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Catullo e Sallustio

letteratura latina




BIBLIOGRAFIA



"CUORE SENZA FINE", a cura di Paolo Fedeli. Paravia 1975


"LETTERATURA LATINA", Italo Lana.  G. D'Anna 1975




        • "POETI E FILOSOFI DI ROMA", M. Valgimigli. Firenze 1964


        • " POETAE NOVI: STORIA DI UN MOVIMENTO POETICO",  Marzorati. Como 1945

        • "SALLUSTIO, ASPETTI DELLA FIGURA, DEL PENSIERO, DELL'ARTE", Paladini. Principato Milano 1948


L'ambiente di Catullo

L'esperienza poetica di Catullo matura nell'ambiente dei poetae novi, un gruppo di amici - scrittori legati dall'omogeneità della classe sociale di appartenenza. Si trattava di persone materialmente agiate, provenienti in maggioranza dalla regione cisalpina. I cosiddetti poeti neoterici non sono dei professionisti, non ambiscono ad un'affermazione sociale ed hanno come strumento creativo l'otium. Il disimpegno nasce da una forte esigenza di novità e di ridare vita ad una letteratura che con il passare del tempo si era progressivamente inaridita. Il periodo in cui accade questo è da collocare approssimativamente tra la morte di Silla (78 a.C.) e l'assassinio di Cesare (44 a.C.); la società, dilaniata dalle guerre civili, si stava avviando verso un inesorabile processo di disgregazione. È un periodo in cui vengono a mancare le basi comportamentali che fino ad allora avevano sostenuto la civiltà. La reazione degli intellettuali era duplice: da una parte c'era la volontà ciceroniana di fondere il concetto di humanitas (che appartiene alla sfera privata) con il valore tradizionale della virtus (che invece connota il vir al servizio della res publica), dall'altra i poeti hanno preferito isolarsi dalla realtà politica dedicandosi all'introspezione e all'indagine sul proprio sentire interiore.

La contestazione dei poetae novi non si arrestava tuttavia alla polemica letteraria, ma coinvolgeva anche i modelli etici e i valori stessi del mos maiorum, ai quali Sallustio era molto attaccato, con atteggiamenti di aperta dissacrazione, sia sul piano verbale sia nei comportamenti ostentatamente anticonformisti, quali l'esaltazione della salax taberna e della gozzoviglia, o il disprezzo per l'attività politica: di qui la sostanziale diffidenza per la cultura ufficiale, che da un lato guardò con interesse la ricerca di un più rigorosomagistero formale e il richiamo ai modelli greci, ma dall'altro respinse un concetto di poesia che affondava dichiaratamente le sue radici nell''otium e si proponeva provocatoriamente come priva di qualsiasi fructs, cioè di un utile per la comunità e per lo Stato.


I valori e il sarcasmo

Il tema della brevità della vita e della spensieratezza è il punto focale della poesia di Catullo: la fragilità della vita e la fuggevolezza dei piaceri amorosi non ispirano al poeta, come a tanti altri poeti antiche i moderni, un atteggiamento di pensosa e addirittura sconsolata malinconia, ma lo inducono a sfruttare nel modo più piacevole possibile il suo breve tempo terreno. L'affermazione dei diritti del quotidiano ha, in Catullo, uno slancio provocatorio che lo porta a comporre carmi su "inezie" come una battuta salace, un'impressione di gioia o di irritazione colta nel vivo dell'eccitazione che l'ha suscitata. E il poeta raffinato ed esigente si compiace di usare espressioni drastiche e colorite, e anche locuzioni che rinviano al turpiloquio quotidiano.

Numerosi epigrammi ci dipingono Catullo intento ad un'esistenza volutamente spensierata: il poeta non ricerca, nella vita, grandi piaceri o particolari gloria, ma è reso felice dai piccoli piaceri e dalle situazioni divertenti. Ne nasce un'ironia sottile e raffinata, che, unita alla ricercatezza dello stile, conferisce al carme una particolare eleganza.

Nel carme 13 Fabullo, uno dei più cari amici, si è probabilmente autoinvitato a cena e Catullo replica con questo spiritoso epigramma in cui gli annuncia che sarà il benvenuto, a patto che voglia portare tutto il necessario, mentre il poeta, a causa della sua povertà, non sarà in grado di offrirgli che la sua amicizia e un unguento che, tra l'altro, appartiene a Lesbia: il profumo è talmente inebriante che Fabullo desidererà di trasformarsi in un solo grande naso!

Il carme 26 è uno dei carmi contro Furio (partigiano di Cesare): la villa in cui costui abita, insieme al padre e alla madre, non è esposta al soffio del Favonio o dell'Euro, ma ad un'ipoteca di 15000 sesterzi: non si tratta, dopotutto, di una gran somma, ma lo squattrinato Furio non ha neanche i soldi necessari per liberarsi dall'ipoteca. Da questo componimento emerge la velenosità di Catullo non contro l'uomo politico o l'ideale un fattispecie, facilmente opinabile per una possibile replica di faziosità, ma contro l'uomo.


