.


Partecipa alla II guerra punica ai 17 ai 27 anni. Poi torna a Roma, dove comincia la sua carriera politica. Il cursum honorum inizia nel 204 con la carica di questore, poi nel 195 è console e infine censore nel 184. Quest'ultima è la carica per cui è rimasto famoso.


Diventa il leader del partito conservatore, nemico degli Scipioni e contro l'ellenizzazione.

Catone e gli Scipioni hanno una differente visione della vita e della politica:

Catone non amava gli atteggiamenti di uomo superiore e della provvidenza di Scipione; non amava il culto della personalità.

Per Catone il magistrato doveva servire lo stato non per averne gloria né benefici; accusava gli Scipioni di corruzione e immoralità.

Catone trascinò in giudizio Scipione e lo indusse all'esilio: dopo la guerra siriaca, combattuta contro Antioco di Siria (191-188), Antioco deve pagare una somma alla vincitrice per indennizzo ma Scipione di impadronisce di una parte di questo denaro.

Catone difende la piccola proprietà ed è il difensore dei contadini.

Scipione è il difensore degli affaristi, degli imprenditori e di quelli che hanno vantaggi dalle guerre di conquista. Catone è contrario alle guerra di conquista perché i prodotti italici non reggono la concorrenza dei prodotti provenienti dall'estero.


Catone esercita la censura con punte di fanatismo e prende dei provvedimenti ridicoli e grotteschi. Radiò dall'ordine dei senatori un senatore perché aveva baciato la moglie in pubblico alla presenza della figlia. Poi eliminò due cavalieri dall'ordine equestre per questioni di immagine: uno era vecchio e malfermo, e l'altro era troppo grasso. Infine se la prende con il lusso e l'abbigliamento.


Tuttavia era una persona leale e per il rispetto della parola data.

L'orazione pro Rodiensibus del 167 testimonia la sua lealtà. Era da poco finita l'ultima guerra contro i macedoni. Gli abitanti di Rodi si erano mantenuti neutrali. Questo aveva irritato i ceti affaristici ed economici, e proponevano di distruggere Rodi per impadronirsi delle sue ricchezze. Catone difese la città per il rispetto delle alleanze (Rodi era alleata di Roma).


Catone non fu sempre rigidamente conservatore: da vecchio indebolì il rigore del tradizionalismo e accettò la logica del capitalismo. Così fece investimenti e speculazioni e commerciò schiavi.

Cambiò la sua idea a causa della concorrenza di Cartagine: dopo la II guerra punica Cartagine era risorta come potenza economica, e i suoi prodotti, soprattutto olio e vino, facevano concorrenza. Catone così si convinse di combattere Cartagine e concludeva le sue orazioni con il motto Carthago delenda est.


Catone muore nel 149, agli inizi della III guerra punica.


La politica culturale tradizionalistica e antiellenica

Catone fu nemico della cultura greca e vi si oppose in tutte le maniere.



Scrisse dei libri per educare il figlio perché non si fidava dei maestri greci: Ad Marcum filium libri. Questa è un'opera dal carattere enciclopedico in cui manifesta la sua avversione per la cultura greca.

Afferma che la cultura greca corromperà ogni cosa e demolirà il mos maiorum e che i medici greci uccideranno tutti i barbari, cioè coloro che non parlano greco.


Nel 187 fa uccidere i baccanali, cioè quelli che aderivano al culto di Bacco, che stava prendendo sempre più piede a Roma e il senato lo aveva impedito per tre volte.


Negli anni 173, 161 e 155 Catone fa espellere da Roma gruppi di intellettuali greci. L'episodio più significativo è quello del 155, quando vengono scacciati tre ambasciatori greci. Tra questi c'è anche Carneade, che tiene due discorsi sulla giustizia per dimostrare che i romani avevano un'idea della giustizia interessata.


In seguito Catone temperò il giudizio drastico nei confronti della cultura greca. Infatti imparò il greco e ammise che qualche valido insegnamento lo si poteva trarre dagli scrittori greci. 


Le orazioni

Catone fu un oratore, che è la condizione necessaria per essere un uomo politico perché attraverso l'oratoria si convincono le assemblee politiche. Secondo Cicerone e Aulo Gellio fu il primo grande oratore romano.

La sua oratoria si caratterizzò per essere diretta e molto efficace, elevata e solenne.


Scrisse più di 150 orazioni, e le inserisce nella sua opera storica, le Origines, in cui racconta le origini della città di Roma e di altre importanti città italiche.


I libri dedicati al figlio Marco

È un libro pedagogico e un manuale scolastico a favore del figlio Marco.

È un'opera enciclopedica, che abbraccia diverse discipline e dà grande importanza alla retorica.


Secondo Catone un oratore deve essere "vir bonus dicendi peritus", cioè un uomo perbene, esperto nell'arte della parola. Qui emerge la sua idea moralistica della politica. Il suo principio di metodo è rem tene, verba sequentur, cioè "impadronisciti dell'argomento, le parole verranno da sole".


Il de agri cultura

È l'opera dedicata all'agricoltura.

È la prima opera in prosa della letteratura latina giuntaci intera.


È un trattato che insegna come si conduce un'azienda agricola secondo la logica del profitto. In quest'opera Catone lascia perdere gli aspetti ideali della coltivazione della terra, lascia perdere il mos maiorum, e questo segna la svolta affaristica e capitalistica.


Catone ha una bassa considerazione degli schiavi: per lui sono strumenti di lavoro che si possono sfruttare fino in fondo e che si possono vendere. Ha un'opinione negativa anche della moglie del padrone: infatti la chiama massaia ed è l'amministratrice dei beni del padrone.


Catone ritiene l'agricoltura attività preferibile al commercio e all'usura. Infatti è più sicura e meno esposta ai rischi, più onorata e dal punto di vista politico gli agricoltori sono più stabili.


Catone storico: le Origines

È l'opera storica di Catone, è scritta in sette libri, ma noi ne abbiamo solo dei frammenti.


In quest'opera si parla delle origini della città di Roma e di altre città importanti italiche, delle guerre puniche e della storia di Roma fino al 151. Il primo libro è dedicato alle origini di Roma, il secondo e il terzo alle origini delle altre città italiche e gli altri, dal quarto al settimo, sono i libri storici, dedicati alle guerre cartaginesi e alla storia romana fino al 151.


Catone rifiuta il metodo annalistico perché è troppo semplice: i pontefici massimi si limitavano a riportare solo pochi fatti. Egli, invece, vuole indagare le ragioni e le cause dei fatti.


L'opera riconferma la visione del mondo secondo Catone. Egli ha l'avversione per ogni concezione individualistica della storia e della politica, ha un atteggiamento anti-scipioniano e si era opposto al loro culto della personalità. Era inoltre contro l'idea che erano i grandi a fare la storia.

Infatti, secondo lui, Roma è diventata così grande grazie anche all'aiuto delle altre città italiche.

Non cita mai i nomi dei comandanti perché le imprese sono imprese collettive del popolo romano. L'unica eccezione è per Cedicio, un ufficiale subalterno che durante la prima guerra punica, grazie al sacrificio suo e del suo esercito di 400 uomini, ha salvato il resto dell'esercito.

Polemizza contro i greci, che hanno esaltato l'impresa analoga di Leonida perché a Cedicio non è stato dato il giusto risalto, mentre si è esagerato riguardo Leonida.


Inserisce nell'opera parti delle sue orazioni, e ciò documenta la sua partecipazione alla vita politica. Però questo fa nascere delle perplessità, perché in questo modo Catone si autocelebra e contraddice la sua concezione anti-individualistica.






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