QUADRO STORICO -
ECONOMICO DELL'UMANESIMO
La cultura umanistica va storicamente inquadrata nel periodo
caratterizzato dal passaggio dal comune alla signoria e al principato che era
iniziato già dal 300 in
modo a volte violento (es: sforza a Milano) e non motivato da antichi privilegi
o investiture (Me 555d37f dici a Firenze). Esse sono forme di governo fondate sul potere
assoluto del princeps, appoggiato dalla nobiltà e dall'alta borghesia cui
assicura pace all'interno e la possibilità di mantenere i propri privilegi
contro ogni spinta dal popolo,
considerato come una componente priva di autonomia, da reggere, governare ed
educare ad una vita associata. Del resto si assiste alla progressiva e
inarrestabile ascesa dell'alta borghesia, che si sostituisce ai piccoli imprenditori
dell'età comunale ed assume il controllo delle varie banche che divennero
importantissime. Avevano bisogno denaro non solo gli alti imprenditori, ma
anche principi, pontefici, sovrani per giungere e mantenersi al potere, per la
corte, per le milizie e per le guerre che si combattono per allargare i confini
dei vari stati nel quadro si una politica di conquiste. In tale contesto i
signori non vogliono più cercare l'autenticazione di questo loro poter nelle
motivazioni medievali (investiture, sacralità della carica); del resto la
cultura nuova si prestava a conferire decoro ad un potere che non aveva
tradizioni. Gli intellettuali si ponevano accanto al principe come consiglieri
di saggezza, moderazione, di elevati costumi, proponendogli il modello dei
grandi eroi antichi e collaborando alla vita di corte. Se inizialmente
partecipano più attivamente alla vita politica, ben presto rinunciano a questo
loro intervento diretto fino ad estraniarsene del tutto. Da qui deriva tutta
una produzione letteraria encomiastica ed idealizzante, rivolta alla lode del
principe e della stessa sua stirpe, ispirata ai grandi modelli della mitologia
o ai personaggi eroici dell'antichità eternati dai classici in una concezione
di individualismo aristocratico che vede l'uomo artefice del proprio destino.
Il classicismo, dunque, quale strumento di consenso. Ma anche il principe aveva
i suoi doveri verso il letterato, dispensatore di gloria e di eternità, capace
di dare splendore ad una corte e ad una dinastia, al quale doveva permettere
una vita dignitosa presso la sua corte e garantirgli i mezzi di sussistenza
culturali, cioè libri e biblioteche.