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IL MITO DELLA CAVERNA DI PLATONE

letteratura greca



IL MITO DELLA CAVERNA DI PLATONE

Il significato del mito, nelle sue linee generali, è trasparente ed è spiegato dallo stesso Platone; lo si può dividere sommariamente in due parti.

- Nella prima Platone descrive ciò che intende per conoscenza e ignoranza, 111e41b traccia quasi il manifesto programmatico della sua filosofia e fa probabilmente una descrizione retrospettiva del proprio cammino di conoscenza. La caverna è il mondo, le ombre sono ciò che noi, prigionieri, percepiamo con i sensi; ben diverso è il mondo delle Idee, ciò che è fuori della caverna, che è percepibile solo da chi, dopo un faticoso cammino di ricerca e di lavoro su se stesso, riesce ad accendere nel proprio intelletto la scintilla dell'intuizione.

Se però il valore del mondo delle apparenze è pari a un'ombra se messo di fronte al mondo delle Idee pure, non sarebbe tuttavia corretto ritenere che il loro valore sia per Platone totalmente negativo: le immagini sensibili sono pur sempre in una qualche relazione, se pur indiretta, con gli enti di cui sono appunto ombre. Le Idee sono cioè gli Archetipi, ovvero i modelli, gli stampi, da cui derivano gli oggetti del mondo sensibile. E il cammino che porterà a uscire dalla caverna comincia proprio dalle ombre.



Il filosofo è colui che ha portato a compimento tale cammino: il termine filosofo non indica in Platone colui che ha alle spalle lunghi anni di studio e che ha raccolto una quantità di nozioni; tali studi di per sé non garantiscono la vera Conoscenza; se essi si limitano a investigare le apparenze, senza riuscire a penetrare la radice ultima di tutto ciò che esiste -l'Uno-Bene, simboleggiato nel mito dal Sole- saranno pur sempre studi fallaci. Filosofo è piuttosto chi ha indirizzato i suoi sforzi ad una ben diversa forma di conoscenza, che è in grado di trasformare profondamente chi la consegue. La nostra corrente concezione di filosofo non sarebbe stata perciò condivisa da Platone, che la avrebbe piuttosto sostituita con il termine "philodoxos", ovvero amante dell'opinione. Si può anzi dire, come fa Voegelin, che una corretta interpretazione della filosofia di Platone dovrebbe basarsi proprio sulla comprensione della coppia di concetti antagonisti "philosophos/philodoxos", e che la perdita, nella lingua italiana, del secondo termine ha generato la confusione che sta alla base del fatto che veri filosofi oggi non esistono, mentre esistono molti "philodoxoi" che ne usurpano il titolo.

L'ascesa verso l'uscita dalla caverna, la quale tra l'altro come simbolo del mondo è comune alla mistica di molte culture, il risalire dal dato sensibile alla realtà "in sé" è ciò che Platone intende per educazione; come si è già accennato, Platone intendeva proporre una filosofia che fosse al tempo stesso una pedagogia, nel senso più profondo che tale parola può assumere, ovvero una scienza di trasformazione interiore. Tale educazione rappresenta la prosecuzione dell'opera iniziata da Socrate, l'arte di far generare alle anime ciò che esse portano nascosto dentro di loro. Platone fa notare che non si tratta di infondere la vista ad occhi ciechi, ma che tutti i prigionieri delle ombre ci vedono benissimo; sono semplicemente rivolti nella direzione sbagliata: l'educazione è la capacità di far volgere gli occhi dell'anima verso quelle cose che sono a lei più affini, essendo essa fatta della stessa sostanza di cui sono fatte le Idee.

- La seconda parte del mito non è meno importante, essendo di natura squisitamente politica. Il filosofo dovrà diventare politico, ridiscendere cioè dal suo mondo di essenze e di contemplazione nelle tenebre della caverna, divenute insopportabili ai suoi occhi, per riportar fuori almeno uno dei suoi vecchi compagni di prigionia. Farà ciò a gran rischio della propria vita; è indubbio che Platone alluda qui a Socrate,

«il solo, che tenti la vera arte politica, e il solo tra i contemporanei che la eserciti» (Gorgia, 521d).



Il mito della caverna costituisce il fondamento, diciamo così, mistico della teoria politica di Platone. In questo contesto dovrebbe risultare anche più chiaro quanto si è detto sul valore della politica in Platone: quando egli affida, come si vedrà, al filosofo la guida dello Stato Ideale, intende ribadire che la principale funzione dello Stato, come lui lo intende, è di natura principalmente filosofica e spirituale, potremmo dire educativa.

In quanto è colui che ha percorso la via che va in alto, essendo il miglior conoscitore dell'idea del Bene, il filosofo assume una funzione ordinatrice di tutta la comunità sociale, in quanto è proprio lui che garantisce che lo Stato, con le sue leggi e i suoi ordinamenti, rispecchi le realtà supreme. Si fa notare per inciso che Platone fa così assumere al filosofo il ruolo simbolico che presso tutte le culture tradizionali detiene il capo della comunità: quello di centro, di asse tra umano e divino, di pontifex. Presso la stragrande maggioranza delle culture il benessere della società è conseguenza della perfetta armonia tra Terra e Cielo, garantita dal capo della comunità. Platone non fa altro che riportare un'idea di stampo tradizionale al suo orizzonte filosofico, dandole così una conformazione più vicina ai suoi tempi e ribadendone anche il significato originario.

Il filosofo diventa il garante dell'incarnazione del Giusto nella comunità statale. L'idea di Giustizia è una delle idee-guida della Repubblica, ed è anzi il primo argomento di discussione. I vari interlocutori propongono all'inizio del dialogo dei valori di giustizia che rispecchiano la crisi dei tempi di Platone: la visione aristocratica tradizionale proponeva un «far del bene agli amici e del male ai nemici», mentre la sofistica, in polemica con questa ideologia, vi opponeva una definizione del tutto utilitarista di giustizia come l'utile del più forte. Platone fa proporre a Socrate una definizione assai diversa: la giustizia è garantire a ciascuno ciò che gli spetta per natura, in opportunità di tempo e luogo. Questa definizione, all'apparenza assai generale, è in realtà di notevole importanza: il filosofo deve garantire che ogni cittadino abbia ciò che compete alla sua natura tanto a livello spirituale, quanto a livello materiale; ovvero ad ogni cittadino deve essere affidato il mestiere per cui è "tagliato", il che è anche garanzia per lo stato di un ordinamento armonioso e pacifico, e per i cittadini di felicità e realizzazione.






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