La tormentata relazione con Lesbia

Il primo quesito con cui il lettore si scontra leggendo le liriche di Catullo riguarda la figura di Lesbia. Non si hanno dati certi per sapere se questa persona, tanto amata dal poeta nei suoi componimenti, fosse esistita realmente o non fosse invece una semplice invenzione letteraria. Il primo dato certo è che "Lesbia" non è il vero nome della donna, ma solamente uno pseudonimo utilizzato dal poeta per alludere alla poetessa greca Saffo, vissuta nell'isola di Lesbo nel VII secolo. Questa scelta ci indica un'informazione importante: Catullo ha voluto descrivere implicitamente una donna docta, raffinata e molto bella, qualità che destano nel poeta intense passionalità erotiche. Il vero nome molto probabilmente è Clodia, e anche se questa tesi ha avuto diversi oppositori sia da parte di studiosi letterali che da storici, oggi può essere considerata vera. È una donna affascinante e sicura di sé, molto risoluta ed ambiziosa, senza troppi scrupoli; nel carme 37 Catullo ce la descrive come una donna che ha diversi legami con l'ambiente politico, non ha limiti morali ed ha comportamenti al limite del buon gusto. L'eccessiva violenza verbale del poeta dimostra la sua rassegnazione a vedere la sua amata come una meretrice da strada intorpidita da sfrenata spregiudicatezza.
La stessa configurazione negativa è presente anche in alcuni discorsi di Cicerone in difesa dell'amico Celio Rufo, accusato di aver avvelenato la sua donna Clodia (che quasi sicuramente è Lesbia) per sottrarle i gioielli. Nel suo discorso Lesbia appare come una donna profondamente immorale, vista più come amica di tutti piuttosto che nemica di qualcuno.


Il disimpegno e la rottura

Dunque, nel rapporto con Lesbia, Catullo (e in piena fedeltà alla poetica neoterica) trasferisce tutto il proprio impegno, sottraendosi ai doveri e agli interessi propri del civis romano (del resto, sebbene vissuto in un'epoca di grandi cambiamenti politici, egli nelle sue composizioni dimostra una grande indifferenza per le situazioni e per gli uomini più in vista, quali ad es. Cesare e Cicerone): tende insomma a ritagliarsi una sorta di spazio del privato (otium), dove vivere e parlare esclusivamente d'amore. Catullo rimase infatti lontano dalla vita politica, non provando alcuna attrazione verso di essa; nei suoi epigrammi prende di mira spesso personaggi politici come Cesare, Mamurra, Vatinio, Nonio, ma non perchè Catullo avesse una qualche preferenza politica, tant'è vero che Cesare fu ospite del poeta ed egli riconosce le sue imprese. Più che altro, Catullo, si indigna di fronte alla bassezza morale dei politicanti profittatori che ricorrono a subdoli trucchi per raggiungere i propri scopi. Catullo prende in giro non i partiti o le idee politiche, ma gli uomini. Negli ultimi anni della sua vita, quando aveva ormai perso fiducia nell'uomo, la corruzione politica si aggiunge ai suoi problemi, e fa cadere il poeta in una disperazione dell'animo ancora più grande. Catullo non risparmiò nessuno, né Cicerone che era apertamente critico verso questa forma di poesia e quegli ideali di vita- né Cesare, amico di famiglia, che non se la prese visto che in genere sapeva stare allo scherzo, soprattutto se ben fatto.  


Sallustio: la storiografia come arma politica


Egli compose le sue opere storiche dopo il ritiro dalla vita politica conseguente all'uccisione di Cesare, di cui era stato partigiano fervente (invece Catullo lo detestava) e a cui doveva ogni sua fortuna.

Le delusioni della vita attiva lo convincono ad un certo momento a ritirarsi dalla scena pubblica, anche per corrispondere più pienamente ad una sua inclinazione per la vita contemplativa, che egli confessa di aver sentito vivissima già nell'adolescenza, quando, però, l'aveva sacrificata alla tentazione di prendere parte alle travagliate vicende politiche.

Ma anche nel ritiro egli volge ancora lo sguardo ai tempi passati: non tuttavia, con l'intento di capire meglio il presente, bensì per illuminare gli anni in cui regnò Cesare.

Sallustio considerò la storiografia, ritenuta comunque inferiore alla politica attiva, non solo come cronaca di fatti, ma anche come archeologia, cioè come ricerca delle loro cause: essa quindi tende a configurarsi come indagine sulla crisi, e l'impostazione appunto monografica ben si prestava alla messa a fuoco di un periodo o problema storico: analisi che lo storico conduce a partire comunque e sempre da un moralismo di fondo, da una profonda contraddizione tra essere e dover essere, tra le parole e i fatti, tra i propositi e le realizzazioni.

