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Sorge il Mattino in compagnia dell'alba - ANALISI

letteratura italiana



<< Sorge il Mattino in compagnia dell'alba>>

ANALISI


L'opera in questione è tratta dalla prima edizione del Mattino del 1763. In essa è presente la battaglia illuministica combattuta in quegli anni. Il metro del componimento è l'endecasillabo sciolto.

Il passo comincia con la descrizione del risveglio del contadino e dell'artigiano, giocata in contrasto con quella del risveglio del nobile, che seguirà subito dopo: la contrapposizione mette in risalto la vita virtuosa dei primi e quella corrotta del secondo. In Parini la figura del contadino è rivestita di una serie di valori positivi. Entra in s 333g67d cena sullo sfondo di una natura luminosa che mette in risalto il senso della vita sana e gioiosa. I segnali della sua funzione sono alcune scelte lessicali: l'uso degli aggettivi, come "buon villan", "caro letto", "fedel sposa", o verbi, come "intiepidir". Questo lessico evoca il calore familiare e l'intimità degli affetti. Una funzione analoga possiede poco dopo il sintagma (vv. 8-9) "sacri arnesi che prima ritrovar Cerere e Pale": l'aggettivo "sacri" sottolinea il valore del lavoro che è indispensabile alla vita dell'uomo ed è fonte di benessere e moralità. Quest' esaltazione del lavoro nei campi entra in contrasto con la figura del giovin signore che comparirà in scena subito dopo: egli è ozioso ed inutile alla società e stravolge i sacri valori della famiglia.



La descrizione successiva del contadino che scuote la rugiada dai rami rivela il gusto descrittivo che sarà proprio di tutta l'opera: quel fermarsi insistentemente sul particolare minuto. Ma la scena possiede anche un forte valore connotativo: l'indugio sulle gocce di rugiada non è solo un elemento descrittivo fine a se stesso. Evoca un'idea di purezza e di neutralità: il contadino non è solo integro e laborioso ma anche innocente e vicino alla natura.

Alla figura del lavoratore di campagna si affianca quella del lavoratore di città. È una figura meno ricca di significati; tuttavia Parini cerca di nobilitarlo allo stesso modo: il termine "sonante" riferito all'officina, non è solo un epiteto esornativo. Suscita, infatti, una serie di echi: evoca sicuramente un'immagine mitologica, quella di vulcano, il dio fabbro, e della sua officina situata alle viscere dell'Etna. La mitologia è usata qui ad innalzare la vita quotidiana e prosaica del lavoro, rivelandone l'intima ed autentica dignità.

Subito dopo entra in scena il giovin signore, e si presenta con una fisionomia comica e grottesca che stride violentemente con le immagini di alta dignità del contadino e del fabbro. A contrasto con il signore la figura del contadino torna di nuovo ad affacciarsi per un momento (vv. 56-60), ma la prospettiva appare ora diversa: viene messa in rilievo la durezza ingrata della sua vita. Il contadino viene visto come portatore esemplare di un valore, la semplicità, ma questa vita dura non è effetto di una scelta morale, bensì solo di necessità. Due espressioni sottolineano quanto appena detto. Innanzitutto le "male agiate piume" (vv. 27), in cui si coglie tutto un complesso gioco di figure retoriche al servizio dell'ironia e della polemica etico-sociale di Parini: vi si ravvisa sostanzialmente un ossimoro, poiché le "piume", evocando un' idea di morbidezza e di agio, contrastano con l'aggettivo "male agiate". Il contrasto, a sua volta, deriva dall'uso della sineddoche "piume" per "letto". L'impiego di figure retoriche mette in risalto l'intento nascosto di Parini. Se si tiene presente che compito primario della nobiltà per Parini dovrebbe essere proprio il lenire le miserie degli umili, si può capire la durezza del giudizio che è implicito nell' uso di queste figure. Lo stesso si può dire per il participio "dannato". È una parola ambivalente, a due facce: una faccia è rivolta verso il signore, poiché l'espressione riflette il suo modo di vedere e giudicare la realtà popolare; ma l'altra faccia del termine è rivolta verso il poeta: per lui la vita misera del contadino è una condanna ingiusta ed infame. Qui il poeta finge di assecondare la maniera di pensare del signore, ma in realtà la rovescia impietosamente. Questa è la figura dell'antifrasi, abbondante nei componimenti di Parini. Essa consiste nell'affermare il contrario di ciò che si lascia percepire. L'ironia pariniana si fonda appunto su questo accorgimento. Essa si rivela quando il poeta vuole mettere in evidenza l'aspetto ridicolo del nobile. Così egli finge di provare ammirazione nei suoi confronti ma, invece, vuole solo sottolineare la negatività del signore.

I fatti raccontati trapelano attraverso un narratore inattendibile. Questo narratore assume il punto di vista del suo personaggio e, quindi, propone della società aristocratica un' immagine positiva. Tutto questo, come sappiamo, deve essere inteso al contrario. Dietro alla sua figura se ne profila un'altra, che ci indica la vera realtà: è l'autore stesso, che non parla direttamente, ma è implicito nella costruzione del discorso. Nella parte finale il meccanismo dell'ironia muta in modo sensibile. Affermare che Cortés e Pizzarro abbatterono regni interi per assicurare le delizie del caffé e del cioccolato al giovin signore può sembrare un' iperbole come le altre. Ma in realtà qui l'iperbole contiene una verità: tutto sommato è vero che la conquista delle terre d'oltremare rispondeva anche all'esigenza di fornire merci preziose al consumo dei ceti privilegiati europei. La sproporzione terribile tra futilità dei piaceri aristocratici e il sangue umano versato non suscita più il riso pungente, ma lo sdegno del poeta. Emerge qui l'umanità di Parini e l'ironia fine e moderata, diviene sarcasmo feroce.

Per quanto riguarda lo stile, la sintassi è elaborata, il lessico è classicheggiante e vi è abbondanza di figure retoriche e di riferimenti mitologici. Tutto questo suggerisce un clima epico in cui inserire l'opera che fa contrasto con l'inconsistenza morale del giovin signore e con la futilità delle sue occupazioni. Il linguaggio classico ha, come sempre, la sua funzione di nobilitar la realtà rappresentata.




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