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Ludovico Ariosto

letteratura



Ariosto



Ludovico Ariosto nasce nel 1474 e muore nel 1533. La sua volontà lo portava a voler diventare un perfetto umanista, aspirazione che sarà interrotta dalla morte del padre, e per il quale il poeta dovrà preoccuparsi maggiormente dei problemi economici; furono dunque questi i motivi che lo spinsero a mettersi al servi 131c24b zio della corte degli Estensi, dove però il cardinale Ippolito d'Este non lo riconobbe mai seriamente come un poeta, ma solo per i servigi di cui usufruiva. Infatti, quando il cardinale gli concesse un beneficio ecclesiastico, era per ripagarlo non dell'attività poetica, ma per i servizi pratici. Così nel 1517 quando il cardinale lo chiamerà per andare in Ungheria (sede del suo vescovato) Ariosto rifiuterà clamorosamente, troncando infine ogni rapporto con lui.

Nel tempo in cui lavora per questa corte Ariosto scrive (1516) la prima edizione dell'Orlando Furioso dedicandola al cardinale (anche nelle altre edizioni), in seguito però apportò delle modifiche, cambiamenti e correzioni che portarono la seconda edizione (1521); infine la terza ed ultima edizione (1532) portarono l'opera al completamento (già dalla seconda edizione questa si accreditò un ampio successo, che ancora adesso ha). Questa è definita come un'opera perenne, perché le sue storie e movimenti potrebbero ancora oggi essere continuati; tale movimento è reso soprattutto dal fatto che nessun luogo è preminente, ma tutti siano i centri fondamentali temporaneamente. È un'opera, infatti, antropocentrica (le opere medievali erano Operacentriche, dove l'unico centro era Dio) dove il centro non è unico e sempre uguale, ma sono molti e sempre diversi, diventando centri principali in determinati momenti.



Tale opera vista come sintesi dello spirito rinascimentale, non concretizza questo periodo come utopico, ovvero tutto solare e positivo, ma accentua, grazie all'armonia che troviamo in tale opera, un'analisi pessimistica del reale e materializza il conflitto interiore. La vera materia trattata non è più costituita dai moti cavallereschi, ormai non più attivi, ma dalla concezione moderna della vita e dell'uomo. Proseguendo apparentemente l'opera del Boiardo, (il quale considerava l'amore come strumento d'elevazione spirituale, e i suoi personaggi rappresentavano la funzione degli eroi giusti)

Ariosto, distaccatosi sin dall'inizio, trasforma il poema cavalleresco (non considerato più vivo) in romanzo contemporaneo, con aspirazioni e passioni dell'uomo del suo tempo.

Il romanzo è composto di tre principali filoni: la guerra tra Saraceni e Cristiani; l'amore d'Orlando per Angelica; l'amore contrastato tra il saraceno Ruggiero e la cristiana Bradamante. Questi sono caratterizzati dall'Entrelacement, grazie al quale le varie vicende sono sospese e riprese in seguito, nelle quali s'intersecano vicende secondarie che potrebbero essere benissimo autonome. La struttura è apparentemente aperta, non c'è difatti una cornice che delinei il tutto, per accentuare la mancanza di una divina provvidenza, manca anche un centro, in altre parole un personaggio principale intorno al quale ruoti il tutto, e la casualità dei movimenti dei personaggi è la rappresentazione realistica di essi. Tutto ciò crea una visione laica della vita. L'intervento sovrannaturale, a parte elementi d'ironizzazione, è più un elemento narrativo e letterario, con un significato strutturale, che ideologico, ed è anche assimilabile alla magia. Manca però il senso del sovrannaturale, ovvero è escluso l'intervento metafisico, cosicché sia il caso a dover determinare le varie azioni, ma l'Ariosto valicando il limite della morte, da nuove direttrici di movimento. Azionando quindi il motore della casualità, fa sì che questa rispecchi la sua concezione pessimistica della vita, dove tutti gli sforzi degli uomini sono vani.

Le opere minori dell'Ariosto sono i Carmina e le rime in italiano (già composte dal Petrarca) le Satire 7 (riprese da Dante) e le commedie 5 in prosa e versi (Cassania, Lena, Suppositi, Negromante e Studenti, non finito) riattivando così la produzione teatrale.

Le commedie hanno contenuti simili a quelle di Plauto e Terenzio, ma mentre questi usavano il senario giambico, Ariosto usa lo sdrucciolo (l'endecasillabo più vicino alla commedia). L'interesse per il teatro, svolto per gli Estensi, è quindi presente nella vita di questo poeta.

Le satire sono composte in terzine e con un lessico realistico; avevano lo scopo di unire le esigenze letterarie con un ritratto ideologico di se che non rispecchiava la sua vera natura, ma voleva in ogni modo lasciare ai posteri una tale immagine: di un uomo tranquillo, che aspirava a valori semplici e borghesi. La vita reale però lo allontana da tale aspirazione, avendo degli obblighi da portare a termine, ed essendo quindi in realtà un uomo d'azione e diplomato. Le satire narrano quindi esperienze personali e della famiglia Estense, usando il linguaggio di Dante, le rime del Petrarca e i contenuti, in forma meno aggressiva, d'Orazio (i Sermones: discorsivi). La più importante di queste sette satire è proprio l'ultima, nella quale parla del rifiuto ammesso al cardinale di non volerlo seguire in Ungheria.









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