Da ciò emerge pure il lato nostalgico di utopista deluso: dagli eventi e dalle persone. Il modo di Sallustio di difendersi e di sottrarsi a tali dispiaceri fu appunto quello della storiografia.



I valori: invettiva contro la iuventus


Nel "De coniuratione catilinae" Sallustio critica aspramente i costumi e il lusso sfrenato della iuventus contemporanea: essi "rubavano, danneggiavano i loro beni, li consideravano poca cosa, aspiravano a quelli degli altri, disprezzavano senza alcuna differenziazione le leggi umane e quelle divine, e non avevano nessuno scrupolo ne' ritegno".

Non è un ritratto morbido, quello che Sallustio ci da' della gioventù agiata: la stessa cerchia di persone alla quale, molto probabilmente, apparteneva Catullo.

Anche da qui emerge il lato nostalgico di Sallustio, ancora profondamente affezionato ai mos maiorum.

Probabilmente egli avrebbe detestato una donna del genere di Lesbia, considerandola come Cicerone "una ragazza da quattro soldi".



Concezione della storia


Cesariano convinto, ex tribuno della plebe decide di farsi storico di Roma quando si vede preclusa la carriera politica. Nella mentalità romana il bene facere era considerato più glorioso del bene dicere.egli continua a ritenere le attività pubbliche superiori a quelle private e la riflessione storica si rivela come l'unica possibilità di servire degnamente le istituzioni. La storiografia per lui sarà dunque la degna prosecuzione dell'attività politica in tempi in cui essa non è resa possibile. Egli vuole narrare carptim, per episodi, le gesta dei Romani iniziando dalla congiura di Catilina,passa poi alla guerra giugurtina in cui si contrasta la boria dei nobili. Vuole darsi ragione della grave crisi che Roma sta attraversando da decenni, sceglie gli argomenti in cui può individuare gli episodi emblematici dai quali è scaturita la crisi, è una storiografia politica:indagare il passato per capire il presente (archeologia). Sceglie un impianto di tipo monografico perché vuole concentrarsi su un fatto decisivo da cui illuminare la storia di Roma.Questo tipo di modello era stato trascurato, da Tucidide ricava il procedimento dell'archeologia, i discorsi direttamente attribuiti ai protagonisti, gli excursus, lo stile arduo e austero.Concezione agnostica e individualistica della storia come dramma dei singoli uomini à i protagonisti sono eroi negativi. Il modello storiografico tucidideo viene mescolato a quello ellenistico (pathos, drammatizzazione eventi,variazioni tematiche, digressioni, rilievo dei ritratti) à complessità storica e narrativa. La narrazione non è mai condotta in modo lineare e cronologicamente ordinato à piani diversi. Utilizza il principio di brevitas nella scelta degli avvenimenti: sceglie solo quelli importanti e funzionali al discorso. Gli excursus tendono a culminare drammaticamente in un grande discorso o in un ritratto. Evita il macabro. Tema della virtus  ormai degradata dall'insorgere di viziose passioni, rappresenta anche i rapporti umani che presiedono ai movimenti storici. Il pessimismo di Sallustio nasce dall'analisi concreta dei fatti, ma l'atmosfera tragica è rischiarata dalla vitalità e dal profondo coinvolgimento morale dell'autore.

Analogie e differenze


Entrambi ebbero un rapporto contrastato con la politica, ma reagirono in modi diversi a questa delusione.

Catullo se ne disinteressò completamente: consapevole della corruzione e dei giochi di potere intrinsechi alla politica, preferì mantenersene ben lontano: si rifugiò nell'amore, che, "essendo la vita talmente precaria, è l'unica salvezza". La visione del mondo di Catullo, giocata sull'amore per la vita e per i piaceri semplici, si può accostare a quella epicurea.

Decisamente stoico invece Sallustio, benché non si identificò mai con il pensiero di "volere ciò che accade": egli non si rassegnò mai alla morte di Cesare e alla corruzione morale ed etica che pervadeva il mondo politico.

Infine essi presentano una forte analogia nelle invettive: come Catullo si scaglia, in alcuni suoi epigrammi, non contro la fazione politica in sé o contro un ideale, ma piuttosto contro questo o quel personaggio politico, così Sallustio presta poca attenzione alle date ("con una precisione cronologica non certo tucididea"), ma piuttosto di concentra sui ritratti e sulle forze che spingono i politici a commettere i loro atti.

Sallustio e Catullo furono dunque diametralmente diversi, sia come stile di vita che come ideali. Tuttavia anche in parte affini: vedendo il la condizione di degrado del loro Stato, entrambi si discostarono, delusi, da esso. 





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