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Analisi del testo poetico - Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono - F. Petrarca

letteratura italiana



Analisi del testo poetico


Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono - F. Petrarca



"Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono" è il sonetto che fa da proemio al "Canzoniere", opera nota anche come "Rerum vulgarium fragmenta", scritta in volgare da Fra 444d37e ncesco Petrarca.

La scelta di questo sonetto come introduzione del manoscritto, è dovuta al fatto che il poeta si rivolge direttamente al suo pubblico, come si può notare dal "voi" con cui ha inizio il primo verso della composizione; inoltre l'autore specifica il tema del Canzoniere, cioè l'amore con tutte le sue mutevolezze, in quanto questo sentimento è oscillante tra la solarità scaturita dalla speranza di essere ricambiato ed il dramma derivato dal dolore di non esserlo. Per questo motivo Petrarca usa uno stile vario, come afferma lui stesso nella seconda quartina.




Riguardo alla concezione del pubblico, egli si differenzia molto da Dante e dagli stilnovisti, in quanto per lui è necessario semplicemente che le persone cui si rivolge abbiano provato l'amore per esperienza personale, nulla importa la classe sociale cui appartengono. Per tale ragione Petrarca manifesta un amore vero e soggettivo, che dà davvero l'impressione di essere stato vissuto pienamente; al contrario, gli stilnovisti vedevano l'amore come un sentimento aristocratico, noto solo a coloro che possedevano un cuore gentile, fino a farlo apparire quasi come una disputa filosofica, non veramente vissuto, ma solo teorizzato nell'ambito della filosofia.


Per quanto riguarda la struttura del componimento, si tratta di una struttura bipartita: il sonetto è infatti diviso nettamente in due parti: nella prima le due quartine, nella seconda le due terzine. Nel primo caso vi sono rime dai suoni dolci e armoniosi e si parla del pubblico e del contenuto dell'opera (l'amore). Nel secondo caso si ha un certo incupimento di significato, sottolineato dalle rime dai suoni chiusi e aspri, e scaturito dalle sensazioni di pentimento, derisione e vergogna che il poeta prova verso l'amore da lui provato, ch'egli considera come cosa vana, così come ogni attrazione terrena in quanto soggetto alla morte. Questa concezione viene evidenziata maggiormente dall'ultimo verso del sonetto: "che quanto piace al mondo è breve sogno". Tuttavia lui continua a seguire queste cose vane pur non desiderandolo; non smette perciò di peccare d'accidia, il suo peccato più grande, cioè la debolezza della sua volontà che non riesce a prendere una vera e propria decisione. Petrarca è cambiato dunque solo parzialmente da quando era giovane (come si può ben constatare leggendo l'ultimo verso della prima quartina). Il suo dissidio interiore si riflette così anche in questo sonetto, conflitto generato dalla sua incapacità di scegliere in modo definitivo la sua strada: quella spirituale con l'aspirazione a seguire un perfetto modello di vita cristiana, guidata dal disprezzo dei valori mondani, o la via terrena con il desiderio di gloria, l'amore per i classici e per Laura. Tratta di questo dissidio nell'opera "Secretum" sottoforma di dialogo tra lui stesso e s.Agostino, ma tutto si conclude senza nessun suo saldo proposito di cambiare vita.

Nel sonetto ad evidenziare la derisione presente nel suo ego, vi è all'undicesimo verso un'allitterazione della M, figura retorica esistente anche nel decimo verso (della F), nel dodicesimo (della V) e nel tredicesimo (della C).




A sottolineare invece il "vaneggiar" è presente un polisindeto nel penultimo verso "'l pentirsi e 'l conoscer chiaramente".


Mentre a mettere in risalto l'essere di Petrarca influenzato dai classici, vi è la seconda quartina, dove non solo c'è un'anastrofe, ma anche un iperbato.


Riguardo all'aggettivistica, i pochi aggettivi presenti hanno valenza negativa, per esempio è da notare la non organicità in "rime sparse", "stile vario", "van dolore", "breve sogno".


Nella prima quartina non vi è una frase principale, ed il "voi" che introduce il sonetto costituisce un anacoluto, restando in sospeso tra ben tre subordinate; la prima frase principale si trova infatti nell'ultimo verso della seconda quartina.


Petrarca fa uso di termini piani e piuttosto generici, per dare al componimento un suono musicale e armonioso, non permettendo a nessuna parola di prevalere; egli infatti non teneva alla singola parte, ma al tutto; e proprio per questa melodiosità dei suoi lavori, fu uno dei primi a non far accompagnare le sue opere dalla musica.

A livello morfologico e semantico si nota una certa distinzione tra passato, dove riferendosi alla sua giovinezza, il poeta stabilisce il tempio dell'errore, e presente in cui egli prende coscienza ed ha origine il suo pentimento.


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